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Il tema dell'alpeggio, tra ieri e oggi 
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Iscritto il: 04/01/2010, 12:02
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Formazione: Laurea in Scienze delle produzioni animali
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certamente concordo con quanti sostengono che l'alpeggio è una pratica faticosa e scarsamente remunerativa; per tale motivo molti giovani preferiscono passare ad altro. Occorre una passione vera, unita alla voglia di fare qualcosa di nuovo, magari riqualificando la caseificazione in base alle aree geografiche. In Valsesia alcuni giovani allevatori usano ancor oggi la monticazione per produrre "in loco" tome caratteristiche, il cui sapore è dovuto alle essenze botaniche "di nicchia" che prosperano su certi pascoli (vedi muttelina). Non a caso, il latte che viene impiegato per queste produzioni dà dei formaggi di gusto unico, come il Bettelmatt, che viene pagato a peso oro dai buongustai, anche perchè gli alpeggi sono tutto sommato pochi rispetto alla quantità che il mercato richiede...
Comunque è pur vero che se gli alpeggi vengono abbandonati per inerzia, la montagna si "rimangia" moltissime zone, con le conseguenze disastrose che sono sotto gli occhi di tutti...

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The friendly cow all black and white, I love with all my heart: she gives me cream with all her might, to eat with apple-tart.


13/01/2010, 13:36
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Iscritto il: 17/02/2010, 10:41
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Caro moderatore,
Sono Italo Franceschini, l'autore del volumetto sull'alpeggio in Val Rendena che viene spesso citato nel forum. Sono molto colpito dall'interesse che l'argomento ha destato ed onorato per le frequenti citazioni. Volevo solo precisare che la più grande limitazione alla ricostruzione delle dinamiche tra uomo e territorio nel passato (soprattutto per il medioevo trentino) è data dalle fonti a disposizione degli studiosi, avare ed episodiche e che solo raramente consentono di capire in pieno come l'alpeggio venisse effettivamente svolto. Un dato certo è che le possibilità erano davvero molte, ad esempio nel Seicento gli alpeggi in quota della comunità di Volano, villaggio situato in Val Lagarina, quindi nel fondovalle atestino, erano sì messi all'asta, ma così finivano per essere controllati da una delle famiglie più in vista della comunità che evidentemente controllando un settore chiave nell'economia di villaggio perpetuava il suo ruolo egemonico.
Spero che la discussione sull'attualità e per questo tema possa continuare. Se qualcuno vuole contattarmi per approfondirne alcuni aspetti legati alla storia può farlo all'indirizzo mail itafranceschini@gmail.com


17/02/2010, 11:03
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Iscritto il: 13/03/2008, 19:23
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Formazione: Laurea in Scienze agrarie
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Caro Italo,
che piacere incontrarti qui sul forum.
Ho letto la tua interessante pubblicazione durante le vacanze di Natale e mi è piaciuta moltissimo.
Spero che la discussione continui.
A presto,
Marco

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17/02/2010, 14:37
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Iscritto il: 17/02/2010, 10:41
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Località: Cimone (Trento)
Formazione: Laurea in lettere
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Ho letto con calma solo oggi questo messaggio di Diegos sulla situazione, piuttosto vitale, dell'allevamento nel Cuneese. Il primo dato che mi ha colpito è che mi pare di capire che i marghesi siano degli allevatori specializzati, dei professionisti che controllano un grande numero di capi di bestiame con una certa forza contrattuale nei confronti dei proprietari di strutture e pascoli. Mi piacerebbe sapere se questi allevatori accettano nelle loro mandrie anche il bestiame dei proprietari dei pascoli o dei residenti nei comuni proprietari degli alpeggi. In Trentino, nel passato, ho l'impressione - ma anche qualche dato certo -, che si privilegiasse la conduzione in alpeggio delle bestie degli abitanti dei villaggi che li controllavano. Sembrerebbe anzi che le "carte di regola", le raccolte di norme che presiedevano all'attività amministrativa delle comunità, si occupino di questa materia proprio per favorire l'allevamento anche di pochi capi di bestiame a livello familiare.
Mi ha colpito poi il termine "grangia" che indica le baite dell'alpeggio. Si tratta di un termine molto in uso nel medioevo e che indicava soprattutto le unità produttive delle abbazie cistercensi. Forse in questo termine sopravvive il ricordo delle grandi proprietà monastiche che in Piemonte si spingevano anche in alta quota. In Trentino, almeno dal medioevo il termine più usato era quello di "casara" - mettendo l'accento sulla produzione del formaggio - o più raramente "casina". Con malga più che le strutture si intendeva il gruppo di animali che monticava un alpeggio, poi nel Settecento, ma forse anche prima, passò ad indicare le costruzioni sui pascoli di montagna.
Italo


20/02/2010, 20:02
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:P
Leggendo quanto scritto nelle pagine precedenti, sono tornato con la mente al passato, al suono dei campanacci tanto vivi nella mente, quanto lontani dal presente. :cry:
:oops:
Avrei voluto scrivere qualcosa anch'io, però non mi sentivo all'altezza del problema.
;)
Sono così andato a riprendere un libro che stà in evidenza.
:idea: Nel rileggerlo a saltelli ho pensato giusto segnalarvelo.
Le mucche non mangiano cemento, viaggio tra gli ultimi pastori di Valsusa e l'avanzata del cemento, di Luca Mercalli e Chiara Sasso.
Sono certo nessuno che lo leggerà, giunto al termine sarà come prima.
Augurando buona lettura e ancora migliore riflessione, saluti montani a tutti.
Sergio
PS. Per le parole in corsivo c'è il glossario dei termini dialettali a pagina 302.


21/02/2010, 10:58
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Località: Pinzolo (TN) - Firenze
Formazione: Laurea in Scienze agrarie
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Segnalo un altro libro:
Fuggire all'Alpe
Elvira Conti - Pangea Edizioni
La Montagna non solo come luogo di vacanza o ricreazione ma come rifugio per la sopravvivenza La città e la pianura sono, per diverse cause, diventate invivibili; resta l'Alpe che accoglie come un grembo materno un gruppo di uomini, donne e bambini, per viverci il resto della loro vita o un'estate indimenticabile...
http://www.macrolibrarsi.it/libri/__fug ... php?pn=127
Marco

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21/02/2010, 11:26
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Iscritto il: 13/03/2008, 19:23
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Località: Pinzolo (TN) - Firenze
Formazione: Laurea in Scienze agrarie
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Ho notato che tra i giovani c'è un certo interesse verso l'alpeggio.
Ad esempio, quanche giorno fa un mio studente (di Firenze) mi ha chiesto come è possibile fare uno stage in una malga.
Marco

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22/02/2010, 1:13
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Cari amici del forum,
volevo sottoporvi una questione. Vi risulta che da qualche parte o in qualche dialetto il gregge o la mandria (o una sua parte) che si reca in alpeggio venga chiamata "presa" o qualcosa di simile? Sto infatti trascrivendo una pergamena del 1190 che riporta le testimonianze di alcuni pastori coinvolti in una lite tra le comunità di Arco e Drena (area sulla sponda nord del Lago di Garda) e che portavano le bestie al pascolo sull'attuale malga Vallestré, sul versante N-O del monte Stivo.
La prima testimonianza che usa il termine dice infatti "pascolabamus cum nostris ovibus et bubus presas faciendo et fenum ...", ossia pascolavamo con i nostri ovini e bovini facendo "prese" e fieno ... La seconda volta invece si dice che: "... pasculando cum nostris malgis et pasculando presas meas", ossia pascolando con le nostre malghe (nel senso di bestiame e non di struttura dell'alpeggio) e pascolando le mie "prese".
Sarò grato per ogni suggerimendo. Grazie
Italo


22/02/2010, 10:26
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:P
Versante destro Dora Riparia nella zona circostante la Sacra di San Michele comune di Sant'Antonino TO le malghe si chiamano appunto Presa es. Presa Cattero, ecc. Il nome presa anticipa il cognome del proprietario.
Saluti montani
Sergio
PS Dato che il termine sa di "Latinorum", deduco che sia stato portato dai monaci che in passato avevano alcuni monasteri nella zona, oltre alla detta Sacra, anche l'abbazia di S Benedetto e Banda. Al contrario attorno alla celebre Novalesa, forse perchè sulla mezzeria tra Italia e Francia il termine è grangia.


23/02/2010, 20:41
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SergioE, la tua risposta è davvero preziosa e utilissima!
L'uso del termine presa nell'area trentina è un unicum (allo stato attuale della ricerca). Ti chiederei poi se potresti indicarmi della bibliografia (se c'è) sull'area dove invece questa parola era ed è in uso.
Grazie mille
Italo


24/02/2010, 9:09
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