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Opinioni sull'agricoltura contemporanea convenzionale 
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Iscritto il: 12/02/2010, 12:09
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Da quando Pallinof ci ha raccontato la sua storia nessuno più ha scritto qualcosa?
Quindi al momento Pallinof vendi alberi da frutto se non ho capito male giusto?
oppure continui anche a vendere ortaggi?


20/09/2010, 13:04
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Iscritto il: 23/08/2010, 22:24
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cosa ha fatto arenare questa interessante discussione?
mi piacerebbe che l'autore del post o qlcuno dei moderatori facesse un sunto della discussione in modo da focalizzare l'attenzione sui vantaggi e/o svantaggi delle diverse forme di agricoltura
Sinceramente e senza offesa per nessuno al posto di discutere della vita personale di qlcuno sarebbe molto più interessante approfondire le esperienze vere di Tosco,Ricky e Raviolo
grazie


22/09/2010, 20:08
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Formazione: Perito Agrario
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...
Nelle ultime due settimane me ne sono stato volutamente in disparte.
E mi dispiaccio che ci siano stati così pochi interventi in una discussione tanto (ma tanto) importante.
E' anche vero che però è un peccato che sempre i soliti si siano trovati qui per discutere dei propri punti di vista e delle poche esperienze.
Sarebbe interessante che altri si aggiungessero portando nuovi argomenti e nuovi quesiti.


22/09/2010, 22:14
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Iscritto il: 12/02/2010, 12:09
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Il sunto potrebbe essere questo:
- Se sei in un punto di forte passaggio o vicino ad un grande centro urbano dove ci sono dei gruppo di acquisto solidali, e soprattutto hai un terreno in una zona vocata per l'agricoltura, puoi fare agricoltura naturale (biologica, sinergica, biodinamica) e guadagnare discretamente.
- Se hai un azienda frammentata (molti appezzamenti divisi), sei in una zona con pochi abitanti, turismo presente pochi giorni all'anno e non hai altri mercati alternativi, non conviene fare agricoltura naturale; soprattutto perchè i ricavi non ci sono.

Però secondo me ognuno di noi dovrebbe sempre tenere il suo terreno migliore coltivato in maniera naturale (basta anche un migliaio di metri quadri) e fare tutti gli esperimenti del caso; perchè se un domani veramente il petrolio dovesse finire almeno avrà ciò di cui vivere. Questo è quanto mi pare sia emerso dalle considerazioni di tutti.
Il problema di fondo non è come produrre ma dove vendere ad un prezzo adeguato ciò che si produce, quindi come sempre è il consumatore che detta le regole, e come sempre il consumatore è influenzato dal suo stipendio, e da quale percentuale dello stipendio decide di dedicare all'alimentazione; da qui poi entrano in gioco troppi fattori.
Le 4 aziende analizzate (Raviolo, Tosco, ricky e Pallinof) hanno mostrato dei diversi modi di coltivare la terra, ma tutte hanno mostrato il fatto che ognuno a suo modo ama e rispetta ciò che fà, lo fa per passione e perchè crede in ciò che fà. Tutti hanno cercato nel loro piccolo di soddisfare le proprie esigenze come agricoltori/allevatori e quelle dei loro possibili acquirenti.
Sono tutte e 4 delle bellissime realtà che occorrerebbe valorizzare e promuovere qua in Italia.


23/09/2010, 14:59
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Formazione: licenza media
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muflix ha scritto:
Il sunto potrebbe essere questo:
- Se sei in un punto di forte passaggio o vicino ad un grande centro urbano dove ci sono dei gruppo di acquisto solidali, e soprattutto hai un terreno in una zona vocata per l'agricoltura, puoi fare agricoltura naturale (biologica, sinergica, biodinamica) e guadagnare discretamente.
- Se hai un azienda frammentata (molti appezzamenti divisi), sei in una zona con pochi abitanti, turismo presente pochi giorni all'anno e non hai altri mercati alternativi, non conviene fare agricoltura naturale; soprattutto perchè i ricavi non ci sono.

Però secondo me ognuno di noi dovrebbe sempre tenere il suo terreno migliore coltivato in maniera naturale (basta anche un migliaio di metri quadri) e fare tutti gli esperimenti del caso; perchè se un domani veramente il petrolio dovesse finire almeno avrà ciò di cui vivere. Questo è quanto mi pare sia emerso dalle considerazioni di tutti.
Il problema di fondo non è come produrre ma dove vendere ad un prezzo adeguato ciò che si produce, quindi come sempre è il consumatore che detta le regole, e come sempre il consumatore è influenzato dal suo stipendio, e da quale percentuale dello stipendio decide di dedicare all'alimentazione; da qui poi entrano in gioco troppi fattori.
Le 4 aziende analizzate (Raviolo, Tosco, ricky e Pallinof) hanno mostrato dei diversi modi di coltivare la terra, ma tutte hanno mostrato il fatto che ognuno a suo modo ama e rispetta ciò che fà, lo fa per passione e perchè crede in ciò che fà. Tutti hanno cercato nel loro piccolo di soddisfare le proprie esigenze come agricoltori/allevatori e quelle dei loro possibili acquirenti.
Sono tutte e 4 delle bellissime realtà che occorrerebbe valorizzare e promuovere qua in Italia.

ciao ragazzi, onestamente mi pare che ci sia poco da aggiungere.
se qualcuno ha qualche spunto si faccia vivo (raviolooooo......) :D


23/09/2010, 22:26
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scusate, in questo periodo sto lavorando come un matto.
Comunque parliamone che il discorso e' interessante

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01/10/2010, 10:57
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Certo Raviolo che ne parliamo,
L'unico problema è che sembra siano finiti gli argomenti.
Stavo pensando proprio in questi giorni che forse l'unico metodo per poter fare agricoltura naturale è la trasformazione dei propri prodotti, esempi sottaceti sottolio creme etc.
Che ne pensate?


01/10/2010, 12:14
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Iscritto il: 10/03/2009, 15:08
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Località: Asti
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gli argomenti non son finiti. Anzi... Ora viene il bello.

stabilito che tutti si cerca di andare verso ad una coltivazione "sostenibile" bisogna capire come fare a "sostenere" anche il coltivatore in modo da non farlo morire di fame.. :)

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01/10/2010, 14:14
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La vendemmia mi sta assorbendo in pieno, e la stagione certo non aiuta: solo adesso mi riconnetto dopo un'altra settimana di silenzio.


@muflix
la tua deduzione è certamente una delle vie da intraprendere.


In un mercato BLOCCATO su prezzi ridicoli che inducono l'agricoltore medio a fare quantità a discapito della qualità (permettetemelo :twisted: ), è pressochè impossibile tentare di campare vendendo la materia prima (ottenuta con metodo NATURALE) SE NON DIFFERENZIANDO IL MERCATO.
Questo può avvenire in molti modi (COME GIà DETTO E RIDETTO), e non è necessario vendere il proprio prodotto NATURALE alle "boutique" per poi vederlo venduto a prezzi esorbitanti ed inaccessibili...
Dal basso gente...tutto deve partire dal basso, e il NATURALE deve essere un prodotto NON DA RICCHI...MA PER TUTTI.
Tanto l'operaio che lo studente dovrebbero avere la possibilità di scegliere quanto mangiano, e quindi avere altri mercati a cui far riferimento.

Sono pienamente a conoscenza dell'apparente incongruenze con quanto ho appena affermato: come si fa a produrre naturale e CAMPARE vendendo a prezzi accessibili a tutti???
Questa domanda è la base di tutto.

Ribadisco che in primis dovrebbe essere stimolata e sollecitata la conoscenza e la coscienza del consumatore.
Promuovere il naturale sin dalle scuole primarie: credo che sia un fatto di CULTURA( piuttosto che di coltura ;)... )
Sin dalle scuole i bambini dovrebbero essere indirizzati verso il mangiare sano e pulito, in modo tale da permettre loro l'acquisizione di una consapevolezza che poi nel tempo li renderà consumatori CRITICI.
La gente dovrebbe essere spinta a spendere qualcosa di più per mangiare BUONO E BENE, e dovrebbe capire che è un investimento (sopratutto) per il loro futuro.

Associazioni nazionali ed internazionali (SLOWFOOD per citarne solo una) promuovono questo da tempo (anche se spesso in modo molto generico e goffo, ma intanto ci provano...).

Cooperative di produttori, filiera corta, GAS, fattorie didattiche, orti scolastici, seminari sull'agricoltura tradizionale...e le associazioni di categoria!!!
Questi alcuni dei possibili "terreni" che potrebbero essere d'aiuto tanto al produttore di naturale che al consumatore di naturale.
Credo che rischi di divenire più un discorso politico che agricolo...


Rientro nei ranghi riallacciandomi a quanto diceva muflix.
La trasformazione del prodotto oggi è certamente una soluzione che permette la sopravvivenza di chi fa naturale (anche se ASL e burocrazia varia non ti aiuterebbe certamente, anzi...): vino, olio, conserve...certamente trovano mercato.
Il discorso cambia per chi fa cerealicole: ho conosciouto chi ha desistito, cedendo alla "tenzazione" di fregarsene della qualità a favore della quantità.
Ma...c'è anche chi si è ingegnato con mulini familiari, tentando di valorizzare il proprio prodotto ANCHE con lavorazioni aggiuntive (la farina per esempio), oltre che vendendo (a prezzo stracciato...aimè) i propri cereali AL PARI di chi è totalmente indifferente ai metodi naturali.

Morale...
non credo ce ne sia una, ma intanto proviamoci...anche se in piccolo, ma proviamoci. E promuoviamo il nostro lavoro, tentando di COMUNICARE oltre che produrre...tentando di spiegare PERCHE' facciamo quello che facciamo...PERCHE' abbiamo intrapreso tale via (certamente più difficile)....
...almeno una parte della nostra azienda, ma proviamoci (e crediamoci)tutti.


01/10/2010, 14:58
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Messaggi: 1393
Località: Asti
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La trasformazione del prodotto ha ,forse, poco senso.
E' vero che da' un valore aggiunto, pero' e' vero che costringe ad adeguarsi ai metodi di produzione.

Se si coltiva lo si fa a tempo pieno,esattamente come la trasformazione in genere richiede lavoro su tre turni.Non ci si puo dividere tra due attivita'... diversamente le spese di impianto ed i costi fissi diventano proibitivi. In pratica avremmo due aziende complete entrambe sottoimpiegate, a meno di non fare come certi doppiolavoristi che finito un turno ne cominciano un'altro. Se entrambi i lavori son pesanti in genere dopo qualche mese schiattano.
Se si pensa di guadagnare con la trasformazione, allora tanto vale vendere terra e trattori e andare a cercare il prodotto grezzo sul mercato (al momento c'e' iperofferta di roba anche buona e a prezzi piu che bassi).
Non bisogna dimenticare che non siamo in Africa o in Cina. Qui ,se vendi, hai regole strettissime.
Ho trenta galline ruspanti, potrei tranquillamente vendere le uova trasformate a prezzi anche alti, potrei per esempio fare degli ottimi zabaglioni (ci pensate a tutta la normativa e ai relativi costi che dovrei affrontare?).
Produco spinaci di ottima qualita'.. potrei lavarli ,bollirli e surgelarli.. (non vi sentite inorridire al pensiero di cosa si dovrebbe fare per adattare la cascina ad una produzione simile?).
lo stesso per le marmellate, gli yoghurt, il macello in proprio di volatili,i frullati,il latte. Insomma, attrezzarsi costa caro e allora la domanda e':
Mi conviene attrezzare la cascina? o piuttosto non e' meglio spendere piu o meno gli stessi soldi ma attrezzare un piccolo punto un po' piu strategico? Vendere polli macellati e arrostiti in cascina ha il suo fascino, ma non e' meglio venderli in centro vicino a degli uffici?

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02/10/2010, 10:42
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