Vedi Jean, è che io, come te, ci vivo in mezzo a questo "popolo" e lo guardo vivere. Sono convinta che finché non maturiamo un po' individualmente, personalmente, quotidianamente, continueremo a creare i presupposti perché le cose si ripetano come accade da sempre. Il problema politico è subordinato alla maturità sociale conseguente a singoli maturi. Quelli che si inca@@ano con la casta son gli stessi che raccomandano i figli, quelli che vorrebbero veder cadere in disgrazia chi è più ricco di loro son gli stessi che pensano sempre solo ai soldi. E dove vuoi andare se a scrivere una costituzione è una maggioranza così? Dà loro un'occasione e sei daccapo, mi ci giocherei le bolle che non ho.
Certo è che finché si ragiona in termini di "Ci son costretto perché il mondo va così" e "Cosa vuoi mai che possa fare un singolo...", non è che si possa sperare in qualche miglioramento. Sembra di sentire i bambini dell'asilo quando frignano dicendo che ha cominciato l'altro... E guarda che lo so bene che di certo non sarò viva quando l'Uomo cambierà, ammesso che lo faccia, ma da qualche parte bisogna cominciare e non si può sempre aspettare che siano gli altri a farlo. Purtroppo principalmente questo vedo: chiacchiere e distintivi ogni volta che i discorsi finiscono su argomenti come questo. Quando poi sento dire che ci vorrebbe un altro partito o una rivoluzione o diosacosa mi cascano le braccia sotto i piedi.
Se è vero che non è così automatico che la classe politica sia espressione della maggioranza democratica di un Paese (e ne sappiamo qualcosa, in Italia...) è anche vero che la nostra ci ha sempre rispecchiati parecchio. Ma anche questo è tutto sommato un dettaglio, perché i fili li tirano anche a loro: non son mica pagati per rappresentarci, ma per fare i portaborse di qualcuno che non siamo noi. Solo che la grana viene dalle nostre tasche.
Insisto a dire che se non cambiamo noi non cambia niente. E questo vale per tutti, non solo per noi. Basta guardarsi intorno per vedere come funziona la baracca, come funzionano le baracche tutte.
Il fatto di andarsene lo capisco benissimo, non è che non ci abbia mai pensato e ho persino avuto l'occasione un paio di volte che lo avrebbe reso semplice e veloce. Quello che mi riesce difficile è ragionare come se fosse una soluzione non solo per il presente ma per il futuro. I Paesi emergenti prima o poi emergono e quando lo fanno si trasformano seguendo percorsi assai simili a quelli precedenti, perché l'Uomo è così. Ma sì, cambiano le culture e i dettagli geografici magari sono una favola, ma la zuppa una è e cammina su due zampe. Quindi espatriando di certo sistemi la tua vita, magari quella dei tuoi figli, ma è un rimandare il problema, temporeggiando perché del dopo, alla fine, non frega un cappero a nessuno: "si vive una volta sola", dicono. Legittimissimo, come un naufrago che giustamente acchiappa un salvagente. Non è escluso che prima o poi lo faccia anch'io, sia chiaro. Non mi spaventa e sono una che starebbe bene anche sottoterra perché sto bene io. Ma il problema resta esattamente identico: necessariamente si ricade nello stesso vortice storico e un bel giorno ti ritrovi in Sri Lanka un Renzi in sarong che ti gesticola "Signori miei!".
Non è mica idealismo, il mio, giuro e tantomeno cinismo asociale e gretto. E' trarre conclusioni per me assolutamente logiche attraverso i soli dati reali su cui si può contare, quelli non mistificabili, quelli che tocchi con mano tutte le mattine mettendo i piedi giù dal letto. E' che davvero non riesco a immaginare una musica diversa con un'orchestra fatta sempre degli stessi strumenti, nemmeno se cambia spartito. Così mi son fatta un bel tamburone tribale su cui strimpello quel che mi pare possa essere bello anche per gli altri, sperando che anche a loro venga voglia di fare lo stesso.
E poi giuro che non torno mai più sull'argomento, mi mozzo le mani, piuttosto: mica voglio farmi bannare per stalking...