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shelf life pizza 
Autore Messaggio

Iscritto il: 25/01/2013, 15:37
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Un saluto a tutti gli utenti del forum.
Un'azienda intende produrre pizza che seguirà il ciclo del fresco nel senso come alimento ready to eat. La pizza viene preparata poi confezionata in atmosfera modificata e venduta nel banco frigo.
Il dubbio riguarda la durata commerciale di tale prodotto. Come si stabilisce l'esatta shelf life?
La normativa suggerisce che si può consultare la letteratura scientifica valutando studi e ricerche di prodotti analoghi e orientativamente adottarla al proprio prodotto.
Ma se i dati sono contrastanti? Ad es.: quelli che riguardano i test sensoriali o prove microbiologiche,
voi come vi muovereste? Esiste qualche altra norma da rispettare o che mi delinea i parametri per determinare la shelf life?
Grazie a tutti


27/01/2013, 18:07
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Sez. Igiene e Qualità dei Prodotti Alimentari
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Iscritto il: 16/05/2009, 10:38
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Formazione: Laurea in Scienze e Tecnologie Agrarie
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L'espressione "shelf-life" è particolarmente utilizzata quando si parla di prodotti alimentari e medicinali (soggetti al deterioramento), ossia la "vita degli articoli da banco.
È il periodo durante il quale un qualsiasi prodotto può essere tenuto presso un punto vendita al dettaglio, senza che vengano alterate le sue qualità e senza dover ricorrere a particolari accorgimenti che ne prolunghino la conservazione".
Cita:
Come si stabilisce l'esatta shelf life?

Non esistono standard assoluti per la determinazione della shelf-life, infatti i prodotti alimentari perdono il loro grado di freschezza in tempi differenti, in funzione della materia prima impiegata e del metodo di preparazione, confezionamento e conservazione. Responsabile della definizione della shelf-life di un alimento è l’Operatore del Settore Alimentare (OSA).
Cita:
Ma se i dati sono contrastanti? Ad es.: quelli che riguardano i test sensoriali o prove microbiologiche,
voi come vi muovereste? Esiste qualche altra norma da rispettare o che mi delinea i parametri per determinare la shelf life?

Per determinare questo parametro l’OSA deve conoscere come, nel tempo, si evolvono le caratteristiche microbiologiche, organolettiche e chimico fisiche del prodotto e deve dichiarare in etichetta il tempo minimo di conservazione (da consumarsi preferibilmente entro…) oppure - nel caso dei prodotti facilmente deperibili da un punto di vista microbiologico - la data di scadenza (da consumarsi entro il…) (Decreto Legislativo 27/01/92 n°109).
Se i dati sono contrastanti, significa che qualche prova e/o qualche aspetto del processo (chimico, tecnologico o microbiologico) non funziona, nel senso che occorre rivedere e/o riesaminare tutti i vari processi per verificare e/o stabilire dove e qual è il problema. Tieni presente che prima di commercializzare un prodotto indicando tutti i suoi parametri in etichetta, compresa la vita residua, occorre effettuare studi dapprima empirici, in relazione a quanto indicato, dopodichè prove di laboratorio impostando procedure su quello che sarà tutto il processo (chiaramente poi ogni azienda ha i propri standard di lavoro anche in funzione delle proprie risorse, ecc.); detto questo se già in questa fase qualcosa non torna a livello di dati, bisogna vedere il perché, esempio farina che fa deteriorare la pasta prima della sua presunta scadenza, pomodori con un grado di acidità non idoneo al processo tecnologico, ecc.. Chiaramente questi sono esempi puramente casuali, però possono in qualche modo farti capire le varie dinamiche.
Per informazioni dai un’occhiata a questi siti:
http://www.ilfattoalimentare.it/tag/etichette-2
http://www.ilfattoalimentare.it/tag/eti ... alimentari
Buona fortuna

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Ora sono saggio e sto cambiando me stesso. (Dalai Lama)
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28/01/2013, 9:54
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Iscritto il: 25/01/2013, 15:37
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Grazie Maurob per la riflessione.
Considerate le tante variabili in gioco io mi muoverei così:
effettuare dopo 15gg analisi microbiologiche per tener d'occhio la carica microbica (quindi se già elevata magari rivedere la composizione dell'ATM), dopo 30gg ulteriori analisi microbiologiche (in linea con il Reg 2073 del 2005) in più l'analisi sensoriale per capire se c'è una sensazione gustativa sgradevole dominante (tu citavi l'acidità del pomodoro o la mozzarella x es.) o un decadimento organolettico evidente. Questo alla luce delle varie ricerche che concordano i 30gg come durabilità del prodotto.
In questo modo l'OSA è sulla strada giusta o dimentico qualcosa d'importante?


28/01/2013, 17:12
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Sez. Igiene e Qualità dei Prodotti Alimentari
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Iscritto il: 16/05/2009, 10:38
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Località: Provincia di Milano
Formazione: Laurea in Scienze e Tecnologie Agrarie
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Direi che va benissimo, la strada è corretta, se riesci verifica anche la qualità delle materie prime che utilizzerai, specificatamente in entrata pre/lavorazione: analisi chimico/microbiologiche accompagnate da relative certificazioni dai fornitori.
Buona serata

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28/01/2013, 17:58
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