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API RESISTENTI ALLA VARROA teoria del 4,9mm 
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Maddmax1 - topic39942.html - ha scritto:
Metti i telaini vuoti con una lista di legno (spennelata di cera e che protruda di 1 cm) sotto il bordo inferiore della barra superiore del telaino. Da' abbondante nutrizione con candipolline (o con sciroppo se sei avaro). Le api faranno quello che hanno sempre fatto negli ultimi 20 milioni di anni: FAVI con celle piccole che ti aiuteranno nella lotta contro la varroa dato si' che le api nelle celle piccole emergono con molto anticipo evitando così che 1-2 varroe femmine si sviluppino ad ogni ciclo per ogni singola cella. Però tieni presente che questa è una teoria eretica.
Maddmax
Più che una teoria eretica, è una teoria e basta. Da quanto scrive Apibio, le api, lasciate a loro stesse, costruiscono celle uguali a quelle in cui sono nate, donde anche la difficoltà di far loro costruire i fogli da 4,9. E non esiste nemmeno la prova che la ligustica costruisca in natura cellette da 4,9. Nel suo libro "Apicoltura" (Milano, 1880), Giovanni Canestrini, approposito delle misure delle cellette, scriveva questo:
"Cella da operaia, da parete a parete, compresa la grossezza delle pareti, misura mill. 5,115
Le dimensioni estreme sono per queste celle mill. 4,98 e 5,38"

Un valore medio lontano, è vero, da quello di 5,4 ma anche dal 4,9.

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16/04/2012, 15:58
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Sull' efficacia delle celle piccole si potrebbe al limite anche discutere ma sul fatto che le api messe si telaini senza fondazione in due giri costruiscano celle piccole non ci piove. Fate la prova.
Maddmax1

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17/04/2012, 22:27
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In effetti, volevo fare una prova quest'anno, intendevo popolare quattro arnie Warré ma non credo che ne avrò il tempo.

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17/04/2012, 22:44
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Obombo ha scritto:
Più che una teoria eretica, è una teoria e basta. Da quanto scrive Apibio, le api, lasciate a loro stesse, costruiscono celle uguali a quelle in cui sono nate, donde anche la difficoltà di far loro costruire i fogli da 4,9.
Esatto, teoria è e teoria rimane. Prove, ci vogliono prove. Io un pò ne ho fatte ed il risultato è che le api allo stato libero (o selvaggio o lasciate a loro stesse) costruiscono celle NON INFERIORI a 5 millimetri.

Maddmax1 ha scritto:
Sull' efficacia delle celle piccole si potrebbe al limite anche discutere ma sul fatto che le api messe si telaini senza fondazione in due giri costruiscano celle piccole non ci piove. Fate la prova.
Maddmax1
Ci piove, ci piove eccome!!!
Io la prova l'ho fatta l'anno scorso piu' di una volta e anche quest'anno.
L'anno scorso ho messo dei telaini son il solo file (senza foglio) a tre arnie diverse, il risultato è che in tutte e tre le arnie le celle costruite variavano tra 5,0 e 5,1 millimetri, quindi celle grandi quanto quelle in cui sono nate.

Gli sciami che raccoglievo gli anni scorsi (e ne ho raccolti tanti), che avevano costruito favi dove si erano posati in mancanza di altro, avevano costruito celle GRANDI, superiori a 5,0 millimetri.

Però non sapevo da quanto tempo erano lì.
Invece quando sono andato per provare a prendere (provare perchè poi non li ho presi data la complessità della cosa) degli sciami in un muro, che erano lì da oltre due anni, anche qua le celle costruite erano non inferiori a 5,0 millimetri.

E queste sono prove che ho fatto io, misurandole perchè VOLEVO credere che con il 4,9 mm si risolvesse il problema varroa.
Evidentemente sbagliavo.
Comunque siete sul forum per smentirmi, smentitemi allora.

Inoltre se così fosse, che motivo c'è per chi decide di adoperare il 4,9mm di comprare fogli cerei da 4,9mm se le api le costruiscono da sè dopo soli due giri?
Misteri della fede. :?

Saluti

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Fernando Caivano
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Dalle Terre Selvagge agli occidentali lidi,
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17/04/2012, 22:45
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Punto numero "A" la dimensione delle celle industriali e' 5.4 mmm e non 5 il che la dice lunga su tutta la materia del contendere. Quando si va da 5.4 mm a 4.9 mm il VOLUME cubico delle celle scende di circa il 30%, se non mi ricordo male.
Le api inselvatichite costruiscono in prima istanza un favo da CIRCA 5.1mm. Alla seconda tornata vanno anche sotto a 4.6-4.9. Non tutte le razze e le famiglie rimpiccioliscono le celle con la stessa rapidita' e non tutte arrivano alla stessa dimensione.
-Ma non entriamo nella pippa mentale dei nanometri-virgola-zerozero: rimane il fatto che piu' piccole sono le celle, piu' piccole sono le api e piu' rapidamende la covata viene chiusa e piu' rapidamente le api emergono. Con celle a 4.9 per ogni generazione per ogni singola cella nasce circa una femmina fertile di varroa , ovvero piena di uova, in meno rispetto alle celle da 5.4.
-Inoltre, api piccole hanno spiracoli piccoli attraverso cui gli acari delle trachea fanno piu' fatica a passare.
-Inoltre api piu' piccole bottinano piu' lontano passando da 5 a 8 miglia.
-Inoltre, se le api (che sono sopravvissute 20 milioni di anni) fanno celle piccole, a me sembrerebbe logico pensare che non sono deficienti ma hanno le loro buone ragioni.
-Inoltre la prova e' che io tratto 1-2 volte con ossalico sublimato, ho tre alveari che stanno sotto la neve 4-5 mesi all' anno a 1500 metri e faccio miele a sufficienza per la mia famiglia e per i regali di Natale. E se questo non bastasse, ci sono un sacco di apicoltori che fanno la stessa cosa e se la ridono di tutti. http://www.mieliditalia.it/bio_api_stress.htm" target="_blank" target="_blank
-Inoltre io non compero i fogli cerei da 4.9: come ho ripetutamente scritto, li lascio fare alle api. Certo, se li misurassi con il nonio, probabilmente troverei delle imprecisioni costruttive ma chissenefrega?!
Io davvero non riesco a capire la ragione di tutta questa avversione ad almeno provare a capire. Nella peggiore delle ipotesi non cambia niente perche' non e' ragionevole pensare che le api non sappiano costruire i favi. Nella migliore delle ipotesi si risolve il problema varroa. Che cosa c'e' da perdere ad almeno provare a capire?
Misteri dei dogmi infallibili.
Maddmax

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21/04/2012, 23:39
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Ciao a tutti
Vi riporto un testo dell'articolo di Giancarlo A. Piccirillo a proposito di celle e misure, è interessante anche se un po vecchio.
Studio che mi pare alla base delle teorie dei fratelli Lusby
L'ho tradotto tempo fa in fretta e furia per un altro forum ed il mio inglese non è dei migliori perciò perdonate gli errori

---------------------------------------

<<L'influenza delle dimensioni delle celle nel favo di covata nel comportamento riproduttivo della ectoparassiti acaro Varroa destructor in colonie africanizzate di api

Giancarlo A. Piccirillo 1,2 and D. De Jong 3
1 Departamento de Biologia/Área Entomologia, FFCLRP, Universidade de São Paulo,
14040-901 Ribeirão Preto, SP, Brasil 14040-901 Ribeirão Preto, SP, Brasil
2 Departamento Fitosanitario, Museo de Artrópodos (MALUZ), La Universidad del Zulia,
AA. AA. 525, Maracaibo, Venezuela 525, Maracaibo, Venezuela
3 Departamento de Genética, FMRP, Universidade de São Paulo, Ribeirão Preto, SP, Brasil 3
Corresponding author: D. De Jong
E-mail: ddjong@fmrp.usp.br

Ricevuto il 24 gennaio 2003
Pubblicato il 10 marzo 2003

RIASSUNTO. api Africanizzate (Apis mellifera, Hymenoptera: Apidae) in Brasile sono tolleranti dalle infestazioni con l'acaro "esotico asiatico" ectoparassiti, Varroa destructor (Mesostigmata: Varroidae), mentre le api europee utilizzate in apicoltura per la maggior parte del mondo, sono gravemente colpite.
api Africanizzate sono normalmente tenute in alveari con piccole celle di covata di larghezza e con celle di covata a base di dimensioni europee entrambe naturalmente costruite , ma sappiamo che la dimensione della cella del favo ha un effetto sul comportamento riproduttivo della Varroa .
Tre tipi (dimensioni) di favi di covata sono stati collocati in ciascuna delle sei colonie africanizzata di api: new (self-built) favo africanizzato , nuovo favo italiano (fatto da italiani dimensioni commerciali), e il nuovo favo della carnica (costruito naturalmente dalle api carniche). Circa 100 celle di ogni tipo sono state analizzate in ogni colonia.
Le celle del favi Africanizzati erano significativamente più piccole (interno) larghezza (4,84 mm) rispetto alla dimensione europea delle celle del favo (5.16 e 5.27 mm per le celle italiane e carnica, rispettivamente).Il numero di cella di covata infestate (percentuale di celle infestate) sono risultate significativamente più alte nel favo delle api Carniche (19,3%) che nelle celle del favo italiano e africanizzato (13.9 e 10.3%, rispettivamente).
Il Favo delle api Carniche aveva anche un numero notevolmente maggiore di acari adulti di sesso femminile per 100 celle di covata (24,4) l'italiano (17,7) e l' africanizzato naturale delle operaie (15,6).Favi europei delle operaie sono sempre più infestati da quello africanizzati nella stessa colonia.
C'è stata una correlazione altamente significativa (P <0.01) tra larghezza della cella e il tasso di infestazione da Varroa in quattro delle sei colonie.
Il piccolo favo e la larghezza di celle prodotte da api Africanizzate possono avere un ruolo nella capacità delle api di tollerare le infestazioni di Varroa destructor, inoltre sembra anche per la resistenza alle malattie.

Varroa destructor Parole chiave: La riproduzione, la Resistenza, le dimensioni delle celle del Natural favo, favo Honey Bee, Varroa destructor

INTRODUZIONE


L'acaro ectoparassiti dell'ape, Varroa destructor, provoca gravi danni per l'ape occidentale (Apis mellifera), mentre apparentemente ben si adatta e fa ben poco danno al suo ospite naturale, l'ape asiatica, Apis cerana (De Jong et al. 1982b). questo acaro si riproduce quasi esclusivamente sulla covata Maschile, mentre in A. mellifera si riproduce su entrambi operaie e covata Maschile (Koeninger et al., 1981; De Jong, 1988).
Le api operaie adulte che si sviluppano dalla covata infestata sono più piccole del normale (De Jong et al., 1982a) e hanno una durata di vita molto ridotta (De Jong e De Jong, 1983).
Tuttavia, in Brasile, dove l'apicoltura è basato su api Africanizzate, non ci sono state perdite di colonie miti a causa di questo(De Jong, 1997).

Numerosi studi sono stati compiuti per indagare i possibili meccanismi di resistenza delle api dalla varroa, soprattutto in api Africanizzate.
Fattori che influenzano i tassi di infestazione da acari includono: condizioni climatiche locali (Ritter e De Jong, 1984; De Jong et al., 1984), la razza delle api (Moretto et al., 1991), infertilità di femmine adulte (Camazine, 1986; Correa -Marques et al., 2003), l'assenza della regina (De Jong, 1981), diminuzione del tempo di sviluppo di africanizzata covata lavoratore (Message, 1986) e il tasso di rimozione di covata infestate (Correa-Marques e De Jong, 1998; Guerra Jr . et al., 2000).

Covata Maschile, che è allevata in celle molto più grandi di quelli delle operaie, è più pesantemente infestate da varroa(Fuchs, 1990).
larve Maschile trapiantate in celle di operaie diventano meno infestate da varroa rispetto a quando allevati nelle celle Maschile (Issa et al., 1993), il che indica che la dimensione della cella influisce.
Celle di covata di operaie, che sporgono sopra la superficie favo, sono anche molto più infestata di celle normali (De Jong e Morse, 1988; De Ruijter e Calis, 1988; Kuenen e Calderone, 2000).
Ciò può essere dovuto a una distanza più breve tra la larva e il cerchio delle celle nel momento in cui la cella di covata è sigillato (Boot et al., 1995).


In Brasile, alveari di norma contengono dimensioni favi naturali con celle relativamente piccole(self-made) o favi con celle più grandi, di dimensioni europee.
Molti hanno favi con entrambi i tipi di celle.
Queste differenze di dimensioni delle celle del favo potrebbero influire sullo sviluppo delle popolazioni di varroa, tuttavia, questa possibilità è stata poco studiata.
In Brasile, come in altri paesi (Arnst, 1996; Coggshall e Morse, 1984), gli apicoltori hanno cercato di rendere le api più grande di come sono naturalmente inducendole a costruire celle del favo di grandi dimensioni , naturalmente.
Il vantaggio rispetto al favo di grandi dimensioni è stato un argomento controverso per più di 100 anni (Birkey, 2000).
Gli Apicoltori possono indurre artificialmente la produzione di api più grandi, tuttavia, non è chiaro se vi sia un vantaggio per una tale pratica di gestione.

Message e Gonçalves (1995) hanno confrontato i livelli di infestazione da Varroa in una colonia di api africanizzate e in una prima generazione ibrida (italiano / africanizzate) in favi di covata di operaie italiano e africanizzate .
Essi hanno scoperto che le celle di covata di dimensioni italiane erano due volte più infestato delle africanizzate in entrambe le colonie.
Abbiamo esteso questo esperimento, esaminando i livelli di infestazione da Varroa e le dimensioni delle celle di covata in ape carnica, italiana e africanizzate in sei colonie africanizzate di api.

MATERIALI E METODI


Tre favi sono stati collocati fianco a fianco al centro della zona di covata di ciascuno delle sei colonie africanizzate mantenute nella norma 10 telai x alveari Langstroth al nostro apiario University di Ribeirão Preto, Stato di São Paulo.
Un telaio è stato inizialmente introdotto senza cera, e le api hanno costruito il favo e le sue celle da operaie .
Una secondo Telaio conteneva un foglio italiano celle di circa 5,4 mm di larghezza
Questo è il tipo normalmente utilizzati in Brasile.
Il terzo Telaio aveva un favo nuovo prodotto naturalmente in una colonia Carnica in apiario, ma che non era stato utilizzato in precedenza per covata.
Tutte le colonie hanno ricevuto cibo supplementare con sciroppo di saccarosio.
Non è stata trovata covata Maschile in una qualsiasi delle colonie durante l'esperimento.

Dopo che la covata di operaia è stata opercolata i favi sono stati portati al laboratorio tutti i giorni.
Ogni ape nata, è stato esaminata attentamente per varroa, e la cella è stata accuratamente esaminata con l'aiuto di un otoscopio.
La larghezza interna di ciascuna cella è stata misurata con un calibro con una precisione di 0.05 mm.
Tre misurazioni sono state fatte di ogni cellula, corrispondente alla distanza tra i lati paralleli della cella esagonale in tutte e tre le direzioni.
Questa procedura è stata ripetuta , circa 100 celle sono state esaminate e valutate in ogni favo (50 su ciascun lato).

Confronti tra i tassi di cella di covata infestata sono state effettuate con un test del chi-quadrato per le proporzioni e con un test binomiale.
Il test di correlazione di Pearson è stato utilizzato per calcolare il rapporto tra il numero di acari che infestano ogni cella di covata e la larghezza della cella in ogni colonia.
Il test Tukey è stato utilizzato per confrontare larghezza della cella, si intende ogni volta che un one-way ANOVA indichi differenze significative.

RISULTATI

Le larghezze delle celle dei tre tipi di favi (Tabella 1) erano significativamente differenti (P <0,001, F = 103,38, one-way ANOVA).
La larghezza interna della africanizzate è stato di circa 4,84 millimetri, e la sezione trasversale delle celle italiane e Carniche era di circa 14 e il 19%, rispettivamente, superiore a quella del naturale favo africanizzato celle di operaie.
celle del favo Carnico erano significativamente più ampie rispetto alle celle del favo italiano, che a loro volta erano significativamente più ampie di quella africanizzate(Tabella 1, test di Tukey).

La percentuale di celle di covata di operaie infestate da varroa è stata più elevata nel favo Carnico, seguita dal favo italiano, e più bassa nel favo africanizzato , in tutte e sei le colonie (Tabella 2).
Queste differenze sono significative (P <0,05, test di confronto binomiale).
La media delle operaie per cento celle di covata infestata nei favi Carniche era circa il doppio di quello trovate nei favi di africanizzate (tabella 3), questa percentuale era significativamente più alta nei favi di Carniche, rispetto ai tassi di infestazione in favo italiano e favo africanizzate (P <0.05, Chi-square test).
Le celle italiane favo sono stati più frequentemente infestati da quello africanizzate celle, ma la differenza non era significativa (P = 0,07).

Il tasso medio di infestazione (numero medio di acari femmina per cella di covata) è stata significativamente più elevata nei favi Carniche rispetto nei favi italiano e africanizzate (tabella 3, P <0.05, test di Tukey).
Questo tasso di infestazione è stato maggiore nelle italiane rispetto alle celle africanizzate , ma la differenza non era significativa (P = 0,17).

Un'ulteriore analisi è stata fatta del rapporto tra il numero di originali invasori femminili di varroa (tasso di infestazione) e la larghezza delle celle di covata in ogni colonia, comprese tutte le celle esaminate in ciascuno dei tre tipi di favi.
Vi era una correlazione positiva tra la larghezza della cella e il tasso di infestazione in tutte e sei le colonie (Tabella 4).
Questa correlazione è stata significativa in quattro delle sei colonie (P <0.05, coefficiente di correlazione di Pearson).

DISCUSSIONE

Infestazioni da acaro Varroa in covata api africanizzate sono chiaramente interessati dalla larghezza della cella favo.
Rispetto alla colonia stessa, le celle più grandi , quelli in favi Carniche (media di circa 5,3 millimetri larghezza interna) sono stati circa il 38% in più rispetto alle celle infestate misura italiana (in media di circa 5,15 millimetri), che a loro volta erano circa 13% in più infestate che l'auto-costruita africanizzata (media di circa 4,8 mm).
Questa stessa tendenza è stata trovata in tutti e sei colonie.
Message e Gonçalves (1995) hanno rilevato più del doppio di molti acari in favo italiano rispetto all africanizzato
, tuttavia, hanno usato vecchi favi africanizzati, con le celle molto più piccole (4,5-4,6 mm all'interno di larghezza), mentre i nostri favi africanizzati sono di recente costruzione, e quindi avevano le celle più grandi.
Questa potrebbe essere la ragione per la maggiore differenza nei tassi di infestazione nei due tipi di favi in studio del Message e Gonçalves (1995), rispetto al nostro studio.
Inoltre, nelle nostre colonie sperimentali gli acari potevano scegliere tra una piccola celle del favo africanizzata,le celle "medie" italiane e celle di carnica grandi.
Le femmine varroa hanno scelto le celle più grande nello studio di Message e Gonçalves (1995), ma nelle loro colonie gli acari aveva solo una scelta tra le piccole e grandi celle africanizzate e le celle del favo italiano.

Quando tutte le circa 300 celle di covata di operaie analizzate in ogni colonia sono stati confrontate, abbiamo trovato una significativa correlazione positiva tra la larghezza della cella e il numero di infestazione di femmine varroa per cella in quattro delle sei colonie.
Una delle colonie (colonia 43, tabella 4) per il quale la correlazione è stata positiva, ma non significativa,avevano naturalmente costruito celle di covata che erano insolitamente grandi(Tabella 1).
Questi erano più vicine alla dimensione delle celle italiane e Carniche che alle altre colonie.
La differenza tra la riduzione africanizzate e le celle del favo europeo in colonia, può essere la ragione per cui la correlazione tra la larghezza della cella e l'infestazione da Varroa non era così fortemente positiva come nelle altre colonie.

Femmina adulta Varroa invade celle di covata di operaie e Maschile, durante un breve periodo prima che la cella è chiusa: 15-20 h prima della sigillatura nelle celle delle operaie e 40-50 h in celle Maschile.
Questi periodi possono essere una conseguenza di una distanza critica circa l'attrazione, tra l'apertura delle celle e la larva.
Questo è 6,9-7,9 mm in celle delle operaie e 7,2-7,8 mm di celle Maschile (Boot et al., 1995). Calis et al. Calis et al. (1993) and Beetsma et al. (1993) e Beetsma et al. (1999) hanno trovato che le celle ridotte èrano diventato più infestate.
I tassi più elevati infestazione che abbiamo trovato nelle celle più ampie potrebbe essere una conseguenza di una minore distanza dal bordo cella della larva, dal momento che nelle celle più ampie la larva impiega più tempo per riempire il fondo della cella e si avvicina al bordo(Calis et al., 1993).

Come la varroa è più diffusa nelle grandi dimensioni delle celle di covata europee di operaie che nel favo africanizzato costruito naturalmente, l'uso di favi di dimensioni innaturali a grandi celle dovrebbe essere riesaminato alla luce del suo effetto sui livelli di infestazione del parassita.
La Varroa ha preferenza per le celle del favo più grandi questo potrebbe essere un fattore che contribuisce a tassi più elevati al 60% di infestazione delle api adulte che è stato trovato in colonie dell'apiario, che contengono favi con celle di dimensioni sia italiane e africanizzate , rispetto ai selvatici di colonie africanizzate, con la naturale dimensione delle celle del favo, esaminato nella stessa regione in Brasile (Gonçalves et al., 1982).>>

Tralascio la bibliografia


22/04/2012, 1:40
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Non voglio stare quì a dire se ha ragione apibio o meno. Volevo solo far notare che secondo me il forum dovrebbe essere un luogo di ritrovo dove poter scambiare informazioni, esperienze, idee. Se Apibio ha voluto far degli esperimenti di lotta alternativa e ha ottenuto dei risultati è giusto che li divulghi in modo che altri possano sperimentare e vedere se ottengono risultati simili. Questo tra l'altro è il metodo usato dalla comunità scientifica internazionale. Trovo quindi sbagliata questa "censura" nei suoi confronti, questa accusa di non rispettare le regole sanitarie, ecc. Le grandi scoperte dell'umanità sono arrivate perchè qualcuno ha avuto il coraggio di pensare contro corrente. Oggi non conosceremo l'America (e forse sarebbe meglio :lol: )se Colombo avesse dato retta al mondo che diceva che la Terra era piatta. Libertà di pensiero e parola non dovrebbero mai venire meno in un paese "civile". Lo siamo ancora? :?

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22/04/2012, 9:38
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Il ragionamento di maddmax fila, però se avete voglia di sentire un altra campana potete leggere http://www.ent.uga.edu/bees/documents/m08138.pdf

Lo studio citato da tfotb è interessante ma se ho ben capito è stato fatto su api africanizzate con diversi tipi di celle, non su api europee.


22/04/2012, 19:14
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Mellifera ha scritto:
Trovo quindi sbagliata questa "censura" nei suoi confronti, questa accusa di non rispettare le regole sanitarie, ecc.
A me non risulta alcuna censura nei confronti di Apibio, e per quanto riguarda le accuse di non rispettare le regole sanitarie, l'incidente è stato chiuso più di due anni fa, non mi pare il caso di andare a rivangare.

Le dimensioni delle celle costruite naturalmente dalla ligustica, sia quelle riportate nello studio tradotto da Thefligt (grazie Marco per la traduzione), che quelle dell’articolo linkato da Maddmax, non si discostano di molto da quelle pubblicate dal Canestrini cento trent'anni fa e sono mediamente di 5,1 - 5,2 mm.
Quindi, se non ho capito male, le celle da 4,9 mm (di 4,6 non se ne parla proprio nel caso della ligustica) sono lontane dalle celle costruite naturalmente tanto quanto quelle da 5,4.
Se dimostrato che servano per combattere la varroa, è ovvio che verranno adottate, ma, a quanto pare, gli studi scientifici finora fatti, danno risultati contradditori.
A me piacerebbe avere un po' di numeri da Apibio e da chi come lui usa esclusivamente questo metodo.

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