La Scienza in Campo
Le relazioni del convegno
Milano, 30 novembre 2012 – Si è svolto a Palazzo Isimbardi il convegno La Scienza in Campo, durante il quale è stata presentata l’indagine: “Gli italiani e la nuova agricoltura”, condotta da Espansione in collaborazione con Interactive Market Research. La ricerca completa è scaricabile da
www.espansioneonline.it/2012/11/scienza Ecco solo alcuni degli spunti emersi nel corso della mattinata.
Una sintesi degli interventi della mattinata
“Gli OGM non sono prodotti mostruosi”. Provocatorio ed efficace l’incipit di Antonio Pascale, agronomo e scrittore, star dello show tv di Daria Bignardi Le Invasioni Barbariche: “Produciamo piante geneticamente modificate da oltre 10.000 anni, e questo ci ha consentito nel corso della storia di sfamarci e mangiare più sano. La resa media del grano è migliorata (da una tonnellata/ha a 5-7 tonnellate/ha) dai tempi delle piramidi ad oggi, solo nel ‘900: con diserbanti, erbicidi, concimi, e con il miglioramento genetico. Se togliamo queste innovazioni e torniamo al cosiddetto biologico la produzione è molto inferiore. Senza contare che il biologico non ci affranca dalla fatica, il biologico necessita della zappa. Non dimentichiamo che in tutte le culture (in Africa ancor oggi, ma anche in Italia fino a pochi decenni fa) erano soprattutto le donne a passare gran parte del loro tempo a zappare. E’ brutto dimenticare i miglioramenti fatti dei nostri nonni, significa non rispettare la fame che hanno patito e gli sforzi da loro compiuti. Di questo errore è portatrice soprattutto la cultura della sinistra, vittima di un sapere nostalgico, secondo cui tutto ciò che è presente è corrotto, tutto ciò che viene dal passato è buono. Ma nessuno applicherebbe questa equazione alla medicina, per esempio: tutti vogliamo farci curare nell’ambulatorio più tecnologicamente avanzato. Perché quando si parla di agricoltura invece non la pensiamo così?”
Tutti i tipi di agricoltura sono in grado di fornire cibo buono, sano e sicuro, non ce n’è una migliore di un’altra, ma non tutte le agricolture sono in grado di sfamare 8 miliardi di persone oggi, e 10 miliardi di persone nel 2050. Lo dice Mario Manaresi, Sustainable Agricolture Manager di Basf, multinazionale della chimica. “Noi non siamo bravi a comunicare, ma non siamo così terribili come ci dipingono. L’agricoltura è importante non solo per la produzione di cibo, ma anche per il mantenimento dell’ambiente: il dissesto idrogeologico e lo spopolamento di colline e montagne sono dovute all’abbandono dell’agricoltura. L’unico settore per il quale siamo certi che ci sarà ancora lavoro tra cento anni è l’agricoltura, di tutti gli altri non abbiamo nessuna certezza”.
Giovanni Sorlini in Inalca, fornitore di carne a Mac Donald, Burger King e molti altri. Mai come oggi abbiamo bisogno di un’agricoltura efficiente, non è vero che l’agricoltura è vittima delle multinazionali: è una schematizzazione sbagliata. E’ il territorio a indicare quale sia l’agricoltura migliore: la pianura, la collina o la montagna richiedono agricolture differenti. E la filiera della carne è quella che ha meno spreco, non solo perché è vista come un alimento prezioso, ma anche perché dell’animale macellato si usa tutto in molte industrie, dai cosmetici alla stessa agricoltura”.
“Sostenere un consumo a Km zero non significa non compriamo più il caffè, ma invogliare la gente a mangiare italiano, per sostenere lo sviluppo locale e l’ambiente”. Lo afferma Paola De Majo, Consumi e ambiente Coldiretti, proseguendo: “Bisogna informare il consumatore: arance non di stagione, che vengono ad esempio dal Cile, arrecano un danno ambientale. Perché c’è un legame imprescindibile tra quello che si mangia e l’ambiente. L’agricoltura cosiddetta a chilometro zero rientra in un concetto più ampio di agricoltura sostenibile. Innumerevoli i vantaggi dal punto di vista ambientale: trasporti più brevi significano minori consumi energetici, minori emissioni di inquinanti in atmosfera, ma anche minori imballaggi, meno rifiuti, sviluppo delle imprese locali a gestione familiare”.
Paolo Petrini, vice presidente della Regione Marche, assessore all’Agricoltura e coordinatore delle regioni europee OGM free: “Tutelare gli interessi di produttori e consumatori è il nostro interesse. Non siamo contro le tecnologie, ma all’omologazione di quello che è coltivato nei campi, perché questo processo di omologazione, o globalizzazione, rischia di spazzare in fretta le economie e le identità di mezza Europa, che si basano sulla ricerca dell’eccellenza, sulla difesa della biodiversità, sui prodotti a valore aggiunto. La nostra agricoltura deve differenziarsi, se coltivassimo quello che si produce nelle grandi estensioni del Sudamerica, non saremmo competitivi”.
Antonio Vettese, del Consorzio Distretto Agricolo Milanese: “Portiamo avanti una politica di Km zero, e facciamo vedere ai ragazzi il nostro passato agricolo con le Fattorie in città: Riso, carne, latte e tutta la tradizione lombarda, dietro c’è un lavoro molto serio, che si è dovuto difendere strenuamente dallo sfruttamento edilizio del suolo. Una sensibilità all’agricoltura che si riflette nel piano di nuova ruralizzazione del territorio milanese”.
Marco Gatti, direttore di Espansione: “Sappiamo bene che le merendine che diamo ai nostri figli non sono prodotte nelle cascine dove attori bellissimi fanno biscotti parlando alle galline, eppure queste sono le immagini poco realistiche sulla produzione del cibo veicolate ai giovani dalla televisione e dalla pubblicità”.
“Siamo chiamati a gestire una grande complessità produttiva, pensiamo ad esempio alle mense delle scuole - racconta Giuliano Gaiba, responsabile cucine centrali Elior Italia - in Italia, le Asl chiedono menu diversi in ogni città, e ci impongono di produrli con la tecnologia cosiddetta a legame caldo, il che significa che dobbiamo consegnarli caldi entro un’ora dalla cottura. Sarebbe preferibile poter adottare il legame freddo, come succede in tutta Europa: i pasti cucinati in questo modo sono raffreddati nel congelatore subito dopo la loro preparazione, mantenendo intatte le proprietà organolettiche, e poi riscaldati nelle scuole. Un vantaggio per l’ambiente, visto che il legame caldo ha costi energetici, che inoltre evita il rischio che, magari per un ingorgo stradale, il pasto arrivi in ritardo e scotto”.
Eddo Rugini, Università della Tuscia ha condotto l’unico esperimento italiano di coltivazione trangenica di ulivi, ciliegi e altre piante tipicamente italiane, racconta una triste storia di spreco di denaro pubblico: “Nell’azienda agraria dell’Università di Viterbo coltivavamo fino al giugno di quest’anno 360 alberi da frutto transgenici, con l’obiettivo di ridurre i costi di gestione, aumentare la resistenza alle malattie e alla siccità. C’erano anche specie di fragole resistentissime alle malattie. Non abbiamo mai usato pesticidi e prodotti chimici. Il Ministero dell’Ambiente ci ha imposto di distruggere queste piante, un lavoro pioneristico cominciato nel 1982. Parliamo di diverse centinaia di migliaia di euro buttati. Il 12 giugno abbiamo cominciato a espiantare i nostri frutteti e continuiamo a chiederci il perché di tanta urgenza. Non facevamo del male a nessuno e abbiamo avuto manifestazioni di solidarietà da scienziati di tutto il mondo e anche dalla rivista inglese Nature, la più prestigiosa e autorevole in campo scientifico. Il mondo scientifico italiano di cui faccio parte ha delle colpe perché evidentemente non siamo stati in grado di comunicare efficacemente”.
Emilio Genovesi, responsabile della declinazione del tema di Expo 2015 per il Comune di Milano, su “Nutrire il pianeta, 900 giorni a Expo 2015” Il distretto agricolo di Milano è il secondo come superficie coltivata e il primo per produzione e fatturato, eppure Milano non è percepita come comune agricolo. Con il lavoro che si sta facendo per l’Expo cerchiamo di migliorare questa percezione con investimenti mirati. Anche il progetto di riaprire le vie d’acqua per l’Expo ha importanti risvolti sull’irrigazione del territorio, perché senza acqua non c’è agricoltura”.
Alla fine della mattinata lo Show Lunch offerto da Elior, a tema Il menu perfetto: responsabile, sostenibile, equilibrato: 1200 calorie, l’apporto calorico giusto per la vita di oggi, il cui costo delle materie prime, ai prezzi della grande distribuzione, escluso il vino è stato inferiore ai tre euro a persona.
Claudia Ceroni, Ufficio Stampa
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