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Il Pomodoro, triste esempio di tecnologia irrazionale 
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Quando scrivo "ci siamo" non mi riferisco a me e te, chiaramente, ma alla "ricerca umana" in generale.
La dieta cosìdetta "anticancro" c'è già ed è variata e legata alla stagione.
Per me il succo della questione sta qui: migliorando l'alimentazione si potrebbe prevenire più di un terzo dei tumori (Fonte: Istituto dei tumori di Milano) e non "migliorando" gli alimenti.
Siamo troppo egocentrici: cerchiamo di impiegare con maestria ciò che già esiste, non ci ergiamo a "creatori" di miglioramento, quando certo non siamo in grado di farlo e questo è palesemente davanti ai nostri occhi ogni giorno!
Lo stesso Istituto riassume: meno calorie, meno carne, più pesce, meno dolci e pane bianco, più legumi, meno grassi. Perchè: troppi zuccheri semplici rapidamente assimilabili (glicemia) provocano un'aumento di insulina da parte del pancreas, questo fa aumentare i livelli di ormoni sessuali e di IGF-I (fattore di crescita insulinosimile di tipo 1): alti livelli plasmatici di questi fattori sono associati ad un più alto rischio di vari tipi di cancro, tra cui quello al seno. Il corpo produce più insulina perchè questa favorsce l'ingresso del glucosio nelle cellule: tale funzione sembra essere comunque ostacolata dalla presenza di troppi grassi saturi nelle membrane cellulari, a sua volta dipendente da troppi latticini e carni rosse nella dieta.
Poi i fattori genetici e ambientali possono in molti casi rendere vano ogni sforzo, ahimè!
Quindi: perchè spendere quei pochi soldi della ricerca per cose che ci sono già?
Ci vuole cultura...
Jacopo

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Conservare la biodiversità è impossibile, finché essa non sia assunta come la logica stessa della produzione. Non è infatti inevitabile che la produzione si contrapponga alla diversità.
Vandana Shiva


07/04/2010, 8:25
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che tu voglia o no il mondo va avanti e nn è detto nella tua direzione
anche io vario la mia alimentazione ma nn disdegno le innovazioni specie quando sono frutto di selezione ed incrocio, metodi naturali di miglioramento.
La ricerca è anche e sopratutto innovazione specie quando è cofinanziata da privati

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I


07/04/2010, 15:07
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Concordo Eugenio,
certamente non posso fare niente per "fermare il mondo", tranne però dire sempre come la penso...
Dissento, invece, sull'affermazione "La ricerca è anche e sopratutto innovazione specie quando è cofinanziata da privati", in quanto quasi sempre è il contrario: il privato fa ricerca come, quando vuole e solo per proprio tornaconto (pubblicità, risultati, tasse, immagine, ...) nel 99.99% dei casi.
Ma, ripeto, queste sono solo mie idee.
Jacopo

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07/04/2010, 15:31
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il mio cofinanziamento è riferito al fatto che negli ultimi bandi di ricerca le istituzioni di ricerca devono consorziarsi con i privati i quali devono cofinanziare la ricerca.vedi PSR o PON

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I


07/04/2010, 17:08
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Ciao a tutti,
ecco cosa leggo oggi:

"Stiamo assistendo ad una vera e propria invasione di pomodori provenienti da distanze di oltre 8000 km: gli sbarchi sono triplicati, registrando un balzo del 174% nel trimestre dicembre-febbraio 2010 rispetto al precedente periodo del 2009, anno in cui in Italia sono arrivati 82 milioni di chili di concentrato spacciato come Made in Italy. Questi solo alcuni dati contenuti nel dossier sulle importazioni di concentrato di pomodoro cinese, elaborato da Coldiretti insieme alle cooperative agricole dell'Unci e alle industrie conserviere dell'Aiipa (Associazione italiana industrie prodotti alimentari).
Anche se appare incredibile i pomodori conservati sono la prima voce dell'import agroalimentare dalla Cina (oltre il 34% del totale), la cui produzione, in pochi anni (è iniziata nel 1990) è oggi al terzo posto nel mondo dopo Stati Uniti e Unione europea, con circa la metà del concentrato esportato proprio in Italia. La produzione cinese di concentrati di pomodoro è localizzata nei territori di Junggar e Tarim, nella regione di Xinjiang, a nord-ovest del Paese nei pressi del confine con il Kazakistan dove operano due grandi gruppi: Tunhe e Chalkis Tomato. La filiera del pomodoro cinese come è intuibile è tutt'altro che corta.
Dalle navi sbarcano fusti di oltre 200 chili di peso, circa 1.000 al giorno, con concentrato da rilavorare e confezionare come italiano; questo perché nei contenitori al dettaglio, precisa la Coldiretti, è obbligatorio indicare solo il luogo di confezionamento ma non quello di coltivazione. Un lacuna che andrebbe velocemente colmata sia per trasparenza nei confronti dei consumatori che devono sapere da dove provengono le materie prime che poi finiscono in tavola sia per conoscere l'impatto ambientale e sociale di tutta la filiera.
Tra l'altro pare che la produzione in Cina sia anche realizzata con sfruttamento del lavoro forzato dei detenuti secondo la denuncia Laogai National Foundation. Così, con un quantitativo di pomodoro cinese che corrisponde a circa il 10% della produzione di pomodoro fresco destinato alla trasformazione realizzata in Italia (nel 2009 e stato di 5,73 miliardi di chili), si producono danni per i produttori italiani che subiscono gli effetti economici di una concorrenza sleale. Tra l'altro informa Coldiretti i numeri del settore del pomodoro da industria sono di rilievo: 8.000 imprenditori agricoli che coltivano su 85.000 ettari, 178 industrie di trasformazione che da lavoro a ben 20mila persone per un valore della produzione di oltre 2 miliardi di euro.
Ma almeno da quanto denunciato nel dossier c'è anche un problema di sicurezza alimentare per un prodotto che piace agli italiani (si stima che le famiglie consumino circa 550 milioni di chili di pomodori in scatola o in bottiglia): le confezioni identiche alle originali vendute in scatole da 400 e da 2.200 grammi come doppio concentrato (28%) con la scritta '100% prodotto italiano', hanno una qualità del contenuto non conforme alla legislazione italiana ed europea. Le analisi parlano chiaro: di pomodoro vero ce n'é ben poco, la maggior parte del prodotto è costituito da scarti vegetali, quali bucce e semi di diversi ortaggi e frutti, con livelli di muffe che eccedono i limiti di legge previsti dalla legislazione italiana. Problemi quindi di ordine economico, ambientale, sociale e sanitario a cui Coldiretti, Unci e Aiipa chiedono di porre rimedio.
Le tre organizzazioni nel dossier hanno avanzato alcune richieste: che venga attuato un protocollo sanitario specifico per il controllo del pomodoro concentrato cinese all'ingresso nei porti comunitari; l'obbligo di indicare l'origine del pomodoro utilizzato nei derivati del pomodoro (l'indicazione dell'origine del prodotto è misura sollecitata dal Parlamento europeo come previsto dalla riforma dell'organizzazione di mercato dell'ortofrutta); l'immediata e tempestiva attivazione del meccanismo di salvaguardia con un dazio doganale aggiuntivo come misura antidumping prevista dalla normativa comunitaria (regolamento 260/2009) come meccanismo di salvaguardia per le situazioni di grave pregiudizio".


Allucinante, no?!?
Jacopo

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Vandana Shiva


10/06/2010, 16:12
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Ti ringrazio per l'articolo che hai postato.Partiamo dal fatto che sui controlli sanitari bisogna sempre essere intransigenti e poniamo un punto fermo. Dopo diciamo che abbiamo a che fare con la globalizzazione. A chi diamo la colpa dell'impoverimento progressivo dei coltivatori italiani? Alla politica?La Cina compra da noi e pure tanto.Non si possono porre troppi dazi. Vogliamo dare la colpa alla grande distribuzione? L'altro ieri da Auchan in offerta c'era un litro di passata di pomodoro a 50 cents. Io so che quel prezzo è impossibile,ma Auchan sa che la gente ha pochi soldi.Meglio, sa che molta gente non è disposta a spendere molto per certi generi alimentari.Per una macchina in più in famiglia, per i telefonini, per le pay-tv si,ma per tanti generi alimentari no.Quindi, all'ipermercato ti ritrovi la passata cinese.Sono le coscienze e le capacità critiche, o le volontà critiche a dover cambiare. E' difficile, difficilissimo,ma non penso ci siano tante altre soluzioni.Tu credi che quella passata a 50 cents, se ci scrivessero sopra che i pomodri non sono stati coltivati in Italia, nessuno la comprerebbe?Io immagino un calo al max del 20 %.Non di più.

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Non c'è niente di più terribile di un'ignoranza attiva.
Johann Wolfgang Goethe


10/06/2010, 21:39
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Giasone ha scritto:
Meglio, sa che molta gente non è disposta a spendere molto per certi generi alimentari.


Giasone,
quoto a pieno!
Questa è questione di cultura e la cultura viene da famiglia, scuola e istituzioni. Evidentemente qualcosa non funziona.
Gusto, etica, curiosità, conoscenza sembrano essere sparite, o comunque veramente affievolite, permettendo quindi una radicata trasposizione delle priorità che la vita ci porta ad avere.
Per quanto mi riguarda è meglio essere un povero sano che un povero malato.
Jacopo

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Vandana Shiva


11/06/2010, 7:17
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giasone sono d'accordo con te che se vedono la scritta italia quel pomodoro nessuno lo compra ma cominciamo a togliere la sritta " fabbricato in Italia " su quel pomodoro facciamo pubblicità di che pomodoro si tratta e che venga controllato prima che arriva sui nostri tavoli tanti saluti


11/06/2010, 18:57
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ppaul ha scritto:
giasone sono d'accordo con te che se vedono la scritta italia quel pomodoro nessuno lo compra ma cominciamo a togliere la sritta " fabbricato in Italia " su quel pomodoro facciamo pubblicità di che pomodoro si tratta e che venga controllato prima che arriva sui nostri tavoli tanti saluti

Va bene,ma io avevo premesso che il punto fermo di ogni possibile e serio ragionamento fosse dato dai controlli sanitari.Si provava ad andare oltre.Supponiamo che sul mercato italiano ci siano tre soli prodotti:un finto olio extravergine a 3,5 €, un olio extravergine vero a 9€ e servizi di telefonia mobile. Succede che il produttore dell'olio pessimo, sa che il prezzo è a suo favore e con quello può competere forte; l'azienda di telefonia martella con la pubblicità e crea bisogni indotti: fa miliardi di euro.Il peggiore sul mercato è il produttore dell'olio buono,perchè è piccolo e non può permettersi la pubblicità,posto che potesse risultare efficace.Inoltre, non può competere nemmeno sul prezzo,perchè significherebbe chiudere. Lui ha l'impianto di olivi, che ha richiesto magari secoli.Non c'è riconversione possibile,non c'è altra leva da poter muovere per aumentare la competitività. Tutto è deciso dal consumatore,se questi non si lascia amnovrare.Io l'olio non lo pago meno di 8 euro al kg.So che sotto quel prezzo porto a tavola un derivato del petrolio.O poco meno.Ci sono delle microzone in Campania,per esempio, dove si produce un olio fantastico.Ti assicuro che i produttori fanno fatica a venderlo,perchè la gente a 6-8 euro lo trova caro e compra la fetenzia all'ipermercato.

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Johann Wolfgang Goethe


11/06/2010, 21:55
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