Esattamente Marco77.
Le varietà autoctone, come ho già detto, fanno parte della storia (spesso remota...e talvolta recente) di un territorio.
Ritengo che questo faccia parte del "riappropiarsi" di un equilibrio perso.
Non voglio aprlare di "energia" (virgolettato...per avvicinarmi alla Biodinamica come concetto), nè tanto meno di essere contro a prescindere: parlo di equilibrio delle cose.
In effetti nella mia specifica situazione sto riscontrando successi maggiori se utilizzo varietà del mio territorio, e meglio ancora se da me propagate.
Vedi Eugenio, tu sostieni che quanto hai quotato lo si faccia anche nell'agricoltura tradizionale, ma io dissento dalla tua affermazione qualora tu intendessi quanto vado a riportare sotto.Se invece intendi il corretto concetto di tradizionale, mi scuso e ti prego di non tenere conto delle parole che seguiranno.
Oggi facilmente si tende a
confondere agricoltura tradizionale con agricoltura convenzionale, dando per scontato che quanto veniva fatto 10 o 20 anni fa nella nostra terra è oramai passato a far parte della sua tradizione. Per attingere alla tradizione bisogna andare un pò più indietro nel tempo, e provare a recuperare la storia più remota rispetto a quella degli ultimi due decenni.
Avrei il piacere di parlane ad un tavolino a quattrocchi, ma non potendolo fare cercherò di essere il più sintetico possibile.
Come perito agrario dissento, inquanto negli anni novanta c'era la tendenza ad insegnare a noi giovani che "più che sull'osservazione" l'agricoltura si dovesse basare "sulla sperimentazione del nuovo", e questo francamente è una cosa diversa, e non solo per una questione semantica.
Gli ibridi commerciali ci veniva insegnato che erano il top, e che si doveva (cito testuali parole di un mio vecchio prof. di Agronomia) "ottenere il massimo da ogni campo...ogni pianta...ogni albero!".
Non si parlava quindi di qualità, ma di quantità.
Erano gli anni in cui i consorzi, le cooperative e le agrarie dispensavano solo consigli sui coadiuuvanti chimici di ogni genere, ed il prodotto di sintesi aveva definitivamente soppiantato quanto la natura avesse da offrirci.
Non si parlava certo dell'influsso delle fasi lunari (che aveva regolato l'agricoltura e non per SECOLI E SECOLI)...
...LA ROTAZIONE COLTURALE era solo "storia" nei libri di agronomia, e spesso svantaggiosissima: perchè perdere un anno a seminare avena, ed uno a seminare favino quando per il grano c'erano di quei contributi???
Infatti l'agricoltura che (almeno io ho inteso così) tu intendi per tradizionale era divenuta un'agricoltura di QUANTITA'...del SUBITO.
Un'agricoltura che non teneva conto del recupero naturale della terra, ma del suo sfruttamento massimo...anno dopo anno.
Un'agricoltura che non guardava più al passato (e quindi alla tradizione...) perdendo il concetto di tradizionale a favore (per modo di dire) del metodo intensivo/industriale.
Durante gli anni dell'università ho avuto compagni di studio (loro facevano Scienze e Tecnologie Agrarie mentre io seguivo il corso di Scienze Forestali ed Ambientali) che mi ragguagliavano sulle tendenze di studio, e su quella che era la "nuova metodologia" di approccio al fare agricoltura.
Quando in seconda superiore, faccio quindi un salto indietro per riallacciarmi al tema del discorso; chiesi al prof. di Esercitazione di Azienda Agraria chi fosse Fukuoka (nome che avevo letto su un'enciclopedia a casa), lui mi disse giusto due parole: quel giorno stavamo parlando della pacciamatura, e ricordo come se fosse adesso che lui ci diceva che l'unica possibile era quella con telone nero di pvc.
Io, che avevo visto (ed anche letto) che si faceva con le erbe secche, con le foglie e sopratutto con al paglia, non capivo il perchè di usare plastica quando in Natura c'era già quello che poteva fare al caso nostro.
Sulla base di questo ragionamento, sommato ad altri cento di simili, iniziai ad avvicinarmi all'agricoltura Naturale, spulciando qua e la quelle pochi nozioni che riuscivo a prendere nell'enciclopedia (non eissteva ancora internet): la curiosità mi ha portato ad avver voglia di fare.
Oggi ho 33 anni, e faccio il contadino per campare: parlo di pacciamatura e non uso sostanzanze che non siano naturali, e posso assicurarti, da contadino quale sono, che tra pacciamare a paglia e farlo con teli neri c'è una bella differenza (e non parlo di quella economica)
L'agricoltura tradizionale, in quanto si rifà alle tradizioni del luogo, deve essere per forza un'agricoltura Naturale.
Le agricolture non Naturali sono dette convenzionali, e possono avere diversi aggettivi: agricoltura convenzionale familiare, intensiva, semi-intensiva, industriale...
Ad oggi ci sono molte alternative a tutto questo, e dalla Permacoltura (che non pratico ma su cui mi sono un poco documentato), a Fukuoka (che ho letto e che talvolta ho sperimentato in alcune cose), dalla Biodinamica (che mi affascina ma che pratico solo in minima parte) alla tradizionale (che faccio).
Il Biologico poi è questione ricchissima di controversie e contraddizioni, e su questo preferisco non pronunciarmi poichè spesso non riesco proprio a comprendere il contrasto fra le restrittive e martellanti questioni burocratiche e la annosa polemica sulla permissibilità in ambito di interventi e l'impiego di sostanze.