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Gestione dell'allevamento, alimentazione, incubazione, ricoveri, predatori, razze e curiosità
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allevamento rurale

15/10/2011, 19:17

ciao raga!!!
ieri navigando sono imbattutto in una pagina internet che parlava di ALLEVAMENTO RURALE
secondo loro per iniziare uno di questi basta avere meno di 500 capi, un terreno di minimo 500 metri quadrati e dei ricoveri, da questa cosa poi , sempre secondo loro, è possibile intraprendere la vendita di animali, e di uova, tutto con una semplice autocertificazione che dichiari che le uova sono fresche che gli animali sono allevati a terra ed altre semplici cose che quasi tute le persone di campagna fanno.sempre secondo questa pagina internet rimanendo all'interno di semplici paramentri, la asl non creerebbe molti problemi e lo stesso per il fisco
è davvero possibile tutto questo?
se si per me si aprirebbero molte strade, se qualcuno mi aiuta, sarei molto grato
grazie
francesco

Re: allevamento rurale

15/10/2011, 19:52

Mi piacerebbe avere più info, grazie

Re: allevamento rurale

15/10/2011, 20:24

Anche a me si aprirebbe un mondo di possibilità ma non credo sia vero!
Più info se puoi.

Re: allevamento rurale

15/10/2011, 21:00

per allevamento rurale secondo il MINISTERO DELLA SALUTE
DECRETO 25 giugno 2010
Misure di prevenzione, controllo e sorveglianza del settore avicolo rurale. (10A10245)

s'intende:
«allevamento rurale»: inteso come luogo privato in cui vengono allevati un numero di capi non
superiore a 250 volatili destinati esclusivamente all’autoconsumo;

Questa è la Gazzetta Ufficiale:
http://gazzette.comune.jesi.an.it/2010/196/41.pdf

Re: allevamento rurale

15/10/2011, 21:06

Invece per quanto riguarda le norme giuridiche, e credo fiscali, bisogna fare riferimento
al:
DECRETO LEGISLATIVO 18 maggio 2001, n. 228
Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57.

che potete trovare sul sito del Comune di Jesi a questo indirizzo:


http://gazzette.comune.jesi.an.it/2001/137/14.htm


Buona lettura

:mrgreen: :geek: :ugeek:

Re: allevamento rurale

15/10/2011, 21:15

ma questa legge è solo per il comune di jesi o per tutti???

Re: allevamento rurale

15/10/2011, 21:22

O Figlio di Dio
se esce sulla Gazzetta Ufficiale e comincia così:

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visti gli articoli 7 e 8 della legge 5 marzo 2001, n. 57;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri,
adottata nella riunione del 6 aprile 2001;
Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
reso il 24 aprile 2001;
Acquisito il parere delle competenti Commissioni della Camera dei
deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 2 maggio 2001;
Sulla proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali,
di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica, delle finanze, del lavoro e della
previdenza sociale, dell'industria, del commercio e dell'artigianato
e del commercio con l'estero, della sanita', dell'ambiente, per la
funzione pubblica, per gli affari regionali e per le politiche
comunitarie;
E m a n a
il seguente decreto legislativo:
....................................


significa che vale su tutto il territorio della Repubblica Italiana.
Ti sembra che il Presidente della Repubblica si scomoda solo per il Comune di Jesi?

Re: allevamento rurale

15/10/2011, 21:39

ok grazie
sei molto ferrato
quindi è attuabile o no quello che ho chiesto?
sono riuscito a trovare la pagina di ieri sera.... ora la copio.....

In cinquant’anni, i consumi di carni di pollame sono cresciuti di quasi 10 volte e quelli di uova sono raddoppiati. Tanti i motivi. Passata la psicosi della Mucca pazza, che aveva dirottato sul pollo le simpatie dei consumatori, e la successiva paura dell’aviaria, metabolizzata da un paio di anni, la carne di volatile si compra sempre di più. È nutriente, digeribile, meno grassa di altre, facile da cuocere. E costa meno di quella bovina, anche se i prezzi sono in salita, al dettaglio. Esistono delle vere e proprie borse stile Piazza Affari che stabiliscono i prezzi all’ingrosso a Milano, Verona, Treviso, Padova, Forlì, Roma... Un pollo dopo il macello vale circa due euro al kg. Ma al dettaglio la media è di 3,50 euro, fino a 5 e oltre. Si veleggia sui 9 euro, per i petti, la parte più amata dai consumatori italiani. Ma c’è chi arriva a spendere cinque, sette volte di più per le razze nostrane.
Allevare polli e volatili può essere un business, oggi? Pare di sì, a giudicare dai dati dell’Unione nazionale dell’Avicoltura (Una), che riunisce la maggior parte dei produttori italiani. «Il settore avicolo ha avuto uno sviluppo poderoso: oggi rappresenta il principale comparto della zootecnia italiana e un'attività trainante per la nostra economia» spiega Rita Pasquarelli, direttore dell’Una. «Possiamo contare su produzioni avicole all’avanguardia. La qualità del prodotto non arriva tanto dalla razza, ma dal fatto che la gallina sia sana, mangi bene e sia ben accudita. Le aziende di un certo livello sono sottoposte a controlli quotidiani da parte delle autorità e applicano i propri disciplinari. Inoltre, oltre il 90% delle carni di pollame ed il 70% delle uova da consumo, nel nostro Paese sono prodotte con il sistema a "integrazione verticale". Le aziende cioè hanno riproduttori, incubatoi, producono i mangimi per gli animali, macellano in proprio, trasformano le carni, selezionano e imballano le uova. Un sistema a ciclo completo che controlla tutte le fasi produttive e distributive e garantisce al consumatore carni e uova di elevata qualità». Tra carne (quasi 650mila tonnellate) e uova (circa 13 miliardi di pezzi), la produzione avicola italiana copre il fabbisogno nazionale. E molta produzione migra all’estero, soprattutto le parti che gli italiani consumano meno e altre gastronomie apprezzano (ali, teste, frattaglie, cosce, zampe). «C’è ancora spazio per allevamenti intensivi, nel nostro Paese, perché i consumi di carni avicole sono destinati ad aumentare, in Europa e nel mondo» afferma Aldo Muraro, presidente dell’Una, che chiarisce l’organizzazione del tessuto produttivo. «Ci sono oltre settemila allevamenti intensivi, dove si crescono a terra, in capannoni ventilati, polli per il consumo (con maturazione e macellazione a 50-60 giorni). Queste imprese conferiscono i loro prodotti a grandi aziende, come Aia, Amadori, Arena, Bignami, Fileni, Gardini, che impongono regole di produzione, forniscono pulcini, mangime, assistenza, seguono le fasi di allevamento, macellano e mettono sul mercato». I big-collettori si assumono i rischi della commercializzazione e hanno la responsabilità di tutta la filiera, ma i singoli allevatori hanno spese rilevanti di avviamento. Per un allevamento minimo di 10mila polli, tra capannone a norma, impianti, scarichi e attrezzature, si parla di almeno 500mila euro. Investimenti analoghi deve affrontare chi produce galline da uova, per lo più allevate in gabbia. Per loro, dal 2012, si applicheranno le norme europee che impongono di migliorare il benessere degli animali: più spazio per muoversi, meno affollamento. C’è però chi sceglie già di allevare a terra, in capannoni o all’aperto, o addirittura con alimentazione biologica. Ma solo il 10% delle uova prodotte arriva da allevamenti così. E solo un coraggioso 1,2% di allevatori fa una scelta più radicale: quella dell’allevamento rurale. Si tratta di aziende piccole, a conduzione individuale o familiare, con meno di 500 capi. L’obiettivo è creare o integrare un reddito familiare, magari recuperando per passione (e business) razze legate al territorio, che rischiano di scomparire soppiantate da quelle a più rapido accrescimento, non locali, adatte alla produzione intensiva.
C’è spazio anche per queste microimprese? Sì. Ci sono tanti consumatori che cercano il meglio e sono disposti a pagarlo adeguatamente. C’è chi alleva specie a rischio o rare, poi, con un altro intento: circondarsi per piacere di volatili da compagnia dalle infinite varietà di colori, piumaggi, creste e bargigli. Esemplari selezionati per la bellezza e la rispondenza ai canoni della razza, che partecipano a campionati ed esposizioni per amatori. In questo caso, non si mangiano, al massimo producono uova per la tavola. E non si parla solo di polli. In cortile ( e nell’allevamento) ci sono anche i tacchini, i capponi (galli castrati, da ingrasso), le faraone, le quaglie. E palmipedi da mangiare e da compagnia, anatre ed oche in testa.
«Ci sono una ventina di razze italiane da riscoprire. A nord, c’è una razza di gallina praticamente per ogni regione!» spiega Alessio Zanon, veterinario esperto in biodiversità animale, consulente dell’Associazione italiana razze autoctone a rischio di estinzione. «Molti agiturismi stanno creando piccoli allevamenti sperimentali, per mostrare agli ospiti gli animali legati alla cultura del territorio. Quella della fattoria didattica è una strada possibile . Poi c’è la produzione per il consumo alimentare. È una nicchia che può garantire un reddito adeguato. Un pollo “tipico” allevato per sei mesi in un allevamento rurale si vende anche a 25 euro, contro i due euro di quello industriale. Chi lavora bene, in pochi mesi può bilanciare l’ammortamento della struttura, le spese per l’allevamento e la macellazione, le perdite per i predatori e la manodopera. Però è fondamentale creare una filiera corta: vendere direttamente, creando un canale di promozione e comunicazione che porti il cliente a cercare il prodotto, anche in fattoria, ad apprezzarlo, nonostante il prezzo». L’esperto consiglia di iniziare con le specie di più semplice gestione: polli, oche, anatre. Si ammalano di meno e hanno meno esigenze alimentari. Tacchini, faraone, quaglie e colombi richiedono maggiore esperienza. E scegliere solo una specie. Polli e palmipedi hanno esigenze diverse: gli uni riposano su trespoli, gli altri su ricoveri piatti, terreni morbidi senza reticolati. E gli uni possono trasferire malattie agli altri. Meglio una sola razza, così nel caso di tipicità si evitano incroci.

Le migliori razze locali
Con la consulenza di Fabrizio Focardi, presidente del comitato tecnico-scientifico della Fiav e giudice nelle competizioni.

Razza Livorno. Gallina ottima per caratteristiche della carne e per capacità riproduttiva.

Razza Valdarno. Gallina bianca, è precoce nel deporre le uova e fa un’ottima produzione.

Polverara (ciuffo dritto) e Padovana (ciuffo cadente): galline venete. Ottima carne, morata, e pelle bianca. Alta produzione, ma lenta crescita: sette-otto mesi.

Razza Siciliana. Ancora in fase di selezione. Doppia cresta, crescita più veloce delle altre.

Anatra Germanata Veneta. Carne abbondante (arriva a 3 kg), abbastanza grassa, buona ovaiola.

Oche. Romagnola, pezzata veneta, padovana. Diverse per tipologia, non sono però un buon investimento per carne e uova. Se ne usa il piumino per imbottitura.

Faraona. Un buon investimento: crescita veloce, macellazione precoce, buona produzione di uova (per la riproduzione, non si mangiano). Carne rossa, più saporita e calorica, molto apprezzata.

Cappone di Morozzo. Sviluppo precoce, castratura all’inizio dell’estate. Quello di Morozzo è un presidio Slow Food.

Nel 1958, un italiano mangiava 2 kg di carne tra pollo e affini e 120 uova l’anno. Oggi consumiamo a testa 18,04 Kg di carni avicole e 224 uova

Il Cappone di Morozzo se la cava (senza attributi)
Il Cappone di Morozzo stava scomparendo. Gli allevatori si erano stancati di mettere soldi ed energie in un allevamento che nessuno considerava più. C’erano sempre meno animali e visitatori alla fiera annuale, a Morozzo (Cn), la terza domenica di dicembre. Grazie al suggerimento di Slow Food, 10 anni fa è nato un Consorzio per la tutela e la valorizzazione del Cappone di Morozzo e delle Produzioni Avicole tradizionali. L’idea era far conoscere il prodotto, perché si vendesse a un prezzo adeguato. Nonostante lo scetticismo iniziale, oggi si producono circa cinquemila capponi l’anno, già prenotati prima di Natale, e 65 allevatori residenti nei 13 comuni dell’area di produzione, che spesso mandano avanti anche altre attività. Un cappone in macelleria si compra a oltre 20 euro al kg. Ma molti si vendono direttamente presso gli allevatori. «Abbiamo iniziato per passione» racconta Bianca Bertolino, allevatrice. «Da qui a Natale, su 300 pulcini, 100 maschi diventeranno capponi. Ho imparato a castrali io, da sola. Un cappone di circa 2,2 kg lo vediamo a 35/ 40 euro». I problemi? L’esperienza non si improvvisa soprattutto per il mix di cibo e la castrazione. Quest’operazione e i predatori provocano notevoli perdite. INFO: Consorzio per la tutela e la valorizzazione del Cappone di Morozzo, Annamaria Molinero, tel. 0171 772001, http://www.capponedimorozzo.it" target="_blank" target="_blank


Storia 2
Spazio al pollo toscano
«C’è spazio per altri allevatori. Ma la vita è dura» racconta Francesca Romana Farina, responsabile del presidio Slow Food del Pollo del Valdarno e allevatrice. La razza che ha scelto cresce lentamente, in 120 giorni, ma ha una carne molto apprezzata. I nove produttori, riuniti in un Consorzio tra Arezzo e Firenze, lo vendono a 12-13 euro la kg (il doppio di un pollo definito “rustichello”). Più buone le femmine, soprattutto fritte o alla diavola. «Il produttore più piccolo fa 200 polli l’anno, il maggiore 1.000. In tutto, ne produciamo 6.000» racconta la produttrice, che sconsiglia l’allevamento a un neofita. «I costi sono elevatissimi». Qualche cifra: serve un quintale mezzo di cibo per 100 pulcini, per 60 euro al quintale. Costosi recinzioni e mantenimento dei pali in legno naturale. Elettricità: da 120 a 180 euro a bimestre (incubatrice e lampade). Vaccinazioni (50 euro per il veterinario, 50 per il vaccino) e predatori (anche a due zampe!). «Ti resta un euro di guadagno a capo in tasca» sbotta Farina, che però continua a produrre mille polli, nei suoi dieci ettari. Ha iniziato dieci anni fa: credeva nel recupero di una specie e sperava in una fonte di reddito principale. «È un lavoro da donne, anche tradizionalmente. E tornerei a sceglierlo. Ma avremmo bisogno di aiuti dalle istituzioni. Magari strutture centrali, un incubatore e un macello per tutto il consorzio, per ridurre i costi». Gli allevatori hanno creato un registro anagrafico della razza, vendono nei mercati locali e in un negozio messo a disposizione dal Comune, con un contributo regionale: ognuno ha uno spazio attrezzato per soli 100 euro l’anno. Il consorzio può dare consigli. Per esempio, avere almeno 2.000 mq di terreno per 100 animali e un budget sotto i 10mila euro per cominciare. INFO: Presidio del Pollo di Valdarno, Francesca Romana Farina, tel. 055 967398, francescar.f@tele2.itIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo , http://www.pollodelvaldarno.it" target="_blank" target="_blank

Per saperne di più
- Associazione italiana razze autoctone a rischio di estinzione: http://www.associazionerare.it" target="_blank" target="_blank
- Facoltà di agraria e veterinaria: http://www.agraria.org" target="_blank" target="_blank
- Federazione italiana associazioni avicole: http://www.fiav.info" target="_blank" target="_blank

da leggere
Vita in campagna, mensile in abbonamento (L’Informatore Agrario, 4 euro) rivolto a chi possiede un piccolo terreno e lo vuole far rendere, anche con un allevamento.

Guida illustrata alla difesa sanitaria degli animali (L’Informatore Agrario, 3 euro, più spese di spedizione),

Guida illustrata alla progettazione di un allevamento di avicunicoli (L’Informatore Agrario, 3 euro).


C’è chi ti aiuta
Ci sono aiuti per l’avviamento di imprese agricole (anche allevamenti), bio, che tutelino e sviluppino la tipicità dei territori. Attenzioni speciali per i giovani imprenditori, nei “pacchetti giovani” creati dalle singole regioni e province per recepire le indicazioni dei Por, i piani per lo sviluppo rurale della Comunità Europea (2007-2013).
- Per i più giovani. La misura 112 concede un premio di primo insediamento sotto i 40mila euro o un abbuono d’interessi non superiore a 40mila euro ( o una combinazione delle due non superiore a 55mila euro) agli agricoltori tra i 18 e i 40 anni che avviano la loro impresa.
- Per chi cerca consulenza. La 114 sovvenziona una consulenza professionale (massimo 1.500 euro) per adempiere alle norme sulla condizionalità (ambientali, benessere animali...) e rendere più produttiva l’impresa. La misura 121 è invece per l’ammodernamento delle imprese agricole.
- Come si fa. Bisogna formulare un business plan, armarsi di pazienza e informarsi presso gli assessorati all’agricoltura delle singole regioni e gli enti locali preposti o le associazioni di categoria (http://www.coldiretti.it" target="_blank" target="_blank, http://www.confagricoltura.it" target="_blank" target="_blank) o il ministero (http://www.politicheagricole.it" target="_blank" target="_blank).

I primi passi per un allevamento rurale
- Non superare i 500 capi, oltre cambiano gli adempimenti sanitari. Scegliere tra gallina Livornese, cappone di Morozzo, gallina col Ciuffo di Padova, oche del Campidoglio. Inserire subito tutti gli animali per evitare problemi di adattamento. Per produrre 40 polli in una stagione, servono almeno quattro-cinque galline pronte per riprodursi. Una gallina depone le prime uova a sei mesi. Ognuna produce circa 250-260 uova l’anno.
- Spazio: ci vogliono almeno 100 mq. Calcolare lo spazio in base agli individui. Nell’allevamento intensivo ci sono sette-otto polli per mq, cinque-sei tacchini. In quello rurale, per razzolare all’aperto, uno, due al massimo per mq. Attenersi alle indicazioni delle Asl.
- Ricoveri per la notte: utilizzare strutture preesistenti, attrezzandole con trespoli, mangiatoie, abbeveratoi. Le nuove costruzioni possono essere in muratura, lamellari o metalliche, possibilmente coibentate o in zone protette dal sole. Il legno dà buoni risultati, su una base di cemento per evitare il ristagno delle deiezioni. Per strutture preabbricate o su rotelle non servono permessi del Comune, servono invece per la muratura. Un pollaio mobile per 40 capi costa circa 600 euro.
- Il gallo nel pollaio. Dividere l’allevamento in più recinti, ciascuno con un gallo e non più di 10-12 galline, che generano un centinaio di pulcini, da dividere poi in due recinti, per farli crescere. I maschi tutti da una parte, in modo che non vedano le femmine (altrimenti, litigano tra loro).
- Il cibo. Coltivare o acquistare in zona i cereali: mais, grano, orzo, avena, grano saraceno, riso, da mescolare a seconda dei contenuti energetici. Aggiungere leguminose. Sì ai vegetali: verdure, erba, frutta. Evitare proteine animali (farine di carne). Si possono acquistare mangimi formulati. La crescita di un pollo (sei mesi) costa circa 10 euro.
- Il personale. Basta una persona per la gestione, che ogni due giorni aggiunge paglia tritata o trinciato o torba alla lettiera permanente. Grazie ai microrganismi e all’azione dei polli, le feci si combinano con la lettiera e l’azoto non si libera nell’aria. Ogni sei mesi, si rimuove tutto e si pulisce di fino.
- Le attrezzature. Un’incubatrice per un centinaio di uova costa circa 700 euro. Due lampade da 200 watt a infrarossi, per scaldare i pulcini per un paio di settimane, dopo la schiusa, sotto i 50 euro.

Re: allevamento rurale

15/10/2011, 21:48

Non so se quesllo che c'è scritto nel tuo post è tutto attendibile. Probabilmente si, ma non ci metto la mano sul fuoco.
Però comunque dovresti assumere la qualifica di imprenditore agricolo, con relative obbligazioni di legge.
Io penso che per saperne di più , a parte leggere le 60 e passa pagine del decreto di cui ti ho mandato il link, potresti andare ad una sezione della coltivatori diretti, o qualche associazione analoga della tua zona, e chiedere informazioni.
;)

Re: allevamento rurale

15/10/2011, 22:00

ciao
guarda andare ad una associazione di categoria dalle mie parti significa sprecare tutti i pensieri fatti fino ad ora.... nessuno sa darti mai risposte, è tutto un rimbalzarti di qua e dil la'...... stessa cosa vale per l'assessorato all'agricoltura.... ho gia provato.
non siamo liberi di avere progetti o crearci possibilita', ti abbattono in partenza, o non ti aiutano,
riguardo alla qualifica di imprenditore agricolo, se ho i requisiti per prenderla, non sarebbe un problema..... la cosa che frena me, sono investimenti alti, fisco elevato, troppe norme da rispettare, preciso, non voglio ne essere evasore, ne altro, solo che quell'articolo mi sembrava che aprisse possibilita' di creare qualcosa senza entrare nel girone infernale della burocrazia italiana.
grazie per le tue risposte
fra
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