cocule ha scritto:scusa la domanda banale Fresantel.... ma tu per garantire il giusto apporto idrico alle piante ti affidi solo alla pioggia? Perchè almeno da me non piove da quasi 45 giorni e non so cosa sarebbe rimasto nel campo senza un "aiutino" da parte mia. Ma se mi garantisci che una volta entrati nelle condizioni ottimali di terreno le specie a noi utili possono sopravvivere anche con due mesi di asenza di precipitazioni sarà sicuramente il mio esperimento dell'anno prossimo. Grazie e buona giornata
Per provare a rispondere direi:
le piante non esistono, esistono il ravanello, i fagiolini, le coste, le zucche, i cereali etc (per quanto rigurda le domestiche), fra queste ci sono le cosiddette forti consumatrici d'acqua o di nutrienti, quelle a radice fittonante o fascicolare, quelle che prediligono sole diretto e quelle amanti della penombra etc;
il terreno non esiste, esiste il terreno argilloso, sabbioso, limaccioso, con la falda freatica sottostante o distante, esposto con un certo grado di pendenza a sud-nord-est-ovest o pianeggiante, con molta materia organica o poca, maturo e fertile oppure rovinato-acerbo e poco produttivo;
poi ci sono le tecniche colturali: una pianta nata direttamente da seme ha più autonomia di una pianta trapiantata, una semina di primavera é differente da una semina estiva per il secondo raccolto;
e infine c'é il clima e l'implacabile meteorologia: un mese e mezzo senza pioggia sicuramente rallentano o bloccano la produzione della maggior parte dei vegetali da orto, escluse quelle che sopportano per l'appunto la siccità.
Le piante orticole sono generalmente esigenti sotto tutti i punti di vista e i terreni vocati all'orticoltura redditizia sono generalmente i migliori in circolazione (medio impasto, ma non troppo sciolti, fertili, ben drenanti e con molta acqua a disposizione). Fuori da queste condizioni ottimali e una volta messe in atto tutte le strategie naturali a lungo termine per ottimizzare la sistemazione fisica (struttura glomerulare e sofficità-permeabilità del terreno), idraulica (dotazione, ritenzione e drenaggio dell'acqua), chimica (disponibilità dei principi nutritivi -azoto, potassio, fosforo, microelementi etc), biologica e microbiologica (quantità a qualità delle forme di vita nel sottosuolo e in superficie), ecologica (equilibrio dei cicli naturali) ed energetica (calorie disponibili nel sistema), si aiutano le piante coltivate esattamente come Fukuoka ha fatto e riportato nei suoi scritti: si prepara quindi il terreno ( rapidamente con i mezzi tecnici adeguati alle dimensioni o lentamente con vegetali adatti allo scopo: un ex parcheggio non é un terreno vergine), si concima (compost, stallatico, cornoletame, borlanda attivata, farina di roccia o di alghe piuttosto dei concimi granulari industriali) si bagna quando si deve, si pota se necessario, se capita si difendono le colture usando protettivi (un macerato d'equiseto o la propoli non sono i pesticidi). Mentre si fa tutto ciò si impara a coltivare: ad azzeccare innanzitutto le semine dirette (fatte nel momento-posto giusto e con sementi acclimatate) e a intervenire efficacemente nei momenti appropriati; intanto il terreno si avvicina alla sua peculiare maturità agronomica -un terreno argilloso non diverrà mai sabbioso- e le piante diventano sempre più autonome e la nostra partecipazione alla loro crescita diviene sempre minore, (a seconda delle colture e dell'andamento stagionale delle temperature, delle precipitazioni, della ventosità, delle scie chimiche!). Fukuoka indicava il periodo di sette anni per iniziare a pilotare bene il metodo e per migliorare il terreno di partenza.
Un terreno troppo compatto non assorbe acqua, non la trattiene e non lascia salire in superficie l'umidità del sottosuolo.
Se si é assillati dalla siccità e dall'arsura estiva é imprescindibile piantare o lasciare crescere alberi e diradarli man mano che crescono per mantenere un discreto ombreggiamento e garantire il pompaggio dell'acqua dagli strati profondi del terreno.
Se non si vuole avere problemi con l'acqua nei bancali sinergici, non bisogna mai allestirli su crinali, colline e in tutti quei luoghi sovraesposti al lavorio dei venti e siccitosi e comunque non farli stretti, alti e a dorso di mulo, bensì larghi, bassi, piani e ancor meglio se delimitati da una cornice di mattoni, assi o sassi impastati con il fango (alla maniera indiana) per evitare l'evaporazione esasperata dei liquidi.
Spero che questo contributo possa aiutare a comprendere meglio l'interconnessione tra piante, terreno e acqua, a liberare la sensibilità e l'intelligenza dai dogmi prescrittivi e, infine, ad approfondire lo studio dell'agrofenologia degli ortaggi!