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Giornata della Suinicoltura 2018 
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21 Novembre 2018

Fico Eataly World – Bologna

Un cambio epocale per il comparto suinicolo nazionale,

dal 1 gennaio 2019 il benessere sarà un imperativo

Bologna, 3 ottobre 2018 – Per il comparto suinicolo nazionale la data del 1 gennaio 2019 rappresenta un enorme spartiacque tra il mondo di oggi e quello di domani.

Scatterà proprio da quella data la fase operativa del Piano d’azione richiesto dalla Commissione europea ai Paesi membri a seguito degli audit condotti nel novembre 2017 che, per quanto riguarda l’Italia, hanno rischiato di farci incorrere in una procedura di infrazione per il mancato rispetto della Direttiva 2008/120/CE.

Il Piano, elaborato dal ministero della Salute in collaborazione con il CReNBA (Centro di referenza nazionale per il benessere animale) di Brescia, ha previsto una fase di monitoraggio iniziata nel 2018 (il cui termine è fissato al 31 dicembre prossimo) attraverso la compilazione di una scheda da parte degli allevatori per individuare i fattori predisponenti episodi di aggressività tra i suini, in primis le morsicature. In base ai risultati ottenuti, e quindi dal 1 gennaio 2019, dovranno essere adottati tutti i miglioramenti necessari per implementare le condizioni di benessere in allevamento quali, ad esempio, la quantità e la qualità dell’alimento e dei materiali di arricchimento, i contesti strutturali e di pulizia, il confort termico e la qualità dell’aria, gli spazi a disposizione, le condizioni di salute dei suini. Soprattutto però, in porcilaia dovranno gradualmente essere introdotti piccoli gruppi di suinetti con la coda non tagliata al fine di verificare l’efficacia dei miglioramenti ambientali adottati rispetto al contenimento delle morsicature.

In buona sostanza, la pratica del taglio della coda, operazione di routine non solo in Italia ma in numerosi altri Paesi europei ad eccezione della Finlandia, sarà consentita solo quando gli allevamenti dimostreranno di essere totalmente conformi a quanto prevede la normativa e soprattutto quando i Servizi veterinari la riterranno inevitabile.

Il preambolo era necessario perché quello che aspetta il settore suinicolo è veramente un cambio di passo epocale. E proprio per l’importanza che esso riveste non poteva che essere al centro di un evento ormai riconosciuto nella sua autorevolezza come la Giornata Internazionale della Suinicoltura, che Expo Consulting srl ha organizzato per il 21 novembre 2018 presso il Centro Congressi di Fico Eataly World, a Bologna a partire dalle ore 9.

Il programma dell’evento prevede un parterre di relatori di fama internazionale che saranno coordinati da Loris Alborali, responsabile della sezione Diagnostica dell’Izsler di Brescia (Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna), nonché uno degli estensori delle Linee guida per la prevenzione del taglio della coda nell’allevamento suino dallo svezzamento all’ingrasso.

A lui abbiamo rivolto alcune domande.

Dottor Alborali, da un po’ di tempo il comparto suinicolo italiano gode di una buona redditività. Questo andamento viaggia di pari passo con l’adeguamento delle porcilaie a quanto prevede la normativa in materia di biosicurezza, benessere animale e riduzione del farmaco?

“Nell’ultimo anno gli allevatori hanno avuto il meritato e tanto atteso adeguamento del prezzo del suino. È importante però che ora comprendano che questo è un momento di cambiamento fondamentale e che non è più sufficiente parlare di prezzo: per il futuro è invece indispensabile adeguare biosicurezza, benessere e consumo di farmaco agli standard richiesti dal consumatore. Si tratta di investimenti, ma soprattutto di un cambio di cultura e di visione. Mi riferisco in particolare alle minacce rappresentate dalla Peste suina africana, al problema del taglio della coda e all’eccessivo consumo di antimicrobici”.

In vista di un divieto, quello del taglio della coda, che diventerà operativo, qual è il percorso a cui sono chiamati gli allevatori?

“La problematica del taglio coda rientra nel cambiamento appena espresso. Dopo l’audit Ue il ministero della Salute, le Regioni e gli Istituti zooprofilattici hanno fatto un grande lavoro per arrivare a una strategia nazionale e rispondere puntualmente ai quesiti posti dalla Comunità europea. Il Piano nazionale predisposto prevede che l’allevatore, negli ultimi mesi del 2018, attraverso la valutazione del rischio del singolo allevamento abbia la possibilità di capire i punti critici e migliorare le misure carenti con l’aiuto del proprio veterinario aziendale. Questo, a partire dal 2019, permetterà di interrompere il taglio coda in pochi gruppi di suini per verificare l’efficacia delle misure applicate”.

Quali sono, se esistono, i maggiori scogli che gli allevatori devono affrontare per adeguarsi a un sistema di produzione che richiede anche un cambio di mentalità?

“Questo cambio di mentalità deve essere necessariamente accompagnato da un processo di

formazione che deve coinvolgere l’intero sistema, inclusi i medici veterinari e gli allevatori. Lo scoglio principale è rappresentato proprio dalla disponibilità al cambiamento che tali figure devono dimostrare”.

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03/10/2018, 15:01
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21 Novembre 2018

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Romano Marabelli: “Il pericolo della Psa è vicino all’Italia. Ma i Servizi veterinari sono un baluardo”

Bologna, 17 novembre 2018 - Nel settore zootecnico l’aspetto sanitario riveste sempre un ruolo di fondamentale importanza, perché dal suo andamento dipendono la produttività degli animali e la redditività degli allevatori.

Un appuntamento importante come la Giornata della Suinicoltura, evento giunto alla sua quarta edizione, in programma il 21 novembre prossimo presso il Centro Congressi di Fico Eataly World a Bologna e organizzato come sempre da Expo Consulting srl, non poteva eludere un tema tanto importante come la salute animale.

Il titolo di questa edizione è “Salute, benessere, obblighi normativi, redditività. La ricerca di un equilibrio quasi perfetto”.

A parlarne, in un parterre di relatori di fama internazionale, sarà uno dei massimi esperti del settore a livello mondiale: Romano Marabelli, Consigliere del Direttore generale dell’OIE (Organizzazione mondiale della sanità animale).

- Professor Marabelli, qual è la situazione sanitaria del comparto veterinario in Europa e oltre i confini continentali?

“Preoccupante in entrambi i casi, soprattutto a causa della diffusione di malattie fino a qualche tempo fa relegate ad altre latitudini che oggi, attraverso il commercio e i cambiamenti climatici, stanno invece facendo la loro comparsa con effetti spesso letali, imponendo un aumento dei controlli sanitari da parte dei Servizi preposti”.

- Per il settore suinicolo in particolare quali sono le minacce epidemiologiche più incombenti?

“Direi l’afta epizootica e la Peste suina classica e africana. Rispetto alla prima, malgrado la sua diffusione al momento sia circoscritta alla zona centroasiatica e per l’Europa non si prospettino pericoli di contagio incombenti, i controlli dei Servizi veterinari europei sono molto scrupolosi perché si tratta di una malattia in grado di diffondersi molto velocemente. Questo vuol dire che solo una capillare azione di monitoraggio può contribuire efficacemente a contrastarne la diffusione. Oggi il pericolo maggiore arriva dalla Peste suina africana, e in misura minore da quella classica di cui si è registrato di recente un caso in Giappone. La diffusione della Psa (Peste suina africana, ndr) è oggi il dato più preoccupante. Finora in Europa i focolai registrati sono stati segnalati nei paesi dell’Est e nei Balcani, ma proprio nelle ultime settimane alcuni casi sono comparsi in Belgio, al confine tra il Lussemburgo e la Francia, in una zona di caccia popolata da cinghiali, animali vettori del virus. La situazione assume connotazioni molto preoccupanti anche per l’Italia, perché il pericolo si avvicina al nostro Paese e la probabilità che contagi i nostri allevamenti si fa più concreta. Fortunatamente anche in questo caso l’efficienza dei Servizi veterinari rappresenta un baluardo fondamentale nella difesa da questa malattia, che se irrompesse negli allevamenti italiani causerebbe danni molto ingenti a iniziare dal blocco del mercato. È stato infatti calcolato, tanto per fare un esempio, che in Germania un solo caso di Peste suina africana provocherebbe un danno da 1 miliardo di euro”.

- Come si stanno muovendo i Paesi europei per fronteggiare questo pericolo? L’Oie sta seguendo da vicino questo problema. Come giudica le iniziative adottate dai singoli Paesi?

“La Commissione ha chiesto a tutti i Governi di individuare immediatamente il punto di contatto alla eventuale quanto scongiurata comparsa della malattia. L’Oie da parte sua ha adottato un sistema di allerta permanente. Il vero problema non è certo rappresentato dalla qualità dei Servizi veterinari quanto dal contagio involontario, che potrebbe arrivare anche da prodotti contaminati e non solo dagli animali selvatici infetti”.

- Quali sono i parametri da adottare/rispettare per garantire alla suinicoltura italiana e più in generale europea le opportunità di sviluppo a livello globale?

“Non si può che partire dalle norme di biosicurezza. Nella stragrande maggioranza degli allevamenti intensivi esse sono in gran parte rispettate. Un po’ più complesso il discorso per i piccoli allevamenti a conduzione familiare che magari allevano suini allo stato brado. A questi allevatori va indirizzata un’informazione adeguata che faccia capire loro quanto sia importante partecipare tutti insieme alla tutela del settore. La minaccia epidemiologica esiste e il mercato internazionale non distingue se la malattia arriva da un solo animale o da un intero allevamento: l’effetto sarebbe identico perché un solo animale infetto può causare il blocco del mercato”.

- Ritiene che i Servizi veterinari pubblici e quelli aziendali siano attrezzati per scongiurare o affrontare un virus così minaccioso? Possiamo dire di avere imparato molto in questi anni dall’esperienza che ha vissuto il comparto suinicolo sardo?

“Il compito dei Servizi veterinari pubblici come quelli aziendali è fondamentale nell’ambìto dei controlli e della formazione. Sono loro che accompagnano l’allevatore in un percorso di maggiore conoscenza, soprattutto se riferito alle realtà zootecniche di piccole o medie dimensioni. Si tratta di un lavoro sinergico che spesso vede lavorare insieme sindaci e veterinari pubblici. Stiamo gestendo un’allerta molto importante, come forse non capitava da decenni. L’esperienza sarda è stata molto importante e oggi con il Piano di risanamento possiamo dire di avere una situazione ormai sotto controllo. Sicuramente però, fino al giorno in cui anche l’ultimo focolaio non sarà stato debellato non potremo dire di avere risolto totalmente il problema”.

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17/10/2018, 14:46
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Comunicato Stampa



21 Novembre 2018 – Ore 9

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Istituzioni e filiera,

il ruolo della Regione Emilia Romagna

a sostegno del comparto


Bologna, 30 ottobre 2018 - Insieme al benessere animale e alla biosicurezza, il tema dell’antimicrobicoresistenza in allevamento riveste un ruolo fondamentale per una corretta gestione aziendale, in linea peraltro con quanto in materia richiede Bruxelles. Si tratta di un argomento al centro di numerosi dibattiti che interessa tutti i comparti della zootecnia intensiva. Relativamente a quello suinicolo, la Regione Emilia Romagna e in particolare l’assessorato alla Salute in collaborazione con l’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna e altre importanti istituzioni scientifiche, ha elaborato le Linee guida sull’uso prudente degli antibiotici da utilizzare in porcilaia ed è molto impegnata, attraverso una stretta sinergia tra gli assessorati alla Salute e all’Agricoltura, in un’attività di supporto e collaborazione nei confronti di tutta la filiera.

La complessità del tema anticipa una svolta senza precedenti per un comparto tra i più importanti dell’agroalimentare italiano in cui trovare una sintesi condivisa, tra i vari attori della filiera, non è sempre facile.

Un tema che alla prossima Giornata della Suinicoltura dal titolo “Salute, benessere, obblighi normativi, redditività. La ricerca di un equilibrio quasi perfetto”, in programma il 21 novembre 2018 a Bologna presso il Centro Congressi di Fico Eataly World a partire dalle ore 9, verrà affrontato e approfondito da Roberta Chiarini, Responsabile del servizio organizzazioni di mercato e sinergie di filiera presso la Regione Emilia Romagna, che insieme ad altri colleghi di fama nazionale e internazionale compone il ricco elenco di relatori presenti all’evento, organizzato come sempre da Expo Consulting srl.

- Dottoressa Chiarini, cosa si intende per “sostegno” della Regione al comparto suinicolo?

“Vorrei sottolineare innanzitutto che la Regione da sempre ha cercato di rappresentare per il comparto suinicolo un riferimento, in particolare in momenti molto delicati soprattutto per il mondo allevatoriale; questo impegno ha coinvolto numerose figure, non solo istituzionali, a dimostrazione che ogni aspetto andava valutato e discusso tenendo nella dovuta considerazione ogni dettaglio. In tema di sostegno, un filone importante è certamente quello di carattere economico derivante dalle risorse messe a disposizione dai Psr (Piani di sviluppo rurale, ndr), indirizzate a interventi che agiscono su tasselli fondamentali di tutta la filiera: investimenti nel settore produttivo e in quello della trasformazione, operazioni legate all’innovazione con progetti ad hoc, alcuni dei quali proprio orientati al tema dell’antimicrobicoresistenza, allo sviluppo della conoscenza attraverso azioni di formazione e informazione per i produttori. Significativo anche il supporto a progetti di promozione per le produzioni Dop e Igp, tra i quali i numerosi salumi. Un impegno non meno importante è il contributo regionale all’approvazione del Piano di regolazione dell’offerta dei Prosciutti crudi Dop. In tema di controllo dei mercati ricordo un’altra importante iniziativa che ha riguardato l’accordo firmato nel 2013 a Mantova per uniformare le modalità di gestione del peso e di classificazione delle carcasse al macello. Il nostro obiettivo è quello di facilitare le attività di tutta la filiera sia da un punto di vista normativo che economico: su questi aspetti ci siamo concentrati nella speranza di trovare le migliori soluzioni possibili”.

- Quali sono i punti delle Linee Guida sull’antimicrobicoresistenza a suo giudizio più importanti?

“Va detto innanzitutto che si tratta di una prima versione di carattere sperimentale attualmente applicata in alcuni allevamenti. Al termine di questa fase è prevista una verifica per evidenziare le eventuali criticità e intervenire con i necessari correttivi. Lo scopo è quello di stabilire la forma più corretta di intervento in presenza di patologie sia da un punto di vista preventivo che terapeutico”.

- Quindi, seppure in fase sperimentale le Linee Guida sono già operative.

“Sì, ma è doveroso sottolineare che stiamo parlando di una fase sperimentale, dai cui risultati potremo stabilire quali correttivi eventualmente adottare. Il nostro ruolo in questo frangente è quello di favorire una costruttiva collaborazione tra settore agricolo e sanità, a cui spetta per competenza la gestione dei farmaci. Ritengo peraltro che con l’introduzione della ricetta elettronica, prevista per il 1 gennaio del prossimo anno, avremo a disposizione un elemento che cambierà completamente la prospettiva, perché attraverso questo documento sarà garantito un monitoraggio sicuro e costante dell’utilizzo dei farmaci in allevamento. Vorrei inoltre aggiungere che le bozze proposte da Bruxelles sulla nuova Pac offrono la possibilità di realizzare azioni di consulenza sull’antimicrobicoresistenza: in questo quadro potrebbe essere valutata l’opportunità di valorizzare il lavoro di testaggio delle Linee Guida sull’antimicrobicoresistenza per costruire dei manuali di buone pratiche che coinvolgano anche il benessere animale e la biosicurezza, e magari altri aspetti dell’allevamento, tutti elementi che si intrecciano e non possono esistere l’uno senza l’altro. Il confronto è aperto e non esclude la possibilità di prevedere incentivi da destinare a quegli allevatori che intendono ulteriormente migliorare gli standard all’interno delle loro porcilaie”.

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30/10/2018, 19:21
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21 Novembre 2018 – Ore 9

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Taglio della coda,

Europa più possibilista?


Bologna, 9 novembre 2018 – Il 31 dicembre è ormai alle porte ed entro quella data gli allevatori italiani dovranno aver compilato una scheda di autovalutazione per classificare il grado di benessere animale adottato in porcilaia. Con l’inizio del nuovo anno poi, dopo aver individuato gli aspetti che possono scatenare l’aggressività dei suini, gli allevamenti dovranno applicare le misure correttive più opportune e iniziare a introdurre nei box piccoli gruppi di suinetti con code non tagliate al fine di valutare i miglioramenti ambientali applicati per impedire le morsicature. Questo è quanto prevede il Piano d’azione nazionale elaborato dalla Direzione generale della sanità animale e del farmaco veterinario del ministero della Salute per prevenire la caudectomia e il miglioramento del benessere animale.

Il taglio della coda (caudectomia) dei suinetti rappresenta oggi forse il tema più dibattuto tra gli operatori suinicoli italiani, che insieme alla quasi totalità dei colleghi europei, eccezion fatta per la Finlandia che non lo pratica più, si trovano a dover affrontare un problema di non poco conto.

La prossima Giornata della Suinicoltura, che si terrà presso il Centro Congressi di Fico Eataly World a Bologna il 21 novembre prossimo, dedicherà ampio spazio alla discussione di questo argomento coinvolgendo tutti gli aspetti ad esso legati. Il titolo dell’evento, organizzato come sempre da Expo Consulting srl, è infatti “Salute, benessere, obblighi normativi, redditività. La ricerca di un equilibrio quasi perfetto” e potrà contare sulla partecipazione dei maggiori esperti in materia.

Eppure, come ci spiega Andrea Rossi, responsabile dei rapporti di filiera di Assica (Associazione industriali delle carni e dei salumi) “l’avvicinarsi di una scadenza che rappresenta una svolta epocale per il settore sta spingendo Bruxelles a passare da una fase impositiva a un’altra più osservativa”.

- In che senso?

“Nel senso che oltre all’Italia, anche altri Paesi come la Spagna, la Francia e la Germania stanno lavorando per avviare con la Commissione una discussione che prenda in considerazione soluzioni alternative al divieto categorico del taglio della coda”.

- Questo però si scontrerebbe con quanto chiede l’Europa e soprattutto chiedono i Paesi del Nord.

“In realtà oggi l’Europa è più propensa a esprimere un vediamo e se guardiamo ai Paesi del Nord sappiamo che solo in Finlandia il taglio della coda non si pratica e che i loro allevamenti sono molto diversi dai nostri sia in termini di dimensioni, mediamente un suino ha a disposizione 10 mq, che di utilizzo di materiale manipolabile: nelle loro porcilaie si fa un massiccio uso di paglia che proprio per le sue caratteristiche ha un’influenza molto positiva nel contenimento delle morsicature tra suini. Purtroppo negli allevamenti italiani, dove il pavimento più diffuso è quello grigliato, l’impiego della paglia sarebbe fonte di notevoli problemi di pulizia difficili da gestire”.

- Esiste una posizione ufficiale di Assica al riguardo?

“Noi partecipiamo a tutti i tavoli aperti dai quali si auspica possano uscire soluzioni praticabili e condivise. Personalmente credo si possa arrivare a una decisione che nel rispetto di quanto prevede la normativa sul benessere animale tenga nella dovuta considerazione anche la realtà allevatoriale italiana con le sue peculiarità e le sue esigenze, così come quelle di altri Paesi della Ue. Peraltro un recente studio ha messo in evidenza che i suini cosiddetti morsicatori sono davvero pochi e possono essere individuati a pochi giorni dalla nascita, quindi nel periodo sottoscrofa, e immediatamente allontanati”.

- Parliamo delle scelte dei consumatori. Lei pensa che le informazioni sul benessere animale ne influenzino gli acquisti?

“Non in maniera determinante. È indubbio che vi sia una maggiore attenzione rispetto alle condizioni di vita degli animali e in questo caso dei suini, ma alla fine la differenza la fa sempre il prezzo. Oggi la Gdo ha un ruolo fondamentale nell’indirizzare gli acquisti dei consumatori e le campagne pubblicitarie che possiamo vedere tutti i giorni in televisione lo dimostrano. Le informazioni però devono essere corrette perché altrimenti si rischia di utilizzare un’arma a doppio taglio. Prendiamo ad esempio il problema dell’antibioticoresistenza. Si sente sempre più spesso parlare di carni provenienti da allevamenti antibiotic free. Alcune realtà effettivamente hanno iniziato a percorrere questa strada ma va ricordato che inizialmente gli Organismi di controllo avevano stabilito che la sospensione degli antibiotici doveva avvenire dal 49mo giorno di vita in poi, decisione che una delle più importanti catene della grande distribuzione ha spostato a 120 giorni dalla macellazione quando, si sa, la terapia antibiotica non viene praticamente più utilizzata”.

- Lei pensa che il taglio della coda verrà abolito dagli allevamenti suinicoli?

“Penso di no. Ma penso anche sia necessario trovare soluzioni che garantiscano ai suinetti il miglior benessere possibile”.

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10/11/2018, 14:18
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La minaccia della Psa e l’impegno dell’Europa
per contrastare un rischio sempre più reale



Bologna, 14 novembre 2018 - “Togliamoci dalla testa l’idea di poter debellare questa malattia dall’oggi al domani. Per i prossimi anni la Commissione ha stanziato 25 milioni di euro da destinare alla ricerca per combattere la Peste suina africana (Psa) incluso lo sviluppo di un vaccino. Nell’attesa, resta una malattia che può essere contrastata con azioni diverse, importanti ma diverse”. Andrea Gavinelli, Responsabile controlli ed eradicazione malattie animali presso la Direzione generale salute e sicurezza alimentare della UE, sarà uno dei relatori internazionali che parteciperanno alla prossima Giornata della Suinicoltura, che Expo Consulting srl ha organizzato per il 21 novembre presso il Centro Congressi di Fico Eataly World, a Bologna, a iniziare dalle ore 9.

In Europa si contano attualmente più di mille focolai di Psa, un dato che dà la dimensione della minaccia rappresentata da questa malattia per l’intero comparto suinicolo europeo. E lo è ancora di più se si considera che, come ha prima sottolineato Gavinelli, “allo stato non esiste nessun vaccino che possa sconfiggerla. Non solo – puntualizza – il virus per gli animali infettati è letale e questo determina pesanti conseguenze soprattutto a livello economico. Abbiamo di fronte una situazione molto diversificata. Sappiamo che i cinghiali, con una popolazione aumentata in maniera incontrollata in alcuni Paesi soprattutto negli ultimi anni, sono tra i principali animali serbatoio di questo virus. E in aggiunta, se da una parte abbiamo Paesi che lungo tutta la catena produttiva suinicola adottano elevati standard di biosicurezza in grado di prevenire il contagio e la sua diffusione, in altri come in alcune zone della Romania sappiamo che esistono allevamenti rurali in cui l’applicazione dei parametri di biosicurezza è stata a volte disattesa”.

Un problema di vaste dimensioni che, come ricorda Andrea Gavinelli, ha proporzioni internazionali e rispetto al quale l’Europa è attivamente impegnata in azioni di contrasto molto importanti. “Quando un caso è accertato l’obiettivo è quello di agire in fretta per evitare la diffusione della malattia – spiega – a questo scopo vengono quindi stabilite delle restrizioni geografiche che circoscrivono i focolai. In queste aree è vietato in particolare lo spostamento di suini e dei prodotti di origine suina così da prevenire la diffusione della malattia. Questo approccio definito regionalizzazione viene sancito con un atto legale della Commissione che viene adottato in tempi brevissimi e pubblicato in Gazzetta Ufficiale in tutte le lingue dell’Unione. Oltre a questo provvedimento, nel caso venga accertata la presenza di un nuovo caso sia in allevamento che nei cinghiali, la Commissione ha la possibilità di inviare sul posto, a distanza di pochi giorni, un nucleo di esperti che forniscono consigli e supporto in merito alla gestione dell’emergenza (Nucleo europeo veterinari per la gestione dell`emergenza). Da diversi anni – prosegue Gavinelli - è inoltre previsto un percorso di formazione per autorità competenti e veterinari nell’ambito dell’iniziativa Better training for safer food che fornisce le nozioni tecniche e scientifiche per la prevenzione della malattia e la sua eradicazione.

A questo si aggiunge che negli ultimi anni sono aumentate le attività di informazione rivolte non solo agli operatori del settore ma anche a chi può costituire un grosso rischio per la trasmissione della malattia. Le categorie oggetto delle campagne informative sono in particolare i viaggiatori da Paesi a rischio, i cacciatori o gli autotrasportatori che provenendo anche da Paesi al di fuori dell’UE, potrebbero introdurre alimenti anche per uso personale contaminati dal virus Psa. Queste campagne di informazione si concretizzano in diversi modi: dai messaggi riportati sui tabelloni delle autostrade e nelle zone di sosta ai poster affissi negli aeroporti e alle frontiere. Ma non è tutto. La Commissione interviene anche con un cofinanziamento laddove si debba procedere agli abbattimenti dei suini infetti, accollandosi il 50% delle spese sostenute nella fase emergenziale oltre che per compensare i danni commerciali che ne derivano. Nel solo periodo 2013-settembre 2018 – afferma Gavinelli - la UE ha stanziato 48,3 milioni di euro per i programmi di eradicazione della malattia e 10,9 milioni di euro per gli interventi a supporto delle misure di emergenza, fondi che sono stati destinati ai Paesi membri a cui è toccato poi il compito di farsi carico della ripartizione”.

In assenza di un vaccino che possa mettere al riparo i suini dal contagio della Psa, la UE non ha dovuto pensare solo a proteggere gli Stati dell’Unione con una serie di azioni che peraltro vedono i Servizi veterinari intensamente impegnati in un’attività capillare di sorveglianza, si è posta necessariamente il problema di come collaborare con i Paesi Terzi come l’Ucraina o la Moldavia, in cui il virus si è diffuso massicciamente. “Le misure di sostegno adottate per i Paesi Terzi che confinano a Est dell’UE sono finalizzate a impedire che la malattia possa propagarsi oltre confine. Insieme alle analisi di laboratorio effettuate su campioni di animali infetti, è prevista la raccolta di quelli morti a causa della Psa. Ad esempio, nel solo 2017 l’UE ha stanziato a questo riguardo 225mila euro per l’Ucraina. Venendo all’Italia e al potenziale pericolo che i suini allevati nelle nostre porcilaie vengano contagiati dal virus, pensiamo sia necessario sensibilizzare anche le federazioni dei cacciatori affinché si limitino al massimo le occasioni di ingresso del virus, soprattutto se le battute di caccia avvengono nei Paesi dove la malattia è presente”.

Sorveglianza, informazione, formazione, comunicazione. Contro la Psa l’Europa ha messo in campo una serie di interventi che la creazione di un vaccino, però, potrebbe sostituire con maggiori vantaggi. “L’investimento più importante davanti a noi è sicuramente quello scientifico – conclude Andrea Gavinelli – sia sul fronte della ricerca epidemiologica, sia su quello della genetica suina in grado di identificare quale razza potrebbe manifestare una maggiore resistenza al virus. Allo stato attuale è molto difficile stabilire quando sarà disponibile un vaccino contro la Peste suina africana, ma non vi è alcun dubbio che il futuro sarà caratterizzato da cosa saremo capaci di fare in termini di prevenzione e profilassi, confidando nei risultati di una ricerca scientifica sempre più avanzata a livello mondiale”.

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Giornata della Suinicoltura,
il futuro del comparto ha catturato
l’attenzione di quasi 300 partecipanti

Bologna, 22 novembre 2018 – “Non esiste nessun vento favorevole per il capitano che non sa dove andare”. Alla Giornata della Suinicoltura, che si è tenuta ieri 21 novembre presso il Centro Congressi di Fico Eataly World di Bologna, Romano Marabelli, Consigliere del Direttore generale dell’OIE (Organizzazione mondiale della sanità animale), ha voluto introdurre il suo intervento con una citazione di Seneca che in questo momento, per il comparto suinicolo italiano, non poteva essere più azzeccata.

Il titolo dell’evento “Salute, benessere, obblighi normativi, redditività. La ricerca di un equilibrio quasi perfetto”, condotto e moderato da Loris Alborali Responsabile della sezione diagnostica dell’Izsler della Lombardia e dell’Emilia Romagna, condensava in effetti al suo interno tutti i temi di più stretta attualità e cogenza, al centro di un acceso dibattito tra gli operatori che come ha dimostrato la parte conclusiva del Convegno sembra ancora abbastanza lontano da una sintesi del tutto condivisa.

Una medaglia, quella della suinicoltura, a due facce contrapposte.

“La grande richiesta mondiale di alimenti proteici di origine animale che vede molti Paesi pronti a investire ingenti risorse economiche per favorire questo tipo di sviluppo deve essere vista come una grande opportunità per il comparto suinicolo nazionale – ha sottolineato Marabelli – in cui la figura del veterinario si inserisce con un ruolo centrale. Dall’altro lato dobbiamo fare i conti con un’emergenza sanitaria, rappresentata dalla progressione della Peste suina africana, che si sta manifestando in tutta la sua criticità: un contesto complesso, in cui le regole da rispettare sono importanti”.

La riflessione di Marabelli ha coinvolto il benessere animale, il nuovo modo di rapportarsi che deve caratterizzare il confronto tra produttori e consumatori “nel rispetto delle nuove sensibilità che stanno venendo avanti”, l’antibioticoresistenza per concludere che la sfida del comparto, caratterizzata dalle potenzialità di aumenti produttivi e da maggiori investimenti, può essere vinta solamente con un complesso di strategie sinergiche guidate da un ente istituzionale in grado di governare le istanze di tutti verso un unico obiettivo: lo sviluppo del settore.

La grande preoccupazione che oggi i suinicoltori italiani sentono come una spada di Damocle sulla loro testa è la normativa europea in base alla quale, dal 1 gennaio 2019, non andrà più praticato il taglio routinario della coda dei suinetti. Un tema che ha acceso gli animi dei circa 300 partecipanti alla Giornata, soprattutto a seguito dell’intervento di Nancy De Briyne, Vice direttore esecutivo della Federazione dei veterinari europei (Fve) che ha ricordato come lo stop al taglio della coda sia oggi la prima priorità europea all’interno della normativa sul benessere animale oltre all’impegno che la Commissione sta mettendo in questo senso.

“Le verifiche che hanno coinvolto gli allevamenti di tutti gli Stati membri – ha affermato – sono state negative nella totalità dei casi ad eccezione di poche realtà come la Finlandia dove il taglio della coda non si pratica più. Nello specifico, in Italia il rapporto della Commissione non solo ha messo in evidenza che questa menomazione è adottata dal 90% delle porcilaie senza che dal 2007 al 2017 si sia registrata un’inversione di tendenza, ma addirittura che le Autorità di controllo nazionali non hanno adottato azioni efficaci per interrompere questa pratica e che i produttori pensano che non si possa allevare senza tagliare la coda ai suinetti.

Il prossimo 27 novembre si terrà in Irlanda un incontro con tutti i rappresentanti dei Paesi membri per illustrare gli obiettivi raggiunti all’indomani dell’adozione del Piano di azione elaborato da ognuno di essi, ma non vi è alcun dubbio – ha concluso De Briyne - che l’orientamento e l’obiettivo non cambieranno e a questo proposito i controlli saranno destinati ad aumentare”.

Ancora sul benessere animale Andrea Gavinelli, Responsabile controlli ed eradicazione malattie animali presso la Direzione generale salute e sicurezza alimentare della Ue, ha ricordato che per essere competitivi sul mercato mondiale non si possono scindere tutti gli aspetti legati a questo concetto, in cui si inserisce giocoforza il taglio della coda, ricordando che proprio di recente la Corte dei Conti ha evidenziato che la salute e il benessere degli animali è strettamente legata alla salute e al benessere di chi alleva. Infine antibioticoresistenza, altro tema molto caldo sul quale la Regione Emilia Romagna, in particolare l’assessorato alla Salute, insieme ad altri Istituti di ricerca scientifici e Università, ha redatto le Linee Guida sull’uso prudente degli antibiotici da utilizzare in allevamento, “uno strumento – ha spiegato Roberta Chiarini, Responsabile del servizio organizzazioni di mercato e sinergie di filiera della Regione Emilia Romagna – che vuole essere un orientamento e uno strumento di lavoro per allevatori e veterinari nella gestione delle diverse situazioni sanitarie che si possono manifestare in porcilaia. Siamo ancora in una fase sperimentale e questo ci permetterà, al termine di questo periodo, di apportare eventuali correttivi che si dovessero rendere necessari”.

Tanta carne al fuoco quindi, che come dicevamo all’inizio ha alimentato un vivace dibattito tra relatori e pubblico durante la tavola rotonda che si è sviluppata al termine delle relazioni. Ancora una volta la Giornata della Suinicoltura, organizzata da Expo Consulting srl, ha dimostrato di aver saputo centrare i temi più importanti del comparto suinicolo nazionale, invitare i relatori nazionali e internazionali più qualificati e stabilire che le opportunità oggi sul tavolo devono e possono essere sfruttate. A patto che tutti gli attori della filiera comprendano l’urgenza del momento perché, come ha sottolineato Andrea Gavinelli, “la competitività è la capacità di essere uniti e affrontare tutto in un unico insieme perché non esiste la suinicoltura di serie A o di serie B. Esiste solo quella di serie A”.

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22/11/2018, 19:54
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