Marco
Sez. Supporto Didattico
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L’UFFICIO COMPLICAZIONI DI EASA COLPISCE ANCORA
26 Ott 2016
Non bastava il disastro provocato all’Aviazione Generale, aeromodelli e Sapr sono entrambi definiti “UA, Unmanned Aircraft”. Così l’Easa, al posto di modificare queste due lettere, magari aggiungendo “MA, Model Aircraft”, tira dritto sul regolamento prototipo più complesso e astruso che sia mai stato partorito nella torre di Colonia, snobbando anche i pareri di FAI ed EAS.
Il teatrino che si è svolto a Colonia qualche giorno fa altro non è che la sintesi degli errori che Easa continua a commettere per sua stessa natura. Il primo è basare ogni proposta di regolamento sulla sicurezza in generale e non sul migliore utilizzo possibile (anche in senso di safety). Così l’Agenzia europea dichiara: “Trovare una definizione chiara che separi droni e aeromodelli è difficile.” e allora tutti a pensare di mettere targhe, addirittura autorizzare tramite le autorità aeronautiche nazionali i club di volo degli aeromodellisti. Viene altresì da rispondere che a Colonia sono pagati profumatamente allo scopo e dunque che facciano una tempesta di cervelli fino a trovare una definizione accettabile. Nel nostro piccolo in Italia ce l’abbiamo, ma si potrebbe anche fare meglio, per esempio riconoscendo che di questa definizione nel regolamento droni non ce n’è alcun bisogno. Del resto gli aeromodellisti non sono tutti dronisti in pectore, anzi, la stragrande maggioranza ritiene i quadricotteri creazioni orribili, noiosissime da pilotare, e trascorre il suo tempo a rifare in scala ridotta aeroplani o elicotteri mitici, oppure a costruire un modello per battere il suo amico alla prossima gara. Certo, usare giroscopi e microcamere fa comodo a tutti, ma una cosa è creare una macchina volante da lavoro, ben altro realizzare un passatempo. E se poi uno è tanto bravo da creare un drone da lavoro, meglio per lui, si metta in regola e buona fortuna.
Il quesito fondamentale che ci poniamo è il seguente: ma occorre davvero un’altra e nuova legge comunitaria sugli aeromodelli? Perché a ben guardare sia l’ICAO, sia la Federazione Aeronautica Internazionale, sia la European Air Sports e gli aeroclub dei paesi membri fanno filare l’aeromodellismo da mezzo secolo senza mai aver dovuto ricorrere a stratagemmi o interventi frettolosi a salvaguardia di questi passatempi o a causa della sicurezza. Fa arrabbiare il fatto che in Easa si pongano problemi inesistenti come “dove si può andare a far volare un aeromodello” quando basterebbe leggersi l’articolo 35 del Regolamento Enac (che a Colonia devono avere in qualche mail) per scoprirlo, sapere anche quali categorie ne sono escluse e quali le massime caratteristiche tecniche ammissibili per poterli usare con e senza titoli o altre indicazioni.
L’unica strada che Easa sembra voler percorrere è la modifica dell’articolo 15 del prototipo di regolamento, in modo da (parole loro): “minimizzare l’impatto dello stesso sugli aeromodellisti”. Ma sempre di un’autorizzazione si parla, e dunque l’impatto su mezzo milione di appassionati europei non sarà affatto lieve. Come finirà? Che in Italia Enac girerà la grana all’Aero Club d’Italia che così incasserà altri soldi. Scommettiamo?
Il massimo dell’ignoranza di Easa si è palesata con una delle ultime slide nelle quali è stato scritto: “Come gestire gli aeromobili autocostruiti di peso superiore ai 25 kg”. Da salto sulla sedia: in tutto il mondo (e in Italia con la Circolare Enac Nav15E), dagli anni Settanta si possono auto costruire anche gli aeromobili manned, anche a quattro posti, anche jet ed anche per volo strumentale. E senza particolari procedure se non seguendo appunto le circolari in oggetto e facendo riferimento ai Chapter come la RSA in Francia, la CAA-S nel Regno Unito, l’EAS svizzera, il CAP italiano. Madre di tutte queste associazioni, la Experimental Aircraft Association americana. Nulla di nuovo da inventare, la risposta cercata è: “Come è stato fatto fino a oggi“. E siccome è impossibile che tutto ciò sia sconosciuto alla divisione droni di Easa, è evidente che c’è chi sta agendo in cattiva fede.
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Marco
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SAPR E PUBBLICA UTILITÀ, FACCIAMO CHIAREZZA
Utile chiarimento sull’utilizzo dei Sapr per pubblica utilità redatto da Gian Francesco Tiramani.
Negli ultimi tempi, anche a seguito dei fenomeni sismici avvenuti nel Centro Italia, sono stati tanti gli operatori e appassionati di droni civili che hanno posto quesiti circa l’impiego dei Sapr a supporto delle attività di soccorso. Nei tanti gruppi che popolano i social ed anche sui media si sono letti interventi spesso confusi se non anche pericolosamente fuorvianti, per cui è certamente opportuno ed utile fare un poco di chiarezza con riferimenti documentati per evitare che si creino aspettative che possano portare ad effettuare operazioni non lecite, pur con tutte le buone intenzioni nel voler far del bene come in questi casi. Questo documento non ha ovviamente la pretesa di essere esaustivo sull’argomento e non vuole essere un trattato tecnico-giuridico quanto uno strumento di partenza, di facile lettura per tutti, disponibile ovviamente ad integrazioni e chiarimenti necessari.
Innanzitutto è importante chiarire un concetto che spesso crea confusione proprio a causa nella non perfetta conoscenza del contesto: parlo della definizione ufficiale di “aeromobile”. Ricordiamo, per completezza, che gli organismi che si occupano di regolamentazione in ambito aviazione civile sono principalmente, nell’ordine:
ICAO – Internazionale EASA – Europa ENAC – Italia
La definizione di aeromobile e, al suo interno, della categoria degli Unmanned è stata posta direttamente da ICAO nella Convenzione internazionale di Chicago del 7 dicembre 1944. All’art. 8 si legge “Aeromobili senza pilota – Nessun aeromobile manovrabile senza pilota può sorvolare senza pilota il territorio di uno Stato contraente, salvo autorizzazione speciale di detto Stato e conformemente alle condizioni di questa. Ogni Stato contraente si impegna a provvedere affinché il volo senza pilota di un tale aeromobile nelle regioni aperte agli aeromobili civili sia controllato in modo da evitare qualsiasi pericolo agli aeromobili civili.”
Quindi secondo ICAO:
Aircraft. Any machine that can derive support in the atmosphere from the reactions of the air other than the reactions of the air against the earth’s surface Aircraft — category*. Classification of aircraft according to specified basic characteristics, e.g. aeroplane, helicopter, glider, free balloon. Remotely-piloted aircraft. An aircraft where the flying pilot is not on board the aircraft. Remotely-piloted aircraft system. A set of configurable elements consisting of a remotely-piloted aircraft, its associated remote pilot station(s), the required command and control links and any other system elements as may be required, at any point during flight operation. Ne discende che è Inutile tentare di non considerare i nostri mezzi come aeromobili a aspettarsi da organismi «inferiori» ad ICAO di modificarne la classificazione sostanziale.
Il principale riferimento normativo per l’Italia è Il Codice della Navigazione, approvato con R.D. 30 marzo 1942, n. 327, modificato per la parte aeronautica con D.Lgs. 9 maggio 2005, n. 96 “Revisione della parte aeronautica del Codice della navigazione, a norma dell’articolo 2 della L. 9 novembre 2004, n. 265”, aggiornato poi col Decreto Legge 12 settembre 2014, n. 133.
Per la questione in esame il CDN recita: “Art. 743 – Nozione di aeromobile – Per aeromobile si intende ogni macchina destinata al trasporto per aria di persone o cose. Sono altresì considerati aeromobili i mezzi aerei a pilotaggio remoto, definiti come tali dalle leggi speciali, dai regolamenti dell’ENAC e, per quelli militari, dai decreti del Ministero della difesa. Le distinzioni degli aeromobili, secondo le loro caratteristiche tecniche e secondo il loro impiego, sono stabilite dall’ENAC con propri regolamenti e, comunque, dalla normativa speciale in materia.”
Veniamo ora al contesto italiano ed alla possibilità di derogare dal Regolamento ENAC per Mezzi Aerei a Pilotaggio Remoto in caso di situazioni cosiddette di emergenza.
Enac emana la regolamentazione in forza di una Legge primaria dello Stato che le ha conferito questa facoltà ed il tutto non può che fare riferimento allo stesso Codice della Navigazione. In modo molto semplificato, solo per facilità di comprensione, un operatore privato di SAPR potrebbe effettuare missioni in deroga al regolamento ENAC con 3 possibilità:
Equiparazione a volo di Stato Stato di necessità (qualcuno lo ha richiamato…) Esplicita autorizzazione in funzione della dichiarazione di Stato di Emergenza Nazionale. VOLI DI STATO Il Regolamento ENAC esplicita chi NON è assoggettato al suo rispetto; all’art. 2 troviamo:
“3. Non sono assoggettati alle previsioni del presente Regolamento:
a) i SAPR di Stato di cui agli articoli 744, 746 e 748 del Codice della Navigazione;
b) i SAPR che svolgono attività in spazio chiuso (spazio indoor), a meno di quanto previsto all’art. 0, comma 7 del presente Regolamento;
c) i SAPR costituiti da palloni utilizzati per osservazioni scientifiche o da palloni frenati”
Nel nostro caso è di interesse il punto a), ovvero i SAPR di Stato e qui occorre chiarezza.
Il CDN definisce chiaramente quali sono classificabili come aeromobili di Stato;
“Art. 744 – Aeromobili di Stato e aeromobili privati – Sono aeromobili di Stato gli aeromobili militari e quelli, di proprietà dello Stato, impiegati in servizi istituzionali delle Forze di polizia dello Stato, della Dogana, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, del Dipartimento della protezione civile o in altro servizio di Stato (…)
Sono equiparati agli aeromobili di Stato gli aeromobili utilizzati da soggetti pubblici o privati, anche occasionalmente, per attività dirette alla tutela della sicurezza nazionale.” Da notare che si fa riferimento al criterio di “proprietà dello Stato” per cui un APR di proprietà di un appartenente alle FF.OO o dei VVF messo a disposizione dell’organismo di appartenenza non può essere considerato “aeromobile di Stato”.
Come si vede non sono compresi in questa fattispecie aeromobili di proprietà degli Enti Locali o di strutture periferiche che non siano registrati da un’amministrazione statale. Attenzione anche alla definizione di “sicurezza nazionale”: non si fa riferimento ad un concetto generico ma alla salvaguardia della Repubblica dai pericoli e dalle minacce provenienti sia dall’interno sia dall’esterno (in pratica ai servizi di intelligence). Il quesito: come può un aeromobile privato, quindi di un cittadino normale, di un’azienda privata o di un’associazione, essere equiparato a quelli di Stato?
Ecco ancora il CDN: “ Art. 746 – Aeromobili equiparabili a quelli di Stato – Salvo quanto disposto dell’articolo 744, quarto comma, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti può, con proprio provvedimento, equiparare agli aeromobili di Stato quegli aeromobili che, pur appartenendo a privati ed essendo da questi esercitati, siano adibiti a un servizio di Stato di carattere non commerciale.
Il provvedimento stabilisce limiti e modalità dell’equiparazione ed indica la categoria di aeromobile di Stato cui essa si riferisce. L’equiparazione rende applicabili le disposizioni relative alla categoria cui essa si riferisce e Le altre disposizioni indicate nel provvedimento.” Quindi per essere considerato equiparato ad aeromobile di Stato non basta una richiesta o “autorizzazione” di Sindaco, Prefetto, FF.OO., Magistratura o altro ma è necessario un provvedimento specifico del MIT.
STATO DI NECESSITA’ La scriminante dello stato di necessità è disciplinata dall’art. 54 c.p., che così recita: ” Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo. La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità è determinato dall’altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l’ha costretta a commetterlo.”
La cosa riguarda ovviamente solo gli eventuali profili penali di un illecito e comunque è molto difficile immaginare di poter sostenere quanto previsto dall’articolo citato, soprattutto pensando che poi la cosa sarà da provare in giudizio senza ombra di dubbio.
DICHIARAZIONE DI STATO DI EMERGENZA NAZIONALE In occasione di “calamità naturali o connesse con l’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità ed estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo”, l’art. 5 della Legge n. 225 del 24 febbraio 1992, che ha istituito il Servizio Nazionale della Protezione Civile, prevede la possibilità per il Consiglio dei Ministri di dichiarare lo “Stato di Emergenza nazionale”, nominando il commissario incaricato di gestire l’emergenza stessa.
Tale dichiarazione consente l’adozione di “ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, nei limiti e secondo i criteri indicati nel decreto di dichiarazione dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico”.
Quindi un operatore SAPR può derogare dal rispetto della regolamentazione ENAC e del CDN solo ed esclusivamente in presenza di una “specifica” ordinanza che espliciti tale deroga.
Attenzione perché, contrariamente a quanto si è letto, non è possibile effettuare voli in deroga su richiesta di Sindaci o organizzazioni di volontariato per il solo fatto che sia stato dichiarato lo Stato di emergenza.
Così come non esistono – sempre come è stato erroneamente comunicato – livelli diversi dello stesso Stato di Emergenza nazionale, uno dei quali sarebbe lo “Stato di calamità” che autorizzerebbe, appunto secondo quanto scritto impropriamente, missioni in deroga alla regolamentazione in vigore.
Il “riconoscimento di stato di calamità naturale” non ha nulla a che fare con lo “Stato di Emergenza nazionale” sopra ricordato., Quest’ultimo viene deliberato, su proposta del Capo del Dipartimento della Protezione civile, dal Consiglio dei Ministri e prevede il potere di ordinanza posto in capo proprio al Capo del Dipartimento.
Lo “stato di calamità”, invece, è uno strumento legato esclusivamente al settore agricolo: il suo riconoscimento, infatti, avviene per mezzo di un decreto del Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, su proposta della Regione coinvolta.
Lo stesso Dipartimento Nazionale di Protezione Civile scrive “si è fatta parecchia confusione tra dichiarazione dello stato di emergenza nazionale e riconoscimento dello stato di calamità naturale. Essi non sono affatto strumenti equivalenti o interscambiabili”.
In conclusione, a fronte di un’emergenza locale o nazionale, gli operatori “privati” che non abbiano avuto il riconoscimento di “aeromobile di Stato” con provvedimento del MIT, possono effettuare operazioni in deroga del CDN e della regolamentazione ENAC, solo ed esclusivamente a fronte di specifica ordinanza emanata secondo l’art. 5 della legge 225/92 sopra citata. Quindi non possono esistere richieste o “autorizzazioni” di Sindaci, Prefetti e tanto meno di associazioni di volontariato fuori da tale previsione; la responsabilità è sempre dell’operatore/pilota.
E’ ovvio che davanti a situazioni di emergenza dove la componente emotiva spesso la fa da padrona, scatti in ognuno di noi il desiderio encomiabile di solidarietà (il sottoscritto ha fatto volontariato in emergenza per più di trent’anni e lo conosce bene …) con il l’intento di far bene, mettendo a disposizione anche le proprie competenze ed il proprio equipaggiamento; occorre però tener conto del contesto normativo per non incorrere poi in gravi conseguenze che frustrerebbero ancor più il nostro spirito solidale. In tali situazioni accade spesso che chi ha un ruolo pubblico dimentichi che non ha possibilità di autorizzare deroghe al rispetto di norme pubbliche, pur se animato delle migliori intenzioni; ecco perché operatori correttamente informati possono evitare di incorrere in gravi responsabilità, anche se in buona fede. Proprio per questo contesto che effettivamente limita la possibilità di intervento con i SAPR nelle attività di soccorso (anche quelle più quotidiane, come la ricerca delle persone scomparse), è necessario prevedere un adeguamento della regolamentazione ENAC che tenga così conto della priorità delle operazioni da compiere rispetto ad alcune prescrizioni regolamentari, evidentemente sempre nell’ottica di garantire la sicurezza necessaria. Mi sono impegnato personalmente per tale necessità e spero che il tutto possa andare in porto quanto prima. Così come tutti ci auguriamo che il progresso tecnologico che coinvolge i SAPR (che corre sempre più veloce del legislatore e del normatore…) porti un contributo significativo nelle attività di soccorso dove è in gioco la stessa vita delle persone.
Personalmente è dal ‘lontano’ 2005 che sperimento con colleghi la possibilità di questi sistemi, quando si andava ancora con elicotteri a scoppio e senza elettronica in ausilio, eppure già si poteva vedere concretamente quanto poteva essere il loro contributo concreto; oggi, con le innovazioni disponibili, fa indubbiamente male al cuore non poter mettere in campo tale potenzialità a favore dell’intera collettività.
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