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Lettura presso l’Accedemia dei Georgofili 
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Sez. Orticoltura
Sez. Orticoltura

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RIFLESSIONI E PENSIERI SULLA RIVOLUZIONE GLOBALE NELLE TECNICHE DI COLTIVAZIONE
DELL’OLIVO. NASCONO COSI’ NUOVE REALTA’ DESTINATE AD AUMENTARE PER FAR FRONTE AL
FABBISOGNO DELL’INDUSTRIA
In una , il professor Filiberto Loreti esamina il futuro e i destini
dell’olivicoltura mondiale, a partire da nuovi modelli agronomico gestionali che furoreggiano nel mondo ma
che stentano ad attecchire in Italia. Una presentazione dettagliata con informazioni ricche di dati tecnici e
scientifici.
Lamentarsi dell’andamento dell’agricoltura italiana è ormai un argomento scontato, cercare e trovare il
colpevole non risolve il problema, parlare con dati alla mano è raro, immaginare di dover ammettere che il
sistema adottato è perdente per lo sviluppo futuro può sembrare una sconfitta. Statuizioni ovvie ma che
possono non rivelarsi tali quando si parla del mondo dell’olivicoltura nostrale. Riflessioni che emergono a
seguito della panoramica presentata durante un importante occasione di riflessione a carattere tecnicoscientifico
che si è svolta presso la sede accademica della prestigiosa Sala dei Georgofili, a Firenze tenuta
dal Prof. Filiberto Loreti del Dipartimento di Coltivazione e Difesa delle Specie Legnose dell’Università di
Pisa.
Una presentazione dettagliata con informazioni ricche di dati tecnici e scientifici per un pubblico di addetti ai
lavori e, pertanto,utile a far riflettere i tecnici ed i produttori di oggi e di domani. Un confronto credo più che
mai necessario a risvegliare il tepore instabile dell’agricoltura italiana che, adagiata sugli allori del passato,
non guarda con spirito propositivo l’attuale andamento dell’agricoltura europea, spagnola in particolare.
In quest’ultimo Paese, infatti, lo studio dei sistemi intensivi iniziarono a Cordova su varie tipologie di cultivar
come Albequina, Arbosana e Koroneiki tenendo conto delle loro specificità e caratteristiche quali, per la
prima, si nota una precoce entrata in produzione ed un buon rendimento se pur compensata da una bassa
stabilità dell’olio e una suscettibilità alla rogna a differenza della seconda resistente all’occhio di pavone e
con una buona tolleranza al freddo. Infine la cultivar Koroneiki caratterizzata da un alto contenuto in acido
oleico, resistente alla rogna ma con un vigore eccessivo. Studio che è iniziato partendo da 700 piante per ha
fino a raggiungere la messa in dimora di 2580 ha permesso di far registrare un aumento costante in
produttività, ad eccezione del 4° anno (2004-2005) dove si è registrata una battuta di arresto a causa di una
gelata.
Sarà necessario attendere i prossimi anni per poter disporre, quindi, di risultati sempre più validi ed
attendibili. Per tali tipologie di impianti, oltre alla scelta varietale che è determinante in base alle sue
caratteristiche, è stato sottolineato come un’attenzione particolare deve essere posta su determinati aspetti
quale il rispetto delle corrette distanze tra le file in modo da evitare ombreggiamenti che possono rendere
improduttiva la parte basale della pianta, provvedendo quindi a garantire una distanza di 6 m.
Inoltre, per l’aspetto della potatura, con gli impianti superintensivi, risulta possibile ridurla a 1-2 passaggi al
fine di eliminare i rami laterali vigorosi che, con angolo di inserzione stretto, esercitano una competizione con
gli altri rami comportando uno squilibrio per la pianta stessa nonché determinando un raddoppio dell’asse.
Una volta raggiunta l’altezza di 2,20-2,50 metri si procederà alla spuntatura dell’asse per arrivare al 7-8°
anno alla potatura di tipo meccanica (topping e edging ovvero regolazione dell’altezza e spessore della
chioma).
La potatura laterale quindi, risulta indispensabile in quanto permette l’intercettazione della luce ed inoltre
facilita il passaggio della macchina. Questo però non elimina la necessità di una potatura di tipo manuale
che si ritiene sempre indispensabile fin dalla base; aspetto che chiaramente incide sui costi di produzione e
del quale si deve tener conto. Per quanto riguarda l’aspetto di longevità e produttività, sono stati sottolineati i
dubbi ancora esistenti dovuti al fatto che tale sperimentazione è ancora troppo recente per fornire dati
attendibili e che pertanto sarà necessario attendere altri 8-10 anni di vita produttiva per trarne le dovute
considerazioni. Ad oggi è stato possibile notare che le cultivar interessate (Arbequina, Irta i-18, Arbosana I-
43, Koroneiki i-38) iniziano a fruttificare al 2-3 anno di vita per entrare in produzione al 5-6 anno con una
media di 90-120 qli/ha. Il prof. Loreti ha giustamente evidenziato come parlare di vita produttiva non significa
di conseguenza confermarne anche la vita economica attesa poiché al momento tale aspetto non è
prevedibile.
Le prove effettuate sia a Cordova che a Tarragona hanno dato alla luce risultati differenti: poste su terreni e
microclimi differenti la produzione non si è verificata in maniera uguale evidenziando una produzione più
elevata a Cordova su tutte le cultivar, ad eccezione della varietà Arbosana che è risultata maggiormente
Il Villaggio dell’Olio da olive
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produttiva a Tarragona. Risultati interessanti sono pervenuti anche dalle sperimentazioni effettuate in Puglia
dove non si sono ottenute, su medesime cultivar, gli stessi risultati: Fs 17 ha mostrato una produzione più
elevata sebbene più vigorosa, Urano ha mostrato una vigoria inferiore alle altre cultivar risultando un buon
portainnesto. Le cultivar nostrane quali frantoio, cipressino e coratina sono risultate inidonee e, pertanto, da
scartare a causa dei fattori di vigoria e produttività. Quanto alle malattie che più facilmente si insediano sono
state riscontrate, nell’ordine, occhio di pavone, rogna, specialmente sui rami della raccolta, lebbra (che può
essere sconfitta con buon trattamento a 6-7 volte a base di rame) e verticilliosi che invece comporta
l’estirpazione e conseguente bruciatura. E arriviamo agli aspetti della raccolta e della qualità dell’olio:
Negli impianti superintensivi si procede con una raccolta integralmente meccanizzata con macchine
escavatrici dotate di battitori laterali, con l’uso delle quali le drupe cadono per vibrazione per essere
convogliate in contenitori laterali e ribaltate, consentendo un risultato con una media di 2.30-3 ore/ha con
una perdita di raccolto pari al 4-5% a causa dei rami penduli difficilmente raggiungibili dalle aste vibranti. Il
cantiere prevede n. 2 operai con la possibilità di lavoro in notturno e per 4 mesi ottenendo un prodotto pulito
con un costo di produzione pari a 120,00 euro ad ha. Lo svantaggio facilmente riscontrabile è rappresentato
dalle lacerazioni prodotte ai rami dell’olivo. L’aspetto della qualità dell’olio è senza dubbio legato alle varietà
utilizzate e pertanto, per tale tipologia di impianto, come abbiamo visto, riducibili a 3 varietà. Un fattore che
quindi incide e determina il risultato finale ma che deve far riflettere tutti coloro che, a vario titolo, lavorano e
si occupano del mondo dell’olivicoltura. E’ possibile rinunciare al nostro patrimonio varietale per orientarsi
solo verso 2-3 cultivar? Di conseguenza, quale messaggio trasmetteranno gli oli DOP al consumatore
finale? I disciplinari di produzione richiedono e prevedono molte varietà di olivi, in alcuni casi si parla di
“varietà autoctone” del luogo di origine come trasmissione di un valore aggiunto e sapore ineguagliabile..
Non a caso in Catalogna l’olio ottenuto da olive Arbosana e Arbequina è regolarmente tagliato con olio
ottenuto dalle realtà olivicole italiane per ottenere determinate sensazioni olfattive e gustative come
dimostrato da analisi chimiche e sensoriali, che ne garantiscono sensazioni armoniche e strutturate.
Nell’ultima Campagna olearia, l’Arbequina coltivata a Scarlino (Grosseto) rispetto a quella in Spagna ha
evidenziato che le qualità ottenuta in termini di acido oleico è superiore a quella ottenuta in territorio
spagnolo, come anche il contenuto in tocoferoli. All’assaggio gli oli ottenuti da Arbequina offrono sensazioni
di carciofo e floreale ma risultano privi dei caratteri piccante ed amaro che caratterizzano la qualità dei nostri
oli. Effetti attribuibili sia agli aspetti genetici che al tipo di coltivazioni agronomiche utilizzate quali l’utilizzo di
impianti superintensivi e l’irrigazione. L’aspetto genetico è, invece, oggetto di studi appositi presso
l’Università di Cordova che ha adottato un apposito Programma al quale ricercatori e genetisti si stanno
dedicando dal 1990-91 per evidenziare come la scelta dei genitori può influire sulla durata più o meno lunga
del periodo giovanile, con un apposita attenzione alla resistenza all’occhio di pavone e all’aspetto di
vigorosità.
Fra le cultivar oggetto di studio (Albequina, Piqual e Frantoio) sono stati isolati 122 semenzali di cui 23
ancora oggetto di osservazione. Da segnalare quella già isolata quale è la chiquitita che, insieme alla cultivar
Urano, sono le tipologie più utilizzate in Spagna e sulle quali si sta puntando grazie ad una evidente minor
vigoria. In particolare, per l’oggetto di studio di cui sopra, la chiquitita ha dimostrato una precoce entrata in
produzione pari al 40% in meno rispetto ai tempi della cultivar Arbequina. Riflessioni che portano
tranquillamente ad affermare ed a prendere atto come gli impianti superintensivi sono una realtà destinata
ad aumentare. E mentre nel Paese Italia la legislazione sembra rimanere salda a falsi capisaldi, i Paesi del
Mediteraneo provvedono ad ammodernizzare gli impianti su tale modello garantendosi, così, il
posizionamento di oli a prezzo più basso sul mercato. Come giustamente sottolineato dal Presidente
Scaramuzzi questa agricoltura irrigua e superintensiva sposterà una buona parte dell’agricoltura e sarà vista
solo come un alimento nell’ottica dell’industria, non a caso si parla di agro-alimentare , in un settore dove la
tecnologia sta superando le tecniche agronomiche. Ecco che, sulla scia delle dichiarazioni del Commissario
UE Fischer Boel, gli agricoltori di oggi e del futuro dovranno agire, rimboccarsi le maniche senza attendere
un contributo europeo perché l’agricoltura, senza troppi giri di parole, non può più essere sostenuta.
di Francesca Gonnelli

Gradirei i Vs commenti dopo questa lettura
ciao
Eugenio

_________________
I


02/01/2009, 11:38
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Iscritto il: 18/11/2008, 12:49
Messaggi: 17
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Buongiorno Eugenio.
Vedo che il periodo natalizio ti ha fatto produrre moltissimo materiale su cui meditare e dialogare.
L' Accademia dei Georgofili ogni anno organizza più incontri sulla coltivazione dell'olivo. Ad una di queste ero presente nel 2007, quella di cui fai un riassunto tu dovrebbe essere invece del novembre o dicembre 2008, ma furono dette cose simili.
Personalmente ho anche avuto modo di degustare alcuni oli spagnoli da cultivar koroneiki, arbequina e piqual (a questo proposito è formativo lo stand di alfa-laval al Sol di Verona, nel 2008 si poteva assaggiare oli di una ventina di nazioni diverse dalla nostra).
Impressioni ricevute:
a)piqual non ci fa paura, la sensazione prevalente è, per rendere l'idea, puzza di pipì di gatto, si fa un olio scarsissimo che vale per quello che costa, target intorno ai tre euro al dettaglio;
b)arbequina dà origine ad oli neutri, ma destinati a durare poco, per cui si usano in miscela per fare massa, ma a primavera già virano al rancido;
c)koroneiki conferisce discrete qualità sensoriali, come oliva fresca, piccante ed amaro gradevoli e quindi si avvicinano alle preferenze dei consumatori del centro sud, ma non si possono coltivare in modo troppo intensivo perchè lo impediscono le dimensioni delle piante, per ora non bene contenibili.
Detto questo, si passa alle considerazioni sulle relazioni.
Ammesso che in Italia ci siano zone pianeggianti così vaste come quelle spagnole, dove ci sono impianti di centinaia di ettari coltivati in modo intensivo (in effetti ci sono, ma solo in Puglia), importando da noi le cultivar adatte alla coltivazione intensiva, per ora vedendo i dati, il risultato sarebbe un peggioramento qualitativo della produzione italiana, di fronte ad una riduzione concreta dei costi.
La decisione quindi non deve essere legata ad iniziative personali di questo o quel produttore pur dinamico, danaroso o solo dotato di capacità imprenditoriale, ma politica, cioè di politica agraria nazionale: il ministro dell'agricoltura cosa vuole che venga prodotto in Italia nei prossimi, diciamo, 20 anni? Oli che costano poco e che facciano concorrenza a Carapelli, Monini, Sasso (che poi sono tutte state comprate dagli spagnoli, che combinazione!), oppure oli che abbiano il profumo, la storia, la capacità e l'emozione della terra del territorio che li produce e che quindi possono essere lombardi, trentini (ci sono!), liguri, veneti, emiliani, toscani, umbri, marchigiani, laziali, abruzzesi, sardi, molisani, campani, lucani, pugliesi, calabresi, siciliani, ma che costino di più?
Si decida, ce lo dica e si muovano di conseguenza, lor signori, in Spagna le colture intensive di olivi più grandi sono sostenute dallo Stato, perchè altrimenti da dieci anni si produrrà in Italia solo per hobby e allora per hobby, forse, ci sono cose ancora più piacevoli da fare che stare su un trattore o in frantoio 10-12 ore al giorno.
Ciao,
Roberto


07/01/2009, 18:28
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Sez. Orticoltura
Sez. Orticoltura

Iscritto il: 09/08/2008, 9:24
Messaggi: 10200
Rispondi citando
Grazie per l'esauriente risposta.Sinceramente la stavo aspettando.
Io credo che queste relazioni non servano alla ns olivicoltura perchè sembrerebbe che lor signori non conoscano il ns territorio e le ns aziende.Effettivamente tolta la Puglia nessuna regione presenta impianti intensivi per cui bisognerebbe invece favorire l'accorpamento aziendale nelle zone collinari e favorire attraverso forme di finanziamento adeguate la meccanizzazione della raccolta.(gli scuotitori ad aria compressa sembra che funzionino bene e riducono il tempo di raccolta)
Sinceramente mi aspetterei anche una ricerca mirata al miglioramento della tecnica colturale,della gestione dell'oliveto ed al miglioramento varietale partendo da quel patrimonio che abbiamo.
ciao

_________________
I


08/01/2009, 1:36
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