la pastorizia nomade è ancora praticata in diverse regioni del nord italia. solo in piemonte, vi sono almeno una cinquantina di greggi vaganti con un numero di capi superiore alle 500 unità (tra questi ci sono greggi da 2000 capi, ma anche altri con "sole" 2-300 pecore).
l'inverno attuale, che ha fatto seguito ad un'estate ricca di eventi eccezionali (forti temporali, grandinate, trombe d'aria...), si presentava già difficile per la scarsità di foraggio. scese dall'alpeggio, le greggi pascolano negli incolti e nelle stoppie del mais.
quest'anno c'era però pochissima erba, a causa delle basse temperature e delle scarse piogge nel mese di settembre/ottobre.
a novembre invece ha piovuto molto (quando ormai era "inutile" per l'erba), impedendo ai pastori di spostarsi in collina per il troppo fango e le condizioni difficili (frane, allagamenti). i pascoli intorno ai fiumi erano inutilizzabili a causa delle esondazioni.
è poi arrivata la prima neve, a cui hanno fatto seguito giornate fredde, nebbia ed altre abbondanti nevicate agli inizi di gennaio. questo ha comportato il "fermare" le pecore. niente più pascolo vagante, ma alimentazione delle pecore all'aperto (nessuno di questi pastori ha una sede fissa o una stalla). ciò avviene con fieno, mais, insilato di mais ed altro.
questo comporta una fatica non indifferente, senza contare ovviamente le ingenti spese che non verranno compensate in alcun modo, visto che il prezzo della carne ovicaprina qui è stabile da anni