Anlac: riparte da Foggia dibattito agricolo
Finalmente si torna a parlare di agricoltura in una fase in cui il tema, dopo il chiasso di Expo, sembra essere sparito dall’ agenda di Governo. Per farlo però gli agricoltori devono riappropriarsi della rappresentanza ed essere attori principali della scena e non comparse. Foggia rappresenta l’ emblema dell’ agricoltura meridionale dove sinora le associazioni di categoria hanno sbiadito l’identità della rappresentanza e annacquato la battaglia in difesa degli interessi del mondo agricolo, mettendo a repentaglio sia la sicurezza degli approvvigionamenti che la salute dei consumatori.
Dal dibattito, è emerso che ormai l’ agricoltura non garantisce più un reddito dignitoso poiché è stata svenduta nel villaggio globale. Ciò oltre ad essere riprovevole sul piano umano viola anche i trattati europei che prevedono espressamente di “tutelare un equo tenore di vita per le popolazioni rurali“.
Serve, dunque, una proposta seria dal basso fatta da gente onesta che ama la terra, crede al rilancio di un’ agricoltura fatta su basi diverse, lotta contro la disuguaglianza e vuole garantire cibi sicuri al Paese, non solo slogan (“made in Italy”).
Il rischio di una mancanza di approvvigionamento del cibo in caso di chiusura delle frontiere è, infatti, molto alto per un paese come il nostro in cui molte filiere ormai non sono più autosufficienti: la carne arriva dall’ estero, il latte arriva dall’ estero, il grano arriva dall’ estero, il pomodoro arriva dall’ estero, l’olio arriva dall’ estero. Anche la famosa pizza italiana viene fatta al 60% all’ estero: le materie prime sono ormai estere ma gli industriali non vogliono farlo sapere ai consumatori, come invece accade in Svizzera dove le etichette sono trasparenti.
Il dibattito ha evidenziato che gli agricoltori sono l’unica categoria a cui è negata la possibilità di poter determinare liberamente i prezzi di offerta dei loro prodotti e, anche quando la legge prevede il divieto di vendita sottocosto, le associazioni di categoria fanno melina per non disturbare i manovratori del mercato, di cui sono purtroppo ostaggi. Insomma, quella agricola è la sola categoria ad essere due volte succube delle multinazionali: quando acquista i fattori della produzione e quando vende le sue derrate agricole.
Non a caso gli industriali italiani sono refrattari verso una maggiore trasparenza dei meccanismi di formazione dei prezzi all’ origine, nonostante la rivoluzione delle Commissioni uniche nazionali (Cun), dove di recente la mancanza di trasparenza, prevista per legge, fa sì che a decidere siano i più forti. Abusare sia della dipendenza economica dei produttori che delle speciali condizioni fiscali che lo Stato consente alle multinazionali, và in contrasto alle direttive europee. La soccida ad esempio è un modello tutto italiano, inesistente in qualsiasi altra parte del mondo che agevola fenomeni anticoncorrenziali, elusivi e anticomunitari.
Occorre, dunque, una politica diversa, non subalterna all’ economia delle multinazionali, che tuteli il reddito del mondo agricolo.
Ufficio Stampa Anlac
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