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Marco
Sez. Supporto Didattico
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Formazione: Laurea in Scienze agrarie
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Prezzi all’ingrosso, in alto l’ortofrutta
Tra le cause: gelate e aumenti costi energia
Roma, 4 febbraio 2022 – Dalle elaborazioni di BMTI sulle rilevazioni effettuate nei Mercati all’ingrosso appartenenti alla Rete di Imprese Italmercati risulta chiaro come anche il settore ortofrutticolo nazionale, stia subendo gli effetti dell’aumento dei costi dell’energia e del recente abbassamento delle temperature.
I forti rialzi dei prezzi all’ingrosso registrati nell’ultima settimana, per qualche prodotto in particolare, oltre a dipendere dai recenti cambiamenti climatici, dipendono anche dall’aumento dei costi dell’energia elettrica, utilizzata per il riscaldamento delle serre, per l’attivazione delle pompe di irrigazione, così come l’aumento dei costi dei concimi e delle plastiche utilizzate (i teli per coprire le serre ne sono un esempio). Nello specifico, rispetto allo scorso anno, i prezzi all’ingrosso dei prodotti maggiormente colpiti da questi due fattori sono quelli dei pomodori, in alto del 35%, delle melanzane (+37%) e delle zucchine (+52%).
A causare forti rialzi ci ha pensato anche l’andamento climatico. Andando per ordine cronologico, la siccità della scorsa estate ha determinato il calibro delle arance che quest’anno sono per lo più medio-piccole. La poca disponibilità di prodotto di calibro grande ha fatto balzare i prezzi del 31% rispetto a un anno fa. In questo caso, però, l’abbassamento delle temperature ne ha migliorato la qualità, soprattutto quella delle arance pigmentate.
Schizzati di oltre il 175% i prezzi dei finocchi, rovinati a causa del freddo.
Le gelate hanno danneggiato anche la produzione di carciofi e la loro qualità, portando i prezzi del carciofo violetto senza spine e del carciofo violetto tema rispettivamente a +52% e +32%. Tuttavia, per questo prodotto, continua a registrarsi un buon andamento delle vendite.
Le scarse scorte di carote in attesa della nuova produzione, proveniente soprattutto dal siracusano, ha causato un aumento del prezzo generalizzato in tutti i mercati di oltre il 27%, rispetto a 12 mesi fa.
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04/02/2022, 21:48 |
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Marco
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Prezzi all’ingrosso, anche settore vinicolo colpito da rialzo materie prime.
Roma, 15 febbraio 2022 – L’aumento dei costi delle materie prime, in particolare vetro (per la produzione di bottiglie), carta (per la produzione di etichette) ed energia elettrica, sta impattando in maniera rilevante, tra gli altri, anche sul settore vinicolo. Secondo l’indice dei prezzi del vino sfuso elaborato da BMTI e Unioncamere, infatti, si registra un aumento annuo del +18,7% (+1,1% rispetto a dicembre 2021). Tale rialzo, oltre all’aumento dei costi di produzione, è da attribuire alla scarsa quantità di uve raccolte durante la scorsa vendemmia e alla riapertura della ristorazione dei mesi scorsi, dopo le chiusure che si erano verificate nel 2020 a causa della pandemia. Tra le diverse tipologie, spicca il rialzo dei prezzi dei vini spumanti-frizzanti, superiore alla crescita media del settore (+22,7%), grazie all’incremento del +26,7% ottenuto dai vini Charmat.
Complice San Valentino, ieri, nei mercati all’ingrosso nazionali è stata registrata una richiesta sostenuta di fragole, già nel pieno della loro campagna. Dalle elaborazioni di BMTI sui dati rilevati ieri nei mercati all’ingrosso appartenenti alla Rete di imprese Italmercati, emergono un’ampia disponibilità di prodotto e una qualità sempre in miglioramento con prezzi in calo del -15% rispetto allo scorso anno per le fragole di calibro maggiore (prezzo medio: 4,50 €/kg) e del -8% sia per le fragole di calibro minore (prezzo medio: 4,33 €/kg) che per le Candonga della Basilicata (prezzo medio: 5,20 €/kg).
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15/02/2022, 20:59 |
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Marco
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Carnevale, materie prime in aumento del 25% rispetto a un anno fa
Roma, 21 febbraio 2022 – Dalle elaborazioni di BMTI sui dati delle Camere di commercio e della Commissione Unica Nazionale delle Uova, emerge come per le materie prime maggiormente acquistate in questo periodo per la preparazione di dolci carnevaleschi, uova e farina in particolare, si registri un aumento dei prezzi del 25% rispetto all scorso anno.
Il listino formulato stamattina dalla CUN Uova, infatti, mostra per la seconda settimana consecutiva un rialzo sia per le uova allevate in gabbie arricchite in natura (1,51 €/Kg, +0,05 rispetto alla scorsa settimana), che per le uova allevate a terra in natura (1,62 €/Kg, +0,04 rispetto alla scorsa settimana).
Oltre ad un aumento della richiesta, però, il forte rialzo delle uova è dovuto anche alla poca disponibilità di prodotto nazionale, causata dai recenti episodi di influenza aviaria.
Mercato calmo nelle prime settimane dell’anno per la farina, nonostante l’incremento del 25% su base annua. Una stabilità, quella della farina, che riflette l’assenza attuale di tensioni nel mercato italiano del grano tenero, che, al momento, non sembra subire le incertezze legate alla crisi russo-ucraina. I prezzi all’ingrosso dei grani teneri di base, utilizzati nella panificazione, sono leggermente in calo, mentre quelli dei grani teneri di forza, utilizzati nella pasticceria, sono piuttosto stabili, sebbene entrambi rimangano in forte aumento sul 2021, pari ad un +30% per i panificabili e a un +45% per i grani di forza.
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21/02/2022, 17:43 |
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Marco
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Ucraina, il conflitto spinge ai massimi i prezzi dei fertilizzanti in Italia
Roma, 8 marzo 2022 – Dopo aver raggiunto valori record a causa dell’aumento delle quotazioni del gas naturale, il conflitto tra Russia e Ucraina rischia di spingere ancora più in alto i prezzi dei fertilizzanti nel mercato italiano, in un momento cruciale per l’annata agraria, segnato dall’avvio delle semine delle colture primaverili (mais, sorgo, soia etc.) e dalla concimazione cereali autunno-vernini (grano in primis). Da un’analisi di BMTI, sui listini delle Camere di commercio e Borse Merci italiane, emergono diffusi aumenti nella settimana che va dal 28 febbraio al 4 marzo, con un +3,8% per l’urea, attestata sugli 875 €/t (+120% rispetto a un anno fa), e un +0,9% per il nitrato ammonico, salito sui 675 €/t (+140% rispetto al 2021). I rincari, però, si estendono a tutto il comparto, interessando anche i fertilizzanti a base di potassio e fosforo, con rialzi su base annua del +112% per il cloruro di potassio e del +96% per il perfosfato triplo.
Questi i primi risultati provocati dal blocco dei carichi in partenza dal Mar Nero e dal rischio di uno stop alle esportazioni di concimi da parte della Russia, in risposta alle sanzioni economiche ricevute.
L’area del Mar Nero costituisce, inoltre, uno snodo fondamentale per il commercio globale di questi prodotti, con la Russia primo esportatore mondiale e l’Ucraina che ricopre un ruolo importante per l’export dell’urea (ottavo esportatore mondiale nel 2020), principale elemento nutritivo a base di azoto per le coltivazioni. L’Ucraina, in particolare, con una quota del 15% sul totale, è stato nel 2021 il secondo fornitore di urea dell’Italia, con circa 125mila tonnellate inviate nel nostro paese tra gennaio e novembre (+46% su base annua).
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08/03/2022, 13:49 |
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Marco
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Ucraina, il conflitto spinge ai massimi i prezzi dei fertilizzanti in Italia
Roma, 8 marzo 2022 – Dopo aver raggiunto valori record a causa dell’aumento delle quotazioni del gas naturale, il conflitto tra Russia e Ucraina rischia di spingere ancora più in alto i prezzi dei fertilizzanti nel mercato italiano, in un momento cruciale per l’annata agraria, segnato dall’avvio delle semine delle colture primaverili (mais, sorgo, soia etc.) e dalla concimazione cereali autunno-vernini (grano in primis). Da un’analisi di BMTI, sui listini delle Camere di commercio e Borse Merci italiane, emergono diffusi aumenti nella settimana che va dal 28 febbraio al 4 marzo, con un +3,8% per l’urea, attestata sugli 875 €/t (+120% rispetto a un anno fa), e un +0,9% per il nitrato ammonico, salito sui 675 €/t (+140% rispetto al 2021). I rincari, però, si estendono a tutto il comparto, interessando anche i fertilizzanti a base di potassio e fosforo, con rialzi su base annua del +112% per il cloruro di potassio e del +96% per il perfosfato triplo.
Questi i primi risultati provocati dal blocco dei carichi in partenza dal Mar Nero e dal rischio di uno stop alle esportazioni di concimi da parte della Russia, in risposta alle sanzioni economiche ricevute.
L’area del Mar Nero costituisce, inoltre, uno snodo fondamentale per il commercio globale di questi prodotti, con la Russia primo esportatore mondiale e l’Ucraina che ricopre un ruolo importante per l’export dell’urea (ottavo esportatore mondiale nel 2020), principale elemento nutritivo a base di azoto per le coltivazioni. L’Ucraina, in particolare, con una quota del 15% sul totale, è stato nel 2021 il secondo fornitore di urea dell’Italia, con circa 125mila tonnellate inviate nel nostro paese tra gennaio e novembre (+46% su base annua).
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08/03/2022, 13:51 |
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Marco
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Ucraina, il blocco dei carichi dal Mar Nero paralizza le quotazioni dell’olio di girasole
Roma, 9 marzo 2022 – Il blocco delle forniture provenienti dall’Ucraina sta paralizzando gli scambi nel mercato dell’olio di girasole in Italia. Tale scenario sta comportando l’annullamento di diversi contratti già stipulati e, di conseguenza, l’assenza di quotazioni nei listini delle Camere di commercio e delle Borse Merci italiane. Inoltre, ad aggravare una situazione già tesa per l’impossibilità di far partire i carichi dai porti del Mar Nero, è stata la decisione del Governo ucraino di sospendere le esportazioni di alcuni beni alimentari, tra cui appunto l’olio di girasole. Va ricordato che l’ Ucraina rappresenta per l’Italia il primo fornitore di oli grezzi di girasole, con una quota che nei primi undici mesi del 2021 è stata pari quasi al 50% del totale importato dal nostro paese.
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09/03/2022, 19:40 |
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Marco
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BMTI al Vinitaly, presentato il Report su I prezzi nel mercato vitivinicolo italiano
Roma, 11 aprile 2022 – Oggi, in occasione della 54^ Edizione del Vinitaly di Verona, il Salone internazionale del vino e dei distillati, BMTI, ospite del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, ha presentato il suo report sui prezzi nel mercato vitivinicolo italiano. Nello specifico, si tratta di un’analisi di mercato sui prezzi delle uve da vino, con un bilancio della vendemmia 2021 e sui vini sfusi, per i quali sono state analizzate le dinamiche dei prezzi nell’annata in corso. Per quanto riguarda i vini, dopo i rialzi dei mesi scorsi, i dati di marzo mostrano un rallentamento della crescita mensile dei prezzi all’ingrosso, in linea con quanto già osservato nei primi due mesi dell’anno. L’indice elaborato da Unioncamere e BMTI sulla base dei dati pubblicati dalle Camere di commercio ha registrato infatti un aumento mensile del +0,2%, dopo il +0,6% di febbraio. I prezzi attuali dei vini sfusi rimangono però più alti rispetto allo scorso anno, con una crescita vicina al +20% (+19,4% rispetto a marzo 2021), beneficiando ancora dei rialzi dell’ultima parte del 2021, dipesi dalle stime di un calo delle quantità prodotte in Italia, delle riaperture nel canale della ristorazione e del buon andamento delle esportazioni, giunte a toccare il valore record di 7,1 miliardi di euro (+12,4% rispetto al 2020), guidate dall’ottima performance oltre confine degli spumanti. Un aumento dei listini a cui già dalla seconda metà del 2021 si è però contrapposto l’incremento dei costi dell’energia e delle materie prime (vetro, carta, imballaggi), oltre alle criticità che persistono sul fronte della logistica, con i conseguenti livelli elevati dei noli.
Tra le diverse tipologie, marzo ha mostrato un ulteriore lieve rialzo per i prezzi all’ingrosso degli sparkling (+1% rispetto a febbraio), la cui crescita rispetto allo scorso anno, attestata su un +22,9%, rimane superiore alla media del settore. Poche variazioni tra i vini fermi rossi e bianchi a denominazione che mantengono però un deciso rialzo rispetto al 2021 (+13,2% per i rossi, +15,2% per i bianchi). In calo, invece, i vini comuni, più accentuati per i vini rosati (-3,7% rispetto a febbraio) rispetto ai vini rossi e bianchi.
Tra i vini per cui si sono registrati i maggiori rialzi spiccano il Prosecco DOCG Conegliano Valdobbiadene (+47% rispetto a marzo 2021), l’Amarone della Valpolicella (annata 2018) e il Barolo (annata 2016), cresciuti di oltre il 30% rispetto ad un anno fa. In alto anche il Chianti Classico (vendemmia 2020), in aumento del 16% mentre assistiamo a un +15% per il Brunello di Montalcino (vendemmia 2019). Decisamente meno accentuato, invece, l’incremento per la Barbera d’Asti (+2%).
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11/04/2022, 13:53 |
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Marco
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Pasqua, in alto i prezzi all’ingrosso dei prodotti tipici
Roma, 14 aprile 2022 – Quest’anno rispetto ad un anno fa, a Pasqua, le famiglie italiane dovranno fare i conti con gli evidenti rincari, anche all’ingrosso, dei prezzi dei prodotti alimentari tipicamente consumati. Partendo dalla più tradizionale delle pietanze, l’agnello, il prezzo nel circuito del vivo, secondo l’analisi di BMTI sui dati delle Camere di commercio, registra un aumento medio del +23% (confronto rispetto alla settimana precedente la Pasqua 2021). In rialzo anche i prezzi delle uova, ancora sulla scia degli aumenti registrati a febbraio e marzo a causa di una poca disponibilità di prodotto e all’aumento dei costi di produzione. Dai listini della CUN Uova da consumo il prodotto proveniente da allevamenti da terra (categoria L) questa settimana si attesta su 1,91 €/kg (+47% rispetto a un anno fa),
Anche la farina di grano tenero, utilizzata per molte preparazioni, è in forte crescita, nonostante la stabilità osservata da metà marzo, conseguente ad un alleggerimento delle tensioni nel mercato del grano tenero nazionale (+48% per la farina di tipo 00).
Ben più marcata la crescita dei prezzi all’ingrosso del burro, a seconda della tipologia, tra il +70% e il +120%, complice la ridotta disponibilità di prodotto nel mercato.
In generale, gli incrementi registrati, sono da ricondurre ai balzi dei prezzi delle materie prime agricole (dai cereali per l’alimentazione umana ai mangimi zootecnici, dal burro agli oli vegetali) e dei costi energetici registrati nei mesi scorsi, ulteriormente accentuati con lo scoppio del conflitto russo-ucraino.
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14/04/2022, 21:16 |
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Marco
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Primo Maggio e tradizioni: fave e pecorino sulla tavola degli italiani
Roma, 29 aprile 2022 – Fave e pecorino, per tradizione, accompagnano da sempre le gite fuori porta del 1 Maggio. Nell’attesa di una giornata di sole e temperature primaverili gli italiani, intanto, ne stanno facendo scorta.
Secondo l’analisi elaborata da BMTI sulla base dei dati della Camere di commercio, per i prezzi del Pecorino romano DOP si registrano livelli mai raggiunti in precedenza, vicini ormai alla soglia di 11 €/kg ed in aumento del 26% rispetto ad aprile 2021.
Crescita avviata all’inizio dello scorso anno, sostenuta da una riduzione della produzione 2021 e, soprattutto, dalla ripresa delle esportazioni verso gli Stati Uniti. Dopo la battuta d’arresto nel 2020 (in valore -1,1% rispetto al 2019), infatti, l’export italiano di Pecorino è tornato ad aumentare nel 2021 (+27,2% su base annua), grazie alle riaperture della ristorazione estera e alla forte domanda da parte degli Stati Uniti. Gli USA sono il principale mercato di sbocco del Pecorino Made in Italy che ha raggiunto un aumento del +40,3% su base annua (dopo il calo dell’8,3% registrato nel 2020).
Per quanto riguarda le fave, invece, secondo i dati elaborati da BMTI sulle rilevazioni effettuate nei Mercati all’ingrosso appartenenti alla Rete di Imprese Italmercati, in questa settimana, è stato rilevato un fisiologico calo dei prezzi (-33,4% rispetto alla scorsa settimana). Durante tutta la sua campagna il prodotto ha mantenuto prezzi medio-alti che adesso, invece, stanno calando, adeguandosi al tipico andamento di maggio che segna la fine della campagna. Le temperature non ancora alte, inoltre, stanno pemettendo ancora una buona qualità del prodotto a un’ampia disponibilità (maggiore nel centro-nord e quasi in esaurimento al sud).
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29/04/2022, 18:32 |
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Comunicato stampa
BMTI al Festival del Giornalismo Alimentare
Il punto sui prezzi del cibo, tra guerra e pandemia
Roma, 31 maggio 2022 – Questa mattina BMTI, intervenuta alla VII edizione del Festival del Giornalismo Alimentare di Torino, ha presentato Il punto sui prezzi del cibo, tra guerra e pandemia tratteggiando un quadro sui prodotti e sui settori dell’agroalimentare nazionale che, in questi ultimi mesi, sono stati maggiormente colpiti dai rincari di prezzo. Tra i vari incrementi, dall’avvio della guerra, spicca il prezzo del grano tenero nazionale (+31%) e, a cascata, della farina (+50%). Uno scenario che ha comportato, nell’ultimo anno, un balzo del +96% per i prezzi della semola di grano duro, a causa dell’impennata della materia prima (+86%) dovuta alla forte contrazione della produzione canadese. Forti gli aumenti anche per i risi italiani, da una parte a causa di una domanda superiore all’offerta e dall’altra a causa delle incertezze sulle prossime semine, legate alla siccità delle regioni del Nord Ovest, principali aree dedicate alla coltivazione del riso. I prezzi del Carnaroli, usato per la preparazione di risotti, e del Selenio, usato per la preparazione del sushi, sono più che raddoppiati rispetto a un anno fa. In alto gli oli vegetali, condizionati dalle difficoltà negli arrivi di olio di girasole dal Mar Nero. Dallo scoppio del conflitto, infatti, i prezzi sono aumentati di quasi il 70% per l’olio di girasole, nonostante il mercato abbia registrato a maggio una parziale ripresa delle negoziazioni dalle zone colpite dal conflitto. Diffusi rialzi anche nel settore lattiero-caseario, in particolare per il latte (+57% su base annua per il latte spot di origine nazionale), spinto da una raccolta in calo in alcuni dei principali player produttivi continentali e dall’aumento del costo dell’energia, dei mangimi e dei foraggi. Valori record per il burro, che a maggio ha raddoppiato il suo prezzo. Tra i formaggi, in rialzo il Grana Padano, principalmente a causa di una contrazione della produzione (+30% rispetto al 2021). Tra le carni si è stabilizzato, seppure su livelli alti, il prezzo delle carni di pollame (+32% per la carne di pollo, +59% per la carne di tacchino) dopo le tensioni di inizio anno dovute ai casi di influenza aviaria in Veneto. Tra le cause, l’aumento dei prezzi dei mangimi arrivati a livelli storicamente elevati (+41% per il mais).
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31/05/2022, 22:46 |
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