07/08/2017, 22:03
Interessante articolo dell'illustrissimo Prof. Giovanni Ballarini
Naturalmente carnivorani – prof. Giovanni Ballarini
L’archeozoologia e l’antropologia testimoniano che la nostra specie mangiava le più diverse carni. Un comportamento oggi messo in discussione da movimenti culturali
La recente pubblicazione di una nota precisa e interessante del prof. Dario Ciancidell’Università di Bari (Georgofili INFO, 30 novembre 2016, Il consumo della carne nella storia) puntualizza le numerose dimostrazioni che la nostra specie si è sempre alimentata di carni e che queste hanno avuto un indispensabile ruolo nel nostro sviluppo. Anche per questo motivo la carne è e rimane una parte importante nell’alimentazione umana, tant’è che l’uomo, ogni volta che ne ha la possibilità, ne aumenta i consumi, come sta avvenendo ad esempio attualmente in Cina. Che l’umanità sia una “specie culturale” spiega però anche come si siano sviluppati e ancora persistano, con diverse giustificazioni, movimenti di pensiero, che, preoccupati del benessere degli animali — che tuttavia deve essere esaminato, studiato e, soprattutto, valutato per quello che è, non per quello che sentimentalmente ci si immagina — vogliono far rinunciare all’uomo questa sua naturale propensione (l’essere “naturalmente onnivoro”), in un non facile equilibrio tra natura e cultura. Pur non sottovalutando i presupposti culturali ed etici di queste correnti, non si possono dimenticare e, soprattutto, eliminare le nostre esigenze biologiche, partendo dal presupposto che il consumo di carne ha avuto un ruolo di primo piano nello sviluppo del cervello umano.
Carnivorani da sempre
Gli archeologi, studiando i rapporti tra gli isotopi del carbonio e dell’azoto nel collagene delle ossa e della dentina e nell’idrossiapatite dello smalto dentale, hanno dimostrato che gli ominidi che ci hanno preceduto, e dai quali abbiamo ereditato bisogni alimentari e comportamenti, per milioni di anni hanno avuto un’alimentazione quanto mai varia comprendente carne dei più diversi tipi. In modo particolare la nostra specie di Homo sapiens sapiens o uomo di Cro Magnon, nelle ultime fasi del Paleolitico (30.000÷10.000 anni prima dell’era corrente), ha aumentato la sua dipendenza alimentare dalla carne ottenuta soprattutto da selvaggina, accompagnata da frutti o radici del proprio ambiente di vita. Un’alimentazione carnea era molto più spinta nel nostro “cugino” Homo sapiens o uomo di Neanderthal (circa 24.000 anni prima dell’era corrente) la cui dieta comprendeva il 90% di carne (Richards, 2002). Per l’uomo raccoglitore gli alimenti di origine animale erano rappresentati da uova, molluschi, piccoli animali e dai resti della caccia esercitata dai grandi carnivori. Con l’invenzione degli strumenti di cattura, caccia e pesca furono le uniche forme di approvvigionamento di carni e altri alimenti d’origine animale fino al Neolitico.
La rivoluzione agricola, la domesticazione e l’allevamento, iniziati tra i 10.000 e i 13.000 anni a.C., apportarono un radicale cambiamento nell’alimentazione umana. Nel 9.000 a.C., che segna il passaggio da Mesolitico a Neolitico, si cominciarono a introdurre i primi prodotti agricoli. L’allevamento, inoltre, passò a poco a poco dal nomadismo alla transumanza, allo stanziale brado, fino ad arrivare all’odierno intensivo e all’intensivo senza terra, con espansione delle specie a ciclo rapido e miglior rendimento nella trasformazione degli alimenti (suini, polli, oche, ecc…).
Carnivorani per nutrire il cervello
Le moderne ricerche stanno dimostrando che gli alimenti di origine animale sono stati fondamentali per l’evoluzione del cervello degli ominidi, come lo sono ancora oggi nello sviluppo dei bambini. Alcuni studiosi affermano che molti primati e gli ominidi dai quali discendiamo si sono evoluti da erbivori a onnivori, conservando la funzione intestinale per la fermentazione della cellulosa che avviene nel grosso intestino che ancora oggi ci caratterizza.
Altri ricercatori ritengono che i nostri antenati per milioni di anni siano stati principalmente carnivorani e che mangiassero più carne di quanta se ne consumi oggi. Era una carne povera di acidi grassi saturi e ricca di acidi grassi polinsaturi (PUFA), come quella delle odierne razze autoctone allevate allo stato brado. Un’alimentazione ricca di acidi grassi polinsaturi a catena lunga, presenti soprattutto nelle carni, avrebbe svolto un ruolo fondamentale nell’evoluzione umana contribuendo a un rapido sviluppo del cervello degli ominidi che, dai circa 600 centimetri cubi del genere Australopithecus, attraverso l’Homo erectus (~1,8 milioni di anni fa) e l’Homo abilis (~2 milioni di anni fa), raggiunse i 1.350 dell’Homo sapiens sapiens. L’alimentazione dell’Homo erectus sembrerebbe essere stata più ricca di carne in confronto a quella degli Australopitechi, come dimostrano gli strumenti con bordi taglienti utilizzati per lacerare la pelle degli animali (Arjamaa e Vuorisalo, 2010; Matassino et al., 2010).
Lo studio della storia alimentare dell’uomo e dei pre-umani dimostra che, per un periodo di almeno due milioni di anni, durante il quale ha agito la selezione naturale, i nostri antenati hanno mangiato quantitativi crescenti di carne, con conseguente adattamento della genetica a questo tipo di alimentazione. Inoltre, diverse linee di ricerca e di indagini indicano come la carne magra sia stata la maggior fonte di energia negli umani fino alla scoperta dell’agricoltura. Si tratta di indagini che spaziano dagli studi isotopici dei fossili umani, morfologia dell’apparato digerente, encefalizzazione e fabbisogno energetico degli umani, teorie sulla raccolta del cibo, resistenza insulinica e studi sulle società di cacciatori e raccoglitori.
Carnismo e ambiente
Sono fuori dubbio i rapporti tra ambiente e alimentazione. La nostra specie ha sempre legato le proprie esigenze nutrizionali e le abitudini alimentari alle disponibilità dell’ambiente e del sistema naturale del quale è sempre stata parte integrante, che si trattasse di cibi di origine vegetale o animale, subendo anche i condizionamenti climatici. Diverse sono infatti le necessità nutrizionali e metaboliche delle popolazioni umane, a seconda delle latitudini in cui vivono: sub-sahariani, sahariani e nord-africani, europei mediterranei, centro-europei, scandinavi, lapponi,…
Nella cultura mediterranea antica il ruolo della carne era molto importante, anche se i Greci (che accettavano il pesce) la consideravano un alimento poco nobile, tanto che gli atleti che gareggiavano a Olimpia si nutrivano di leguminose più che di carne. Sempre nel mondo greco antico, i seguaci di Pitagora non mangiavano carne, ma neppure fave. Nell’antico Egitto invece si mangiavano carni di maiale, bovino, ovino, e di volatili, oche, anatre, piccioni. I Romani mangiavano ogni tipo di carne, curando l’allevamento dei maiali come gli Etruschi. Nei secoli successivi, fino alla metà del XX secolo, il consumo di carne era considerato uno status symbol, privilegio dei ricchi; ai più poveri venivano lasciate le frattaglie e solo nei giorni di festa i più fortunati potevano disporre di carne di piccoli animali: maiale, pecora, capra, pollame.
Carne buona da mangiare
Ogni cultura ha la sua carne o le sue carni. Per la nostra specie e quelle che l’hanno preceduta la carne per eccellenza era quella degli animali selvatici, che ha la caratteristica di essere molto magra. Ad esempio, ancora oggi le carni di cervo e daino hanno un contenuto di grassi pari all’0,8-1,2%. Inoltre, venivano cotte al fuoco vivo, un metodo che riduce ulteriormente i grassi, i quali sono stati associati alla carne soltanto quando l’uomo ha cominciato a utilizzare i tegami, inventando intingoli vari.
Nel soddisfacimento della fame di carne, all’interno della cultura culinaria occidentale, la carne bovina ha un ruolo di primo piano. Anzi il bovino, assieme ad altri grandi ruminanti, in molte culture è in testa alle specie animali che l’uomo ha desiderato e desidera mangiare. Lo testimonia ad esempio il fatto che la sua testa è stata scelta come simbolo per identificare la prima lettera dell’alfabeto: aleph, da cui alfa, è il termine che identificava l’animale.
Va comunque detto che, anche se la carne bovina è molto richiesta dalla nostra cultura, questo non significa che i concetti di “tipo” e “qualità” ad essa legati siano rimasti immutati nel tempo. Anzi, possiamo dire che oggi le richieste dei consumatori si sono modificate perché influenzate da nuovi stili di vita associati a condizioni di tipo gastronomico, culinario, salutistico e nutrizionale nel senso più ampio del termine.
L’attuale richiesta di carne magra è stata oggetto di un’analisi in chiave evoluzionista da parte di Neil Mann1 e sull’argomento si è raggiunta l’evidenza scientifica che la carne di per sé e nell’ambito dello stile di vita dei paesi occidentali non costituisce un fattore di rischio sanitario, in particolare per le malattie cardiovascolari. Viceversa, esiste un rischio per un eccessivo uso alimentare di grassi, in particolare di quelli saturi, spesso associati alla carne degli animali prodotti dai moderni sistemi d’allevamento.
Le ricerche di Mann dimostrano che diete con elevate quantità di carne rossa magra possono diminuire i livelli ematici di colesterolo, apportano significative quantità di acidi grassi della serie Omega-3 e sono una buona fonte di ferro, zinco e di vitamina B12.
Carnismo e cultura
Alcune religioni e taluni filosofi danno suggerimenti sugli alimenti e sull’alimentazione e sia la Bibbia che il Corano hanno precetti che escludono alcune carni o parti di queste, per esempio il sangue. La medicina indiana ayurveda afferma, come Feuerbach nel 1800, che l’uomo è ciò che mangia, perché il cibo influisce sul corpo e sulla mente modificandone il carattere. Oggi si tende invece a rovesciare questo concetto, intendendo che l’uomo si identifica con quello che mangia o esclude dalla sua alimentazione; così il cinese è tale in quanto mangia il cane e l’europeo perché non se ne ciba. Ippocrate di Coo (460÷370 a.C.) raccomandava: “fa che il cibo sia la tua medicina e la medicina sia il tuo cibo”, e dava consigli sull’uso delle carni: carni di capra ai saltatori, di toro a chi praticava la corsa, di maiale a lottatori e gladiatori. Rhazès, nel IX secolo, esortava: “quando potete guarire con la dieta, non prescrivete altri rimedi”.
Prof. Em. Giovanni Ballarini
Università degli Studi di Parma
(Eurocarni n. 4 – Aprile 2017)
18/08/2017, 21:40
ERBA come fonte di PROTEINE per suini
Erba del test danese come fonte di proteine per i suini
In un progetto denominato "SuperGrassPork", molti partner dell'agroindustria danese stanno collaborando per capire se l'erba o il trifoglio potrebbero essere una fonte di proteine adatta per i suini biologici.
Le fonti verdi potrebbero quindi essere un sostituto per la soia. Per assicurarsi che i maiali in realtà possano digerire le proteine, è necessario estrarre attraverso la raffinazione. Negli ultimi anni è stata sviluppata una tecnica per farlo.
SuperGrassPork svilupperà un sistema per la produzione di suini biologici, dove una gran parte della proteina di mangimi viene da erba di trifoglio prodotta localmente. Negli studi precedenti, i suini sono stati osservati per non respingere le erbe raffinate e le proteine del trifoglio, secondo Seges , l'organizzazione consultiva del Consiglio agricolo e alimentare danese (L & F).
Risolvere le sfide importanti nella produzione di suini biologici
Uno dei partner del progetto è l'Aarhus University. Sul sito web dell'università, si spiega che il progetto aiuterà a risolvere diverse importanti sfide nella produzione di suini biologici:
In primo luogo, assicurerà che la proteina di alimentazione possa essere procurata per la produzione in crescita di suini organici in Danimarca;
Successivamente, assicurerà che i suini ottengano un mangime che sia sia al 100% organico sia su misura per la necessità dei maiali di aminoacidi essenziali. Evitando l'alimentazione tradizionale, la credibilità della produzione biologica sarà rafforzata e meno azoto sarà liberato dai suini, quando necessitano di meno proteine per coprire la loro necessità di aminoacidi;
Infine, consente di applicare più erba di trifoglio nelle rotazioni delle colture nella produzione di suini biologici e nelle aziende biologiche seminatrici; Questo aumenterà la produttività, la biodiversità e il contenuto di carbonio del suolo. Allo stesso tempo, i problemi con l'erbe infestanti e la fuoriuscita di sostanze inquinanti saranno ridotte.
Scopo del progetto
Secondo il sito web, lo scopo del progetto è quello di stabilire una soluzione sostenibile in relazione al raggiungimento di una produzione di suini organizzata estesa ed efficiente in termini di risorse, basata su proteine alimentari bioraffinate provenienti da colture biologiche.
Il progetto, che si svolgerà tra il 2017 e il 2019, si concentrerà su:
Ottimizzazione e razionalizzazione delle tecniche di bioraffinazione;
Misurazione e valutazione del valore di alimentazione della proteina erbosa per i suini;
Sostenibilità ambientale ed economica della produzione di mangimi in erba; e
Possibilità di commercializzare "proteine di erba" per alimentazione biologica
Vincent ter Beek editor
13/09/2017, 21:08
In Olanda soldi ha chi lascia l'attività di allevamento suiniOlanda: fino a 500.000 € per chi abbandona l'attività di allevamento suini
Dal 1° settembre al 31 ottobre 2017 gli allevatori olandesi potranno richiedere il fondo che è stato stanziato dal Dipartimento Regionale della Qualità Ambientale...
Lunedì 4 Settembre 2017
Le nuove normative in Olanda per quanto riguarda l'ambiente e la zootecnia, prevede a chi ha l'allevamento di suini in aree di scarse prospettive di sviluppo un fondo per l'abbandono dell'attività.
Dal 1° settembre al 31 ottobre 2017 gli allevatori potranno richiedere il fondo che è stato stanziato dal Dipartimento Regionale della Qualità Ambientale. Allo stesso tempo sarà possibile l'allevamento sostenibile dei suini in modalità consona all'ambiente. L'iniziativa è stata proposta da Coalitie ViVa (in collaborazione tra l'Organizzazione di Produttori Suini (POV), Rabobank e Ministero dell'Economia.)
Il progetto è suddiviso in varie fasi, di cui la prima è quella della dismissione della produzione, l'entità del compenso è valutata in base alla vicinanza ai centri abitati e l'impatto ambientale e sarà suddiviso in base al valore della "quota" suini nella zona e un valore per ogni suino. In una seconda fase, nel 2018 le quote/diritti alla produzione potranno essere riconvertiti allevamenti sostenibili...
Venerdì, 1° settembre 2017/Olanda.
https://www.ontwikkelingsbedrijfvarkenshouderij.nl/
26/09/2017, 21:43
Dai suini nuovi farmaci per la cura dell'ictus
USA - È ben noto nel settore medico che il cervello di suini condivide alcune somiglianze fisiologiche e anatomiche con il cervello umano. Così simili sono i due che ricercatori presso l'Università della Georgia rigenerativa
Al Bioscience Centre hanno sviluppato il primo modello di maiale degli Stati Uniti per i trattamenti di ictus, che fornirà dati pre-clinici essenziali e velocizza il processo di scoperta dei farmaci.
Professore associato Franklin West e Emily Baker lavorando con cellule staminali pluripotenti indotte da cellule somatiche di un paziente. [
Spesso menzionati dalle squadre di ricerca come "gli animali più simili alle persone", i prodotti medici derivanti da maiali hanno una lunga storia di utilizzo negli esseri umani e hanno migliorato la vita di innumerevoli pazienti. Le valvole cardiache di maiale vengono utilizzate per sostituire valvole umane danneggiate o malate, i diabetici possono utilizzare l'insulina prelevata dai suini e l'eparina della droga che si addensa a sangue è stata derivata da un maiale.
"Rispetto ai topi, il nostro grande modello di ictus animale è un test più rigoroso di potenziali terapeutici con risultati che sono probabilmente più clinicamente rilevanti", ha affermato Franklin West, professore associato al Collegio delle Scienze Agrarie e Ambientali e senior autore del documento che descrive il modello.
Utilizzando il loro modello, il team ha dimostrato che le cellule staminali neurali indotte o iNSCs possono sostituire i tessuti cerebrali danneggiati da ictus e stimolare la neuroplasticità - la capacità del cervello di ripararsi naturalmente.
"Questa è la prima volta che una terapia di cellule staminali neurali è stata testata in un grande modello di animali con un cervello più simile agli esseri umani", ha detto Emily Baker, autore principale dello studio, che ha recentemente ricevuto il dottorato in neuroscienze da UGA. "Con maggiori capacità predittive, c'è una probabilità migliore di lavorare in un essere umano".
Il colpo è la causa di una ogni 19 morti negli Stati Uniti e ha un costo annuo stimato di 315 miliardi di dollari - il 56 per cento superiore ai costi associati al trattamento di tutti i tumori, secondo l'American Heart Association.
Nonostante la necessità urgente, quasi tutte le sperimentazioni cliniche di terapie neuroprotettive finora non sono riuscite a tradurre dal laboratorio alla clinica, secondo il team di ricerca RBC.
Le terapie di stroke che lavoravano su piccoli animali come i topi più spesso non si dimostrarono inefficaci nei colpi umani. Con il fallimento di tanti studi clinici, il concetto di neuroprotezione e l'incapacità di dimostrare un'azione rigenerativa per ripristinare e sostituire il tessuto cerebrale è stata oggetto di molte discussioni sia nelle ricerche che nelle comunità mediche.
Attraverso questo modello, il team di ricerca è stato in grado di stabilire in modo più preciso il meccanismo di riparazione con cui le cellule staminali funzionano nella rigenerazione del tessuto neurale e nella neuroprotezione rispetto a quanto precedentemente noto.
"L'asportazione da questo lavoro è che le cellule staminali iniettate hanno portato a miglioramenti cellulari e tessuti", ha detto il dottor West. "Fondamentalmente, se hai un ictus e hai questo trattamento, meno neuroni stanno per morire, e per la ricerca di ictus che è di importanza cruciale".
I risultati dello studio, pubblicato nel report Nature's Scientific Reports , suggeriscono che ci sono le periferiche di tessuto cerebrale salvabile che potrebbero trarre beneficio da terapie rigeneranti a base di cellule dopo ictus ischemico acuto. In particolare, iNSC che naturalmente promuovono la plasticità del cervello e il recupero.
In collaborazione con Emory University e il College of Veterinary Medicine di UGA, il lavoro della squadra mostra un miglioramento del recupero della materia bianca, le "superstrade della connettività" che collegano centri chiave del cervello. Questa variazione in risposta alla terapia restaurativa può essere monitorata utilizzando tecniche di imaging MRI.
"Dalla MRI abbiamo appreso di un meccanismo di recupero in quella terapia delle cellule staminali neurali che migliora l'integrità della materia bianca", ha detto il dottor Baker. "Ora abbiamo tratti di materia bianca che permettono una comunicazione più veloce e più efficace da una regione nel cervello all'altro dopo il danno".
La ricerca segna una pietra miliare e, pur lungi dall'uso clinico, può accelerare le scoperte di ictus fornendo un modello translativo migliore e predittivo. I ricercatori all'interno del RBC stanno già utilizzando questo modello come piattaforma per le future applicazioni di nanotecnologia.
"Se possiamo sostituire i tessuti cerebrali persi e i sistemi neurali che sono sostanzialmente esclusi da ictus, che avrebbe portato a un miglioramento funzionale o all'indipendenza funzionale come l'alimentazione, l'abbigliamento e la possibilità di muoversi di nuovo, allora abbiamo incontrato il nostro lungo termine obiettivi - ma nel quadro più grande quello che abbiamo fatto è migliorare la qualità della vita ", ha detto il dottor West.
ThePigSite News Desk
29/09/2017, 22:02
Nuovo sistema per combattere le mosche in allevamento
Inoltre , una compagnia francese di nutrizione animale, ha recentemente effettuato una meta-analisi per l'efficacia del suo prodotto Nor-Mite sulle mosche nelle aziende agricole di allevamento. Il prodotto è un nutrimento naturale minerale utilizzando chiodi di garofano e estratti di lemongrass. Una volta integrati nell'alimentazione, i componenti repellenti vengono diffusi dall'animale (attraverso i suoi escrementi) e respingono le mosche dalla loro origine alimentare. L'azienda ha effettuato 7 prove in aziende di suini e pollame in Francia e Taiwan. Numeri di mosche per trappola in queste aziende diminuirono di aver utilizzato la strategia nell'alimento. Un'analisi ha fornito che l'integrazione a 500 ppm riduce le infestazioni di mosche al 53% in media.
05/10/2017, 20:57
FAO: le persone ricevono continuamente informazioni sbagliate sul bestiame e sull'ambienteUn nuovo studio della FAO pubblicato da Global Food Security indica che il bestiame si basa principalmente sui foraggi, sui raccolti e sui sottoprodotti che sono immangiabili per gli esseri umani e che alcuni sistemi di produzione contribuiscono direttamente alla sicurezza alimentare perché producono più nutrienti di maggiore valore per gli esseri umani, come le proteine, che consumano.
Entro il 2050, la domanda mondiale di prodotti di origine animale continuerà a crescere e svolgerà un ruolo cruciale nella sicurezza alimentare globale e nell'alimentazione. Ma gli animali utilizzano gran parte del terreno agricolo e sono spesso considerati un drenaggio di risorse. Particolarmente criticati sono la bassa efficienza del bestiame nella trasformazione degli alimenti in proteine commestibili per l'uomo e alla concorrenza per l'uso dei cereali come mangimi per bestiame o per alimenti umani diretti.
"Mi sono reso conto che le persone sono costantemente esposte a informazioni sbagliate sul bestiame e sull'ambiente, ripetute senza essere contestate, soprattutto per quanto riguarda l'alimentazione degli animali", spiega Anne Mottet, della FAO. "Attualmente non esiste una base di dati internazionale formale e completa su ciò che mangia il bestiame. Questo studio aiuta a colmare questa lacuna e fornisce prove scientifiche per meglio informare chi prende decisioni e per il pubblico".
L'allevamento di bestiame utilizza ampi spazi di pascolo dove non si può produrre altro. Gli animali inoltre completano la produzione agricola attraverso la produzione di letame. Inoltre, il mantenimento del bestiame è una fonte sicura di reddito per più di 500 milioni di persone povere in molte aree rurali.
Questo studio dimostra che l'86% degli alimenti per animali non è adatto per il consumo umano. Se non consumati da bestiame, i residui e i sottoprodotti di coltivazione potrebbero rapidamente diventare un onere ambientale in quanto la popolazione umana cresce e consuma sempre più cibo trasformato. Gli animali consumano anche alimenti che potrebbero essere consumati da persone. I cereali rappresentano il 13% della quantità totale di sostanze secche per il bestiame. Alcuni studi precedenti, spesso citati, hanno messo il consumo di grano necessario per aumentare 1 kg di carne bovina tra 6 kg e 20 kg. Contrariamente a queste stime elevate, questo studio ha rivelato che in media solo 3 kg di cereali sono necessari per produrre 1 kg di carne a livello globale. Esso mostra anche importanti differenze tra i sistemi di produzione e le specie. Per esempio, perché si basano su pascoli e foraggi, i bovini hanno bisogno solo di 0,6 kg di proteine da alimenti commestibili per produrre 1 kg di proteine nel latte e nella carne, migliore qualità nutrizionale. I bovini contribuiscono direttamente alla sicurezza alimentare globale.
Lo studio esamina anche il tipo di terreno utilizzato per la produzione di mangimi per animali. I risultati mostrano che i 2,5 miliardi di ettari necessari, il 77% sono prati, con una gran parte di pascoli che non potevano essere trasformati in terreni coltivati e quindi potrebbero essere utilizzati solo per pascolare gli animali. La produzione animale sta crescendo rapidamente mentre la domanda di prodotti a base di bestiame aumenta, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. La FAO stima che entro il 2050 il 70% di prodotti animali saranno necessari per alimentare il mondo. Pertanto, la quantità di terra necessaria per allevare animali aumentano anche se il rapporto di conversione degli alimenti (FCR) deve essere migliorato.
Lunedì 11 settembre 2017/ FAO.
http://www.fao.org/
06/10/2017, 0:42
marco62 ha scritto:E' si Jean, del maiale non si butta via niente, anche se nel caso del bitume di asfalto, devono lavorare molto per
ridurre l'odore. Mah, vedremo gli sviluppi.
saluti
Non è che l'asfalto appena steso profumi di violetta, forse vogliono cambiare "fragranza".
P.S. il bitume, sul bilico, ha una temperatura dai 140° ai 160° centigradi.