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Re: patate e crisi

29/09/2009, 11:13

Concordo con paolo che l'Umbria nn è zona vocata per le colture protette.Che poi si facciano è un altro conto.

Re: patate e crisi

29/09/2009, 12:58

Cosa significa zona vocata?????????????????
Quale sarebbe il fattore limitante: il clima, il terreno o il mercato??????????????????
Andate a dirlo agli olandesi che l’Olanda non è un paese vocato e si faranno un sacco di risate.
Se avete il tempo di leggere attentamente il mio post vi rendete conto che ho parlato dei costi di produzione in rapporto ai costi di trasporto da zone più “vocate”.
Se poi Paolo mi dice il nome dell'azienda, forse posso dare delle informazioni più dettagliate.
Saluti.

Re: patate e crisi

29/09/2009, 20:15

bene , vedo che la discussione si accende.
Relativamente alla zona piu o meno "vocata" non vedo grandi problemi.
Vedo piuttosto per l'agricoltura un percorso simile a quello del "bianco", dell'automotive, e del cinema.
Piccole realta' si aggregano per condensare in reti gestite da pochissimi venditori di riferimento con in mano il polso del mercato.
Il famoso just in time giapponese, dopo aver allagato tutti i settori della produzione industriale e' ad un passo dall'invadere anche il nostro settore. In fondo quando Pallinof dice che l'accorto contadino produce per colmar ei buchi , beh getta le basi per il processo "just in time". In effetti il "buco" verra' previsto direttamente dal venditore che ben conosce il suo mercato e verra' richiesto in tempo utile di "coprire il buco" ad un numero sufficiente di agricoltori stabilizzando offerta e prezzo.
Chi ha lavorato con i produttori di particolari in lamiera stampata dell'indotto Fiat sono certo capira' al volo di cosa parlo.
Penso che i nostri amici,andando in cile, piuttosto che importare in europa,vogliano incrementare la penetrazione dei loro prodotti oltreoceano. Del resto pure masi se non sbaglio ha gia impiantato vigneti in argentina e produce Amarone per il mercato americano.Vabbe.. per ora mi fermo qui e aspetto di leggere le vostre opinioni.

Re: patate e crisi

29/09/2009, 22:04

raviolo

il discorso e che quando tutto costera meno di 1 euro vivere
non avoreremo piu
o meglio ch lavora e guadagna spende ra all'estero e gli altri disoccupati
staranno alal finestra..

Re: patate e crisi

30/09/2009, 8:11

Non conosco il settore produttivo industriale, ma sono d’accordo con Raviolo sulla similitudine. In Italia dove il mercato è meno aggregato che in altri paesi europei il 70% dei prodotti vengono commercializzati da 5 grandi marchi mentre sono molti i produttori che per necessità si sono dovuti riunire in cooperative o associazioni sobbarcandone i costi.
Come dice Raviolo: “La domanda, per contro, e praticamente costante e la richiesta e' quella di un prodotto ,uniforme,economico,e facile da utilizzare/movimentare.La qualita' organolettica non e' piu' percepita come valore fondamentale ma l'aspetto e la dimensione sono apprezzati.”
Ciò ha comportato la scomparsa della classica azienda ortofrutticola che spesso si tramandava da generazioni e dotata di un’altissima professionalità in grado di produrre una vasta gamma di prodotti in grado di soddisfare la richiesta di una vendita diretta al consumatore o piccolo dettagliante.
Il nuovo produttore si è specializzato nella coltivazione di un unico prodotto che cerca di mantenere sul mercato più a lungo possibile con quantità costanti. La commercializzazione viene delegata alla cooperativa o associazione a cui appartiene e il prezzo subito senza alcuna possibilità di contrattazione.
Ma come tutti i giganti anche la GDO ha i suoi punti deboli e uno di questi è proprio il settore ortofrutta. Se ben ricordate l’entrata del reparto ortofrutta nel supermercato è un’acquisizione recente, inizialmente un piccolo angolo con pochi prodotti confezionati ora è il settore che accoglie all’ingresso il consumatore e la scelta è diretta del prodotto sfuso.
Quanto credete sia redditizio il reparto ortofrutta in un supermercato ??????????????????????????????
Buona giornata.

Re: patate e crisi

30/09/2009, 8:21

PALLINOF ha scritto:
Come dice Raviolo: “La domanda, per contro, e praticamente costante e la richiesta e' quella di un prodotto ,uniforme,economico,e facile da utilizzare/movimentare.La qualita' organolettica non e' piu' percepita come valore fondamentale ma l'aspetto e la dimensione sono apprezzati.”

.



Una piccola oservazione,visto che io non credo nei compartimenti stagli , e secondo me gran parte dei prodotti agricoli venduti al dettaglio(per cui cereali esclusi) hanno piu o meno la stessa commercializzazione ,

La gdo quando non riesce a fare quello che vuole attua le triangolazioni .

spiego.

nel settore zootecnico , tanto per fare un esempio , sarebeb molto piu semplice se sul alto carne e latte pastorizzato , ci si mettesse attorno a un tavolo e si raggiungesse un accordo per le forniture di anno in anno.


GDO TRASFORMATORI E PRODUTTORI .

ma invece questa semplice procedura , sembra un po troppo semplice , in un mercato dove tra il mercato all'ingrosso e la distibuzione ce piu del 50%

quello che nessuno dice , e che se il altte alla stalla cosata 33 centesimi , il latte confezionato dallo stabilimento esce si e no a 80 90 centesimi , mentre sul bancone del supermercato a che prezzzo viene venduto.

io nn credo alla balla dei costi della distribuzione, facciamo un ragioanmento

ad arrivaa 80 centesimi franco stabilimento , che lavoro ce dietro?
che lavoro ce all'interno del punto vendita? non venite a dirmi che sui prodotti ce le spese di magazzino , o d scarto , ormai tutti fanno il reso , o il reso non conforme per cui...

mesi fa in germaia , hanno scoperto che chiudere i frigoriferi con uan porta di vetro consumano meno

e dovevano venire i tedeschi x dircelo , il buon senso dove si usa? solo quando si aprono le gambe??

Re: patate e crisi

30/09/2009, 8:52

Mi intrometto con una riflessione. Ho maturato competenze professionali in settori completamente diversi ma, un filo conduttore lega quasi tutti i mercati che siano rivolti al consumatore finale. Mi sembra di poter affermare che il potere contrattuale si orienta sempre fatalmente verso l’elemento-attore che enfatizza il valore. Badate bene alla differenza strategica che sta tra il concetto di COSTO PREZZO VALORE. Sono paroline che sembrano sottendere concetti simili ma sono sostanzialmente molto diversi. Quindi se il consumatore percepisce come valore il fatto che la lattuga sia già pronta lavata in una busta, perché questo gli fa risparmiare un SUO costo che è rappresentato dal SUO tempo, poco baderà al prezzo. E in definitiva a comandare le danze sarà chi ha porto l’insalata lavata e imbustata, non chi detiene il trattore più potente. Se poi questa busta di lattuga si trova su uno scaffale ben illuminato, in un punto di vendita facilmente raggiungibile e con ampio parcheggio il gioco è fatto. Il valore sta lì e lì si orienta il potere contrattuale e lì che si GUADAGNA. Sono regolette di marketing della distribuzione su cui è costruita una intera civiltà dei consumi di massa (magari non ci piace ma è così). Restano escluse da queste dinamiche alcune aree, a qualcuno piace chiamarle nicchie di mercato, (la dottrina di marketing le definisce cluster di consumo) in cui la dinamica di percezione del valore si struttura e si manifesta esprimendosi in modo diverso. Di volta in volta l’enfasi può essere latente nel concetto di MARCA, di CONVENIENZA, di NATURALITA’ e chissà in quante altre attribuzioni. All’attore del mercato il compito di interpretarne la rilevanza e rispondere coerentemente. Concludendo: partecipare al mercato del consumo significa esprimere il VALORE solo così si può accedere al profitto. Scusate l'irruzzione "non specialistica", a tutti una buona giornata.

Re: patate e crisi

30/09/2009, 10:13

Pallino ciao: per area vocata cosa si intende: nulla e tutto, nel caso dell' Umbria credo che le colture protette sono antieconomiche causa condizioni climatiche avverse rispetto a zone più temperate, questo a fatto si che non si sviluppasse la cultura nei produttori e di conseguenza non si è sviluppato un distretto commerciale a fianco.
Esempio: Zona Latina è nata nel 40 dalle paludi, grazie al clima e terreni vergini si è sviluppata la coltura di produrre in serre, con serre molto piccole ogni produttore ha mediamente 4000 m2 i prodotti hanno trovato spazio, perché si produce nei periodi di vuoto in campo e in 50 anni è nato il distretto commerciale tra i più grandi d' Italia (mercato di Fondi) che importa ed esporta in tutto il mondo, questo grazie ai bassi costi di manutenzione e riscaldamento delle serre.
Io sono sempre sorpreso dal potere commerciale della zona, questi produttori con 3000 m2 guadagnano molto di più dei Fucensi che lavorano molti ettari, inoltre hanno trattori per arare tutta l'Europa ecc

Raviolo: prezzo del terreno 40000 euro è una realtà delle Zone Fucino, Maccarese (qui prezzi maggiori causa vicinanza mare, fanno gola per costruire) Agropontino e Foggia.
Ovviamente per rifare il polemico questi sono prezzi che si applicano a noi (noi come non persone ma numero di scheda elettorale e codice fiscale) perché i grandi nomi acquistano come vogliono e dove vogliono senza bando..... Vedasi l'Acquisto dell'azienda Maccarese ultimo pezzo IRI venduto a 90 miliardi di lire (3000 ha terreno agricolo pianeggiante e servito da impianti Pivot di cui 500 saranno edificabili, 500 fattrici frisone, parco macchine ecc ecc) il tutto senza dare la possibilità ai produttori locali di acquistarla in associazione.
Tornando al prezzo di 40000 euro come fa un giovane a partire???? come riesce a creare impresa??? deve essere figlio di contadino per forza e questo è giusto??
Penso e credo che ognuno deve essere libero di scegliere cosa fare da grande, ma queste cose accadono solo nel settore povero dell'agricoltura perché chi vuole creare impresa, qui da noi e aiutato in tutto costruendo cattedrali nel deserto, ovviamente togliendo ottimo terreno agricolo, ma questa come dire è un'altra storia.

La ditta che è andata in Cile non credo voglia esportare li per ora, i cittadini hanno pochi soldi forse tra 10, si stanno muovendo in anticipo facendo cassa con la loro miseria attuale.

Re: patate e crisi

30/09/2009, 16:38

bella la spiegazione di vald'orcia

pero' permettimi

in un mondo dove tutto e' regolamentato ,contingentato ,concertato deciso a tavolino cioe non toglie che si dovrebbe legiferare per fermare un attimo questo assalto alla diligenza
perche in linea teorica le leggi di mercato hanno i loro risvolti.


la GDO deve essere acnche una occasione di sviluppo , oltre che per se stessa , anche per i produttori , non ha senso un ricarico al miuto del 60%.

tu hai fatto l'esempio della insalata di IV gamma imbiustata e pronta da cndire(con le rane dentro?)
ma da chi la produce a chi la vende, quanto e' il ricarico?


e anche una ltra cosa

nei paesi della comunita europea , quanto e' il ricarico , all'interno della stesso gruppo commerciale ??

e inotre perche gli stessi prodotti delals tessa amrca a torino costano tot , e per dire a vercelli piuttosto che cuneo , nello stesso gruppo , costano il 15% IN MENO


oppure perche nei piccoli centri vi sono prodotti a costo piu basso?


ecco io vedo questo , cioe la impossinbilita di avere una concertazione seria?

non vogliamo in nessun modo che la GDO lavori in perdita , ma non ha senso il 60% di ricarico.sui prodotti confezionati...

Re: patate e crisi

30/09/2009, 17:20

Permettimi Grintosauro, la mia non vuole essere una spiegazione, semmai una descrizione. Nei corsi dove ho la ventura di erogare docenza, uso spesso l’esempio della bottiglia d’acqua per illustrare nel modo più piano e concreto possibile i significati di COSTO PREZZO VALORE. Proverò sinteticamente (lungi da me voler sembrare un maestrino questo sia chiaro in premessa). Il COSTO di una bottiglia d’acqua è dato dalla somma dei suoi componenti...tipo: materia prima, processo di produzione, trasporti, costi commerciali. Mi fermo qui per brevità. Il PREZZO segue una dinamica molto diversa e si riconduce al costo più tutto quello che si può chiedere in aggiunta al mercato (non importa se è giustificato o meno eventualmente sarà la concorrenza ad imporre un equilibrio ai prezzi). Il VALORE infine riflette il desiderio-bisogno del consumatore. Immagino sia comprensibile a tutti che una bottiglia d’acqua vale 10 per un consumatore comune e 100 per un consumatore assetato dopo una camminata sotto il sole. Se poi questo consumatore non ha il reddito disponibile è questione diversa. Applica tu questi principi alle dinamiche dell’agricoltura che conosci meglio di me e sarà spiegabile perché un prodotto finisce per avere prezzi diversi in situazioni diverse (siano esse di luogo, di spazio, di tempo). E anche perché il prezzo non è detto rifletta in modo sincrono e proporzionale il costo. Due considerazioni aggiuntive. La prima. Alla direzione commerciale di una impresa di fatto viene chiesta una sola cosa: inventarsi qualunque cosa (naturalmente legale) per riuscire a vendere un prodotto al prezzo esatto sopportabile dal mercato...non un centesimo di meno. Pena essere cacciato dal ruolo. E anche il direttore commerciale di un gruppo GdO tiene famiglia. La seconda. Non si può, non si vuole e non si deve normare tutto. L’età della correlazione stretta tra UTOPIA IDEOLOGIA e POLITICA è passata.
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