Tiscallo
Iscritto il: 01/06/2011, 21:39 Messaggi: 3734 Località: Sud Sardegna
Formazione: Geometra
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I riproduttori 1.1. Consanguineità
La consanguineità è la conseguenza dell’accoppiamento di soggetti appartenenti a una stessa famiglia o comunque legati tra loro da vincoli più o meno stretti di parentela: genitori con figli, fratelli con sorelle e così via. Si ricorre soprattutto all’accoppiamento tra fratelli e sorelle. La consanguineità ha come risultato finale quello di ricondurre allo stato omozigote i vari caratteri, creando così delle popolazioni - o linee - che avendo raggiunto un buon grado di omozigosi possono considerarsi pure. L’omozigosi può interessare caratteri utili nonché caratteri indesiderabili che, se di tipo recessivo, possono in tal modo palesarsi. Tale fatto è molto importante perché mette l’allevatore nelle condizioni di scoprire tare ereditarie che altrimenti sarebbero rimaste allo stato latente e avrebbero quindi avuto tutto il tempo di diffondersi maggiormente di generazione in generazione, finendo col tempo per indebolire il ceppo.
Una consanguineità molto stretta, e soprattutto ripetuta, finisce con l’avere effetti negativi sulla fecondità e sulla schiudibilità delle uova, sulla vitalità e sull’accrescimento dei polli. Per cui non si va mai oltre la quarta o al massimo la quinta generazione di riproduzione consanguinea. Per notizie più dettagliate: vol.II - XXIII. 1.2. Età dei riproduttori
L’età dei riproduttori ha molta importanza per ottenere una buona fecondità. Non vi è dubbio che nei soggetti giovani, tanto maschi quanto femmine, la fertilità è certamente superiore rispetto a quella dei soggetti che hanno ormai superato un anno d’età. Quando uno dei due riproduttori ha già raggiunto il 2° anno di vita, se non si vuole incorrere in una limitata fertilità, è bene accoppiarlo con soggetti giovani. 1.3. Carriera produttiva della gallina 1° periodo: inizio delle ovulazioni
Le ovulazioni iniziano con il raggiungimento della maturità sessuale e il periodo d’inizio delle ovulazioni dura una o due settimane. È caratterizzato sia dall’irregolarità delle ovulazioni che dalla presenza di numerosi difetti a carico dell’uovo: uova con 2 tuorli, senza guscio o con guscio morbido , uova piccole o di dimensioni sempre variabili da una deposizione all’altra. 2° periodo: fase di maggior produzione
La gallina depone le uova secondo una sequenza tipica per circa 12-14 mesi, purché si eviti l’accumulo delle uova nel nido in quanto potrebbe favorire l’istinto di cova.
Ogni gallina depone secondo uno schema caratteristico, in parte geneticamente fissato, fatto di un numero di deposizioni giornaliere intervallate da uno o più giorni di pausa. È ovvio che, più lunga è ciascuna sequenza, minore è il numero delle pause, per cui la produttività risulta maggiore. Si passa così da sequenze costituite da poche uova, ad altre che comprendono sino a 40 uova consecutive. Le ovulazioni sono distanziate da un periodo appena superiore alle 24 ore. In ciascun ciclo le ovulazioni iniziano al mattino e terminano nel pomeriggio. Adattando il fotoperiodo al ritmo interno della gallina, è possibile rendere costanti i tempi tra ovulazioni successive e migliorare la produttività in galline che abbiano lunghe sequenze. 3° periodo: fase muta
Si verifica un’interruzione della deposizione per 3-4 mesi, cui segue una ripresa che spesso ha un ritmo meno costante. 4° periodo: rapida riduzione della produzione
Esso è relativamente breve e si verifica dopo 3-4 periodi produttivi, ciascuno separato dall’altro dalla fase muta. In questo periodo si osserva una rapida riduzione della produzione intorno al 40% rispetto alla partenza. Le cause endogene di questa fase non sono note. Fattori che interferiscono con l’ovodeposizione
Sono molti i fattori che possono essere implicati. È accertato che l’ovaio ha in sé la capacità di produrre più uova di quante in genere se ne ottengono da un animale maturo. Ciò fa supporre l’esistenza di fattori limitanti, uno dei quali è senza dubbio la disponibilità di calcio. La carenza di questo elemento nella dieta porta a un blocco delle ovulazioni dopo un periodo in cui vengono prodotte uova dal guscio morbido. Il calcio potrebbe agire direttamente sull’ipofisi regolando il rilascio delle gonadotropine. 1.4. Fecondazione
Quando si vuol sostituire il gallo in un pollaio, si deve tener presente che le uova deposte nei 21 giorni successivi al momento della sostituzione sono, per la massima parte, fecondate dagli spermatozoi del precedente gallo. Per cui, se si vogliono ottenere figli del secondo gallo, bisogna attendere almeno 3 o meglio ancora 4 settimane.
Durante l’accoppiamento il gallo eiacula nell’utero della gallina il liquido spermatico contenente parecchie migliaia di spermi che risalgono l’ovidutto per raccogliersi nelle fossette ghiandolari dell’infundibulo. Se nell’ovidutto non è presente alcuna ovocellula, gli spermi compiono il percorso in mezz’ora circa e si mantengono vitali nell’infundibulo per lungo tempo: 20-21 giorni circa. Dopo 4-5 giorni però, la loro fertilità diminuisce rapidamente e progressivamente.
Gli spermi appena prodotti sono molto più vitali e più rapidi a penetrare nell’ovocellula rispetto a quelli vecchi. Pertanto, se un gallo viene sostituito, le uova deposte dopo 3-4 giorni dall’introduzione del nuovo gallo sono quasi certamente fecondate dal nuovo gallo anche se sono presenti e vitali gli spermi del maschio precedente.
Non è stata constatata alcuna correlazione tra fecondità e momento della giornata in cui avviene l’accoppiamento, così pure col peso del gallo a 5 mesi e mezzo d’età. Il numero di accoppiamenti giornalieri di un gallo è assai variabile: da un minimo di 10 a un massimo di 30 e oltre. Dipende in parte dall’accettazione della gallina, in parte dalla competizione con altri galli presenti nel pollaio e in parte anche dal metodo d’accoppiamento: in massa o individuale.
Accoppiamento in massa: consiste nella presenza contemporanea di parecchi galli che possono accoppiarsi liberamente e indifferentemente nei riguardi delle femmine. Questo metodo è adottato per il pollame destinato a produrre uova o carne.
Accoppiamento individuale: serve per la selezione, quando è necessario appunto conoscere padre e madre di ogni pulcino. Si realizza sia introducendo un solo gallo in un gruppo formato da un minimo di 10 a un massimo di 20 galline, sia relegando il gallo e la gallina in una gabbia.
La temperatura ambiente a 19°C è l’ideale per la buona fecondità dei due sessi. Temperature più elevate influiscono negativamente.
Rapporto gallo/galline: per razze pesanti o intermedie è 1:10, per razze leggere il rapporto è 1:15. 1.5. Fertilità e schiudibilità
Per la schiudibilità delle uova hanno molta importanza l’età dei riproduttori, l’intensità di deposizione della gallina e le caratteristiche intrinseche ed estrinseche dell’uovo.
Fertilità e schiudibilità sono leggermente superiori per le uova deposte da soggetti giovani rispetto a quelle di galline nel secondo anno di carriera riproduttiva. L’unico inconveniente è che i pulcini che nascono da pollastre sono più piccoli e meno uniformi rispetto a quelli nati da galline adulte.
Analizziamo in dettaglio i fattori che influenzano la schiudibilità delle uova. Fecondità delle uova
Un uovo è fecondo quando si è avuta la fusione dei due pronuclei. Vari sono i fattori che influenzano la fecondità in senso positivo e negativo:
· alimentazione dei galli: una carenza di vitamina E comporta una sterilità parziale o totale
· età dei riproduttori: la più elevata fecondità si ha nel primo anno di vita, poi diminuisce progressivamente; per i galletti l’optimum è a 10 mesi
· produttività della gallina: le galline a elevata produttività danno la maggior percentuale di uova feconde
· stagione: in primavera la fecondità è migliore rispetto a quanto accade con le alte temperature estive. Possibilità di schiusa
È regolata in parte da fattori genetici, per cui è migliorabile attraverso un opportuno programma di selezione, e in parte da fattori extragenetici controllabili dall’allevatore:
· alimentazione dei riproduttori: i principali fattori limitanti sono le carenze vitaminiche e minerali: vitamine E, H, B12, B2, D, acido pantotenico, calcio e manganese
· età e produttività delle ovaiole: si hanno maggiori percentuali di nascita con soggetti di un anno d’età e ad elevata produttività
· ricoveri: temperature dei ricoveri troppo elevate o troppo basse sono nocive alla percentuale di nascita
· condizioni sanitarie: incubare solo uova di soggetti sani. Linfomatosi, pullorosi, salmonellosi e altre malattie infettive sono trasmissibili attraverso l’uovo. Scelta delle uova
· peso: ogni razza possiede un peso dell’uovo fissato dallo standard. Il peso del pulcino è correlato a quello dell’uovo.
· struttura del guscio: la porosità regola l’evaporazione sia prima che durante l’incubazione. Lo spessore del guscio è importante perché è proprio dal guscio che viene attinto il calcio. Ma un guscio eccessivamente spesso impedisce al pulcino di nascere. Conservazione delle uova
· temperatura e umidità: a 0°C l’uovo perde la possibilità di schiudere nel giro di 3-4 ore circa da quando è stato deposto. Con temperature di conservazione superiori a 23°C i pulcini si sviluppano più rapidamente ma in modo anormale e quelli che nascono sono deboli. A 32°C è impossibile la ripresa e il proseguimento dello sviluppo dell’embrione. Temperatura ideale di conservazione: 10-15°C circa, con umidità al 75-80%.
· durata: conservate a 10-15°C, le uova mantengono intatta la possibilità di schiusa per 1 settimana circa. Dopo 4 settimane la percentuale di schiusa è praticamente nulla.
· pulizia del guscio: uova imbrattate, specie a livello del polo ottuso dove si trova la camera d’aria, hanno un’anormale aerazione. Immergere le uova in acqua a 25-28°C contenente un battericida. Con acqua fredda, sia il battericida che i batteri possono penetrare attraverso i pori. 1.6. Scelta dei riproduttori
Sia lo sviluppo corporeo che l’impiumamento sono caratteri influenzati in parte da fattori ereditari, in parte da fattori ambientali (temperatura della pulcinaia, contenuto in proteine e vitamine della razione). La scelta dei futuri riproduttori deve essere fatta valutando l’accrescimento e l’impiumamento all’età di 8 settimane, scartando a quest’età tutti i soggetti a lento accrescimento e impiumamento.
La precocità d’impiumamento si desume dalle seguenti caratteristiche.
Lunghezza alla nascita delle remiganti primarie e delle rispettive copritrici. Esaminando la pagina inferiore dell’ala di un pulcino al 2° o 3° giorno di vita, è possibile valutare lo sviluppo delle remiganti primarie. Nei soggetti precoci esse debbono essere ben visibili e forti. Le copritrici primarie debbono avere una lunghezza pari ad almeno 2/3 di quella delle remiganti. Nei pulcini tardivi, remiganti e copritrici hanno pressapoco la stessa lunghezza.
Numero delle remiganti secondarie. Alla nascita i pulcini precoci debbono possedere ben sviluppate almeno 7 remiganti secondarie. Un numero inferiore è indice di lento sviluppo.
Lunghezza delle timoniere al 10° giorno di vita. A quest’età le timoniere debbono già avere una lunghezza di 3,5 cm. Nei soggetti a lento accrescimento la coda non è sviluppata.
I caratteri principali che debbono essere tenuti in considerazione per la scelta dei futuri riproduttori sono i seguenti:
· la precocità sessuale
· il ritmo e la persistenza della deposizione
· la muta
· la tendenza a covare.
Si tratta di caratteri tutti ereditari e alcuni dei geni implicati sono legati al sesso. Nella razze leggere, come la Livorno, la maturità sessuale viene raggiunta al 5° mese; in quelle intermedie, come la Rhode Island, intorno ai 6 mesi. 1.7. La muta del piumaggio
Le penne non sono a crescita continua. Completato il loro sviluppo, esse cadono e si rinnovano. È un fenomeno comune alla quasi totalità delle razze, fatta eccezione per la coda del maschio di Phoenix Onagadori (vedi XV - 4.3.). La muta è un fenomeno molto complesso che coinvolge vari momenti biologici: gli ormoni sono direttamente implicati nella deposizione delle uova e assumono particolare importanza nella produttività delle ovaiole, ma durante la muta la deposizione è completamente sospesa o notevolmente ridotta.
La muta può essere totale quando tutto il piumaggio viene rinnovato, o parziale quando il rinnovamento è limitato solo ad alcune regioni del corpo: testa, collo, parte delle ali.
Alle nostre latitudini di norma la muta ha luogo tra settembre e ottobre e il nuovo abito ha una durata massima di 22 mesi. Può verificarsi eccezionalmente anche in anticipo, luglio-agosto, o più tardi, dicembre-gennaio.
Se interviene in luglio, la muta precoce ha una durata molto lunga, se interviene in gennaio la muta tardiva ha una durata assai breve perché generalmente è parziale.
Non bisogna confondere una caduta di penne con una muta vera: può essere il risultato di stress dovuti a una serie di fattori non sempre accertabili.
La muta non è mai simultanea in tutto il corpo, ma graduale: le prime penne a cadere sono quelle della testa e del collo, cui seguono quelle del petto, del dorso, dell’addome, delle ali e della coda. Quando tutte le remiganti primarie sono rinnovate, la muta ha termine.
Nei soggetti a elevata deposizione la muta è più breve poiché si rinnovano contemporaneamente più remiganti. Nei soggetti a mediocre deposizione la muta è sempre più lunga. Inoltre la durata varia da soggetto a soggetto in relazione soprattutto alle condizioni di salute e alla robustezza.
La prima muta di norma si verifica al termine del primo anno di vita, però la sua comparsa è subordinata alla data di nascita. Le galline nate a dicembre o nei primi mesi dell’anno, compiono la prima muta non al compimento del 1° anno di vita, ma pochi mesi dopo l’inizio della deposizione. Le galline nate in aprile-maggio compiono la prima muta solo nell’autunno dell’anno seguente.
Muta forzata: qualora l’allevatore lo ritenga opportuno o remunerativo, può indurre le ovaiole a compiere la muta anzitempo per prolungare e possibilmente migliorare la produttività, anche se tale miglioramento non deve essere inteso come scontato, perché gli effetti della muta forzata sono suscettibili di variazioni dovute a un complesso di fattori intrinseci ed estrinseci. Così, ovaiole che prima della muta forzata deponevano in modo ottimale, dopo la muta depongono mediocremente. Generalmente le galline vengono indotte alla muta dopo 12-14 mesi di deposizione, quando la produttività tende a diminuire più o meno sensibilmente. Se necessario può essere indotta anche dopo 8-10 mesi, qualora si reputi che si possa conseguire un aumento notevole di produttività.
Può essere realizzata con vari metodi:
Digiuno per 10-11 giorni, oppure alimentazione a base di granaglie. È lo stress che induce la muta.
Sete un giorno sì e uno no per tre volte. Possibilmente da non utilizzare in giorni o periodi particolarmente caldi, per il pericolo di una grave disidratazione.
Buio, oppure riduzione della luce a 6-8 ore al giorno.
Prodotti chimici addizionati al mangime: zinco dietetico; oppure vengono ridotti sodio e calcio.
Gli effetti della muta forzata non sempre danno risultati facilmente prevedibili sulla deposizione, anche se poi il peso dell’uovo è di norma superiore. 2. SELEZIONE DELLE BUONE DEPOSITRICI 2.1. Selezione in base a caratteri anatomici e fisiologici
· Ampiezza della cavità addominale: la distanza più o meno grande fra le ossa pelviche, cioè fra le ossa ischiatiche e pubiche, e fra queste e l’estremità distale dello sterno, influisce sull’ampiezza della cavità addominale. Questa, permettendo un maggior sviluppo dei visceri, si considera influente sulla fecondità. Walter Hogan che ha sperimentato a lungo questo metodo, ha appunto proposto di apprezzare con la semplice palpazione la distanza esistente tra le ossa pelviche e lo sterno. Sempre secondo Hogan, nella Livorno una distanza di almeno 4 dita trasverse identifica una buona ovaiola. L’ovaiola deficiente ha una distanza inferiore a 3 dita. Questo carattere può essere ricercato solo nell’animale adulto, quando il bacino ha completato il suo sviluppo.
· Elasticità delle ossa pubiche: all’atto della deposizione l’uovo determina un allargamento delle estremità delle ossa del pube, per cui la loro elasticità di movimento e soprattutto la distanza che le separa permetterebbero di riconoscere una buona ovaiola.
Per quanto Hogan abbia precisato i gradi di apprezzamento di queste note distintive, si può dire che è possibile confrontare solo soggetti di una stessa razza e che la misurazione potrebbe essere inesatta. Il metodo diventa invece sicuro per riconoscere le galline inadatte in modo assoluto a una buona deposizione.
È evidente che un bacino eccezionalmente stretto, con distanza fra sterno e ossa pelviche ridotta, con estremità di queste ossa grandi e rigide, uno sterno ricurvo e spostato, caratterizzano un soggetto anormale, nel quale è improbabile un regolare sviluppo dell’ovaio.
· Snellezza e lunghezza del corpo: sono caratteri che si uniscono generalmente a un’alta fecondità.
· Cresta e bargigli larghi, turgidi, di un rosso intenso, lisci e levigati al tatto: sono caratteri di buona depositrice.
· Occhio vivace e sporgente, orecchione morbido e liscio, vagabondaggio: vale quanto detto prima.
· Cranio breve e testa sottile, cloaca dilatata umida e allungata: sarebbero indizi costituzionali di buone attitudini alla deposizione.
In una razza a tarsi gialli, il loro scolorimento è indice di buona depositrice. Tuttavia, anche se questa depigmentazione viene generalmente considerata conseguenza di una forte deposizione, da molti si ammette che essa non sia proporzionale al valore della produzione, ma dipenda piuttosto dall’incapacità della gallina a reintegrare le perdite di carotenoidi.
La cattiva ovaiola possiede cresta piccola rugosa e pallida, orecchioni grinzosi, testa arruffata, cloaca piccola, contratta e rotonda.
Sulla fecondità ha grande influenza la muta del piumaggio, che conduce a un arresto della deposizione. Pare assodato che in galline buone ovaiole la muta avviene assai rapidamente, forse come conseguenza della maggiore capacità di assimilazione dell’alimento. Seguire l’andamento della muta diventa perciò un mezzo diagnostico: basta osservare come vengono sostituite le remiganti primarie. Anche quando le future buone ovaiole sono ancora piccoline, esse possono essere individuate: una piccola differenza nella lunghezza delle remiganti primarie in via di formazione indica una maggiore contemporaneità di rinnovamento, un capacità di muta più rapida e quindi una maggior capacità a deporre.
Il controllo della deposizione col nido a trappola ha consentito di stabilire a quale età si raggiunge il massimo dell’ovulazione: in genere avviene nel primo anno di deposizione, pur mantenendosi abbastanza forte anche nel 2° anno. Nel 3° e nei successivi anni la fecondità decresce rapidamente. Pertanto sono da considerarsi buone ovaiole quelle galline che non hanno superato il 2° anno di deposizione.
È provato che si ha la maggior produzione annua continuativa in quelle galline che hanno iniziato a deporre in ottobre o novembre, mentre le galline troppo precoci, nate in dicembre o nei primi mesi dell’anno, siccome debbono interrompere la deposizione a causa della prima muta, hanno una produzione inferiore. Nello stesso modo si comportano le galline che iniziano a deporre tardivamente poiché nate in autunno. Per fare un controllo di produzione è meglio scegliere le galline che sono nate in aprile e maggio, in quanto possono cominciare a deporre in autunno. 2.2. Selezione col nido a trappola
I caratteri suesposti hanno in gran parte una validità approssimativa: servono a compiere una grossolana epurazione dei soggetti che non posseggono assolutamente i requisiti fondamentali. La fecondità è un carattere fisiologico che non è necessariamente collegato a tratti somatici.
Il controllo sicuro della fecondità si può attuare col nido a trappola, che comporta metodologia esatta e tempi lunghi per giungere ai risultati desiderati. Dalle esperienze di Pearl si è messa in evidenza la grande importanza dei galli nella trasmissione del carattere alta fecondità. Un gallo può migliorare la popolazione di tutte le figlie, indipendentemente dalla costituzione gametica della madre, ma il gallo deve essere omozigote e aver accumulato il maggior numero di geni in causa. 2.3. Conclusioni pratiche
Le galline comuni di campagna depongono 80-100 uova all’anno a seconda dell’ambiente più o meno favorevole. Incrociarle con stirpi provenienti da località diverse significa porre i soggetti stranieri in condizioni ambientali più o meno disagevoli, che si traducono spesso in riduzione della fecondità e maggiore facilità a contrarre malattie.
La soluzione ideale è incrociare galline locali con galli di genealogia certa, appartenenti a stirpi scelte e omozigoti. Da un lato i prodotti d’incrocio potranno conservare i caratteri di adattamento e di resistenza proprii alla madre, dall’altro si eviterà l’eccessiva consanguineità e si sfrutterà la maggiore fecondità del gallo selezionato.
Si potrebbe assumere questa regola: in ogni pollaio deve esistere sempre e soltanto un gallo di stirpe selezionata ad alta e conosciuta produttività, qualunque sia il tipo morfologico e fisiologico delle galline. Naturalmente il discorso vale qualora si ricerchi solamente un incremento del numero e della qualità delle uova.
Con l’introduzione di un tale gallo, nei pollai colonici si determina subito, a iniziare dalla prima generazione, un rapido e notevolissimo aumento della produzione media annua.
_________________ E' TEMPO DI INCUBARE(Dottor Alessio Zanon)
http://www.rivistadiagraria.org/riviste/vedi.php?news_id=456&cat_id=229
TUTTO DALL' INCUBAZIONE ALLO SVEZZAMENTO DEI PULCINI!!
http://www.forumdiagraria.org/polli-f58/tutto-dall-incubazione-allo-svezzamento-dei-pulcini-t32483.html
Quelli che ti criticano sono quelli che ti vogliono diverso,perchè vedono in te quello che loro...non saranno mai!!!
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