Marco
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Cremona, 13 novembre 2019
Antibiocoresistenza e redditività aziendale
Torna un appuntamento ormai consolidato per il settore suinicolo nazionale. Al centro del dibattito un tema di grande attualità: l’antibioticoresistenza e le sue ripercussioni sulla redditività aziendale. Ne parleranno, coordinati dal dottor Giancarlo Belluzzi, i maggiori esperti nazionali e internazionali
Bologna, 19 settembre 2019 – La lotta all’antibioticoresistenza, sia umana che animale, è il tema oggi al centro di un dibattito che sta impegnando tutto il mondo scientifico internazionale.
Posto che l’utilizzo degli antibiotici è indispensabile in presenza di determinate patologie, non vi è alcun dubbio che sia nella medicina umana che animale l’uso si è spesso trasformato in abuso con le conseguenze di cui oggi si discute.
La prossima edizione della Giornata della Suinicoltura, organizzata come sempre da Expo Consulting srl e giunta al suo quinto appuntamento, si occuperà proprio di antibioticoresistenza in allevamento e delle sue ripercussioni sulla redditività aziendale. L’appuntamento è previsto per mercoledì 13 novembre 2019 presso la Sala congressi del Palace Hotel di Cremona a partire dalle ore 9.
Il titolo dell’evento è “Antibioticoresistenza e redditività aziendale, una sfida a tutto campo”. Come sempre avvenuto nelle edizioni passate della Giornata della Suinicoltura, il parterre dei relatori vanta la presenza dei maggiori esperti (vai al programma) coordinati ancora una volta da Giancarlo Belluzzi, medico veterinario esperto in sicurezza alimentare.
Dottor Belluzzi, esistono delle stime in base alle quali è possibile stabilire in quanto tempo, adottando scrupolosamente una gestione razionale e responsabile del farmaco in allevamento, si potrà arrivare a sconfiggere l’antibioticoresistenza?
“L’AMR, acronimo di antimicrobicoresistenza, è un fenomeno seguito scrupolosamente da numerose Organizzazioni istituzionali e farmaceutiche che non sempre esprimono pareri univoci. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), la Fao (Food and angriculture organization of the United Nations) e l’Oie (Organizzazione mondiale della salute animale) hanno stabilito che in cinque anni si potrebbero ottenere buoni risultati pur in presenza di fattori variabili. La ricerca scientifica fa la sua parte, ma la gestione aziendale e l’utilizzo del farmaco in allevamento sono elementi instabili che dipendono dalla sensibilità e dalla perseveranza degli utilizzatori”.
Esistono negli allevamenti suinicoli batteri insensibili anche agli antibiotici di ultima generazione?
“Purtroppo sì, e questo rappresenta una grande preoccupazione che ha portato il ministero della Salute a emanare provvedimenti ad hoc: rigore nelle prescrizioni e nella somministrazione del farmaco dopo una diagnosi mirata sono le ultime regole pubblicate. In aggiunta, possiamo affermare che con l’indicazione della figura del veterinario aziendale di fiducia quale responsabile sanitario dell’allevamento, ove possibile – e auspicabilmente in tutti gli allevamenti – si arriva a chiudere il cerchio dei quattro pilastri fondamentali nella lotta all’AMR”.
A suo avviso la lotta all’antibioticoresistenza, oltre a una gestione responsabile del farmaco, è più una questione di biosicurezza o di benessere animale?
“Gli antibiotici sono armi indispensabili per combattere le malattie infettive di origine microbica. Eliminare l’antibiotico in allevamento, specie dove si producono animali a vita lunga come si dice in gergo, è un obiettivo irraggiungibile, almeno per il momento. Il loro utilizzo massiccio, a volte sregolato, e l’indiscutibile abuso che se ne è fatto, hanno portato al fenomeno della resistenza; di conseguenza, dopo l’applicazione delle regole citate, la prima misura da adottare è quella di prevenire ove possibile e il più possibile le malattie. Il benessere animale rende l’organismo più resistente e la biosicurezza crea una barriera all’ingresso dei germi in allevamento. Pertanto le due misure hanno uguale valenza. Personalmente ritengo la biosicurezza un elemento di maggior peso, perché crea una sorta di sbarramento esterno e interno nell’allevamento. Non ultimo dobbiamo considerare anche l’impiego dei vaccini, un’arma che è stata molto perfezionata attraverso le tecniche di ingegneria genetica”.
Al di là del tipo di produzione italiana focalizzata sul suino pesante, quali sono le maggiori difficoltà che incontrano gli allevatori italiani nella lotta all’antibioricoresistenza?
“L’allevatore italiano è sempre stato costretto ad affrontare numerose sfide che per certi versi lo penalizzano rispetto ai colleghi di altri Paesi. C’è il mercato, sempre altalenante, c’è l’industria, che vuole un animale modellato alle sue esigenze di trasformazione in base alle varie e numerose tipologie di prodotto, c’è l’ambiente e poi ci sono le sfide interne: la genetica, le regole sanitarie, quelle comunitarie e ancora, ma soprattutto, le malattie. Di fronte a tutto ciò l’allevatore deve correre ai ripari. Sul fronte delle malattie l’antibiotico è stata un’arma che potremmo definire comoda. Adesso però l’allevatore è costretto a rivedere certi comportamenti e a imparare a ricorrere all’antibiotico solo quando serve effettivamente. La rimozione di un’abitudine inveterata nel tempo è il primo obiettivo a cui puntare, cosa più facile a dirsi che a farsi”.
Quanto è sconosciuto ancora nell’opinione pubblica il concetto OneHealth e quali sono a suo avviso le strade più corrette per fornire al consumatore un’informazione chiara e fruibile?
“Ritengo che la parola OneHealth sia un neologismo poco conosciuto, quello che però sta passando anche tra i non addetti ai lavori è il suo concetto. La sensibilità del consumatore è in aumento e quello della sicurezza alimentare è un tema di crescente consenso che sta consolidando l’idea di un consumo consapevole e mirato. Fornire al consumatore un’informazione chiara e fruibile sull’utilizzo rigoroso e controllato del farmaco nell’allevamento di provenienza a mio avviso non può che avere effetti positivi per tutti”.
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