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Re: Ricordando il generale Giuseppe Garibaldi

10/07/2010, 20:24

con l'istituzione del diritto di rappresaglia, in Basilicata, furono sterminati interi paesi, uomini, donne, vecchi e bambini..

Re: Ricordando il generale Giuseppe Garibaldi

10/07/2010, 20:29

Senza mettere in discussione l'Unità nazionale, sarebbe importante una pacata revisione della storia di quel periodo che tutti noi abbiamo imparato a scuola su libri scritti da storici che spesso avevano una visione unilaterale. Ripeto, senza mettere in discussione identità nazionali o rivendicare anacronistiche secessioni. E questo senza rinnegare le proprie origini territoriali.
Marco

P.S.
Il mio bisnonno, nel 1861, era un cittadino dell'impero austro-ungarico e lo rimase per altri 57 anni.

Re: Ricordando il generale Giuseppe Garibaldi

10/07/2010, 21:18

Non voglio far nessuna polemica. Mi limito semplicemente a dire che il problema del brigantaggio nel meridione non è una effetto dell'unità nazionale, ma un fenomeno già esistente e pressante, con cui i Borbonici stessi - prima di strumentalizzarlo a proprio vantaggio - non usavano la mano leggera.

Re: Ricordando il generale Giuseppe Garibaldi

11/07/2010, 16:18

riporto la frase che è alla fine di questo video:

"Lo Stato Italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l'Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti" (Antonio Gramsci)

ecco alcuni volti di uomini e donne che difesero fino alla morte la nostra terra invasa, violentata e saccheggiata dalle truppe dei Savoia...

Re: Ricordando il generale Giuseppe Garibaldi

12/07/2010, 7:00

Caro Aldo,
nessuno mette in dubbio il dramma post-unitario del meridione, che dal 1861 al 1870 visse un periodo terribile!! Così come non nego le grosse responsabilità della gestione piemontese delle problematiche del sud - così come sono convinto che se fossero state gestite dalla sinistra garibaldina sarebbe andato tutto molto diversamente. Ma fedele al motto latino secondo cui "Concordia Parva Crescunt", credo che ci sia sempre bisogno di analisi equilibrate e lucide, per non cader preda di eccessive partigianerie, che troppe volte non ci fanno vedere la complessità dei fenomeni, togliendoci la giusta serenità per riflettere e catapultandoci nell'odio.
Quindi intendo proporre alcuni passi di un'interessante intervista fatta ad uno storico sul fenomeno del brigantaggio meridionale e sulla gestione piemontese, che ho trovato molto equilibrata e chiara. Buona lettura e buona riflessione a tutti:

"[...]

CANZANO. Parliamo del 1860 con l’ascesa nel sud dei Savoia.

ZANETOV. Questa è una guerra civile, perché in realtà dal 1860 al 1870 il cosiddetto brigantaggio politico è stata veramente una guerra civile. Mi sono laureato con una tesi su questo argomento e quindi lo studio da anni. In questa rivolta ci sono degli aspetti che riguardano il sociale, come nel caso dei contadini che cercavano di opporsi alle prepotenze della classe borghese, dei latifondisti che li opprimevano. E’ una storia vecchia che durava da quando erano arrivati i francesi in Italia, quindi durava dalla fine del ‘700 e si è sviluppata nel lungo periodo. Il brigantaggio nel sud è sempre stato un fenomeno endemico che ha avuto i suoi momenti epidemici nel momento in cui sono intervenute forze estere. Il Brigantaggio trova sviluppo, inizialmente contro i francesi, durante il cosiddetto Decennio ma poi anche contro i Borbone, perché durante il periodo della Restaurazione borbonica il brigantaggio ha continuato ugualmente ad operare, sia pure in forma minore. Poi c’è stato un periodo di tranquillità almeno apparente nel meridione. Il fenomeno, sociale prima che politico, traeva potente spunto dall’occupazione delle terre demaniali da parte degli usurpatori, la nascente borghesia agraria, e dalla conseguente reazione dei contadini che volevano che queste terre ritornassero al demanio per poter usufruire di alcuni diritti che anticamente gli erano concessi, come il diritto di legnatico, di poter spigolare dopo la raccolta etc.. Erano cose semplici, ma su cui l’economia contadina era basata . Quando venne abolita la feudalità si abrogarono di conseguenza tutti questi privilegi. I terreni demaniali o di appartenenza all’Università, furono costantemente usurpati da ricchi proprietari terrieri locali, in pratica dalla borghesia che era in forte sviluppo e naturalmente i contadini rimasero schiacciati da questa operazione. Dopo lo sbarco dei Mille, Garibaldi aveva promesso appunto la restituzione di questi terreni demaniali ed una sorta di riforma agraria, cosa che poi, non fu fatta. Tutto si è complicato, perché, a questo sottofondo di guerra sociale che è stato l’incubatore di lungo periodo a questa rivolta, si aggiunsero altri fatti politici. L’estromissione forzata dei Borboni ha naturalmente accelerato notevolmente gli episodi reazionari. Il fenomeno quindi è più complesso di come potrebbe essere schematizzato a prima vista definendo i briganti come fautori sic et simpliciter dei Borbone contro gli invasori piemontesi . Dieci anni di autentica rivolta contadina hanno provocato migliaia di morti e danni tremendi. Questo lungo periodo di brigantaggio non fu dovuto esclusivamente al fatto politico immediato, ossia all’invasione piemontese, che pure ebbe un suo peso notevole, quanto ad una lotta politica all’interno della società meridionale che trovò sviluppo nell’invasione stessa. Le borghesie locali sostanzialmente erano in continua guerra fra loro per i posti più importanti, perché essere sindaco di un paese o comandante della guardia nazionale o segretario del paese permetteva di avere posizioni di comando, in tramite questo potere, ottenere il famoso possesso della terra. Queste cariche erano molto ambite. Quando si innesca il meccanismo dell’invasione, perché di invasione piemontese si trattò, queste borghesie si dividono al loro interno: una parteggia, fittiziamente, per i Borbone, una parteggia, fittiziamente, per i Savoia. La posta in gioco è il potere politico. Di volta in volta queste borghesie si sono appoggiate all’una o all’altra fazione secondo le convenienze momentane e hanno foraggiato il brigantaggio come arma di pressione rivolta contro gli avversari locali di sempre.

CANZANO. Come hanno foraggiato il brigantaggio?

ZANETOV. Attraverso un meccanismo abbastanza semplice. Il grande errore dei piemontesi dal punto di vista tecnico, non mi riferisco ne a contenuti morali ne a contenuti politici, ma esclusivamente ai termini operativi, è stato quello di richiamare alle armi tutti i soldati borbonici che erano stati sbandati. Riarruolare gente che era stata magari sei o sette anni nell’esercito, e comunque era affezionata al precedente sovrano, è stato un errore clamoroso dal punto di vista piemontese. Logicamente, questa gente si era data alla campagna, ma ancora non erano diventati briganti; stavano vicino ai villaggi e non erano neanche armati, facevano opposizione agli occupanti piemontesi ed alla borghesia loro alleata, ma in termini molto vaghi. Nel 1861 avviene il momento culminante della rivolta. Durante un auspicato convegno internazionale, doveva venire alla luce il fatto che i Savoia erano nell’impossibilità di controllare il territorio in preda al brigantaggio e quindi il regno doveva essere restituito a suoi legittimi sovrani. In questa strategia bisognava che il territorio ampliasse i fenomeni di rivolta. Gli agenti borbonici fornirono di armi e denaro i contadini in rivolta e i soldati che erano allo sbando, facendo si che, soprattutto in Lucania, fiorissero tutte una serie di iniziative di rivolta popolare, di reazioni, di occupazioni di comuni etc. E’ interessante osservare che i fautori di queste rivolte non erano esclusivamente i borbonici puri, ma, come dimostrano irrefutabilmente i documenti puntualmente analizzati dal prof. Pedio in lunghi anni di ricerca, il fronte di opposizione ai Piemontesi rispondeva ad una strategia molto più complessa. I documenti hanno dimostrato che la Lucania costituiva l’epicentro della rivolta contro i Savoia. In realtà, i locali comitati segreti borbonici erano gestiti per la maggior parte da ex murattiani, da liberali moderati che avevano poco a che vedere con lo schieramento legittimista borbonico. Ma qui c’è uno scenario internazionale che si apre.

CANZANO. Questo è una storia molto complessa.

ZANETOV. L’operazione di sbarco dei garibaldini in Sicilia era stata molto favorita, come è noto, dai britannici, che avevano un piano: praticamente tendevano a far si che la Sicilia si rendesse indipendente e gravitasse nella loro area di influenza nel Mediterraneo. Questa era l’idea degli inglesi quando appoggiarono l’impresa di Garibaldi. Non è andata così. Entrano in scena i francesi, che, con un’occupazione, che di fatto era militare, dello Stato Pontificio impedivano ai piemontesi di impadronirsi di Roma. I francesi, forti di questa situazione di stallo in cui erano egemoni, entrano quindi in un gioco più vasto, finanziando e gestendo le reazioni attraverso i comitati segreti borbonici, gestiti come abbiamo visto, dagli ex Murattiani. Con l’organizzazione del già ricordato convegno internazionale l’intenzione era quella di riassegnare il regno al Borbone. I Francesi, invece, intendevano in quel contesto giocare le loro carte, e far restituire il regno non ai borbonici ma all’ultimo dei Murat, impadronendosi del Regno delle due Sicilie attraverso questa operazione. Ciò è comprovato dal fatto che la rivolta avviene in Basilicata, che era la roccaforte dei murattiani. Crocco che era il capo delle bande legittimiste, quindi filo borboniche, in realtà fino a pochi giorni prima era stato con i garibaldini ed aveva combattuto con essi. Subito dopo la presa di Gaeta, era poi diventato l’uomo di fiducia del prefetto piemontese. Ma, siccome prima era stato un volgare brigante di strada e aveva molti nemici personali, fu riconosciuto per strada da uno di coloro al quale aveva teso un agguato e quest’ultimo pretese la sua immediata carcerazione. Il profilo liberale che Crocco si era costruito militando con i garibaldini a questo punto crolla. Mentre è in carcere, viene avvicinato da agenti legittimisti che lo convincono a prestarsi alla rivolta diventandone il capo. Così inizia il fenomeno della guerriglia che viene poi denominato brigantaggio politico e si tramuta strada facendo in un cul de sac che coinvolge ferocemente tutte le parti in causa e si conclude, gattopardescamente, con il definito annientamento delle speranze contadine: con la forzata emigrazione, la nascita della questione meridionale, il potere “mafioso”.

CANZANO. Come si finanziavano i briganti?

ZANETOV. C’è un problema fondamentale in questa lunga lotta sociale gestita dalle borghesie che finanziavano il brigantaggio. Non bisogna mai dimenticare che il brigante non è un atomo sperso nel territorio. Il brigante ha bisogno di mangiare, quindi ha bisogno di qualcuno che gli fornisca i viveri; ha bisogno di armarsi, e quindi ha bisogno di qualcuno che gli fornisca i proiettili; ha bisogno di informazioni, deve sapere quando la forza pubblica lo sta braccando. Deve sapere chi può rapire e chi no. il brigante vive in un territorio come un pesce nell’acqua. Vive in un contesto ampio e ha bisogno di protettori, da solo non c’è la può fare. Non c’è la può fare soltanto con l’aiuto dei contadini, che non possono fare molto. Stare in campagna, come si diceva allora, in centinaia, o in questi casi migliaia di uomini, è una cosa molto difficoltosa e molto cara da sostenere. Quando si pensa a questo, bisogna vedere a chi conveniva tenere i briganti in campagna. Le bande, sono state utilizzate, come un’arma di pressione nei confronti dei nuovi governanti, per riottenere quel potere politico che a qualcuno era sfuggito di mano. E’ stata giocata la carta del brigantaggio, da una parte foraggiandolo e dall’altra, contemporaneamente, fingendosi liberali. Trattare con il governo i posti di potere che avrebbero garantito la fine del brigantaggio, perché i loro stessi fautori avrebbero fatto arrestare i briganti, ha ingranato un meccanismo perverso, che ha fatto si che questo fenomeno durasse ben dieci anni, se no si sarebbe risolto molto prima. Fino a che pian piano, chi di dovere, ha fatto i suoi conti con i piemontesi, che si sono prestati a delegare questo potere locale e tutto è tornato come prima, con buona pace dei tanti legittimisti in buona fede costretti a fare buon viso alla situazione.

CANZANO. Le colpe sono quindi da entrambe le parti…

ZANETOV. E’ vero che i piemontesi hanno una enorme responsabilità in questo frangente, tramutatosi per i loro metodi spregiudicati, quando non addirittura criminali (massacri, incendi di paesi, fucilazioni sommarie, etc) in una drammatica situazione di sottosviluppo “coloniale”, ma queste colpe le hanno anche i borbonici, perché hanno sfruttato la popolazione e l’hanno mandata allo sbaraglio per ottenere dei fini politici che difficilmente avrebbero potuto ottenere in altri modi. Soprattutto, c’è l’hanno le classi politiche locali, in particolare la borghesia meridionale, che ha giocato molte parti in commedia, incitati i cosiddetti “ briganti”, li ha sfruttati e, al termine del gioco, se li è venduti. E’ una storia amara.



BIOGRAFIA

Paolo Zanetov, laureatosi in lettere all’Università di Magistero di Roma con una tesi sul brigantaggio politico post-unitario, si interessa da altre un ventennio ai problemi della “devianza” criminale ed ai suoi rapporti con la politica. Già direttore editoriale e responsabile delle pagine culturali del quotidiano indipendente “L’Umanità”, opera attualmente nel campo della comunicazione, dell’organizzazione di eventi culturali, della consulenza editoriale in campo storico. In qualità di membro del consiglio d’indirizzo della Fondazione Istituto di studi Storici Europei (Isse) di Roma, di cui è stato tra i fondatori, ha organizzato e partecipato a numerosi convegni e mostre riguardanti il brigantaggio post-unitario e la storia contemporanea. Autore di numerosi saggi su questi argomenti, collabora alla rivista “Storia in Rete” ed è responsabile della segreteria scientifica di “ArkeoMed”, associazione culturale che si occupa delle strategie di tutela e sviluppo del “Paesaggio Culturale”, progettando Distretti Culturali, Musei Diffusi ed Ecomusei su tutto il territorio nazionale. Nel 2006 ha prodotto per la Collana Novecento dell’Istituto Luce il documentario: “Italia-Islam dalla guerra di Libia a Nassirya”; sta ultimando la lavorazione, del documentario: “Enrico Mattei fra modernizzazione italiana e sfida energetica”, anch’esso cooprodotto con l’Istituto Luce e sta collaborando, come autore e consulente storico, all’imminente realizzazione di un documentario dell’Istituto Luce sulle vicende della Decima Mas durante la II guerra mondiale: “Gli astronauti del mare”.

Re: Ricordando il generale Giuseppe Garibaldi

12/07/2010, 17:25

Ciao. Il risorgimento sui libri scolastici e' una favoletta per bambini. Non so se oggi e' d'aiuto a qualcuno rivangare quel lontano passato. Penso che l' unita d'Italia e' senz'altro una bella cosa ma spesso i metodi usati per farla non sono stati altrettanto belli.

Re: Ricordando il generale Giuseppe Garibaldi

15/07/2010, 16:53

piotre ha scritto:Ciao. Il risorgimento sui libri scolastici e' una favoletta per bambini. Non so se oggi e' d'aiuto a qualcuno rivangare quel lontano passato. Penso che l' unita d'Italia e' senz'altro una bella cosa ma spesso i metodi usati per farla non sono stati altrettanto belli.



non solo il Risorgimento, ma TUTTA la storia nei testi della scuola dell'obbligo è fatta di favolette, pensiamo al ratto delle Sabine o alla botte con i chiodi di Attilio Regolo, ecc. ecc.

anche sui metodi usati per "fare la storia" da parte di chi aveva pro-tempore il potere, se ne sono viste di cotte e di crude, ad esempio nella prima guerra mondiale milioni di contadini sono strati strappati alla terra per andare a conquistare Trento e Trieste, che stavano benissimo com'erano, ma questo nessuno oggi lo ricorda

Re: Ricordando il generale Giuseppe Garibaldi

15/07/2010, 21:15

giampiero ha scritto:non solo il Risorgimento, ma TUTTA la storia nei testi della scuola dell'obbligo è fatta di favolette, pensiamo al ratto delle Sabine o alla botte con i chiodi di Attilio Regolo, ecc. ecc.

anche sui metodi usati per "fare la storia" da parte di chi aveva pro-tempore il potere, se ne sono viste di cotte e di crude, ad esempio nella prima guerra mondiale milioni di contadini sono strati strappati alla terra per andare a conquistare Trento e Trieste, che stavano benissimo com'erano, ma questo nessuno oggi lo ricorda


Caro Giampiero,
passi per la botte di Attilio Regolo, ma per quanto riguarda il complesso di notizie sulla fondazione di Roma (ratto delle Sabine compreso) lo scenario è ben più complesso. A parte che i recenti rinvenimenti archeologici sul Palatino di Andrea Carandini, hanno via via dimostrato che le cosidette "favolette" su Romolo e compagnia bella non erano poi così infondate; inoltre bisogna poi tener conto che molte delle notizie "storiche" sulla Roma arcaica vivono dell'universo mitico-simbolico dei popoli latino-italici di quell'epoca. Universo che per quelle genti era di vitale importanza, ne costituiva il nerbo più profondo, intorno a cui si strutturava la loro visione del mondo e il modo di rapportarsi ad esso. Dunque non credo sia così futile conoscerlo, giacché è partendo da quei miti primordiali che poi si snoda la storia di tanti popoli.

Non so dove abbiate studiato voi e chi siano stati i vostri insegnanti, ma per quanto mi riguarda ho sentito ripetermi cento volte che il risorgimento l'hanno fatto i soliti quattro sparuti e che la prima guerra mondiale è stato solo un massacro di contadini a cui non fregava un bel niente delle mire espansionistiche di chi stava al governo. Se anche questa non è storia fatta con gli slogan e con i luoghi comuni, tanto quanto quella di chi vuol glorificare a tutti i costi l'opposta visione, non saprei allora come altro chiamarla. Ma questo è un problema generale, che va esteso non solo al modo di fare storia, ma all'impostazione generale di tutta la nostra educazione scolastica: davvero molto superficiale e qualunquista (ovviamente con le dovute eccezioni di uomini di qualità), poco incline all'approfondimento e alla com-prensione.

Re: Ricordando il generale Giuseppe Garibaldi

15/07/2010, 23:36

Caro Sunmyra,

prendo atto che il ratto delle sabine è un fatto storico, non avevo seguito gli ultimi ritrovamenti :|

per quanto riguarda gli slogan che citi, sul risorgimento e la prima guerra mondiale, io a scuola non li ho MAI sentiti

evidentemente abbiamo fatto scuole diverse :mrgreen:

Re: Ricordando il generale Giuseppe Garibaldi

16/07/2010, 6:44

No, forse mi sono spiegato male. Diciamo che il ratto delle sabine è un mito che però nasconde diversi livelli di realtà, tra cui una storica. Cioè che Roma è sorta dalla fusione-unione di diverse componenti etniche residenti nel lazio del IX-VIII secolo a.c. Dunque, come si può ben vedere, da quelle che sembrano futili leggende, si possono ricavare importanti notizie storiche. Ma a scuola è davvero difficile sentir queste cose.
Era solo questo ciò che volevo dire.

per quanto riguarda gli slogan che citi, sul risorgimento e la prima guerra mondiale, io a scuola non li ho MAI sentiti
evidentemente abbiamo fatto scuole diverse :mrgreen:


Heheheheh :D Si, è molto probabile! ;)
Ma più che la scuola, probabilmente abbiamo avuto professori con impostazioni molto diverse. Bisognerebbe cercare d'esser il meno soggettivi possibili, ma mi rendo conto che è molto difficile insegnare storia senza dargli una propria coloritura.
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