VILLA VANNUCCHI:SALVATA IN TEMPO
Lungo l’antica via Teglie intorno al 1755, Giacomo d’Aquino di Caramanico “gentiluomo di camera del Re” acquistò, dai discendenti di Giovanni Battista Imparato, due complessi edilizi, una “Casa palaziata e un casino fatto alla romana” e una masseria di quattordici moggi in parte a bosco.
La dimora è una delle più imponenti della zona vesuviana come mostra il programma figurativo, su progetto dell’architetto Antonio Donnamaria, dell’ampio prospetto sulla strada dove, una partitura di lesene corinzie si alterna a un doppio ordine di balconi, con panciute ringhiere in ferro battuto, sormontati da timpani curvi alle finestre al piano nobile e privi di ornamento al piano superiore; il fronte posteriore, aperto sul panorama circostante si articola in una serie di arcate, logge, porticati sul giardino all’italiana, progettato nel 1783 dall’architetto Pompeo Schiantarelli e caratterizzato, come si legge sulla pianta Carafa, da un viale, che partendo da una quinta ad esedra in fondo al cortile, conduceva ad una fontana con quattro vasche laterali disposte simmetricamente in diagonale, fulcro di quattordici viali aperti a raggiera che giungevano al limite della proprietà, tutto disposto secondo la visuale prospettica del panorama.
La “Villa e delizie dei d’Aquino detti di Caramanico” ebbe il suo maggiore splendore nell’Ottocento, durante il regno di Gioacchino Murat, per le grandi feste che il principe Tommaso d’Aquino e sua moglie Teresa Lembo, nipote di Murat, offrivano agli ospiti, e restano memorabili le feste “ Or quando Gioacchino veniva qua, è chiaro che non vi poteva venir da solo ma il numero di coloro che s’invitavano ad accompagnarlo era tanto strabocchevole, che lo avresti detto un popolo… I gelati e i rinfreschi, durante il tempo di quelle veglie si portavano attorno con tanto eccesso, che era un grande scialacquamento”.
Nella seconda metà dell’Ottocento la villa fu acquistata dal conte Lorenzo Van den Henvel e nel 1912 passò ai Vannucchi.
La villa ha un fronte talmente ampio che non consente di coglierlo con un unico sguardo e la piccola strada non lascia trasparire lo spazio più suggestivo della fabbrica sul retro, dove i corpi laterali serrano doppio loggiato sovrapposto e tutta l’architettura è studiata in funzione del paesaggio e della disposizione digradante del terreno.
Il magnifico giardino retrostante, per vastità solo inferiore al bosco reale di Portici conserva ancora oggi alcuni magnifici esemplari di alberi di canfora e pini e ancora lecci, palme, magnolie, datteri, cedri, mimose, albicocchi.
La cappella dedicata alla Immacolata. La sagrestia, la sala della musica ed un teatro (ex scuderia) concludono il grande progetto architettonico di questa dimora gentilizia che è oggi proprietà del Comune di San Giorgio a Cremano.
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