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Marco
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IL MONDO AGRICOLO SI MOBILITA: FRUTTA E VERDURA FANNO BENE ALLA SALUTE E ALLA SPESA SANITARIA
Cesena, 26 settembre 2012 - “Incentivare il consumo di frutta e verdura dà forza all’economia nazionale, riduce i costi della spesa sanitaria pubblica e ha un impatto importante sull’occupazione e sulla bilancia commerciale”. Lo affermano Confagricoltura, Cia, Fedagri-Confcooperative, Legacoop Agroalimentare e Agci Agrital, nel giorno di apertura del Macfrut 2012 di Cesena.
L’ortofrutta è una risorsa importantissima per il Paese, che non va sottovalutata. “Non è esagerato dire che aumentare il consumo di frutta e verdura è una priorità nazionale, ne beneficia anche la spesa sanitaria. Prevenire è meglio che curare. Corretti stili di vita e alimentari permettono di ridurre la spesa sanitaria. Una dieta quotidiana sbagliata, povera di frutta e verdura, crea un problema diretto alla Sanità pubblica”. L’organizzazione mondiale della sanità raccomanda un consumo giornaliero di frutta e ortaggi di 400 grammi a persona per ridurre i rischi connessi alle patologie del benessere (obesità, malattie cardiovascolari e alcuni tumori).
Oggi, in Italia si consuma circa il 25 per cento in meno di frutta e verdura rispetto a dieci anni fa. Un dato preoccupante per l’economia del settore, ma ancor più impressionante se si pensa alla ricaduta sulla salute pubblica.
Nello stesso periodo i costi del Servizio sanitario nazionale sono lievitati del 40,9% passando da 81,0 a 114,1 miliardi di euro e, secondo l’Osservatorio nazionale sulla salute, questa spesa è destinata addirittura a crescere, raggiungendo i 17 miliardi di euro nel 2015.
Una dieta corretta, che preveda il costante consumo di frutta e verdura ha effetti positivi per la salute, ad esempio riduce il rischio dell’ipertensione e quindi delle malattie cardiovascolari. I quasi 5 milioni di obesi italiani costano 1.700 euro a persona e hanno un impatto sulla spesa sanitaria pubblica del 6,7%, con un costo sociale annuo pari a 8,5 miliardi di euro. Insomma, una spesa che grava su tutti gli italiani per 138 euro l’anno. Secondo una ricerca Bocconi-Sant’Anna un cittadino obeso costerebbe al Servizio sanitario nazionale più del doppio di una persona normopeso.
Il costo complessivo simulato, per il periodo 2010-2050, è pari a 347,5 miliardi di euro che vengono spesi per assistere milioni di cittadini che soffrono di obesità, ipertensione e di tutte quelle patologie generate da una cattiva alimentazione.
Il miglior investimento sulla salute resta la prevenzione. È sotto gli occhi di tutti, tuttavia, come la spesa degli italiani si sia purtroppo profondamente modificata, dal momento che si scelgono gli alimenti sempre più in base alle disponibilità del portafoglio. Il calo maggiore è attribuibile proprio alla frutta. Per contrastare tale tendenza occorrono misure intelligenti e straordinarie per attivare un processo virtuoso che riporti sulle tavole degli italiani e degli europei le giuste quantità di alimenti sani, necessari per il benessere fisico delle persone.
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26/09/2012, 13:05 |
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Marco
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SVIMEZ, CONFAGRICOLTURA: “NEL MEZZOGIORNO DA DIECI ANNI SI RIDUCONO GLI INVESTIMENTI IN AGRICOLTURA, CHE HA UN RUOLO SOCIOECONOMICO FONDAMENTALE”
Nel Mezzogiorno, nonostante la crisi faccia sentire pesantemente i suoi effetti, cresce l’occupazione dipendente in agricoltura (+2,1% nel 2011 rispetto l’anno precedente). E’ il dato del “Rapporto Svimez 2012 sull’economia del Mezzogiorno” che mette in evidenza Confagricoltura.
“Si conferma – osserva l’Organizzazione degli imprenditori agricoli - un trend di crescita del lavoro in campagna, già registrato nel 2010 (+2%), che faceva seguito alla forte flessione del 2009 (-5,8%). Ciò a dimostrazione del ruolo di ammortizzatore sociale che l’agricoltura svolge nel Sud del Paese e che si è rafforzato in questo momento di difficoltà per tutto il sistema economico”.
“Il Meridione – ricorda Confagricoltura - ha una sua specificità agricola, con un’incidenza del settore primario che è quasi il doppio di quello del Centro-Nord e dà occupazione; non riesce però a dare redditività alle imprese ed a progredire (con una riduzione degli investimenti del 12% negli ultimi dieci anni).
“Siamo d’accordo con Svimez che pone in evidenza che il Mezzogiorno è ‘terra di boschi, agriturismi e aziende agricole biologiche’ – sottolinea Confagricoltura -. Il futuro del settore primario è nell’innovazione e nella multifunzionalità che danno valore aggiunto al prodotto agricolo, nel saper cogliere le opportunità che vengono dal territorio e dal ricco patrimonio forestale (il 62% dei parchi ed il 30% dei boschi del Paese sono al Sud), che andrebbero meglio utilizzati anche grazie alle politiche europee di sviluppo rurale. Vanno però superate le carenze strutturali, ad esempio quelle sui trasporti, potenziando le autostrade del mare ed i gap che frenano la competitività”.
“Svimez ha sottolineato che, in generale, le manovre pesano di più al Sud, con un effetto depressivo sul Pil del 2,1%, a fronte dello 0,8% a Nord, con impatto amplificato su investimenti, consumi, redditività – conclude Confagricoltura -. Servono misure per la crescita ad hoc per il Mezzogiorno, e che tengano conto del ruolo essenziale dell’agricoltura per il suo sviluppo”.
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26/09/2012, 17:40 |
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Marco
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CRISI: UNA FAMIGLIA SU TRE “TAGLIA” LA SPESA ED ELIMINA FRUTTA E VERDURA DAL MENÙ. SULLA TAVOLA 9 CHILI IN MENO IN UN ANNO
Cesena, 27 settembre 2012 - Fa bene alla salute, è varia, colorata, di qualità. Eppure con la crisi gli italiani hanno deciso di “tagliare” proprio l’ortofrutta. Nell’ultimo anno una famiglia su tre ha alleggerito il carrello alimentare e, di questi, il 41,4 per cento ha ammesso di aver ridotto gli acquisti di frutta e verdura. Colpa dei prezzi al consumo troppo variabili, dell’educazione a una sana alimentazione non ancora radicata, della minore capacità di spesa che induce a considerare la frutta un “lusso” e a comprare cibi dal basso costo ma dall’elevato contenuto calorico. E’ quanto emerge da un’analisi di Confagricoltura, Cia-Confederazione italiana agricoltori, Fedagri-Confcooperative, Legacoop agroalimentare e Agci-Agrital, presentata in occasione di Macfrut 2012 a Cesena Fiere.
Così, nel 2011, ogni famiglia ha acquistato 5 chili in meno di frutta, 3 chili in meno di verdura e 1 chilo in meno di ortaggi surgelati, portando a un calo complessivo dei quantitativi del 2,6 per cento tendenziale, per un totale di 8,3 milioni di tonnellate - spiegano le organizzazioni. In realtà, però, la crisi dei consumi di ortofrutta parte da più lontano: in undici anni, infatti, gli acquisti sono diminuiti del 23 per cento, passando dai 450 chili a famiglia del 2000 ai 347 chili del 2011.
Vuol dire che in poco più di un decennio si sono persi per strada oltre 100 chili per nucleo familiare, con conseguenze dirette sulla dieta degli italiani e soprattutto sui redditi dei produttori. Oggi infatti la spesa annua per l’ortofrutta si attesta mediamente sopra i 13 miliardi e i prezzi al consumo, anche con i consumi in discesa, aumentano invece di diminuire (rispettivamente +5,8% la frutta e +4,8% i vegetali freschi in termini tendenziali ad agosto, ultimo dato disponibile), con il risultato che gli agricoltori non ne traggono alcun vantaggio.
È evidente che oggi il settore ha bisogno di un vero piano di ristrutturazione che si fondi su una visione strategica. L’ortofrutticoltura - ricordano le cinque organizzazioni - rappresenta circa un terzo dell’intera Plv agricola del Paese e, con una produzione di circa 35 milioni di tonnellate l’anno, l’Italia si contende con la Spagna l’appellativo di “orto d’Europa”. Eppure, nonostante il rilievo quali-quantitativo a livello internazionale, il comparto mostra i segni di una strutturale perdita di competitività, che si evidenzia nell’incapacità di intercettare la domanda proveniente dai nuovi bacini di consumo.
Oggi l’export di frutta e verdura, compresa l’ortofrutta trasformata, vale 6,7 miliardi di euro l’anno, ma considerato che entro i confini nazionali si consuma meno del 25 per cento di quel che si produce, è evidente che bisogna orientarsi verso un forte incremento della capacità di esportazione. Tanto più che la domanda mondiale, sostenuta proprio dai paesi Bric, è passata da 70 a 170 miliardi di dollari in pochi anni. Per farlo, però, occorre agire sulla frammentazione di tutte le componenti della filiera, sulla forte polverizzazione dei soggetti e sulla mancanza di innovazione.
Insomma, per aggredire i nuovi mercati ed evitare la chiusura delle aziende non basta più essere primi nelle produzioni, occorre essere competitivi – sottolineano Confagricoltura, Cia, Fedagri, Legacoop agroalimentare e Agci-Agrital -. Ecco perché adesso è diventato improrogabile fare sistema: puntare a una maggiore aggregazione dell’offerta ortofrutticola; intervenire sulle dimensioni d’impresa per un processo di riorganizzazione a tutti i livelli; promuovere coerenti e rinnovate politiche nazionali ed europee, ad esempio adeguando gli strumenti assicurativi per rispondere a eventuali problematiche climatiche e fitopatologiche o a forti ribassi dei prezzi; guidare i processi di internazionalizzazione che aiutino le imprese a varcare i confini e valorizzino la qualità e la salubrità del “made in Italy” ortofrutticolo.
Non va dimenticato, infatti, che non soltanto frutta e verdura italiane sono sinonimo d’eccellenza (basti pensare che, secondo i dati Istat sui prodotti a denominazione, proprio il settore ‘ortofrutta e cereali’ conta il maggior numero di certificazioni, con 32 Dop e 62 Igp), ma sono totalmente sicure. Secondo gli ultimi dati del ministero della Salute, infatti, ben il 99,7 per cento dei campioni ortofrutticoli sottoposti ai controlli sulla sicurezza alimentare sono risultati assolutamente in regola.
E poi bisogna lavorare sulla domanda interna, cercando di recuperare quel calo dei consumi di ortofrutta ampliato dalla crisi economica. D’altra parte, non è solo questione di prezzi al consumo, ma ha molto a che vedere anche con le cattive abitudini alimentari dei più giovani. La riduzione dei consumi, infatti, riguarda soprattutto le nuove generazioni, con il 22 per cento dei genitori che dichiara che i propri figli non mangiano frutta e verdura quotidianamente.
E’ necessario frenare il progressivo abbandono dei principi della dieta mediterranea a favore del consumo di “junk food” da parte dei più piccoli e investire di più su una cultura alimentare che privilegi l’ortofrutta in un’ottica di prevenzione e tutela della salute. D’altronde, già oggi i costi sociali di obesità e sedentarietà toccano, in Italia, i 65 miliardi di euro all’anno: lo 0,38 per cento del Pil. Non solo. Ormai nel Paese circa il 12 per cento dei bambini è obeso e nella fascia d’età tra i 6 e gli 11 anni ben uno su tre è in sovrappeso.
Per tutti questi motivi - concludono le cinque organizzazioni - diventa chiaro che oggi occorre incoraggiare, sostenere e promuovere un’alimentazione sana e corretta, con campagne ad hoc di informazione ed educazione, come “frutta nelle scuole”, estendendo il modello anche alle famiglie e puntando sull’appeal di quegli ortofrutticoli che già oggi regnano incontrastati sulle tavole degli italiani. Ovvero la mela (825.000 tonnellate vendute) e l’arancia (605.000), la patata (722.000 tonnellate) e il pomodoro (575.000).
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27/09/2012, 14:42 |
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Marco
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I GIOVANI DI CONFAGRICOLTURA INCONTRANO I MINISTRI PASSERA E PROFUMO
“L’istruzione scolastica oggi non risponde più alle richieste del mercato del lavoro. Per ridurre il grave scollamento tra formazione e tessuto imprenditoriale italiano, le scuole devono aprirsi alle imprese. Serve una scuola che prepari al mondo del lavoro e all’attività di impresa. L’istruzione e la formazione sono essenziali per avere una nuova classe imprenditoriale e di lavoratori, che producano valore per se stessi, ma anche per il territorio in cui vivono e lavorano”. Lo ha detto il vicepresidente nazionale dell’Anga, Alessandra Cecere, intervenendo all’incontro delle categorie imprenditoriali giovanili con i ministri dello Sviluppo economico, Corrado Passera e dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Francesco Profumo.
“Chiediamo di istituzionalizzare un rapporto costante tra scuole e imprese condotte da ‘under 40’, anche attraverso incontri a cadenze fisse. Sono soprattutto i giovani a poter più facilmente coinvolgere ed appassionare altri giovani parlando un linguaggio comune”. Per L’Anga è necessario divulgare nelle nuove generazioni una cultura d'impresa capace di far acquisire ai giovani competenze trasversali, mettendoli in grado di relazionarsi in un contesto nazionale, europeo e globale. “Per rilanciare il tessuto economico imprenditoriale occorre, però, renderlo più appetibile, puntando sulle politiche di contesto. Va messa in primo piano la tutela, sia del territorio, sia della concorrenza e della qualità - conclude il vicepresidente dei giovani di Confagricoltura -. Ma occorre intervenire anche sul ricambio generazionale, sul credito, sull’innovazione tecnologica e sulla diffusione della banda larga nei territori rurali“.
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27/09/2012, 14:49 |
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Marco
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FIDUCIA DELLE IMPRESE, CONFAGRICOLTURA: “L’AGRICOLTURA E’ UN SETTORE ANTICICLICO ANCHE NEL SENTIMENT”
L’agricoltura è un settore anticiclico anche nel sentimenti. Lo sottolinea Confagricoltura in relazione alle statistiche sul clima di fiducia delle imprese a settembre, diffuse oggi dall’Istat, da cui emerge che peggiorano le valutazioni degli operatori, con un calo di 3 punti e mezzo (da 79 a 75,5).
Dal report Ismea sulla congiuntura agricola, che si riferisce però al secondo trimestre dell’anno, emerge invece un lieve miglioramento del clima di fiducia tra le imprese del settore primario. I pareri relativi all’andamento degli affari aziendali sono risultati più positivi per le imprese vitivinicole e della zootecnia da carne; più negativi invece per quelle della zootecnia da latte e del settore forestale.
“Il miglioramento dell’export agroalimentare (+4,7% nei primi sette mesi dell’anno) può aiutare a recuperare ottimismo, a fronte della diminuzione dei consumi interni, ma restano da fronteggiare i problemi dell’aumento dei costi di produzione, del carico fiscale, della burocrazia opprimente, dell’instabilità dei mercati e dei rapporti di filiera”.
“Le misure che si stanno mettendo in atto per la crescita non possono trascurare l’agricoltura, per il ruolo ‘centrale’ che svolge per l’economia, l’occupazione ed il progresso sociale. Il settore può dare risposte concrete a patto che sia posto nelle condizioni di farlo.”
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27/09/2012, 16:29 |
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Marco
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OGGI GIORNATA MONDIALE DEL TURISMO: AGRITURISMO, MODELLO DI ACCOGLIENZA ETICA E SOSTENIBILE
Vittoria Brancaccio, presidente di Agriturist (Confagricoltura): “Le vacanze nelle aziende agricole hanno profondamente cambiato i comportamenti dei turisti. Nelle fattorie didattiche nasce il futuro turista “responsabile”.
E’ dedicata alla sostenibilità dei consumi di energia, e più in generale dello sviluppo, la 33a Giornata Mondiale del Turismo, in programma oggi, anniversario della adozione dello statuto dell’Organizzazione Mondiale del Turismo, firmata a Città del Messico il 27 settembre del 1970.
Commentando l’evento, Agriturist (Confagricoltura) ne sottolinea la concomitanza con l’adozione, da parte dell’Italia, del Codice Mondiale di Etica del Turismo. E ricorda come l’agriturismo, in quanto fenomeno diffuso sul territorio, rispettoso del paesaggio, sostenitore delle attività agricole e delle tradizioni rurali, costituisca un esempio particolarmente virtuoso di ospitalità sostenibile, perfettamente integrata con l’economia e le risorse dei luoghi.
L’accoglienza nelle aziende agricole italiane, secondo i principi di connessione con l’attività agricola sanciti dalla legislazione italiana, rappresenta un’eccellenza mondiale che richiama ogni anno, pur in assenza di politiche governative di promozione, circa 800 mila visitatori stranieri, pari al 38% degli ospiti complessivi.
“L’agriturismo - dichiara la presidente di Agriturist, Vittoria Brancaccio - è un modello di turismo etico, potente attrattore di visitatori che scelgono comportamenti responsabili, sia verso il contesto paesaggistico-ambientale in cui si trovano, sia verso il lavoro e le tradizioni delle comunità rurali che li accolgono. Gli operatori agricoli, d’altra parte, recuperano il patrimonio edilizio esistente non più utile all’attività agricola, propongono agli ospiti i prodotti propri e tipici regionali, fanno conoscere zone d’Italia prima ignorate dal turismo”.
Le 21 mila aziende agrituristiche oggi attive in Italia, secondo una stima di Agriturist, producono, con 225 mila posti letto e 400 mila posti tavola, un fatturato annuale di 1,2 miliardi di euro. Le attività finalizzate alla conoscenza del territorio (equitazione, cicloturismo, escursionismo, ecc.) sono cresciute, negli ultimi cinque anni, del 30,5% (dati ISTAT). Tutto questo è realizzato esclusivamente con restauri conservativi delle costruzioni e con il mantenimento o reimpianto delle colture tradizionali.
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27/09/2012, 16:51 |
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ORTOFRUTTA, GUIDI (CONFAGRICOLTURA): "IL NOSTRO SISTEMA DI IMPRESE PUO’ ESSERE COMPETITIVO IN EUROPA, SERVE LA VOLONTA' POLITICA DI RENDERLO VINCENTE"
"Siamo stati rinunciatari nella sfida della competitività. Il nostro sistema, basato sulle piccole e medie imprese familiari, può essere assolutamente competitivo con quelli degli altri Paesi europei, se liberato dal giogo della burocrazia e inserito in una più estesa e solida rete di aggregazione". Così il presidente di Confagricoltura, Mario Guidi è intervenuto al convegno "Filiera ortofrutta italiana - Aggregazione, Interprofessione, Internazionalizzazione", tenutosi questa mattina al Macfrut di Cesena.
"Oggi - ha proseguito Guidi - abbiamo l'occasione per pensare in grande e accettare le sfide della competitività e della produttività. Possiamo pensare ad un settore dell'ortofrutta leader sui mercati. Tutto questo se ci sarà non solo la volontà delle imprese, ma anche la volontà politica di farlo. Per raggiungere questi obiettivi, in termini di leadership ed export, serve una politica che si occupi del costo del lavoro, delle problematiche fitosanitarie, che in realtà sono barriere commerciali mascherate create da altri Paesi ai nostri prodotti, e di una spinta verso l'internazionalizzazione".
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27/09/2012, 17:55 |
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INFLAZIONE, CONFAGRICOLTURA: “NEL PERCORSO DAL CAMPO ALLA TAVOLA IL PREZZO DELLE ZUCCHINE QUADRUPLICA”
I prezzi dei prodotti ortofrutticoli, per giungere dal campo alla tavola dei consumatori, aumentano di quattro volte. Lo sottolinea Confagricoltura che prende ad esempio le zucchine che - nelle rilevazioni SMS Consumatori/Ismea del 27 settembre - sono state vendute dal produttore a 0,58 euro al kg, dal grossista a 0,89 euro/kg e dal dettagliante a 2,30 euro/kg (media nazionale quest’ultima rimasta stabile negli ultimi quindici giorni).
In base alle stime provvisorie di Istat sull’inflazione di settembre, i prezzi della verdura sono aumentati del 7,5% rispetto ad agosto e del 10,5% su base annua; il prezzo della frutta invece diminuisce dello 0,3% (ma cresce del 6,4% in termini tendenziali). Ciò a fronte dell’indice generale, che a settembre è rimasto stabile rispetto al mese precedente e che, a livello annuale, aumenta del 3,2%.
“L’inflazione pesa anche per i produttori agricoli che – conclude Confagricoltura – devono vendere 2,5 kg di zucchine per potersi pagare un caffè al bar; è difficile far quadrare i conti aziendali quando ci si trova con quotazioni non remunerative, aumenti dei costi (+3,1% secondo le rilevazioni Ismea), a partire da quello del gasolio (+21,7% secondo dati Istat sull’inflazione a settembre) ed un pesante carico fiscale e burocratico. Serve l’impegno condiviso di tutta la filiera per salvaguardare e rilanciare l’agroalimentare”.
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28/09/2012, 16:57 |
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PREZZO DEL LATTE,CONFAGRICOLTURA: RICONOSCERE AGLI AGRICOLTORI LA GIUSTA REMUNERATIVITA’
“Con gli attuali prezzi del latte pagati ai produttori non ci sono più le condizioni per restare sul mercato”. E’ questa la denuncia degli allevatori di Confagricoltura aIla vigilia della trattativa per il rinnovo dei contratti con l’industria.” Il prezzo è fermo a 0,38 euro, mentre i costi di produzione sono saliti alle stelle, + 25% i diserbi, + 23% l’urea, + 10%, il gasolio, + 10%i mangimi. Dobbiamo difendere le nostre imprese – sottolinea con fermezza il Confagricoltura –. Ne va di mezzo la tenuta di un comparto, quello lattiero caseario, leader dell’agroalimentare nazionale di qualità.” “I produttori – continua Confagricoltura – vogliono che venga loro riconosciuta la giusta remuneratività e ci sono tutte le premesse perché ciò avvenga. Il mercato dei principali prodotti Dop, a cui è destinata la maggior parte del latte italiano è un buona salute, le quotazione del latte spot sono in aumento, E’ giusto, quindi, che il valore venga redistribuito equamente lungo la filiera, sfruttando anche le nuove opportunità offerte dall’applicazione del pacchetto latte”.
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29/09/2012, 13:26 |
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CONFAGRICOLTURA: PER LATTE E FORMAGGI QUOTAZIONI IN AUMENTO. RICONOSCERE IL GIUSTO PREZZO AGLI ALLEVATORI
“L'andamento del mercato dei prodotti lattiero caseari è assolutamente favorevole ad una corretta valorizzazione della produzione di latte nazionale”. Lo evidenzia Confagricoltura, rimarcando la necessità che agli allevatori venga riconosciuto dall’industria di trasformazione un prezzo giustamente remunerativo.
A fronte di quotazioni stazionarie per il Grana Padano ed il latte crudo spot nazionale (rilevato sulla piazza di Lodi a valori superiori a 40,70 centesimi litro), si sono registrati lievi incrementi, soprattutto sulle piazze emiliane, per il Parmigiano Reggiano 2011.
Per quanto riguarda gli altri prodotti caseari il periodo è caratterizzato da una sostanziale stabilità delle quotazioni, con l’eccezione delle materie grasse, che hanno mantenuto l’andamento dinamico delle ultime settimane.
“Ciò deve tradursi – sottolinea Confagricoltura – in un prezzo equo del latte pagato ai produttori dall’industria di trasformazione, che da tempo è al di sotto dei costi di produzione e che impedisce alle aziende una gestione economica della loro attività”.
“Per garantire la tenuta del settore lattiero caseario nazionale, occorre – continua l’Organizzazione degli imprenditori agricoli – riconoscere, anche attraverso una diffusa applicazione delle innovazioni introdotte dal Pacchetto latte UE e nel rispetto delle disposizioni normative adottate dall’art 62 del DL sviluppo, ai vari momenti della filiera certezze di pagamento e una corretta valorizzazione e remunerazione delle attività”.
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01/10/2012, 19:26 |
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