Rispondo prima a Francesco: Quello che qualifica l’imprenditore è il tipo di attività in concreto esercitata in termini di tempo lavoro/reddito (2135 c.c. o 2195 c.c.) come avrai capito il mio era solo un ragionamento iperbolico per far comprendere le conseguenze pratiche di un ragionamento del genere.
In altre parole se mi si dice il reddito prodotto dalla lombricoltura è reddito d’impresa al 100% (cosa che evidentemente non è) io rispondo che allora l’attività di lombricoltura è attività commerciale.
Non so se mi sono spiegato ma non esiste l’imprenditore “fiscalmente” agricolo e l’imprenditore “fiscalmete” commerciale. Esistono l’imprenditore agricolo ( allevamento silvicoltura ecc…) e l’imprenditore commerciale (produzione di beni e servizi,intermediazione, trasporti ecc..) che sono sottoposti a due discipline diverse dal punto di vista legislativo e tributario.
L’ imprenditore agricolo poi è destinatario di una particolare disciplina di favore in quanto gli è consentito di svolgere alcune attività che sono proprie dell’imprenditore commerciale ma in regime agricolo (quindi con tutti i vantaggi del caso).
Tutto ciò a condizione che tali attività (quindi ad esempio ristorazione, ospitalità,lavorazione e vendita prodotti ecc..) vengano esercitate in connessione con l’attività agricola che deve rimanere prevalente in termini di tempo lavoro reddito. Ci sono poi altre leggi che stabiliscono quali sono queste proporzioni (ad esempio le varie leggi regionali sull’agriturismo, la legge sulle imposte dirette ecc..)
Insomma il succo è che deve comunque permanere un legame abbastanza forte con la coltivazione del fondo. Se questo legame si spezza l’imprenditore agricolo perde le sue prerogative e a volte la sua qualifica.
Dal punto di vista tributario l’art 32 del TUIR fissa questo limite al comma 2 lettera b: in sostanza mi si dice se vuoi essere considerato imprenditore agricolo puoi svolgere attività di allevamento (anche intensivo) l’importante è che tu possa produrre almeno un quarto dei mangimi che dai agli animali dal tuo terreno.
Non è importante che poi quei terreni vengano messi effettivamente a coltura quello che viene fissato è solo un parametro quantitativo per quantificare la “forza” di questo legame (potremmo definirlo “un indice virtuale di sostenibilità allevatoriale”) (perdonami ma non riuscivo a descriverlo in altro modo).
Se superi questo limite l’eccesso di reddito te lo tasso come se fosse proveniente da attività commerciale. Se poi questi introiti diventano il 100% del tuo reddito allora sei un imprenditore commerciale perché in realtà tu non coltivi proprio nulla.
Se non si ragionasse in questi termini anche gli enormi stabilimenti che allevano polli in batteria e ne macellano 10.000 al giorno potrebbero essere considerati imprenditori agricoli ( ai sensi del 2135 c.c. per allevamento si considera anche solo una parte del ciclo biologico quindi anche solo accrescimento o solo ingrasso).
Chiudo dicendo che una certa disparità di trattamento comunque permane perché non inserendo i lombrichi nella tabella relativa al calcolo del reddito commerciale forfettizato (quadro RD dell’UNICO per capirci non quella relativa al calcolo delle unità foraggere) si preclude comunque al’imprenditore agricolo di calcolare “l’eccesso di reddito” in misura forfettizata e di fatto gli si impone di farlo in via analitica (nulla che però possa giustificare addirittura un conflitto di costituzionalità a mio parere).
Adesso rispondo ad Alessandro:guarda in realtà la cosa è piuttosto lineare.
In pratica la lombricoltura è attività agricola di allevamento e su questo non ci piove perché lo dice l’articolo 2135 c.c. (lì non c’è proprio nessun buco normativo te lo assicuro).
L’articolo 32 del TUIR al comma 2 lettera b (lo conoscete a memoria ormai penso) mi dice che i lombrichi li posso allevare a patto che io gli possa dare da mangiare almeno un quarto di quello che loro consumano in un anno.
Il comma 3 mi dice che un successivo atto ( che non è una legge ma un semplice atto amministrativo gerarchicamente subordinato allo stesso TUIR ed al codice civile che sono entrambi legge ordinaria statale) fisserà i criteri di calcolo per le varie specie animali per calcolare in pratica quanto mangime consumano all’anno.
Questo decreto si è dimenticato i lombrichi.
La legge comunque stabilisce qual è la massima densità allevatoriale che devi rispettare per essere tassato in regime agricolo (lascia perdere ordinario o forfettizato perchè non c’entra niente in questa fase) ?
Si, art.32 comma 2 lettera b a questo punto io conosco già quale è il mio limite produttivo
Ora tu lo sai quanto letame consumano all’anno i tuoi lombrichi e quanto terreno hai ?
presumo di si
Quante mucche potrebbero starci su quei terreni usando la tabella del ministero ?
Adesso apri un libro di agronomia e verifica di media quanto letame produce all’anno una mucca e tieniti prudente.
Ecco il tuo indice (quali magici calcoli pensi abbiano usato o useranno al ministero dell’agricoltura per trovare quei valori ? ).
Se ci stai dentro ( e probabilmente ci stai ) dichiara il reddito agrario normalmente (quadro RA) altrimenti fai l’analitico per la parte che avanza.
La risposta che invece mi hai dato tu è siccome l’indice non c’è TUTTO il reddito che IO produco dai lombrichi lo dichiaro come reddito COMMERCIALE DA ATTIVITA' CONNESSA negli altri quadri dell’ UNICO. Ed è per questo che tu dici che la lombricoltura da sola non si può esercitare. (
infatti come tutti sapranno il reddito da attività agrituristica ed il reddito da attività connesse che hanno ad oggetto beni provenienti prevalentemente dalla coltivazione del fondo
è produttivo di reddito d’impresa ossia COMMERCIALE e và determinato in via analitica nei quadri RF o RG).
In sostanza è come se sui tuoi terreni non si potesse allevare neppure un lombrico !!!
Quindi in definitiva dico solo una cosa molto semplice:
non è la dichiarazione dei redditi che qualifica l’attività che svolgi ma la legge.________________________________________________________________________________
Adesso faccio io una domanda a voi (ovviamente è rivolta a chiunque avrà voglia di rispondermi):
In caso di una ipotetica contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate circa la proporzionalità dell’allevamento rispetto alla superficie utilizzata quale criterio ( o tabella ) dovrebbe essere utilizzata da quest’ultima per la determinazione del superamento della densità allevatoriale consentita ?Concludo fornendovi un’ ulteriore soluzione molto concreta e attuabile in tempi ragionevoli . Ponete un quesito all’Agenzia delle Entrate sotto forma di Interpello o di Consulenza Giuridica (quest’ultima potete porla solo tramite associazione di categoria o sindacato) facendo presente il problema e chiedendo quale sistema di calcolo dovreste usare in mancanza degli indici stabiliti dal DM 10/05/2010 (ovviamente rimarcando il fatto che si tratta di attività allevatoriale principale ai sensi del 2135 c.c. ecc…).
Di solito rispondono abbastanza velocemente e se lo riterranno necessario saranno loro ad interessare il Ministero dell’Economia e delle Finanze con cui hanno rapporti diretti per chiedere chiarimenti. (
tenete presente che con l’interpello se l’Agenzia non risponde entro 90 giorni ai sensi della legge 241/90 si forma il silenzio assenso con conseguente accoglimento della tesi giuridica prospettata dal contribuente).
L’istanza è gratuita ed esente anche dall’imposta di bollo (quindi otterrete il vostro risultato al prezzo di una raccomandata).
Vi avverto però che questa è un’arma a doppio taglio e vi consiglio di esporre molto bene la questione perché una volta che vi avranno risposto o vi atterrete alla risposta che vi daranno o l’unica via d’uscita sarà quella di aprire un contenzioso.
Per maggiori informazioni e differenze tra interpello e consulenza giuridica :
http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/co ... differenze" target="_blank" target="_blank" target="_blank" target="_blank" target="_blank" target="_blank" target="_blank" target="_blank" target="_blank" target="_blank" target="_blank