L’ultimo mio acquisto ad una fiera agricola: il libro “Tartufi, cani e tartufai” di Andrea Daprati (Editoriale Olimpia).
Sto ancora leggendo la prima parte riguardante storia e leggenda sul tartufo, pensavo mi avrebbe annoiato e di doverla leggere alla spicciola per arrivare ai temi più interessanti, invece mi sta conquistando.
Vorrei riportarvi alcuni tratti.
Il filosofo greco Teofrasto nel 300 a.C. in “Hystoria Plantarum” li descrive come “circondati dalla terra che non appoggiano su alcun filamento” e poi “vegetali privi di radici originati dalle piogge autunnali accompagnate dal rombo del tuono”.
Plinio il Vecchio nella sua opera “Hystoria Naturalis” li descriveva come “callosità della terra e miracolo della natura” e suppose che si originassero “autonomi nel seno della terra, formati da un’alterazione della materia stessa del terreno, con la quale non mostrano alcuna connessione di radici o filamenti e dalla quale sono nettamente separati”. Aggiunse che “nulla si sa di come essi si formano, fuorché il fatto che nascono ma che non si possono seminare, e la loro comparsa è favorita dalle piogge autunnali e specialmente dai temporali, e che il loro sviluppo dura non più di un anno”.
Nel 1564 un medico umbro per primo li ritenne piante a tutti gli effetti e nel suo “Opusculum de Tuberibus” suggeriva di utilizzare il liquame putrido che si forma con la loro decomposizione in acqua. E sempre lui per primo raccontò dell’azione “diserbante” che poi risulterà essere dovuta alla presenza del micelio nel terreno circostante la zona di ritrovamento dei tartufi e parlò del rapporto esistente tra la presenza di tartufi e quella di un certo tipo di mosche (verdi e blu) che svolazzano sulla tartufaia.
Il legame tra pianta e tartufo fu intuito per la prima volta da un agricoltore francese nel 1810, il quale dopo aver seminato ghiande raccolte sotto querce che producevano tartufi neri (T. melanosporum V.) si accorse, alcuni anni più tardi, che anche le giovani querce erano divenute a loro volta produttrici.
C'è scritto poi dei tantissimi anni di oscurantismo, addirittura secoli di silenzio, fino al Medioevo, in cui non si parlava più di tartufi (sia dal punto di vista letterario che scientifico) perché gli vennero attribuiti presunti o reali poteri afrodisiaci che li rendevano assolutamente inadatti alla religiosità dei tempi, nei quali ogni sorta di tentazione andava necessariamente combattuta.
A me piace molto leggere di questi primi scopritori, conoscitori scientifici, filosofi, della storia legata a questo fungo e dei tartufai di un tempo, con le loro tecniche e i piccoli accorgimenti nella cerca.
C’è una parte del libro in cui si parla di Vittadini, per passare poi ai racconti di tartufai degli anni ’20, dopodiché arriva la parte più tecnica riguardante il cane, la cerca, il terreno, i tartufi, i vettori delle spore e via dicendo… Se sono tanto presa dalla lettura sin dalle prime pagine, di sicuro troverò interessante e prenderò spunti in tutto il libro.
E voi che libri avete acquistato su tartufi e tartuficoltura, da consigliarne la lettura?