Vedo con piacere che la discussione si è animata, provo il massimo rispetto e la massima ammirazione soprattutto per persone come Raviolo, Tosco e tutti gli altri che perseverano in direzione ostinata e contraria alla ricerca di una nuova strada, di una nuova via. Da sempre l’uomo ha cercato nuove vie e mai è stato facile percorrerle, mi basta pensare a Galileo che pensò che la terra ruotasse intorno al sole, o a Colombo che intraprese un viaggio assai rischioso per dimostrare che la terra era tonda, e non riuscirono a trarre benefici dalle loro scoperte, qua mi fermo e vengo a una discussione più pratica andando a braccio senza fare citazioni per non allungare, partendo facendo una premessa come è stato chiesto da Tosco, io vengo da una preparazione chimica, per anni ho lavorato in vari settori, da quello prettamente alimentare al settore manifatturiero, ho avuto anche una buona esperienza una quindicina d’anni fa in un’azienda agricola situata in pianura padana che produceva (è produce) quasi esclusivamente ortaggi, ero l’unico bianco in mezzo a un mare di persone extracomunitarie provenienti dall’Africa, questo per far capire come l’agricoltura sia stata abbandonata dai giovani italiani o meglio dai braccianti agricoli in cerca di lavori meno faticosi. Alcune cose mi sono rimaste impresse di quel lavoro, non la durezza o la fatica, quelle non mi hanno mai fatto paura, ma le estensioni delle culture, ricordo che a volte entravo nei campi di pomodoro (raccoglievamo a mano pomodori da insalata per il mercato e per la coop, perché era più remunerativo rispetto a quelli da conserva raccolti con la macchina) a seconda dei giorni dalle 9,30/10,00 in base a quando le foglie asciugavano e cominciavo a raccogliere pomodori assieme a 3 o 4 persone per 6/7 ore, casse e casse di pomodori, mai in quei giorni ho pensato di essere in un orto, oppure piselli o fagiolini per ore e ore, casse su casse e mai ho pensati di essere in un orto, non esisteva biodiversità, era inutile cercarla, oppure seduto dietro al trattore sulla trapiantatrice a mettere giù piantine e piantine di radicchio, non so cosa pensavo in quel momento, forse non pensavo affatto, vi erano momenti in qui maledivo quel lavoro, quando entravo nei campi in autunno dopo le piogge a raccogliere radicchi e gli stivali ti rimanevano piantati nel fango, ne usciva il tuo piede nudo, li detestavo quel lavoro. Se non sbaglio il titolo di questa discussione è “l’orto con il metodo Fukuoka”, nel vocabolario orto da come significato “estensione di terreno, spesso cintato, dove si coltivano ortaggi e piante da frutto”, non so, se nel posto dove ho lavorato, 15 ettari coltivati a verdure possiamo considerarli orto, per taluni magari si, nella mia concezione forse un po’ troppo naif no, non posso considerare orto 15 ettari coltivati a verdura, nemmeno se sono cintati come dice il vocabolario. Attualmente giusto per chiudere la parentesi l’orto lo faccio per puro divertimento, per sperimentare e trovare nuove vie e mangiare cose sane. Mi scuserete se salto da un argomento all’altro, ma cerco di esprimere il mio pensiero su più cose, Raviolo giustamente pone la questione economica che già Eugenio all’inizio di questa discussione ha posto e mai concretamente si è andati ad approfondire, Pallinof ha sempre parlato di energia, ebbene io vorrei fare un esempio per cercare di capire meglio al questione economica, se io costruissi una centrale nucleare per la produzione di corrente elettrica una volta in funzione venderei l’energia prodotta a un prezzo x calcolabile secondo parametri standard, ma ora chiedo, siamo sicuri che il prezzo sia giusto?, forse no se prendo come esempio la centrale di Fukushima colpita da un disastro di proporzioni apocalittiche, che ha reso l’oceano Pacifico contaminato, si stanno pescando tonni radioattivi sulle coste americane, il costo del disastro è imputabile a tutta l’umanità, invece questo costo avrebbe dovuto gravare sui fruitori di quella energia, su chi l’ha usata, si sembra che io stia andando fuori tema e allora cerco di correggere il tiro per specificare meglio e prendo a spunto il suggerimento di Thestock sul metodo Bonfils per il grano invernale, quando parliamo di grano generalmente parliamo di quello nanizzato per poter essere lavorato con le macchine, questo tipo di grano molto basso rispetto all’originario non ha nemmeno l’inconveniente di essere abbattuto dalle raffiche di vento, ma in origine il grano aveva dimensioni notevoli, potete andare a vedere queste vecchie fotografie su
http://www.biodiversitaveneto.it/presen ... iticum.htm ora capite il paradosso, si vuole fare un’agricoltura meccanizzata con semi nanizati apposta per essa, ma applicare il sistema Fukuoka e allora come dice Pioppino “ho seminato il trifoglio nanissimo”, stiamo vivendo su paradossi e diventa difficile il computo economico se non riusciamo a mettere ordine, quando vendo un prodotto biologico ho un prezzo di vendita maggiore rispetto a uno chimico tradizionale, perché ho un valore aggiunto, noi dovremo applicare valori diversi ma prima trovare le strada giusta. Temo tuttavia che il sistema di Fukuoka mal si sposi con la meccanizzazione delle lavorazioni, alcuni interventi fa Raviolo parlava della valeriana se non ricordo male, bene posso dire che dai miei molteplici esperimenti, non tutte le verdure si prestano per la semina sul sodo condotto a prato (e di conseguenza anche la raccolta), alcune funzionano meglio di altre, o perlomeno, le varietà da me sperimentate, tendenzialmente le definisco verdure facili e verdure difficili, una verdura facile è sicuramente la bietola che cresce senza problemi anche in mezzo all’erba alta per non dire altissima e comunque risulta anche di facile raccolto se si escludono i fili d’erba che possono rimanere impigliati nel cespo, poi abbiamo verdure intermedie come il prezzemolo che cresce bene ma è di difficile raccolto in quanto si porta con se molta erba, probabilmente se lo seminassi a fila come fa Pallinof la cosa sarebbe più facile, ma io mi ostino a seminare a spaglio e questo complica le cose (o meglio ho riscontrato meno problemi con gli animali selvatici, istrici e caprioli in primis visto che mi ostino a non recintare dove coltivo), su verdure di questo tipo non faccio nessuna pacciamatura, mentre sulle patate diventa più semplice grazie alla pacciamatura, nel caso delle zucchine mi risulta più complicato con le piante che corrono in quanto a volte mi sfuggono gli zucchini, mentre con le zucche fanno tutto da sole e quando vado a raccoglierle nel tardo autunno anche l’erba tende ad abbassarsi da sola. Ho fragole in mezzo all’erba alta e il miglior raccolto è quello tardivo perché quello di inizio primavera con tanta umidità favorisce le lumache e le fragole sono meno saporite. Gli asparagi a volte non li vedo perché non sono pacciamati, se mettessi una pacciamatura probabilmente risolverei la cosa. Verdure difficili sono le carote che fatico a ritrovare, mentre i pomodori sto sperimentando parecchie varietà per trovarne una che soddisfi le mie esigenze. La valeriana come le lattughe da taglio sono complicate e tendono a filare. Il mio orto è un groviglio di prove che non sono ripetibili tal quali ovunque a causa dell’altitudine (800 metri) clima e via discorrendo, le varietà che hanno dato buoni risultati non è detto che ne diano altrettanti in luoghi diversi. Io per scelta non ho animali e questo rende più complicato l’apporto di nutrimento ma in qualche modo vi ho ovviato senza andare a cercare cose esterne. Certo non ho le esigenze di Raviolo, a me basta produrre verdura per me e non mi curo di trovare soluzioni o tecniche per poter raccogliere meccanicamente le verdure, il massimo della mia meccanizzazione sono un decespugliatore e una motosega. Forse il discorso è venuto un po’ sconclusionato e me ne scuso, ma assomiglia un po’ al mio orto.