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E' bene redistribuire i pagamenti PAC tra le aziende? 
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Iscritto il: 23/04/2008, 9:48
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I pagamenti del primo pilastro dovrebbero essere ridistribuiti tra le aziende?

Nel mese di luglio la Commissione Europea ha reso nota la sua proposta di Regolamento (ec.europa.eu/agriculture/healthcheck/prop_en.pdf) per l’aggiustamento del primo pilastro della PAC a tre anni dall’introduzione del disaccoppiamento. Questo health check della PAC era previsto dalla riforma precedente e vuole consentire ai governi degli stati membri di rivedere le scelte effettuate nel 2005 alla luce dell’esperienza maturata.
Nei suoi documenti la Commissione preme per la regionalizzazione del Pagamento Unico Aziendale, un meccanismo di determinazione dei premi che rende omogeneo l’aiuto ricevuto per ettaro di superficie eleggibile (adesso è diverso da azienda ad azienda dal momento che viene determinato su base storica e dipende dalle scelte produttive effettuate in passato da ciascuna unità di produzione). Con la regionalizzazione inoltre tutte le superfici eleggibili riceverebbero un contributo anche nelle aziende che in precedenza non erano beneficiarie del PUA. Alcuni studi effettuati per l’Italia sembrano indicare che questo meccanismo diminuirebbe l’aiuto destinato alle aziende di più grandi dimensione a favore di quelle più piccole e che ci sarebbe uno spostamento dei contributi tra diverse aree. L’entità del trasferimento di risorse crescerebbe dall’ampiezza delle aree all’interno delle quali il premio verrebbe regionalizzato e con la differenziazione delle strutture produttive presenti al loro interno.
Il governo è di fronte ad un dilemma: è più opportuno lasciare i premi come sono o approfittare dell’Health Check per regionalizzare (si potrebbe fino al 50% dei premi)? Lasciare tutto immutato è la soluzione più semplice dal punto di vista politico ma prolunga una distribuzione dell’aiuto per cui le aziende più capaci di competere con le loro forze si prendo la fetta più grossa; regionalizzare tuttavia favorirebbe le aziende più piccole che spesso non sono neanche vere e proprie imprese agrarie, ma piuttosto una fonte di reddito integrativa per famiglie nelle quali si svolgono anche altre attività. La decisione dovrebbe dipendere dalle finalità attribuite al PUA: deve essere una forma di sostegno del reddito degli imprenditori agricoli, una sorta di “rete di sicurezza” per le aziende che con il disaccoppiamento sono più esposte ai rischi di mercato o un compenso per i servigi di natura ambientale resi obbligatori dalle regole di condizionalità? Infine è bene non dimenticare che, a partire dal 2013 il primo pilastro della PAC potrebbe essere ridimensionato in misura significativa: quale è la soluzione migliore per “preparare” il settore agricolo a questa eventualità?
Cosa ne pensate?


28/09/2008, 18:11
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In linea di principio introdurre un meccanismo che penalizzi le azienda più competitive non mi sembra una buona idea, le piccole aziende non professionali, premesso che per me a casa sua con la sua roba ognuno fa ciò che gli pare, sono un pò la spina nel fianco di chi ha investito in agricoltura in questi ultimi anni. Purtroppo, le selvagge leggi del mercato fanno si che più si incentivano queste aziende a rimanere attive meno terra si rende disponibile per chi sulla terra ci vive. Non dimentichiamo che in italia la fame di terra è endemica e, se si vuole perseverare sulla via dell'aumento di dimensioni per contenere i costi, scelta su cui comunque nutro molte perplessità, bisogna liberare il mercato della terra dalla stretta morsa in cui lo tengono le aziende non professionali.
Chiaramente poi si dovrebbe stare a distinguere, io parlo per quel che posso vedere in Friuli, dove l'azienda part time del classico dipendente ENEL che ha ereditato la terra e le macchine dal padre è più renumerativa dell'azienda zootecnica del giovane che ha costruito la stalla nuova nel rispetto del mare di normative che la comunità europea impone.
Non dimentichiamo poi che per gli effetti di questo gioco perverso tutte le nostre aziende, grandi e piccole sono comunque sovrastimate. Il valore della terra in italia, infatti, non è dato dalla capitalizzazione della resa che tale capitale può dare che è un valore insignificante, ma dal fatto che la terra serve per il rispetto di tutta una serie di lacciuoli che la comunità europea ha ideato pensando forse alle realtà francesi e ungheresi ma che riversate in italia hanno prodotto una lievitazione dei prezzi della terra, specialmente nelle zone più votate alla zootecnia, che sembra non avere limiti con tutto ciò che ne deriva. Le banche, con le garanzie offerte dalla terra indebitano le aziende oltre le loro possibilità, gli investimenti, per questa ecessiva disponibilità di denaro, sono spesso scriteriati e ci stiamo avviando anche qui verso una crisi dei mutui simile a quella avvenuta in america.
Io, senza nulla voler togliere all'allevatore non professionale che vuole coltivarsi il campo di famiglia, credo si deva andare verso un'eliminazione dell'intervento pubblico in agricoltura. Noi non abbiamo paura della concorrenza delle altre agricolture, stiamo dimostrando le nostre capacità in tutti i rami agricoli; ci mettano nelle stesse condizioni degli altri e vigilino perchè queste condizioni non subiscano squilibri dovuti a fattori esterni vedrete che gli agricoltori italiani, grandi o piccoli che siano, se la caveranno benissimo è tutto il resto del carrozzone, semmai, che potrebbe avere qualche difficoltà a farcela perchè noi contadini, è da prima di Abramo che ce la facciamo. ;)


29/09/2008, 6:28
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Certo che rispondere a questa domanda ci vorrebbero delle ore, anzi penso che passeremmo intere giornate a discutere, ognuno con una propria considerazione frutto dell'esperienza fatta nel suo ambito. Io stesso sono agricoltore e allevatore di polli, quindi ho beneficiato dell'integrazione al reddito, ma ho avuto la fortuna di fare anche piccoli lavoretti negli anni passati che mi hanno portato a conoscere le realtà più diverse che ci sono, non tutte ovviamente, ma molte e sopratutto lontane dalla mia.
Ho fatto il libero professionista, quindi pratiche per gli annessi rustici, il rappresentante di mangime per vacche da latte e vitelloni, quindi ho passato numerose aziende di allevamento (in una delle zone a più alta densità d'italia L'olanda italiana, la chiamano), il perito grandine sia nella meravigliosa zona del prosecco (vigneti) che nell'emilia romagna sulle aziende frutticole in generale, ma anche per molti anni il novantista presso la mia associazione sindacale a compilare le domande di contributo sui seminativi.
Diciamo che ho visto molte cose, sia aziende agricole efficenti, valide e preparate, solamente dove a valle del processo produttivo si trovava un solido sistema di vendita, basti pensare alla zona del prosecco, dove le cantine private o sociali sono delle vere macchine da soldi, ma anche le cooperative frutticole emiliane con capacità di vendere i loro prodotti ovunque, ma anche allevamenti di vacche da latte che sono delle vere e proprie industrie iper-efficenti.
Però c'è anche il risvolto della medaglia, affianco a queste realtà, trovavo aziende allo sfascio, senza un futuro, con persone anziane che le mandano avanti, con realtà di vendità (cooperative, cantine, caseifici, ecc) da terzo mondo, persone incompetenti alla guida. ecc.
In definitiva qual'è il vero problema, che i soldi dei contributi possono servire o no, ma alla fine solo dove c'è professionalità c'è futuro i contributi sono solo un piccolo tassello in queste realtà, mentre sono la parte preponderante dove non si è creato reddito reale.
IL fatto che la gran parte dei soldi vada ad aziende marginali (tipo quelle citate da Tremor) o peggio a chi per effetti di redditi extragricoli si è potuto comprare la terra è una situazione molto preuccupante. Nelle domande di contributo che facevo, solo un 10% erano veramente coltivatori diretti, il resto o persone che svolgevano altre attività o peggio grosse realtà industriali, agroindustriali, o istituti di credito, che investendo sul bene terra i loro profitti di fatto creano enormi aziende che possono beneficiare di ingentissimi contributi, anche se sono palesemente in perdita perchè condotte solo da dipendenti e con la certezza di veder ripianati i debiti a fine anno sia dai contributi che dalle attività svolte al di fuori di quella agricola.
Aumentando fittizziamente il valore della terra, vista la possibilità di avere grossi capitali e pensare all'azienda agricola solo come un bene rifugio dove sistemare i soldi.
Forse pensare alla PAC come un mezzo per finanziare SOLO gli imprenditori agricoli non è sbagliato, ma temo che sia un idea non molto gradita. Ridurre i pagamenti più alti e togliere quelli troppo esigui è già qualcosa di positivo, ma alla fine solo dove tutta la filiera è condotta in modo professionale si hanno risultati (contributi o meno!) il resto sono soldi buttati, che permettono agli speculatori con la scusa dei "contributi" di tenere il prezzo delle materie prime basso.
Forse è bene pensare di eliminare questi sistemi a pioggia, e indirizzarli solo dove servono realmente, ad esempio nel costruire sistemi associativi che concentrino l'offertà e si pongano come unico interlocutore verso gli acquirenti. Ma sono cose dette e ridette, che come ripeto, funzionano solo dove le "persone" sono in grado di farle funzionare. Cioè siamo noi agricoltori i principali attori del decadimento del settore agricolo, gli altri hanno solo approfittato del momento.

francesco


12/10/2008, 11:58
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francescoriello ha scritto:
.........In definitiva qual'è il vero problema, che i soldi dei contributi possono servire o no, ma alla fine solo dove c'è professionalità c'è futuro i contributi sono solo un piccolo tassello in queste realtà, mentre sono la parte preponderante dove non si è creato reddito reale.


Premesso che concordo con te su quasi tutto ciò che dici, vedi che alla fine la grande macchina dei contributi è una macchina che ha un grosso significato solo in operazioni di speculazione sia dal punto di vista della grande speculazione: il caso che citi tu dei grossi gruppi assicurativi, bancari o quant'altro è emblematico; sia da quello della piccola speculazione, anche se con finalità diverse, il vecchietto che sopravvive decidendo di immolarsi al mantenimento della vacca a 2.000 mt di quota e ce la fa grazie al contributo e alla pensione che comunque.....
Chiaramente dei due casi il primo è l'anticristo dell'economia e, finalmente, oggi, ottobre 2008, possiamo dire che è stato smascherato, il secondo è il caso umano da prendere in considerazione ma, comunque, i premi PAC, a chi vive lavorando la terra, allevando vacche o polli o altri animali non devono interessare. Sono solo una macchina che alimenta se stessa. Ma ci rendiamo conto, volendo guardarla dal punto di vista del consumatore, di quanto gli costa l'amministrazione di un pachiderma del genere. A me i contributi PAC portano un beneficio di 0,025€/lt sul latte che produco ma al consumatore, mantenere dieci parassiti che sono li solo per controllare che non mi freghi magari 0,0002 €/lt quanto costa?
Esiste un calcolo di quanto abbiamo speso in italia a far girare forestali e elicotteri vari a far aerofotografie del territorio seminato per recuperare, forse, nei casi più eclatanti 20.000 €?
La gestione della PAC in italia 20.000 € credo se li mangi ogni ora che passa del giorno e della notte e pagano tutti.
Il mercato stabilisce i prezzi delle merci e la lotta si fa ad armi pari, è una corsa al ribasso, anche dal punto di vista dello status sociale, ma per me è l'unica corsa che possiamo fare, l'alternativa sono le confraternite religiose o simili. Non la escludo a priori ma preferisco arrivarci per libera scelta che per imposizione politica, non c'è bisogno di un governo per questo.


francescoriello ha scritto:
Forse è bene pensare di eliminare questi sistemi a pioggia, e indirizzarli solo dove servono realmente, ad esempio nel costruire sistemi associativi che concentrino l'offertà e si pongano come unico interlocutore verso gli acquirenti. Ma sono cose dette e ridette, che come ripeto, funzionano solo dove le "persone" sono in grado di farle funzionare. Cioè siamo noi agricoltori i principali attori del decadimento del settore agricolo, gli altri hanno solo approfittato del momento.
francesco


Tengo buone le pirme dieci parole e lascio il resto a chi ha voglia di star a perder tempo a parlare del nulla.
Ciao


12/10/2008, 15:55
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Concordo con quanto scritto da Francesco. La soluzione deve venire dagli agricoltori attraverso l'associazionismo e la cooperazione. I contributi a pioggia possono essere utili nel breve ma nel lungo periodo non risolvono il problema.
Ciao,
Marco

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