Gli economisti meno ortodossi lo hanno capito da molto tempo e da qualche decennio cercano di comunicarlo al resto del mondo, che purtroppo è molto lento nel concedere o nell’ammettere cambi di opinione o di ideologia: quel legame forte e diretto tra aumento del PIL di un paese e la riduzione della povertà dei suoi cittadini non esiste. Anche quella famosa mano invisibile smithiana che dovrebbe armonizzare il sistema economico non esiste. Se esiste, sta provocando danni ben visibili!
In questi tempi perversi in cui l’economia e la finanza hanno preso il sopravvento sulla politica e sull’etica, la vita di milioni di cittadini in Africa e in Kenya si fa sempre più difficile. Le prime vittime sono sempre le donne e bambini.
Il Kenya, così come molti altri paesi africani, si trova in un periodo di forte crescita economica. Una crescita mal gestita e non distribuita che sta provocando gravi diseguaglianze, tensioni sociali e danni irrevocabili all’ambiente.
A Nairobi, capitale del Kenya e una delle principali capitali del capitalismo internazionale, la miseria caratterizza il maggior numero dei suoi abitanti. A fianco ai grattacieli, alle ville, alle macchine di lusso e alle fortezze delle multinazionali, stanno dilagando le baraccopoli, dove il 60% degli abitanti di Nairobi sopravvive degli scarti di pochi nababbi. Migliaia di persone oppresse, escluse, invisibili e inutili perché non producono nulla per l’economia formale della loro società monetizzata.
Moltissimi bambini rischiano la loro salute e perdono la loro dignità cercando di guadagnarsi da vivere attraverso il lavoro. Un’attività lavorativa che spesso li trascina verso lo sfruttamento, in alcuni casi (per fortuna pochi) verso la schiavitù, e troppo spesso a costo della loro stessa vita.
Molti bambini sono cresciuti all’interno di discariche, scavando tutti i giorni per un po’ di cibo e di materiali (spazzatura) da rivendere sul mercato locale. Molte bambine sono invece costrette a vendere il loro corpo per portare i soldi a casa. Molte di loro diventano madri troppo presto e molte di loro pagano a caro prezzo il loro tentativo (illegale) di evitare una gravidanza. Le giornate di molti altri bambini, invece, sono scandite da un metronomo cinico e irregolare fatto dal martello che usano per spaccare le pietre in miniera. Giornate intere passate a raccogliere, rompere e trasportare pietre che servono alla costruzione dei nuovi centri commerciali, delle nuove scuole e delle nuove ville, dove loro non andranno mai.
Sono bambini che crescono in una realtà ingiusta, che li condanna per essere nati nel posto sbagliato. Le opportunità di riscatto nella loro società sono molto poche. Cercare fortuna in un nuovo posto, in un nuovo mondo rimane l’opzione dei più disperati. Disperazione che nei paesi “ricchi” ancora non viene compresa appieno, neanche di fronte a tragedie umane, come quella recente accaduta a Lampedusa.
Molti di questi bambini sono tentati a reagire a questa loro realtà ingiusta anche attraverso attività criminali. Il deterrente di finire in carcere o in un istituto di riabilitazione non è sufficientemente forte per prevenire la tentazione di guadagnarsi da vivere commettendo furti o altri crimini.
I più radicali nella ricerca di fortuna e giustizia vengono ammaliati dalle sirene della violenza. Una violenza che viene spesso mascherata con argomentazioni etniche o religiose, ma che in realtà ha radici nelle forti disuguaglianze e nelle profonde ingiustizie che caratterizzano la loro realtà. Tale violenza può esplodere molto facilmente in battaglie tra varie etnie o in scontri come quelli avvenuti durante le elezioni politiche del 2007/08, le cui immagini hanno sconvolto il mondo. Senza dimenticare il recente l’attacco terroristico al centro commerciale Westgate di Nairobi, avvenuto poche settimane fa e che ha lasciato senza vita oltre cento morti innocenti (di cui molti bambini).
IL CEFA E LA SUA LOTTA AL LAVORO MINORILE
Contribuire a spezzare questa spirale di violenza, povertà e ingiustizia è l’obiettivo a lungo termine dei programmi sociali del CEFA in Kenya.
Tali programmi cercano infatti, di combattere alla radice il problema del lavoro minorile e degli abusi che subiscono all’interno del sistema giudiziario.
Il progetto principale si intitola Building the Foundation for Child Labour Free Zones (Costruire le fondamenta di aree libere dal lavoro minorile) ed è iniziato nel 2011. Tale progetto coinvolge diversi attori della società civile e delle autorità locali, per realizzare un sistema comunitario e dei meccanismi che riescano a porre fine allo sfruttamento del lavoro minorile.
Dal 2011 il CEFA ha creato presso le aree più marginalizzate di Nairobi dei Comitati contro il Lavoro Minorile che sono stati formati nella prevenzione, l’identificazione e il soccorso di minori vittime delle peggiori forme di lavoro minorile. I protocolli di azione e le procedure che il CEFA ha contribuito a stabilire con il Ministero del Lavoro, il Dipartimento dei Minori e altri partners, hanno permesso di contribuire alla proposta legislativa che è stata presentata al governo keniota e che attende l’approvazione del parlamento. Una miglioramento dell’aspetto legislativo in grado di far rinascere la speranza a quelle migliaia di bambini e bambine che ad oggi non hanno una reale alternativa al lavoro e allo sfruttamento.
Oltre ad un programma formativo per i servizi sociali e le autorità locali sul territorio, il progetto del CEFA interviene sostenendo i genitori delle vittime nel rafforzare o iniziare attività generatrici di reddito. Molti genitori delle vittime di lavoro minorile sono ora in grado di gestire un businness che gli permette di mantenere i loro figli a scuola.
A molti ragazzi, che a causa della loro età avanzata non possono più andare a scuola, viene offerto un supporto psicosociale seguito da una formazione professionale e concluso con il sopporto nell’iniziare un micro-businnes. Tale intervento sta aiutando centinaia di minori a uscire da forme di sfruttamento e dalle peggiori forme di lavoro minorile.
Inoltre, attraverso un intenso lavoro nelle principali scuole primarie delle aree target, ai bambini vengono insegnati i loro diritti (e i loro doveri) e vengono sensibilizzati su tematiche come sfruttamento, diritto all’educazione, strutture di supporto ai minori e partecipazione attiva nella vita sociale delle loro comunità. Ad oggi in tutte queste scuole i bambini hanno iniziato dei progetti che generano reddito (orti, pollai, pescicoltura ecc) con i quali riescono a pagare i costi scolastici alle vittime di lavoro minorile, da loro stessi individuate. In ogni scuola, il CEFA ha infatti creato questi Club Dei Diritti Dei Bambini,i cui rappresentanti vanno a costituire un parlamento dei bambini che si riunisce regolarmente a livello locale, regionale e nazionale. Una struttura che intende dar voce ai più piccoli e dimostrare ai grandi le loro potenzialità e capacità.
Infine, la componente forse più delicata e ambiziosa del progetto intende riformare i servizi offerti all’interno delle strutture governative di soccorso e riabilitazione dei minori. All’interno di tali istituti vengono ospitati, o meglio, trattenuti, i minori che hanno commesso dei reati o che sono vittime di abusi. Occorre sottolineare, o rivelare ai non addetti ai lavori, che la maggior parte di questi minori non ha commesso alcun reato. Invece, la maggior parte di coloro che li hanno commessi, arrivano da realtà così misere che a fatica si riesce a comprendere se le responsabilità del reato risiedano in coloro che permettono (o causino) l’esistenza di tali condizioni di miseria e se invece le responsabilità risiedano nel minore, che cerca a modo suo di sopravvivere a tale miseria.
Le infrastrutture (ex galere dove venivano rinchiusi e torturati coloro che combatteva gli inglesi nella lotta per l’indipendenza) sono insufficienti, e a dir poco inadatte, ad ospitare un numero troppo elevato di bambini. Tuttavia, il problema più grave è che all’interno di questi istituti non vengono offerti i servizi minimi necessari per una assistenza psico-sociale ai minori.
Per la prima volta nella storia (breve) di questo paese, attraverso l’intervento del CEFA, all’interno di questi istituti sono stati introdotti servizi di base per l’assistenza ai minori. In particolare servizi di supporto psicologico, servizi educativi e di riabilitazione e servizi sociali per il rintraccio delle famiglie e il reintegro comunitario. Servizi che sono in grado di spezzare definitivamente quella spirale di ingiustizia che condanna i bambini alla povertà, al lavoro minorile, allo sfruttamento o alla delinquenza.
Il successo di questo progetto del CEFA è testimoniato dal fatto che donatori e i partner governativi si sono uniti in questa battaglia sostenendo l’estensione dell’intervento su scala nazionale. A partire da gennaio 2014 la componente degli istituti verrà infatti estesa da 5 a 26 centri, comprendendo appunti tutti gli istituti del paese. Tutto ciò è stato possibile grazie al team del CEFA a Nairobi, che con tanta determinazione è riuscita a raggiungere importanti risultati, ed anche grazie ai donatori come la Commissione Europea, la Provincia di Modena e la comunità Valdese che hanno creduto nell’iniziativa e messo a disposizione le risorse economiche necessarie.
Il ringraziamento ultimo e più importante va però dedicato ai minori che hanno avuto il coraggio,ancora una volta, di fidarsi degli adulti. Adulti che spesso li hanno traditi, sfruttati, abusati ma che in questo caso gli hanno cambiato positivamente la loro vita. Adulti che hanno ridato loro la speranza. Adulti che hanno saputo comprendere la loro voglia disperata di vivere e la loro impossibilità di vivere una vita dignitosa. Adulti ai quali hanno insegnato molto, in particolare a leggere e interpretare la realtà con occhi diversi. Adulti che,consapevoli di aver ricevuto da loro tanta ricchezza umana (e professionale) cercano di ripagarli anche tramite questo articolo e cercano di far emergere la loro voce e di far sentire il loro grido
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