Il giorno dopo, mentre mi incamminavo tra le sale del museo Ittita, mentre gli occhi ammiravano i cimeli di questo antico popolo scopritore del ferro, la mente non poteva passarsi dell'interrogarsi sul perchè e il percome andò tanto male.
All'uscita presi carta e penna e srissi una lettera alla ormai perduta spasimante, non ricevetti mai risposta.
Ankara esaurì presto il suo interesse e la sera partii in cuccetta ( nudo tavolaccio ) per la Cappadocia.
La trazione era a vapore, la velocità di circa 30kmora, il paesaggio leggermente ondulato e totalmente coperto di grano per una vista senza fine.
Compagni di scompartimento una coppia con una bambina piccola, lei con il velo solo si occupava della figlia, lui dialogava con me a segni e disegni, il viaggio durò una notte e un giorno.
Quando arrivai alla mia destinazione, salutai e toccai la mano dell'uomo, poi d'istinto porsi la mano alla signora, lei stava ferma, vedevo solo gli occhi investigativi e sorpresi, io stavo con la mano come bloccata, i secondi passavano, quando lei guardò il marito che capì la situazione di imbarazzo, le fece cenno con la testa e sbloccò la situazione,mi toccò fuggevolmente la punta delle dita. Capii di averne combinata un'altra, in ogni caso niente del buon rapporto si ruppe.
Mi ripromisi che non avrei fatto altro viaggio senza essermi prima documentato per bene sugli usi e costumi locali.
Se a qualcuno interessa farò sapere come una volta documentato (Corano ecc ), feci anche di peggio.
In ogni caso erano circa le 20, uscii dalla stazione e buio pesto, si vedevano tre lampadine che si perdevano in lontananza nella notte, era Kayseri, l'antica Cesarea capitale della Cappadocia. Se ci fosse stato un treno sarei immediatamente ripartito per casa.
Come farfalla notturna mi avviai verso le lucine alla ricerca di un'albergo, entrai chiesi una camera, l'oste spiaciuto mi disse che l'ultima doppia era appena stata data al tale signore che se voleva poteva dividerla. Questi sentito con fare allegro mi pose una mano sulla spalla e accettò immediatamente, io che ancora non avevo aperto bocca dissi solo no, no, grazie e uscii lasciando un'altra brutta figura. Trovai un'altra sistemazione.
Nei giorni successivi percorsi la Cappadocia a piedi attraverso tutti i suoi posti più significativi, godendo di viste geologiche, architettoniche e paesaggistiche favolose.
Costante, nei campi a lavorare erano le donne, gli uomini le portavano a volte con il trattore e poi mentre queste lavoravano loro al bordo del campo, facevano una partita con una strana dama.
Tra l'altro, dall'alto di una costruzione trogloditica multipiano vidi una donna che da sola arava un campetto con l'asino.
Metteva in posizione l'asino, l'aratro, quindi dava l'ordine all'asino, questi partiva, per un pò di metri teneva la direzione, poi il furbacchione deviava verso la parte già arata, provocando la fermata e l'attesa affinche la buonadonna rimettesse tutto a posto, per poi ripetere la storia qualche metro dopo. Non avevo mai visto arare un campo con una sola persona a tenere l'aratro e guidare l'asino.
Capii che il braccio sulla spalla era un'innocente consuetudine gentile, che i Turchi erano di un'ospitalità squisita, che le ragazze erano interessate dagli occidentali.
Vidi una scena deplorevole, all'uscita du un locale per turisti una donna italiana visibilmente fuori di se che incoraggiava in modo osceno quattro uomini che partirono sgommando su di una 124 con lei dietro tra i due a anticipare un miserabile finale.
Viaggiai sui loro mezzi, bus colorati con mille motivi, con capre pecore e galline, e sempre un'umanità gradevole e ospitale.
Le donne stavano in una parte del bus, gli uomini dall'altra. Una sola coppia viaggiò su sedili affiancati, parlando con l'uomo capii che era un onorevole.
Quando finalmente nuovamente ad Istambul e visitatala (magnifica), ripresi il treno per Belgrado assistetti a una scena veramente inconsueta, io avevo già preso possesso di un posto in un compartimento del treno e dal finestrino guardavo il marciapiede.
Vidi in lontanaza una bella signora che avanzava, salutata e riverita da moltissime persone, possibile, in una stazione tanto grande, come possono conoscerla in così tanti?.
Avanza, sale e...... entra nel mio compartimento, saluta, parlava francese, era disinvolta e gentile e mi mise subito a mio agio.
Feci la prima domanda, come mai tanti la conoscevano?
Prima del colpo di stato dei militari, leggevo il telegiornale. Ora per la terza volta tento di raggiungere l'Ungheria.
Parlammo di tante cose, poi feci la domanda che più mi premeva, il cifté?
Si esiste, nelle parti più arretrate della popolazione.
Chiesi come mai le ragazze avevano un certo interesse per quando in patria nessuna mi degnava di uno sguardo?
Sono tante le ragazze che cercano di sposare un'occidentale in quanto reputano la loro vita possa essere più libera.
Chiesi come mai le donne accettassero la poligamia?
Vedi, mi disse quì le donne sopportano il peso dei lavori più gravosi, quindi il marito decide di prendere un'altra moglie, la prima è contenta, perchè finalmente avrà un aiuto, nei lavori, nel tenere a bada il marito e per di più la prima avrà un certo diritto di comando sulle successive.
Poi, ridendo disse, la vita delle donne qui si può sintetizzare in questa barzelletta:
Due donne si incontrano dopo tantissimo tempo, chiede la prima: "come stai, cosa fai, ti vedo bene?"
Ma sai, stò bene, ho un marito, sai la vita, e tu?"
"Ma sai, stò bene, ho un'asino, sai la vita".
E si fece una bella risata.