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Il tema dell'alpeggio, tra ieri e oggi 
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Io la posterei qui per far capire meglio qual è il contesto nel quale è inserita (conformazione, tipo di vegetazione).
Poi riprendiamo liberamente a parlare della storia dell'alpeggio e delle prospettive future.
Ciao,
Marco

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30/12/2009, 12:13
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Il ritorno all'alpeggio e' un'utopia all'atto pratico, per banali motivi economici. Dalle mie parti, c'e' in atto uno sforzo da parte dell'ente pubblico nel ristrutturare le malghe comunali e nel recupero del pascolo. Questo si traduce nel mettere lotti di legname a disposizione dei residenti, tipicamente larice da legna, e nel triturare macchie di rododendro e altro sottobosco per favorire il pascolo, pendenza permettendo.
Poi la malga viene data in gestione ad una societa' locale, e chiunque puo' conferirvi le proprie mucche (a pagamento) per il periodo estivo. La richiesta di prodotti caseari "del posto" e' in aumento.

L'altro aspetto del problema e' l'alpeggio privato.
Il recupero di alpeggi su suolo pubblico e' attivita' costosa che il privato non fa, perche' le dimensioni medie delle stalle rimaste sono scarse ed il gioco non vale la candela. Il tenere alcune (o alcune decine) di mucche e' praticamente sempre attivita' di sostegno, economicamente non giustificata. Si fa per ereditarieta' e tradizione di famiglia, ma e' un'attivita' che si va lentamente spegnendo.
In Valsugana praticamente ogni maso era accoppiato ad un'unita di alpeggio ("monte") composta da stalla, casara e caselo (o casarin).
Nel tempo questi alpeggi sono sopravvissuti nei soli casi con presenza di acqua e accesso carrabile. Diversamente sono rimasti solo ruderi.

Dal punto di vista edilizio, il recupero dei ruderi privati avviene (ed ha senso) solo per scopi ricreativi (seconda casa), ma spesso l'ente pubblico s'impunta nel pretendere una ristrutturazione d'altri tempi per mucche fantasma che non esistono piu'. Si arriva cosi' a follie burocratiche che scoraggiano la gente a ritornare in montagna, insieme con l'enorme squilibrio fra domanda ed offerta di ruderi in quota. In pratica: un rudere puo' valere moltissimo, il pascolo circostante praticamente niente. Il perche' e' ovvio: l'agricoltura non c'entra piu'.


30/12/2009, 12:35
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La mia casa non è una malga ma un ex edificio costruito a servizio di una diga.L'ho acquistata l'anno scorso e la sto rimettendo in sesto pian piano con tutti i limiti meteo, economici, burocratici possibili.Era un arrivo partenza di funivia costruito nel 1922 ed inaugurato nel 24.Nel 1986 ha subito un lavoro di potenziamento che ne ha snaturato il piano superiore dovuto all'eliminazione della parte con tetto in legno e finestre in granito.Finiti i lavori a giugno 1987, pochi giorni prima della rimessa in funzione, si è abbattuta una alluvione nella zona che ha completamente distrutto la funivia in quanto il fiume ha portato via la stazione di partenza.La casa venne sigillata completa di arredamenti e quanto altro e mai più riaperta fino al mio acquisto.Nella foto a e c la vedete a distanza di un anno dall'acquisto.La foto b è quella di Mario che è il capobranco e usa i terreni attorno alla casa per vivere con il suo harem.Oltre a lui ed al suo harem composto di 8-9 femmine e una montagna di piccoli, stazionano nei pressi dell'edificio una trentina di camosci.Il camino della casa è usato da una coppia di aquile che utilizzano il mio terreno per cacciare e sfruttano la termica che si crea sulla parete di roccia dietro la casa per ritornare al nido in una valle parallela.Inoltre ho vari nidi di ghiro (spuntino per le aquile) e questa estate ho avvistato un gipeto a poca distanza.
La foto d è una parte della vista che si gode dalle finestre dell'edificio.A detta di tanti è la casa più bella e nella posizione più bella di tutto il complesso dell'Adamello.Per ora si presenta un poco giù di tono ma presumo di finirla in meno di 2 anni.


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30/12/2009, 12:45
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@Renzo ha i pienamente ragione.Non è più conveniente l'alpeggio, ormai ha perso la sua funzione di sostentamento per convertirsi a funzione ricreativa.I pochi rimasti lo fanno solo per nostalgia o per passione privata.Nessun giovane è più disposto a sacrificarsi in questa maniera.Chi invece ha una mezza intenzione di fare ancora questi lavori si trova di fronte a difficoltà oggettive: problemi burocratici in quanto nella maggior parte dei casi si lavora all'interno di aree protette, problemi di acqua che è sempre più rara, problemi logistici (nel mio caso ci si arriva solo a piedi dopo circa 35 minuti di cammino), problemi moderni (no energia elettrica, no gas, no internet, no telefonino).L'attuale società scoraggia molto queste iniziative in quanto non permette più ad una persona di non far parte di uno stereotipo.Bisogna omologarsi.Io sono visto un poco come un visionario da chi ha la mia età ma ho la comprensione di chi ha fatto queste cose in passato.


30/12/2009, 12:56
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Nella parte del Trentino dove abita Renzo, come già detto, vi era un'organizzazione sociale diversa da quella prevalente in Trenntino.
Nella mia zona (Val Rendena), nonostante la contrazion della zootecnia, le malghe non sono mai state abbandonate, almeno le più accessibili. La maggior parte non superano i 2.000 metri. Anzi, comincia ad essere apprezzata anche da giovani la permanenza per due mesi in malga.
Poi si sta cercando di valorizzarle anche dal punto di vista turistico. Ma di questo ne riparlerò più avanti.
Marco

P.S.

X Bacco.
Adesso capisco l'architettura e anche il perchè la tua casa sorge in quel luogo. Come si chiama la diga?
Ciao,
Marco

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30/12/2009, 19:10
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Sono rimasto un po’ lontano dal PC durante le festività ma riprendo con piacere la discussione.
Per Renzo.Si la Provenzale e la Castello sono due cime della mia valle , la valle Maira ,molto note a chi piace arrampicare. Effettivamente il paesaggio che si presenta è aspro e selvaggio http://www.naturaoccitana.it/pagina.asp?id=157 ma ti confermo che nel periodo estivo(metà giugno fine settembre )in tutti gli alpeggi vi è una fervida attività . forse non hai visto mandrie perché i pascoli non sono sull’asse principale della valle molto boscoso e ripido ma si trovano nei valloni laterali che in quota si aprono in ampi spazi erbosi,e dove ogni anno vengono monticati migliaia di capi di bovini che hanno svernato in pianura. Per i comuni dell’alta valle l’introito degli affitti dei pascoli è una voce molto importante nel bilancio. Se torni in valle Maira in estate prova a risalire i valloni di Canosio ,Marmora ,Elva San Michele di Prazzo, Celle di Macra, e visto che ti piace scalare sali su Rocca la Meja o sul Chersogno (meno impegnative della Castello e della Provenzale)e vedrai le bianche vacche piemontesi su tutti gli alpeggi. Sicuramente sono diminuiti i capi dei veri residenti in valle ma sono aumentati i capi che provengono dalla pianura e quando i pascoli vengono messi all’asta è quasi battaglia per aggiudicarseli perché le richieste sono tante .A mio parere sono decisamente troppi i capi che vengono monticati su alcuni alpeggi e da parte di alcuni margari non vi è più il rispetto per la montagna ,che invece un ambiente così delicato richiederebbe .Conosco un margaro che da solo conduce un alpeggio con più di 400 bovini piemontesi,(non le munge) le lascia andare dove vogliono sui pendii più ripidi creando decine e decine di sentieri che quando piove si trasformano in torrentelli provocando frane e piccoli smottamenti. In un altro alpeggio dove mia moglie ha una baita il margaro con la sua famiglia sale con oltre 350 capi dove una volta decine di famiglie salivano con pochi capi curando sentieri,sorgenti , muretti a secco ,falciando i prati vicino alle grange ,ecc. Ora invece si sfrutta al massimo il pascolo senza curarlo. Mi racconta mio suocero che da ragazzo aveva lavorato con gli zii margari che a fine stagione l’anziano capo famiglia lo mandava con un rastrello a disfare le “buse”(cacca di mucca ) per i pascoli in modo che non facessero marcire la cotica erbosa e concimassero tutto il pascolo. Queste cose sono ora improponibili ma un maggiore rispetto per la montagna sarebbe auspicabile. Per Marco,la quota degli alpeggi mi riferivo ai punti più alti pascolati dalle vacche,ad esempio il mio amico Flip ha la baita a 2250 m slm e la maggior parte dei pascoli sono a quelle quote,ma per alcuni giorni le fa pascolare anche sulle creste che costeggiano il vallone raggiungendo i 2650 m slm ma effettivamente non c’è molta erba. L’anno scorso mentre cercavo il genepì mi sono imbattuto in un piccolo gregge di capre a oltre 3000 mslm anche loro lo stavano cercando e purtroppo lo avevano trovato prima di me .Sulle ultime considerazioni di Renzo e Bacco non sono d’accordo
o almeno qui da me la realtà e diversa ti posso dire con certezza che sono diversi i giovani che scelgono questa vita , il figlio di un mio ex collega di lavoro ha appena avviato l’attività con una cinquantina di capi ,Daniela la figlia del mio amico Flip si è sposata e continua con suo marito anche lui margaro su altri alpeggi ad allevare bovini, e non lo fanno certamente per nostalgia.,come pure Sandro che dopo alcuni anni in fabbrica è subentrato al papà nella conduzione della stalla e lui resta in montagna tutto l’anno per fortuna la sua ragazza è anche lei margara e la cosa lascia ben sperare.Al matrimonio di Daniela gli amici le hanno regalato una quindicina di “rudun”i campanacci per la loro nuova mandria.


04/01/2010, 17:01
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Caro Diegos, molto prezioso il tuo contributo.
Sollevi un grave problema: quello dello sfruttamento eccessivo dei pascoli. Come ben sanno quelli che frequentano la montagna, alle quote elevate le ferite si rimarginano con grande lentezza, anzi spesso non si rimarginano più, creando profonde incisioni che si allargano sempre più.
In effetti anche dalle mie parti c'è un interesse crescente da parte dei giovani, e questo è un buon segno.
Ciao,
Marco

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04/01/2010, 17:59
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ciao Diegos, probabilmente viviamo in 2 realtà differenti.In alta valleCamonica più nessuno vuole effettuare lavori agricoli, molti alpeggi non vengono neppure affittati in quanto non ci sono richieste.Questo lo vedo direttamente in quanto dove c'è la mia casa solo un pastore utilizza il terreno.I giovani della valle preferiscono trasferirsi a Brescia, Bergamo o Milano in quanto di per se la valle Camonica offre poco.Ovviamente ci sono delle realtà che vanno controcorrente come ad esempio una amica che ha iniziato a coltivare frutti di bosco o delle conoscenti che hanno intrapreso l'allevamento della capra bionda dell'Adamello.Conosco pure una ragazza con cui collaboro che ha un meleto ma che lo fa più che altro per tenere alto il prezzo del terreno in caso di esproprio.Tieni conto che le mele quest'anno avevano un prezzo di vendita di 0,96 euro/kg contro 1,5 della val di Non.ma per il resto la valle si sta spopolando.Purtroppo invece sono in arrivo i sognatori che vogliono fare attività agricola senza esperienza pensando che si facciano i soldi senza sforzi.Solitamente la prima domanda che fanno è: come si possono ottenere i finanziamenti?io dico sempre che prima di ricevere bisogna dare ma probabilmente sono di mentalità antica.
La valle Maira (terra da cui vengono i miei nonni paterni, io sono un Macagno) è una realtà totalmente differente in quanto non ha subito lo sfruttamento turistico ed industriale (minerario-manufatturiero) della valle Camonica, vuoi per lontananza dalle principali vie di comunicazione, vuoi per mentalità differente dei residenti.

@marco: la mia casa si trova in Val Malga ed era al servizio della diga del Baitone.
Ciao
Adriano


04/01/2010, 19:33
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Salve, dalle mie parti l'allontanamento dai settori legati all'allevamento in montagna capita perche' ci sono alternative economicamente migliori. L'abbandono riguarda l'alta montagna (e quindi la pratica dell'alpeggio in forma privata), mentre a bassa quota c'e' un certo ritorno all'agricoltura, in parte motivato da attivita' di sostegno come piccoli frutti (in piena espansione nel Trentino orientale) e agriturismo. L'attuale fase congiunturale spinge in questo senso, e si recuperano terreni abbandonati.

Da un certo punto di vista significa che la gente puo' scegliere (terziario, turismo) e rappresenta un indice di benessere.
Da un altro intere zone di montagna risultano abbandonate, salvo che per uso turistico/abitativo secondario. Quest'ultimo non salva l'alpeggio come attivita' socio-economica, ma in parte ne preserva l'ambiente (sfalcio, viabilita', sorgenti, etc.).

La zootecnia qui e' in generale regressione, essendo aumentata la soglia di capi necessaria per sopravvivere. Cioe' sopravvivono le stalle grosse di fondovalle, senza pascolo ne' tantomeno alpeggio.

Non puo' che far piacere l'apprendere di realta' diverse come riportato da Diegos per la Val Maira, il cui ricordo per me risale a piu' di trent'anni fa ed era probabilmente prevenuto (a quei tempi mi interessava di piu' l'alpinismo e meno le condizioni socio-economiche dell'arco alpino).

Per Marco: mi sorprende che ci siano malghe in Val Rendena, l'ho sempre vista attraverso un filtro che si chiama Care' Alto, Brenta e impianti da sci. E come tale l'ho frequentata, prevenuto come per la Val Maira, ma anche qui, tanti anni fa.


05/01/2010, 13:48
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Ciao Renzo,
se conosci la mia valle, il Brenta e il gruppo Adamello-Presanella avrai visto le cacche in estate a Malga Movlina, Malga Plan, Malga Valagola, Malga Cioca, Malga Grual, Malga Ritort, Malga Spinale, Malga Campo, Malga Vacarsa, Malga Siniciaga, Malga Nardis, Malga Brogn da l'Ors, Malga Caret-Bedle, Malga Zeledria e tante altre, tutte annualmente caricate in estate.
A fine agosto, da alcuni hanni, si tiene una bellissima manifestazione dedicata alle giovenche presenti in malga, con una sflilata delle manze libere per il centro di Pinzolo.
Nella via valle, la zootecnia è rimasta praticamente l'unica attività agricola.
Ciao,
Marco

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05/01/2010, 14:00
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