Carlina acaulis L.
Famiglia: Compositae
Nomi volgari: carlina bianca, articiochi de monte, pan de l’alpin, tiroliro, buralze, spin de prà, carlina segnatempo, semprevivo, cardo di S. Pellegrino.
Etimologia: il nome generico da Carlo Magno che attribuì alla pianta il potere di curare la
pestilenza sembra che lo stesso Linneo, attribuisse e dedicasse tale
pianta all'imperatore.
Altri ipotizzano un riferimento a Carlo V, in realtà appare più probabile, una banale deformazione della parola "carduncolos", diminutivo di cardo e il nome starebbe quindi, per piccolo cardo. Acaulis perché generalmente priva del gambo.
Morfologia:
pianta erbacea, perenne, o bienne a crescita lenta, con fusto di colore brunastro, che, nonostante il nome "acaulis", si presenta, ora breve o assente, ora alto fino a 30 cm, a volte ramificato. Rizoma robusto, amaro, che emana odore fetido.
Le foglie, quasi tutte basali, sono disposte in rosetta lunghe sino a 20 cm, sono picciolate, con lamina oblungo-spatolata, pennatosetta, profondamente divise, glabre, coriacee e spinose.
Al centro della rosetta, un solo grande capolino che può raggiungere i 15 cm di diametro completamente avvolto da brattee: le esterne sono fogliacee, le mediane sono brune, dentate- spinose, quelle interne sono lineari, bianche e brillanti, somigliano a fiori ligulati. I fiori tubulosi di sono colore bianco sale o rosa .
I frutti sono acheni minuti di penne.
Distribuzione – habitat – fioritura:
diffusa in buona parte dell’Europa centrale, in Italia è comune in tutte le regioni settentrionali e centrali, più rara nelle regioni meridionali, assente nelle isole. Vegeta nei pascoli, negli ambienti rocciosi e nei prati secchi, predilige terreni silicei e calcarei, dove fiorisce da giugno a settembre, sino a 2.200 m.
Proprietà ed usi:
nella medicina popolare viene utilizzata la radice che ha proprietà diaforetiche, diuretiche, amaricanti, digestive, carminative, diaforetiche, purganti, cicatrizzanti, sudorifere e febbrifughe.
Un uso eccessivo della carlina può provocare vomito e diarrea, ed è quindi indispensabile che
ogni trattamento terapeutico, venga effettuato sotto stretto controllo medico.
Nel passato la carlina era un’erba importante ed era classificata come allessifarmaco (antidoto ai veleni), proprio per questo era coltivata nei giardini dei monasteri, gli antichi Sassoni la consideravano un amuleto contro il malocchio e ogni malattia. Oggi è un’erba poco usata poiché esistono rimedi più efficaci.
Veniva usata per lenire il mal di denti, la polvere della radice, che veniva anche fumata, serviva per curare la scabia ed altre malattie della pelle, le vesciche e le piccole piaghe.
L’infuso di polvere di radice nel vino rosso era indicata contro i reumatismi e come rimedio sudorifero negli stati febbrili.
Il decotto di carlina può essere usato per detergere la pelle colpita da eczema e da acne.
I ricettacoli dei capolini, noti come “pane del cacciatore”, sono eduli, utilizzabili come i cuori dei carciofi, oppure tagliati a piccoli pezzi, messi a cuocere con lo zucchero in poca acqua, fino ad ottenere una purea dolce-piccante, ottima da utilizzare come la mostarda.
Le radici invece, tagliate a rondelle e private della parte interna legnosa, possono essere utilizzate per fare canditi, una prelibatezza se coperti di cioccolato.
La carlina è ricca di inulina, uno zucchero digeribile anche dai diabetici.
Le foglie secche o essiccate riescono a cagliare il latte.
Sovente viene usata come pianta ornamentale nelle composizioni di fiori secchi.
Curiosità:
le brattee esterne, a seconda dell’umidità atmosferica, funzionano da igrometro naturale, chiudendosi quando il tempo muta al peggio, ma comunque sempre nelle ore notturne, per poi riaprirsi al mattino successivo.
ra comune trovarlo appeso nelle porte delle case alpigiane, in quanto sia decorativo che utilizzato per le "previsioni del tempo"
Note:
questo genere formato da 20 specie di annuali, biennali e perenni è distribuito in Europa, nella regione mediterranea e nell’Asia occidentale.
Specie simile è la Carlina alpina, che si differenzia per il caule lungo sino a 1 metro.
fonte: http://www.funghiitaliani.it" target="_blank