La Toscana ha reso disponibile scala 1:10000 la cartina geologica dell'intera regione, anche se, come ha giustamente osservato Colombard, non è sempre perfettamente corrispondente al territorio, soprattutto nelle zone 'caotiche'. Detto questo, però, se il tuo terreno è nel bel mezzo di una zona geologicamente vocata, hai ben più che ottime speranze di far centro, posto di rispettare le esigenze geologiche della specie che vuoi coltivare... Ovvero: zone fresche ed umide per il Bianco Pregiato, più aride per i Neri ed il Marzuolo, ...
P.S: ti precedo nelle puntualizzazioni. Nelle lunghe passeggiate nei boschi, gli affioramenti che incontro sono contraddistinti da strutture a conglomerato. Sai, ambiente marino ad alta energia. Ogni tanto trovo qualche tanatocenosi, tutta roba molto frantumata. Vista la natura variegata del territorio, qualche volta trovo sedimenti estremamente compatti (l'Appennino, sollevandosi, porta alla luce la sua storia). E' fantastico trovare pezzi di spiaggia risalenti a milioni di anni fa In questo ambiente si trovano talvolta zone a breccia, sicuramente di genesi successiva. E, sotto queste neoformazioni, ogni tanto, il mio cane trova tartufi bianchi pregiati.
federicosimoncini ha scritto:Colombard, dimmi in dettaglio i periodi geologici di riferimento. Plio-Pleistocene, Miocene, Giuras, Lias, ... e se l'origine è marina o lacustre...
Se guardi sotto il mio Avatar, noterai che sto parlando dell'Appennino Ligure genovese. Non penso che si possa ipotizzare un'origine lacustre, anche considerando il ritovamento di fossili di chiara origine marina Per quanto riguarda la collocazione cronologica degli eventi che hanno portato alla formazione di questo territorio, be', pensaci e ci arriverai facilmente
Il Dominio Ligure non è generalmente vocato per la produzione del bianco, visto che il predominante 'Macigno' ( MAC nella simbologia geologica di uso corrente ) è un terreno geologico in genere poco profondo perché appoggiato su un orizzonte C molto compatto. Questo ovviamente non esclude che vi siano delle tartufaie di bianco, ma ne limita la densità a valori nettamente inferiori rispetto a quelli di zone ben più produttive.
Formazione: Perito agrario e Dott. in Tut. e Gest. delle Ris. Faunistiche
Re: x Flavio
17/11/2011, 22:26
federicosimoncini ha scritto:Flavio, io sono fortunato.
La Toscana ha reso disponibile scala 1:10000 la cartina geologica dell'intera regione, anche se, come ha giustamente osservato Colombard, non è sempre perfettamente corrispondente al territorio, soprattutto nelle zone 'caotiche'. Detto questo, però, se il tuo terreno è nel bel mezzo di una zona geologicamente vocata, hai ben più che ottime speranze di far centro, posto di rispettare le esigenze geologiche della specie che vuoi coltivare... Ovvero: zone fresche ed umide per il Bianco Pregiato, più aride per i Neri ed il Marzuolo, ...
Ciao Federico, rispondi ad un topic nato diversi mesi fa quindi finchè non me lo rileggo tutto da capo non riesco a riprendere il filo. Per quanto riguarda l'era geologica, non posso che essere d'accordo con te; è sicuramente un indispensabile strumento per stabilire la vocazione naturale di ogni areale. Se poi non parliamo di tartufaie naturali ma di nuovi impianti con piante micorrizate, possiamo stare a discutere fino all'infinito, guardare le carte geologiche, controllare le piante comari, fare analisi su analisi...ma quelle di bianco pregiato non funzioneranno ugualmente
Tu hai mai visto piante micorrizate con Tuber magnatum Pico entrare in produzione?
Beh, diciamo che circa una diecina di anni fa sono stato a parlare con un fattore nel cui terreno era stata impiantata una tartufaia di 1,5 ettari, quindi 'importante'.
Mi disse allora che, a 5 anni dall'impianto, cominciavano a fare qualche 'buco'. Quando poi ebbi modo di parlare della cosa con un tecnico dell'A.R.S.I.A. ( che in Toscana si occupa della diffusione delle tartufaie coltivate e controllate ), rimase assai colpito.
Quello che dici è reale: il Bianco entra difficilmente in produzione. Per contro, si legge in letteratura di tartufi trovati in vasi di crescita di piantine di circa un anno, il cui peso supera quello della pianta ospite. Giovannetti ha infatti dimostrato con svariate argomentazioni, anche iniettando markers radioattivi nella pianta ospite poi non reperiti nei tartufi da essa prodotti, che la fase di crescita dei carpofori è SAPROFITICA, anche se la loro fase di resistenza è simbiontica.
L'impressione che ne ricavo è che le nostre conoscenze sui funghi in genere e sui tartufi in particolare lascino ancora molto a desiderare... A puro titolo di esempio, a mio avviso la simbiosi che porta alla produzione dei tartufi è 'a più mani', coinvolgendo alcuni ceppi batterici indispensabili per la azoto-fissazione ( i Rhizobium in particolare ) ed altri di cui ancora non è chiaro il ruolo, come gli Pseudomonas.
In definitiva, per ora cane al fianco e vanghetto in spalla, alzarsi la mattina presto... e via; oltretutto dico che, da tartufaio, la cosa ha un fascino incredibile.