Vedo di essere più chiaro: la differenza è in questo caso spesso psicologica e culturale; ciò che per te può essere andato a male per altri è semplicemente un alimento che è stato ottenuto mediante un processo di fermentazione, quella medesima cosa che tu definiresti deperita ed avariata per altri è semplicemente buona e saporita, ed anche la salute di fronte a questi usi culturali si relativizza, gli organismi umani si adattano all'ingestione di determinati cibi nel tempo e calibrano flora batterica e difesa immunitaria in rapporto a ciò di cui si nutrono.
Anche se tutto ciò non esclude il fatto che magari esista una soglia assoluta, possiamo dire che c'è una grande flessibilità e varietà di possibilità sotto questo aspetto.
In Thailandia mangiano continuamente pesce marcio, per intenderci, eppure i thailandesi esistono, non sono una chimera abbarbicata nel mondo dei morti. La salsa principe nella tavola di tutti gli antichi romani, abbienti o pezzenti che fossero, era il garum, una salsa a base di pesce fermentato; non mi pare si trattasse di un popolo molle e malato. E così via, anche con i latti fermentati dei nomadi del Turkestan.
Bisogna capire che anche la medicina ed i moderni principi sanitari ed igienistici occidentali sono inscritti all'interno di una cultura, e cioè sono parte di uno specifico sguardo sul mondo e non soltanto lo specchio di realtà oggettive.
E comunque, per quello che vedo io, dal libro "I prodotti caseari del Mezzogiorno"; ci sono molti modi di gestire la salatura della ricotta forte; scegliete quello che preferite in base alla cultura
Ricotta forte di pecora:
1) Subito dopo estratta la ricotta salare con 20 g per kg.
2) Salare dopo 3-4 giorni a temperatura ambiente con 100-150 g per kg.
3) Zona di Bari soltanto: salatura al termine della stagionatura con 40 g per kg.
Ricotta forte di vacca:
1) Sale direttamente nel siero in quantità di 0,8-1 kg per quintale di siero.
Devono passare 30 giorni, dopodichè viene effettuata un'altra salatura col 3,5-4% di sale.