A differenza di ciò che avviene in Spagna, le zone di allevamento dei suini Toscani si presentano più fragili e complesse della Dehesa spagnola (vedi figura), una vasta zona ricca di boschi, ma anche di leguminose e graminacee spontanee. Tale area risulta infatti essere da tempo in equilibrio stabile con l’allevamento suino, mentre in Toscana tale tipo di convivenza è in fase di recupero solo da pochi anni. In Spagna, inoltre, a fianco di essenze del genere Quercus, sono presenti molti castagni, le cui produzioni, in eccesso rispetto al consumo umano, sono opportunamente utilizzate per i suini con ricadute positive sulle qualità chimico-organolettiche dei prodotti.
Bisogna però aggiungere che recenti ricerche hanno messo in evidenza un vero e proprio cambiamento anche nell’allevamento del suino Iberico a causa dell’aumento della richiesta da parte dei consumatori dei prodotti da questo derivati: il ciclo produttivo tende ad accorciarsi (da 23-24 mesi fino a 10-12), l’alimentazione è sempre più basata su cereali e vi sono meno zone per il pascolo degli animali, scollegando sempre più l’allevamento dal suo territorio originale e ponendo severe problematiche di ordine ecologico e morale. Inoltre sembra che il sistema “Dehesa”, inteso come complesso animale-territorio, non permetta il giusto tasso di rigenerazione delle specie quercine, se non ancora per poche centinaia di anni, sottolineando come l’attuale conduzione dell’attività di pascolamento non sia compatibile con la sopravvivenza di questo ecosistema, caratterizzato da un progressivo invecchiamento delle specie presenti e da un graduale prevalere del pascolo erbaceo sulle specie arboree.
Nella realtà toscana, inoltre, la limitata estensione della superficie boschiva fa sì che l’attività pascolativa dei suini si rivolga frequentemente verso soluzioni alternative al bosco, come, per esempio, il pascolo erbaceo. Ciò avviene infatti ormai da molti anni in Francia, Inghilterra e in altri Paesi del Nord Europa. Anche in Italia, originariamente, i suini utilizzavano il bosco nelle zone collinari o montane, ricche di querceti e castagneti, mentre nel resto della provincia l’allevamento si basava su pascolo erbaceo. Per di più, nonostante attualmente in Italia la tracciabilità delle produzioni agricole venga assicurata attraverso l’etichettatura che le accompagna lungo tutta la filiera, nel settore zootecnico esistono comunque dei punti critici nei quali i collegamenti indispensabili per tale tracciabilità rischiano di venire a mancare. Il problema si pone in particolare per quelle produzioni che prevedono il frazionamento dalla massa (come per esempio la sezionatura delle carcasse animali), il cambiamento delle figure operative e tutti quei processi di trasformazione che modificano sostanzialmente l’identità iniziale della materia prima, come avviene per gli insaccati.
Jacopo
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