Il 2015 doveva essere l’anno dell’estinzione per i tappi classici invece si sono ripresi il mercato e la produzione cresce di nuovo... Il 2015 doveva essere l’anno del non ritorno per le sugherete del pianeta, il punto più basso della produzione, massacrata dalle scelte diverse del mondo del vino pronto a lasciare i tappi di sughero colpevoli di aver rovinato migliaia di bottiglie. Una previsione di mercato aveva fatto scattare l’allarme del Wwf che temeva per la sopravvivenza di un habitat naturale importante per il Mediterraneo. L’annuncio datato primi anni 2000 è stato ridicolizzato dai fatti: il mondo del vino ha confermato la sua fiducia al sughero e le aziende che producono tappi hanno dati di crescita costanti. Il merito è tutto della ritrovata qualità che ha consentito di far calare dal 7/10 per cento al 3,3 il danno da tappo sulle bottiglie finite sulle tavole del pianeta. I primi ad accorgersi dell’inattesa controtendenza sono stati tedeschi americani e nei giorni scorsi è stato il “Die Zeit” ad annunciare la rivincita del sughero. Sono stati fatti sforzi importanti per tenere lontano dal vino Armillaria Mellea e Tricloroanisolo, i colpevoli della contaminazione e in qualche caso sono stati usati anche particolari filtri per difendere bianchi e rossi dall’attacco delle muffe. Certo sarà impossibile tornare ai dati di vendita degli Anni 90 perché i prodotti “low cost” hanno da tempo rinunciato al sughero e in Germania una catena di “hard discount” ha deciso di mettere in vendita solo prodotti non tappati con il sughero. Ma gli Anni 90 hanno visto arrivare sul mercato anche materia prima scadente che ha causato vere catastrofi enologiche come avvenne nel 1997 quando Elio Altare - uno dei più grandi barolisti - fu costretto a togliere dal mercato un’annata intera perché contaminata. Marco Caprai ama sperimentare ed è stato il primo a inserire nel tappo un microchip per garantire il consumattore dalle frodi ma non ha dubbi sulle scelte da fare per i grandi vini: “Per i prodotti di qualità va privilegiato il tappo naturale. Per il resto si può provare con vetro, polimeri, il tappo a corona o addirittura a vite come stiamo facendo per una catena americana, ma niente vale il fascino del sughero e le grandi bottiglie hanno bisogno di quel fascino”. Anche se il sughero nasconde sempre rischi. “Se servi un vino che sa di tappo, passi sempre per incompetente - dice Umberto Chiodi Latini del ristorante Vintage di Torino - e subisci il danno del costo della bottiglia quindi per i prodotti di pronta beva non mi dispiacciono i tappi di silicone come capita con Jermann o Valter Massa, ma quando stappi Barolo, Brunello, Gevrey-Chambertin, Latour e tutti gli altri ci vuole il sughero. Ma non scandalizziamoci troppo per le alternative pochi sanno che il 90% delle bottiglie di champagne, durante la lavorazione, è chiusa con semplici tappi a corona e il sughero arriva appena prima di andare sul mercato, solo le grandi riserve maturano nel tempo con i tappi di sughero”. “Da noi il caso tappi è complicato - spiega Alessandro Regoli, direttore di WineNews, uno dei siti più cliccati dell’Italia del vino -. I tappi di silicone o quelli a vite sono stati storicamente utilizzati per i vini molto economici e percepiti come sinonimo di bassa qualità, mentre i sugheri restano saldamente i tappi di riferimento per le etichette importanti. Credo che il sughero di qualità sia la soluzione giusta per i grandi vini da invecchiamento, diciamo, dai 20 euro (prezzo scaffale) in su ma per tutte le altre tipologie passerei alle chiusure alternative”.
Luca Ferrua –
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