Sostenibilità economica e ambientale, perché produrre sorgo conviene
Meno costi colturali, più risparmi idrici, minor impiego di concimi azotati. La coltivazione del sorgo racchiude numerose e interessanti potenzialità che il mondo agricolo deve saper sfruttare. Se ne parlerà il 21 novembre prossimo al Convegno “Il sorgo, la risposta a un’agricoltura che guarda al futuro” che si terrà presso il Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie dell’Università di Bologna
Bologna, 23 ottobre 2019 - Agricoltura e sostenibilità ambientale. Due facce della stessa medaglia su cui oggi si concentrano molti dibattiti, soprattutto se legati ai cambiamenti climatici e alle loro conseguenze.
Dei vantaggi che il sorgo può garantire all’aspetto economico dell’agricoltura e a quello della sostenibilità ambientale si parlerà a Ozzano Emilia (BO) il 21 novembre 2019 quando, presso l’Aula Messieri del Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie dell’Università di Bologna, a partire dalle ore 9.30 si terrà il convegno “Il sorgo, la risposta a un’agricoltura che guarda al futuro”, promosso dall’Organizzazione Interprofessionale europea Sorghum ID.
Un’occasione molto importante di approfondimento e confronto durante il quale di questo cereale, quinto per importanza al mondo, si parlerà a 360°: dai risultati della ricerca scientifica sul miglioramento genetico della pianta al suo impiego nella razione alimentare delle bovine da latte; dalla produzione di biometano alla coltivazione per l’alimentazione umana; dagli obiettivi del Progetto Sorghum ID, volto a incentivare la produzione di sorgo a livello europeo, agli aspetti economici e di sostenibilità ambientale che, come abbiamo detto, ne derivano. Di questi parlerà Alessandro Ragazzoni, docente presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell’Università di Bologna.
“Le mutate condizioni climatiche a cui assistiamo da qualche anno a questa parte e che soprattutto in Pianura Padana si manifestano con eventi molto violenti, capaci di scaricare al suolo grandi volumi d’acqua – spiega – alternati a periodi particolarmente siccitosi, ci impongono una serie di riflessioni che non possono essere disattese e che, in questo caso specifico, dimostrano la notevole adattabilità del sorgo a fronteggiare condizioni che non è esagerato ritenere estreme, una adattabilità ben superiore a quella che può dimostrare il mais”.
Una delle caratteristiche del sorgo, infatti, è proprio quella di essere considerata una pianta “C4”, che significa possedere un meccanismo di assorbimento della CO2 in grado di garantire un migliore rendimento della fotosintesi e quindi una migliore efficienza in condizioni di caldo e siccità.
“In base a queste considerazioni – ragiona Ragazzoni – è necessario fare valutazioni economiche e ambientali dalle quali emerge che il sorgo rappresenta sicuramente un’alternativa molto interessante alla coltivazione del mais per due motivi principali. Il primo è di carattere economico, perché produrre sorgo vuol dire risparmiare sui costi colturali a iniziare da quelli energetici necessari per il funzionamento degli impianti di irrigazione, a cui si aggiungono i risparmi legati a un minor impiego di concimi azotati, che in media si riducono del 20-25%. Il secondo aspetto è di più ampio respiro e riguarda l’ambiente, a iniziare da un fabbisogno idrico contenuto e dalla possibilità di esercitare un maggior controllo sulle emissioni climalteranti che rispetto al mais sono molto ridotte. La ricerca scientifica deve puntare molto sul miglioramento genetico del sorgo – conclude – e soprattutto per la tipologia da granella, destinata all’alimentazione zootecnica, riuscire a dimostrare tutte le sue potenzialità. Le resistenze di una parte del mondo agricolo, abituato con il mais a raccolti che mediamente oscillano tra i 120 e i 130q./ha, esistono e possono anche essere comprensibili dal momento che con il sorgo si può arrivare attualmente a una media di 80q/ha. Le condizioni ambientali però stanno visivamente cambiando e ci obbligheranno a trovare soluzioni sostenibili sia da un punto di vista economico che ambientale. Con il sorgo la soluzione potrebbe essere a portata di mano”.
Tutte le potenzialità del sorgo per la produzione di biogas
13/11/2019, 10:08
Ozzano Emilia (BO), 21 novembre 2019 Tutte le potenzialità del sorgo per la produzione di biogas
“Il sorgo rientra in un modello agronomico virtuoso che si vuole realizzare nei prossimi anni e che prevede l’utilizzo dei doppi raccolti”. Lo afferma Mirco Garuti, ricercatore del Crpa di Reggio Emilia che parteciperà al Convegno in calendario il 21 novembre prossimo presso il Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie dell’Università di Bologna
Bologna, 13 novembre 2019 - La selezione varietale, il miglioramento delle tecniche colturali e una versatile utilizzazione fanno del sorgo una coltura di indubbio interesse. Oltre che per l’alimentazione zootecnica e umana, il suo impiego in bioenergia con la digestione anaerobica rappresenta senza dubbio un’opportunità da sfruttare, perché si tratta di una coltura capace di adattarsi a condizioni di limitata disponibilità idrica facilitando la produzione di energia da fonti rinnovabili in aree dove le colture tradizioni sono meno remunerative. Anche di questo si parlerà al convegno promosso dall’Organizzazione Interprofessionale Europea Sorghum ID in programma il 21 novembre prossimo presso l’Aula Messieri del Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie dell’Università di Bologna, sede di Ozzano Emilia, con inizio alle ore 9.30
Il titolo dell’evento è “Il sorgo, la risposta a un’agricoltura che guarda al futuro” e nel parterre dei relatori siederà anche il dottor Mirco Garuti del Centro ricerche produzioni animali (Crpa) di Reggio Emilia al quale toccherà il compito di illustrare le potenzialità del sorgo nella produzione di biogas.
Dottor Garuti, quali sono le più importanti caratteristiche che fanno del sorgo una pianta adatta alla produzione di biogas?
“Il sorgo è una pianta di tipo C4 con un’elevata efficienza fotosintetica e un’alta resistenza alla siccità dovuta all’estensione dell’apparato radicale, che permette un uso più proficuo delle risorse idriche e una minore richiesta di fertilizzazione rispetto ad altre colture vegetali usate per la produzione di biogas. La sua coltivazione destinata alla produzione di biogas/biometano è di particolare interesse soprattutto se condotta in cicli colturali che aumentano l’efficienza d’uso del terreno e migliorano la sostenibilità di un sistema che può nel contempo produrre cibo e bioenergia”.
Quali sono le sue criticità e/o i suoi limiti?
“Le varietà di sorgo sono molteplici, ma le informazioni riguardo la loro composizione strutturale, la resa colturale e la produttività di metano sono scarse, in particolare quando il sorgo è coltivato in secondo raccolto come biomassa per la produzione di biogas. È fondamentale quindi acquisire esperienza e capacità per valutare correttamente la tecnica agronomica da adottare nella ricerca del miglior compromesso tra quantità e qualità della biomassa prodotta, in funzione delle caratteristiche pedoclimatiche della zona di coltivazione, della varietà scelta e della tipologia di impianto di digestione anareobica a cui la biomassa è destinata”.
Come si può valutare l’apporto del sorgo in un impianto di biogas rispetto ad altre colture?
“Analogamente a quanto accade per ottenere un’ottima razione alimentare per il bestiame, anche per il comparto bioenergetico è di vitale importanza conoscere i principali parametri della composizione strutturale della pianta, un’indagine analitica che può essere condotta grazie all’utilizzo di strumenti tecnologicamente innovativi attraverso i quali stabilire la resa energetica del sorgo stabilendo specificatamente l’effetto durante il suo impiego nell’impianto di biogas anche quando viene utilizzato in co-digestione ad altre biomasse”.
Quale potrà essere la diffusione del sorgo negli impianti a biogas italiani come biomassa a fini energetici?
“Il sorgo rientra in un modello agronomico virtuoso che si vuole realizzare nei prossimi anni e che prevede l’utilizzo dei doppi raccolti. La produzione di cibo/mangimi provenienti dalla coltura principale non viene infatti influenzata dalla coltivazione del secondo raccolto – ad esempio sorgo – dedicata, invece, alla produzione di biogas. Combinando l’utilizzo del digestato a tecniche di agricoltura conservativa si vuole aumentare la sostanza organica nel suolo migliorandone la fertilità e riducendo l’utilizzo di concimi di origine chimica. Inoltre, il sorgo è una delle colture vegetali indicate dalla normativa in vigore per produrre biometano avanzato e quindi riveste grande interesse come biomassa utilizzabile nei nuovi impianti di biometano di tipo agrozootecnico”.
Quali progetti ha portato avanti il Crpa per l’utilizzo del sorgo a fini energetici?
“Nell’ambito del progetto “Quale sorgo – Ideotipi ed epoche di raccolta per il sorgo da biomassa”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna abbiamo valutato le rese in trinciato, le caratteristiche qualitative della biomassa e la produzione di metano ottenuto dalle diverse varietà di sorgo raccolte in epoche diverse. All’interno del progetto “Agroenergia dall’agricoltura: innovazioni sostenibili per la bioeconomia”, finanziato dal Mipaaf abbiamo voluto valutare, invece, alcuni pretrattamenti meccanici su miscele di biomasse contenenti anche sorgo per capire gli effetti sulla produzione di biometano negli impianti di digestione anaerobica”.
per rispondere anche alle sfide della sostenibilità
Grande successo del Convegno che l’Organizzazione Interprofessionale Europea Sorghum ID ha organizzato a Bologna presso l’Aula Magna del Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie dell’Università. Tanti i partecipanti e di grande spessore scientifico le relazioni che hanno saputo fornire informazioni e approfondimenti su un cereale forse ancora poco conosciuto, ma collocato al quinto posto nel mondo per importanza
Bologna, 25 novembre 2019 – Un pubblico numeroso ed eterogeneo, composto da agricoltori, allevatori, veterinari nutrizionisti, operatori del settore, ha partecipato al convegno “Il sorgo, la risposta a un’agricoltura che guarda al futuro”, svoltosi presso l’Aula Magna del Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie dell’Università di Bologna il 21 novembre scorso, evento promosso dall’Organizzazione Interprofessionale Europea Sorghum ID.
“Sulla coltivazione del sorgo l’attenzione e l’interesse degli agricoltori è in continua crescita – ha spiegato introducendo i lavori Charles-Antoine Courtois, Responsabile del Progetto Sorghum ID – la nostra attività è quindi finalizzata a incentivare questo interesse per aumentare le superfici coltivate a livello europeo e di conseguenza i quantitativi prodotti. I numeri ci stanno dando ragione. Rispetto al 2018, gli ettari coltivati a sorgo granella nella UE 28 sono passati da 130.600 a 172.000 pari a +30%, con una produzione stimata di 936.000 tonnellate (nel 2018 sono state 714.000, +30%). Andamento che registra un ulteriore dato interessante se consideriamo anche il coinvolgimento di Russia e Ucraina: a una riduzione delle superfici coltivate, -25% sull’anno scorso, fa riscontro una stima produttiva totale europea in crescita del 7%, per una produzione complessiva di 1.256.000 tonnellate (1.168.000 tonnellate nel 2018).
Di qualità delle sementi e di agricoltori e allevatori informati ha parlato Frédéric Guedj, Responsabile tecnico della francese Euralis, sottolineando i notevoli passi avanti compiuti dalla ricerca scientifica sul miglioramento genetico del sorgo, grazie alla quale “dal 1970 al 2017 è stato possibile ottenere in media un aumento di 3 tonnellate/ettaro – ha affermato – con punte che in Ungheria, nel 2019, hanno toccato addirittura +12ton./ettaro. Il sorgo non deve essere considerato un ingrediente secondario nella razione alimentare zootecnica, bensì fondamentale come ottima integrazione al mais, rispetto al quale il risparmio idrico necessario per la sua coltivazione può raggiungere il 50%. La ricerca scientifica sul miglioramento genetico deve andare avanti e favorire una collaborazione tra enti pubblici e privati. I risultati fin qui raggiunti sono soddisfacenti ma esistono ancora ampi margini di intervento, non ultima la possibilità di anticipare le semine a periodi in cui la temperatura del terreno non supera i 7-8 gradi, a fronte dei 12 gradi richiesti oggi. Questo ci permetterebbe di estendere la coltivazione del sorgo verso i Paesi del Nord Europa”.
Andrea Formigoni, docente presso il Dimevet dell’Università di Bolognao, ha illustrato i risultati delle prove condotte in allevamenti di bovine da latte destinate alla produzione di Parmigiano Reggiano dove il sorgo granella, nella razione alimentare, è stato introdotto come unico cereale, o quello da foraggio ha sostituito il silomais. “I dati raccolti hanno dimostrato che il sorgo granella può sostituire il mais senza particolari inconvenienti – ha affermato Formigoni – possiede una notevole resistenza alle malattie fungine e una quota maggiore di lisina, metionina e lipidi monoinsaturi. Per quanto riguarda il sorgo foraggio i risultati hanno confermato alcuni aspetti molto importanti: fibra che si degrada più rapidamente, elevata quota di zuccheri, buona propensione all’insilamento. Pertanto non si può che affermare che il sorgo è il cereale con le caratteristiche più vicine a quelle del mais. Quando è stato utilizzato come unico cereale nella produzione di latte per Parmigiano Reggiano abbiamo ottenuto una percentuale di grasso pari al 3,33% (3.21% con mais-orzo); 3,04% di proteina (2.97%), mentre i riscontri ottenuti sostituendo silosorgo a silomais hanno dato risultati pressochè identici uno all’altro”.
Oltre all’alimentazione zootecnica il sorgo offre grandi opportunità anche per la produzione di biogas “Qui la scelta varietale – ha illustrato Mirco Garuti del Crpa di Reggio Emilia – si rivela cruciale in termini di resa di sostanza secca/ettaro. Sicuramente il sorgo da biomassa, alla luce degli studi fin qui condotti appare come il miglior fenotipo per la produzione di biometano, soprattutto quello definito avanzato. A questo riguardo, il Decreto del Mise che stabilisce l’elenco delle biomasse da utilizzare per la produzione di biocarburanti avanzati prevede anche la presenza del sorgo, inserito in cicli colturali in grado di aumentare l’efficienza d’uso del terreno migliorando la sostenibilità di un sistema che nel contempo può produrre cibo e bioenergia”.
Alimentazione zootecnica ma anche umana, rispetto alla quale durante il Convegno hanno preso la parola Luigi del Giudice, Antonio Boffa e Monia Caramma che a vario titolo hanno illustrato cosa si sta facendo in questo settore per sviluppare la produzione di alimenti a base di sorgo; ma anche produzione di biogas e, inevitabilmente, sostenibilità ambientale ed economica. Di questo si è occupato nella sua relazione Alessandro Ragazzoni, del Dipartimento di Scienze e Tecnologie agroalimentari dell’Università di Bologna illustrando uno studio economico che ha messo a confronto gli indici di bilancio colturale di mais e sorgo. Ebbene, considerando i diversi parametri il valore euro/ha in termini di costi totali è stato di 1.798 euro per il mais e 1.238 per il sorgo, mentre il reddito d’esercizio netto è stato di 546/ha per il mais e 541euro/ha per il sorgo ma, aspetto fondamentale, il punto di pareggio, quindi quantità euro/q si è fermato a 86,81euro per il mais e a 55,10 per il sorgo. Riguardo invece la sostenibilità ambientale, Ragazzoni ha messo in evidenza che “nel calcolo degli indici di redditività i costi colturali necessari per il sorgo sono inferiori rispetto a quelli richiesti per il mais, senza trascurare il fatto che il ritorno energetico dell’investimento per un impianto a biogas alimentato a sorgo è molto più vantaggioso rispetto al mais: i kWh/ha prodotti sono 6.081,37 per il primo e 868,82 per il mais. Quindi non possiamo che affermare che con il sorgo la sostenibilità è molto più elevata, soprattutto se consideriamo che le colture a basso impatto ambientale come il sorgo producono circa la metà delle emissioni climalteranti: 3,29tonCo2/ha di gas serra per il mais e 1,90tonCO2/ha per il sorgo”.
Intanto nei giorni scorsi l’Istat ha pubblicato i dati relativi alla produzione di sorgo in Italia nel 2019. Le superfici coltivate sono passate da 39.596ha a 46.692 (+17,92%) con una produzione che ha raggiunto le 325.871 tonnellate (+10,53% sul 2018 quando furono 294.805 tonnellate). L’Emilia Romagna, e soprattutto la provincia di Bologna, si conferma il territorio con la maggior produzione di questo cereale. Le superfici hanno raggiunto 27.664 ha (erano 22.712 nel 2018) con una produzione totale di 227.300 tonnellate a fronte di 206.931 del 2018: +9,84.