Un fratello di mia nonna paterna (primo di 13 figli
) ai principi del '900 era emigrato in Francia per lavoro. Si era poi appassionato col ciclismo dedicandoci molto tempo tanto che cominciò a vincere molte gare ed a farsi notare. Qualcuno lo riferì al padre in Italia che richiamò subito il figlio dicendogli che era li per lavorare e non per perdere tempo e far parlare la gente (lo sport all'epoca non era ben visto, specie nell'Italia del sud)
Bene; appena rientrato in Patria fu richiamato in Libia (guerra coloniale italiana del 1912) e dopo qualche tempo il loro reparto cadde in un imboscata di ribelli. Il mio prozio fu ferito alla testa ed al tronco in modo grave. Respinto l'attacco il reparto si rimise in movimento, ed a farsi carico del ferito (uno fra i tanti tra morti e feriti) fu un suo compaesano che in seguito racconto il fatto.
Dopo qualche ora il mio prozio gli disse: ''Lasciami e mettetevi in salvo poichè per me è finita!'' (gli inseguitori aumentati di numero li tallonavano da vicino)
Tutto questo il compaesano lo scrisse alla propria madre che un giorno al mercato in paese vide la mia bisnonna vicina di banco vendita (erano tutte e due contadine che di buon ora si recavano al mercato a vendere) e, senza troppi indugi, gli riferì il fatto del figlio colpito a morte. E così a casa vennero a sapere del figlio...