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patate e crisi 
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Iscritto il: 10/03/2009, 15:08
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..Continuando con le riflessioni..
L'epoca in cui viviamo mi sembra critica. L'industria segna il passo,l'agricoltura italiana pure. L'europa deviera' una consistente fetta di aiuti verso i nuovi paesi poveri appena entrati nel clan. Da dove prendera' quegli aiuti? Nuove risorse non ce ne sono.
Nella migliore delle ipotesi, spartira' gli aiuti attuali destinandone meno a noi.Quanto alle banche, ho trovato un pensiero di Paolo de Gregorio che credo rappresenti bene la situazione, lo riporto:

....E’ probabile che le banche abbiano capito, visto che hanno imponenti uffici studi per fare indagini di mercato, che molte piccole imprese italiane non hanno futuro in un mercato globale in cui nulla sarà come prima dopo questa crisi, che spingerà le nazioni emergenti a entrare in ogni settore produttivo, a costi infinitamente minori di quelli italiani.
Settori di eccellenza forse si salveranno, ma settori piccoli e arretrati subiranno l’urto dei paesi emergenti e le banche non aiutano certo chi è destinato a fallire.....

Mi pare siano questi i termini su cui cominciare a gettare le basi per l'agricoltura del terzo millennio.
Personalmente sono ottimista sulle prospettive future. Mi sembra che qualcosa stia muovendo..

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28/09/2009, 15:31
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scusa raviolo ma non capisco

hai appena detto che la Ferrero ha investito in Cile e dici che sei ottimista?

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IMPARA A SCRIVERE LE TUE FERITE NELLA SABBIA ED A INCIDERE NELLA PIETRA LE TUE GIOIE.


28/09/2009, 15:51
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si Giampiero. Sono,nonostante tutto ottimista. Diversamente,se non lo fossi, avrei gia abbandonato tutto.
Sono comunque ottimista in quanto credo che si trovi di fronte ad una rivoluzione del modo di fare agricoltura e si aprano alcune possibilita' di sviluppo che prima erano chiuse.
E' ovvio il fatto che rimango dell'opinione che in generale l'agricoltura, com'e' impostata adesso, stia andando incontro ad una crisi epocale che la trasformera' profondamente. Sta finendo il gas..(quello a buon mercato) il petrolio comincia ad essere forsennato oggetto di desiderio, siamo entrati in una fase di deflazione a cui (forse) seguira' inflazione pesante.
Significa che i fertilizzanti saliranno di prezzo. Significa che i trattori caleranno di numero e di potenza e saliranno in efficienza.
Significa che si aprira' una forbice maggiore nei prezzi tra prodotto economico e prodotto di lusso. Insomma Vedo opportunita'..
Vedo che hai studiato economia, mi interessa la tua opinione in merito..

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28/09/2009, 17:23
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Raviolo che dire........... se mettiamo di mezzo anche le banche per produrre è la fine...... perchè loro in tempi non sospetti già lavoravano per tagliare furi la piccola e media impresa con gli accordi di Basilea...........
Dopo Basilea è esplosa la vendità di materie prime con assicurazione e tetto di acquisto

ripongo una domanda perchè un ettaro di terreno agricolo costa mediamente 40.000 euro, che coltura ti fa rientrare dall' investimento, poi se lo dobbiamo acquistare per fare foraggio ci vogliono 50 anni per ammortizzare.


28/09/2009, 17:32
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Paolo, ritengo la domanda mal posta. Un ettaro a 40.000 euro? dove?.. il valore di un terreno e' molto differente a seconda di dove si trova. E' vero che una vigna a Barolo costa forse mezzo milione di euro ad ettaro. Ma i campi in genere credo abbiano un valore decisamente piu basso.
Ad ogni modo e' evidente che prima di ammortizzare un ettaro di terra a foraggio ce ne passa. E' altrettanto vero che dopo che lo hai ammortizzato l'ettaro di terra ti rimane ed e' un valore forse stabile nel tempo e comunque lo puoi utilizzare per come garanzia per tamponare temporanee crisi di liquidita'. O meglio. negli ultimi trenta anni il valore e' sempre sceso, credo oggi si sia sui minimi assoluti. Beh che dire? qualcosa non torna, .Infatti manca poco che la GDO o le grandi produttrici alimentari si mangino la fetta del coltivatore. Se stiamo a vedere, i grandi produttori vinicoli hanno comprato terreni in Argentina ,Australia e nuova zelanda. Il buon produttore di maglioni Benetton s'e' comprato un bel pezzo di sudamerica. I Cinesi si stanno comprando l'africa...la ferrero in Cile insomma qui sta succedendo il contrario di quel che e' successo con l'elettronica, dove i produttori si sono organizzati per avere una rete di vendita diretta. Nel nostro caso e' la rete di vendita che sta organizzandosi per eliminare i produttori :)

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28/09/2009, 19:27
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io posso capire l'ottica di raviolo ,

se lavorano anche la si ottengono 2 cose positive

il primo che di riflesso iniziano a consumare beni , che produciamo noi e in teoria dovremo stare meglio ( in pratica gli utili di questo amggiore consumo di prodotti che facciamo noi vanno in mano a pochi..)
e secondo che evitano di venire qua a romperci le balle

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28/09/2009, 19:55
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trovo interessanti le analisi di raviolo.
cercando di guardare ancora più in là,allora vedrei un agricoltura europea in disarmo (tranne forse qualche settore o nicchia particolare), agricoltori disoccupati o falliti,terreni agricoli che non valgono più niente per eccesso di vendita.
il problema è che l'agricoltura ha un indotto forse più importante di quello di altri settori, vedi costruttori di macchine agricole, rivenditori, mangimisti,trasportatori, commercianti di ogni genere, fino ad arrivare ai nostri dipendenti, quelli che paghiamo con le tessere (leggi associazioni agricole) ,con le trattenute della pac (funzionari che fanno i controlli, aerei che fotografano, AIMA e chi più ne ha....)
a questo punto, se le produzioni estere costano meno (e non solo quelle agricole,anzi...) importeremo di tutto, ma quando si spende di più di quello che si guadagna generalmente si fallisce.
io paragono la GDO all'edera: questa si attacca alle piante, ne succhia la linfa fino a farle seccare, poi, nonostante anch'essa abbia le proprie radici,muore.
bisognerà cercare di fare morire prima l'edera, anche se è chiaro che una parte di alberi (le aziende agricole) non ce la farà, sviluppando dei mercati alternativi, fuori dai circuiti tradizionali.
io nel mio piccolo ci sto riuscendo, ma non sempre la vendita diretta della singola azienda può funzionare; si possono comunque trovare altre forme,consortili o cooperative oppure anche un semplice scambio tra diversi produttori.


28/09/2009, 22:23
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Raviolo ha scritto:
<<In entrambi i casi ,per la maggior parte,si tratta di ristrutturare aziende agricole che oramai sono obsolete per competere sul mercato. Temo infatti che i costi da sopportare per potersi adeguare al cambiamento del mercato siano analoghi a quelli sopportati dalla GDO per costruire dal nulla la loro rete di distribuzione>>

ristrutturare le aziende certo ma come lo facciamo??? e chi le conduce??, inoltre si ricrea il latifondo con altri problemi e chi ha il potere economico di acquistare il terreno cioè cosi tanto terreno.
Le Gdo non tutte partono da ZERO molto sono derivate pubbliche della vecchia IRI ed altre sono Cooperative che non pagano a pieno le tasse (non perchè evadono, ma in quanto cooperative anceh se adesso le cose stanno cambiando, ma anni passati hanno avuto molte agevolazioni)
Ovvio anche gli agricoltori non sono stichi di santo anche loro pagano le tasse per modo di dire..... e hanno sputtanato soldi pubblici per farsi i comodi loro, non utilizzando a pieno soldi per i progetti veri.... Quanti capannoni con sopra la casa ecc ecc.... ,
anche qui le cose stanno cambiando bene.............. perchè i nuovi agricoltori devono pagare per errori fatti da altri????

In questo intervento è riportata tanta verità ed anche io mi chiedo con quali soldi ristrutturare le aziende?E poi al sud con medie aziendali di pochi ettari che peso puoi avere? Pensate che a Battipaglia centro orticolo di eccellenza le aziende nel migliore dei casi sono divise in 2-3 corpi aziendali.

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28/09/2009, 23:11
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Da Paolo per pallino:
”pallino mi scuso con te se sarò ripetitivo, ma non puoi tirare fuori ogni volta il discorso della tua esperianza su Ortaggi Fatti in una zona NON vocata.............. un conto l'orto per autoproduzione un'altro produrre per vendere, repetita iuvant lo so ,ma cosi si da dei "scemi "ai lettori....
come dire che io in Abruzzo con temperature invernali di -20 mi metto a produrre cocomeri in pieno campo...... tutto è fattibile,ma non per poi venderlo.”
Paolo direi che questa affermazione dimostra una scarsa conoscenza pratica del settore. La mia esperienza deriva dalla gestione tecnico-economica di un’azienda orticola con 10.000 mq di serre di grandi dimensioni dotate di impianto di riscaldamento di soccorso. La produzione media di pomodoro da mensa era di circa 2.000 quintali l’anno prodotto calibrato e confezionato secondo la normativa ICE e venduto alla più grossa GDO dell’Italia centrale (per non fare nomi). All’inizio il rapporto era diretto, ma successivamente, aumentando la dimensione della GDO, ci siamo dovuti associare ad una cooperativa di produttori con costi iniziali del 4% sul fatturato lievitati oggi a circa il 25%.
La produzione di ortaggi fuori stagione è stata sempre molto remunerativa soprattutto nelle zone più rigide finche i costi di trasporto e l’efficienza dei mezzi ha inserito sul mercato la concorrenza di zone più vocate. Ma anche in questo caso il bravo produttore che conosce bene il mercato riesce a spuntare buoni prezzi se programma la raccolta nei periodi di buco.
Faccio un esempio: con una modesta spesa di combustibile si riesce a produrre pomodoro da mensa in Umbra in serra da metà aprile fino inizi luglio (primo ciclo) e metà settembre fino tutto novembre (secondo ciclo). Praticamente nel primo ciclo si copre il buco della fine produzione del sud e l’inizio del pieno campo nel centro con picco del prezzo intorno alla metà di giugno, mentre nel secondo ciclo si copre il periodo che va dalla fine del pieno campo all’inizio della produzione del sud con picco di prezzo (sempre molto elevato) la seconda metà di settembre.
I nuovi agricoltori dovrebbero far tesoro dell’esperienza dei vecchi cercando di non commettere gli errori che, purtroppo, sono stati fatti “Errare humanum est, perseverare autem diabolicum”.
Buona giornata.

_________________
“ Prima di Giove non v’erano contadini
che coltivassero la terra,
né era lecito delimitare i campi
tracciando confini: tutto era in comune
e la terra, senza che le fosse richiesto,
produceva spontaneamente
e con generosità ogni cosa.”
Virgilio.


29/09/2009, 7:50
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Rispondi citando
<<Paolo direi che questa affermazione dimostra una scarsa conoscenza pratica del settore. La mia esperienza deriva dalla gestione tecnico-economica di un’azienda orticola con 10.000 mq di serre di grandi dimensioni dotate di impianto di riscaldamento di soccorso. La produzione media di pomodoro da mensa era di circa 2.000 quintali l’anno prodotto calibrato e confezionato secondo la normativa ICE e venduto alla più grossa GDO dell’Italia centrale>>

Ok pallino forse non ho conoscenza pratica, ma ti dirò e non a titolo di misurazione che ho gestito e gestisco ortaggi in pieno campo per 1000 ha l'anno per grandi aziende nazionali ed estere che producono convenzionale, integrale e Bio per tutte le filiere di distribuzione......
Mi ripeto questo non vuole essere un metro di misura con nessuno ognuno ha le proprie esperienze.....
Ma sono convinto (non è il verbo è un pensiero personale) di quello che dico, l'Umbria non è vocata per ortaggi in serra.
Come mai una delle aziende più grandi dell'Umbria acquista nel Lazio nei periodi invernali accollandosi le spese di trasporto e analisi visto che non si autoproduce???? forse perchè conviene di più acquistare che spendere soldi per scaldare una serra.....
Vogliamo parlare delle prove fatte in pieno campo sulla carota in Umbria?????

Grinto: non credo che Raviolo è ottimista come te ahahahaha scherzo.......
Tornando alla ditta citata, credo che sia andata in Cile per vari motivi,ipotizzo: costi di produzioni bassi, può utilizzare agrofarmaci che in Italia sono vietati e non deve farsi carico delle spese analitiche, le analisi delle merci soggette a dogana vengono sdoganate con analisi della dogana, se la dogana rilascia il certificato commerciale il prodotto è utilizzabile senza nessun ulteriore controllo.


29/09/2009, 9:37
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