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bieler
Iscritto il: 11/12/2011, 18:35 Messaggi: 607 Località: val Vigezz
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Grazie Alessandro, è prprio come temevo. Qualche anno fa ho avuto lo0 stesso attacco che solo a posteriori ho riconosciuto come black rot e negli anni successivi con il mancozeb lo avevo tenuto a bada. Quest'anno ho usato il mancozeb una volta sola poco prima della fioritura e poi per tutto giugno solo rame a distanza di pochi giorni da un trattamento all'altro complice un tempo infame. Evidentemente non è bastato. Una domanda: dove sverna il fungo G. biwelli e, nel caso che possa vinificare, la fermentazione lo elimina o rimane sempre attivo? Finora gettavo i resti dei grappoli e poi le vinacce nel mucchio del compost ma ora temo di aver fatto delle cavolate e disseminato ulteriormente il patogeno. Ciao.
_________________ L'amore è cieco ma il matrimonio gli restituisce ben presto la vista (Lichtenberg)
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01/08/2018, 11:30 |
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Alessandro1944
Iscritto il: 03/09/2017, 10:18 Messaggi: 2590 Località: bassa Valsusa
Formazione: Buoni studi
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In letteratura non si trova tantissimo, almeno rispetto alle tue domande.
Sono riportate piuttosto prove di lotta - come ti ho anticipato la pericolosità degli attacchi per il grappolo si verifica nel periodo tra la caduta delle caliptre e le sei settimane successive - e sono risultati particolarmente efficaci i ditiocarbammati come il mamcozeb che conosci, ma anche altre sostanze attive es. i c.d. QoI che poi fanno parte della famiglia delle strobilurine, in particolare quelle nuove fenamidone e famoxadone (ricordo che le strobilurine di sintesi sono analoghe a componenti di origine naturale, e le s.a. nominate commercialmente vengono coformulate con altre s.a. come il fosetil-Al, per cui a me pare siano una valida alternativa ai ditiocarbammati, inoltre manifestano anche una certa attività curativa nelle prime fasi dell'infezione; in etichetta non portano icona di pericolo; bisogna impiegarle alternando con altro in quanto sono a rischio di resistenza essendo i QoI fungicidi monosito).
Circa la biologia, il fungo si riproduce sia per via asessuata tramite i picnidi (e relativi conidi) sia in forma sessuata sui grappoli mummificati dove si formano organi di resistenza, gli sclerozi, da cui si originano particolari strutture riproduttive dette periteci entro i quali maturano le ascopore responsabili della ripresa primaverile delle infezioni. Da qui l'accorgimento, nei limiti del possibile, di eliminare e distruggere a fine stagionei residui rimasti a terra (e i grappoli mummificati); altra misura agronomica utile è l'inerbimento che sfavorische l'accumulo di inoculo. La penetrazione del fungo è attiva, cioè "fora" l'epidermide come avviene per l'oidio, tuttavia si è constato che dopo l'invaiatura la suscettibilità del grappolo praticamente si annulla (presumo si tratti di una questione di resistenza meccanica alla penetrazione). Tra le cv più sensibili a questa malattia c'è il merlot, perciò visto che lo coltivi devi starci maggiormente attento a questa malattia.
Circa la vinificazione il patogeno in se stesso non credo proprio possa influire, certamente i grappoli alterati non fanno buon vino. Sulla sopravvivenza del patogeno nel compostaggio non ho trovato dati (ti posso però dire che gli sclerozi in generale sono molto resistenti).
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01/08/2018, 19:03 |
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Orf
Iscritto il: 02/03/2011, 23:22 Messaggi: 970 Località: Trento
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Davvero interessante questa "nuova" avversità. Io ebbi problemi su un vigneto di resistenti (ovviamente trattate poco e nulla). Inizialmente lo imputavo a peronospora ma poi mi resi conto che è questo antipatico black rot. In due anni l'infezione diventò davvero importante. Da quando ho iniziato a trattare presto (poco dopo il germogliamento) tenendo d'occhio il periodo più critico evidenziato da Alessandro, il problema si è ridotto fino a divenire ininfluente. Il problema era ovviamente più accentuato nelle zone vicine al bosco e dove le bagnature sono più prolungate.
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02/08/2018, 11:42 |
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