Marco
Sez. Supporto Didattico
Iscritto il: 13/03/2008, 19:23 Messaggi: 68793 Località: Pinzolo (TN) - Firenze
Formazione: Laurea in Scienze agrarie
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La prima macchina è molto vecchia. Ricordo di averla studiata all'università all'inizio degli anni '80. In campagna non l'ho mai vista forse perchè i nostro oliveti sono in collina, gli alberi sono grandi (specie al sud) e sugli impianti vecchi tendeva a danneggiare le radici. Il risparmio di manodopera è evidente! Ciao, Marco
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Orly
Iscritto il: 23/11/2009, 16:41 Messaggi: 38
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Anche se molto tempo dopo mi intrufolo in questa discussione.. Sulla prima macchina concordo con Marco. So, comunque, che in alcune aree della Puglia viene utilizzata. A mio parere vi sono macchine scuotitrici più "maneggievoli" da utilizzare. Il secondo tipo è una “macchina scavallatrice semovente”, in uso corrente in viticoltura, opportunamente modificata per l’olivicoltura. In questo caso si tratta di oliveti intensivi e superintensivi. La differenza sta nel sesto di impianto utilizzato e, quindi, nel numero di piante per ettaro. In linea di principio siamo attorno alle 400 pt/ha nel primo caso e 1600-1800 pt/ha nel secondo. Tuttavia, circa questi "nuovi modi" di fare olivicoltura , sorgono molti dubbi circa l’applicabilità del metodo su scala nazionale. Innanzitutto l’oliveto superintensivo richiede cultivar con specifiche caratteristiche: una precoce entrata in produzione, in media al terzo anno, e una buona produttività media annua, quindi una vigoria ridotta, un portamento non espanso e una non elevata sensibilità ad alcuni agenti patogeni come la rogna. Attualmente le sole varietà che si prestano allo scopo sono le spagnole Arbequina e Arbosana e la greca Koroneiki. Sono in corso ricerche e studi anche in Italia sul nostro germoplasma autoctono, allo stato attuale senza alcun particolare successo. Presto verranno impiantati diversi campi sperimentali superintensivi, ma i primi riscontri, in quel di Cassano di Murge (Prof Godini, Università di Bari), non risultano particolarmente incoraggianti. Giova tuttavia ricordare che, come sottolineato dal Prof. Caruso dell’Università di Palermo, un forte impulso agli impianti intensivi e superintensivi in frutticoltura si ebbe con la selezione di portainnesti nanizzanti, ma in questo campo molto lavoro resta da svolgere nel settore olivicolo. Qualche dubbio relativamente a una eventuale diffusione in Italia del metodo spagnolo è stata anche espressa dal Prof Iannotta dell’Istituto sperimentale per l’olivicoltura. Le condizioni microclimatiche in un oliveto superintensivo risultano infatti assolutamente particolari, per l’elevata umidità dovuta soprattutto all’irrigazione e all’ombreggiamento. Ai principali problemi fitosanitari riscontrati in Spagna: rogna, dovuta alle rotture operate dalla macchina e marciumi radicali, in Italia altri patogeni fungini potrebbero alterare gli equilibri vegeto-produttivi delle piante: occhio di pavone, lebbra e verticilliosi. E’ però impossibile pensare che nel nostro Paese, dove politica e società sono molto sensibili a problemi ambientali e di sostenibilità, si possano eseguire lo stesso numero e tipo di trattamenti fitosanitari operati in media in Spagna: 6-7 trattamenti all’anno a base di rame e dimetoato. E’ necessario infine considerare che è eventualmente consigliabile piantumare un oliveto superintensivo soltanto in pianura o su terreni semipianeggianti, dove la macchina raccoglitrice possa lavorare senza ostacoli e con la massima efficienza.
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