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Il killer non è lo smog ma ciò che mangiamo 
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Sez. Orticoltura
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Milano - È vero che lo smog fa male. Non lo nega nessuno. Ma c’è di peggio. Basta spostarsi dai motori alla tavola. E osservare con la lente d’ingrandimento il cibo che mangiamo. Può fare ancora più male dell’aria sporca. Può anche far morire. Gli obesi che si ingozzano di cibi industriali e fritti vari ne sanno qualcosa in fatto di malattie invalidanti. Anche i nostri bambini visto che hanno raggiunto i livelli di obesità infantili americani e gli esperti hanno trovato nei loro piccoli fegati infiltrazioni di grassi. Per eccesso di consumo di prodotti industriali.

Il cioccolato, per esempio. Viene fatto con il burro di cocco, con l'olio di palma, tutta roba che viene utilizzata anche per fare la schiuma da barba o il lucido per le scarpe. Le merendine con i grassi vegetali? Da stare alla larga come la peste. Contengono grassi saturi che vanno a braccetto con le malattie cardiovascolari. E gli adulti che non mangiano merendine? Si rifanno con il mercurio del pesce, con gli additivi e i conservanti disseminati ormai in ogni prodotto che acquistiamo al supermercato, con gli antiparassitari di frutta e verdura. E se aggiungiamo i prodotti adulterati (per fortuna ci sono i Nas a salvarci) come il formaggio incerato per renderlo fresco quando ormai è scaduto, il prosciutto lavato con l’ammoniaca per eliminare la puzza di muffa, il latte alla melamina cinese (colla per gli inesperti) o i prodotti con muffe letali, allora c’è addirittura da avere nostalgia dello smog come peggior nemico da combattere. E se diamo un’occhiata alle etichette dei prodotti esposti nei supermercati, ci accorgiamo che le dichiarazioni dell’oncologo Umberto Veronesi, non sono frutto di una boutade.

Il professore, vegetariano doc, afferma che tre casi di tumori su dieci sono provocati dal cibo mentre lo smog ne provoca solo uno su cento. In uno studio presentato in tempi non sospetti di blocco della circolazione, Veronesi dichiarò: «Il 30% delle neoplasie sono collegate all'alimentazione mentre allo smog possiamo addebitarne dall'1 al 4%. Altro fattore di rischio sono le infezioni, come l'epatite B o C, alle quali sì fa risalire il 18% di queste malattie». Il resto lo fa il fumo.

Insomma, benzene, polveri sottili e altri inquinanti vanno almeno in parte scagionati perché «un quarto dei tumori dipendono dai cibi - spiega -. Guardate i preoccupanti livelli di anatossine e micotossine cancerogene in latte e polenta. Nella farina di mais si arriva fino a valori superiori del 70% rispetto a quelli normali, nel latte gli sfioramenti toccano quota 57%».

Con questo nessuno vuole sminuire malattie molto gravi da inquinamento atmosferico come la broncopneumopatia cronica ostruttiva. Ma il cibo è più insidioso: pensi di mangiar sano e invece ti avveleni, lentamente.

Salvatore Casillo, direttore del centro studi sul falso dell’Università di Salerno spiega che il rischio sta dell’accumulo: «Gli additivi sono migliaia, la nocività è modesta ma sommati al mercurio nel pesce e alle dosi giornaliere di tutto quello che mangiamo ogni giorno, mettiamo in piedi una piccola bomba. Per esempio, le materie prime alimentari che non cuociamo, frutta, verdura, sono piene di antiparassitari, non sono nocive nelle dosi utilizzate ma nell’accumulo all’interno dell’organismo è chiaro che qualcosa succede. Se poi ci mettiamo anche i prodotti industriali non salutari, prima o poi si creano dei danni».

Margherita Caroli, specialista scienza dell’alimentazione e presidente dell’«European childhood obesità group» mette in guardia dagli alimenti che possono essere fonte di malattia: «Un’assunzione eccessiva di grassi saturi che sono molto presenti nell’olio di cocco e olio di palma, favoriscono aumento del colesterolo e le malattie cardiovascolari. Dove si trovano? Nelle patatine, nelle merendine, ovunque ci sia scritto sull’etichetta olio vegetale, che di vegetale non ha nulla». Anche Giorgio Calabrese, nutrizionista e membro dell’Efsa, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, conferma le insidie alimentari: «Noi ci mettiamo a tavola e usiamo delle schifezze come condimenti. Anziché l’olio di oliva, ci mangiamo l’amatriciana e ingeriamo una serie di grassi deleteri. E purtroppo le mamme sono le prime a danneggiare la salute dei loro bambini pensando di farli mangiare bene – accusa l’esperto -. Offrono cibi piene di grassi vegetali che a lungo andare irrigidiscono le arterie. Quel grasso viene usato anche per fare scarpe e schiuma da barba e ora viene messo anche nel cioccolato, con il benestare della Ue».

Ma Calabresi non vuole fare l’allarmista: «Se mangiassimo solo schifezze moriremmo a 40 anni come i nostri antenati. Oggi invece c’è cultura e un controllo per la sicurezza alimentare. Ma tutto va usato con moderazione ed equilibrio. Insomma ci sono cibi ottimi da soli ma che hanno cattive compagnie».

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30/01/2010, 19:19
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sono d'accordo , ma questo non serve a diminuire il pericolo dello smog..
poi se uno sta a dieta controlla tutto quello che mangia perchè deve morire per lo smog??

poi mi sembra che siccome milano è andato tantissimo fuori dai parametri cerano delle scuse per dimunuire l'allarme e come dire tanto si muore per altre cose di più perchè curarci di queste quisquillie??

Io mi sono allontanato dalla città anche per la cattiva aria che si respirava, a parte le analisi, quando senti in gola il sapore dello zolfo. la pelle è gialla, e appena fai fatica ti manca l'aria...

ciao
Nino

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30/01/2010, 19:28
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Per me sono due cose da non sottovalutare entrambe.
Quando sono stato ultimemente a Firenze mi sembrava di affogare dallo smog.
Quando sento l'odore di finto-cibo e mala-frittura provenire da un McDonald's mi sento affogare ugualmente.
Jacopo

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Conservare la biodiversità è impossibile, finché essa non sia assunta come la logica stessa della produzione. Non è infatti inevitabile che la produzione si contrapponga alla diversità.
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31/01/2010, 10:06
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BRAVISSIMO!!!! :P Volevo scrivere proprio ieri riguardo quest'argomento. Frequento il reparto di oncologia da 4 anni e sono sconcertata dal numero crescente di ragazze giovanissime colpite da carcinoma al seno oppure ovarico. E vero che si muore di meno ma ahimè, ci si ammala di piu. Ho avuto un tumore al seno 4 anni fa, fortunatamente risolto per il momento ma come madre di famiglia sono alquanto preoccupata!!! Vorrei segnalarvi un progetto che mi sta a cuore- Progetto Diana promossa dal Istituto Tumori di Milano. Per distanza geografica non ho potuto partecipare alla sperimentazione, ma stanno svolgendo un sperimentazone su 2000 donne che hanno avuto un tumore al seno nei 5 anni precedenti. Praticamente stanno accertando che seguendo un regime alimentare un po di ginnastica , vita sana insomma. Non solo le donne dimagrivano senza sforzi (putroppo con la chemio si lievita come dei cannotti!!!) ma ri sono ridotte le recidive in modo esponenziale!!!! Questo mi fa riflettere..... D'accordo che ci sono anche altri fattori e concause per l'insorgenza di tumore quale-fattori ereditari,fumo,onde elettromagnetiche ecc. (chi sostiene anche l'effetto cernobyl( :o ) ma vi diro che sicuramente l'alimentazione c'entra ECCOME!!
So che qui ci sono tanti coltivatori, biologi...vi chiedo-ma quando vi siedete a tavola siete tranquilli di quel che avete nel piatto????? Per info vi consiglio di visitare il sito del progetto diana. Cercate Progetto Diana alimentazione sul motore di ricerca.
Loredana

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31/01/2010, 12:03
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SALUTE




Ogni anno in Italia più di 35 mila donne si ammalano di tumore al seno. Anche se nel 70% dei casi si ha una guarigione completa, sono ancora molto frequenti i casi di recidive.

Per questo motivo è nato il Progetto Diana, giunto alla sua quinta edizione, il cui obiettivo è studiare la prevenzione delle recidive del tumore al seno attraverso un’alimentazione più naturale e uno stile di vita più sano.

"Il nome deriva da DIeta e ANdrogeni" spiega Franco Berrino, Direttore del Dipartimento di Medicina Preventiva e Predittiva, Istituto Nazionale Tumori, Milano, "perché i primi studi Diana avevano come scopo principale quello di abbassare nel sangue la concentrazione degli ormoni sessuali maschili (gli androgeni), che più di altri favoriscono lo sviluppo dei tumori della mammella e delle metastasi, modificando la dieta. Ma Diana è anche il nome della dea che protegge le donne, la maternità e l’allattamento, tant’è che alcune statue classiche la raffigurano con tante mammelle. Ci sembrava quindi che fosse il nome ideale per il nostro studio".

I precedenti studi Diana, progettati e condotti presso l’Int (Istituto Nazionale dei Tumori), hanno dimostrato che riequilibrando la dieta è possibile modificare l’ambiente interno riducendo la concentrazione nel sangue fattori che possono favorire lo sviluppo di tumori al seno o che ne frenano la guarigione.

Il progetto Diana 5 prevede due tipi di intervento sullo stile di vita delle partecipanti: nel primo i ricercatori si limitano a fornire indicazioni su dieta e attività fisica basate su raccomandazioni internazionali, nel secondo, invece, si richiede una più marcata modifica delle abitudini alimentari e di vita e un maggiore coinvolgimento attraverso incontri di gruppo, corsi e seminari.

A questo studio, che punta a coinvolgere in Italia 2.000 donne, possono aderire tutte coloro che rispondono alle seguenti caratteristiche:
• età compresa fra 35 e 70 anni;
• aver avuto un tumore della mammella negli ultimi cinque anni;
• non aver avuto recidive;
• accettare di sottoporsi a un prelievo di sangue, a misurazioni del peso, della circonferenza vita, della pressione arteriosa, e di compilare periodicamente alcuni questionari;
• essere disponibili a modificare le proprie abitudini alimentari e lo stile di vita.

"Le cause del cancro della mammella sono molteplici ed interagiscono in modo complesso. Si stima che circa il 5% dei tumori della mammella abbiano una forte componente ereditaria. Alcune alterazioni del Dna che predispongono allo sviluppo dei tumori, infatti, possono essere trasmesse per via ereditaria. Nella maggior parte dei casi, però, si ritiene che il danno al Dna che determina lo sviluppo di un tumore sia causato da fattori ambientali" commenta Berrino dell'Istituto Nazionale Tumori a Milano. "E’ noto ad esempio che l’esposizione a radiazioni nell’infanzia e nell’adolescenza causi tumori della mammella che si manifesteranno molti anni più tardi. Si sospetta che sostanze chimiche cancerogene che contaminano il nostro ambiente di vita possano causare il cancro della mammella, ma finora non è stato possibile identificarle con precisione. Anche sostanze che si formano naturalmente nel nostro metabolismo possono danneggiare il Dna e causare tumori, ma il nostro ambiente interno influenza soprattutto il destino delle cellule tumorali, se dovranno progredire o abortire. Una cellula tumorale può essere vista come un seme che germoglierà soltanto se troverà nel terreno una giusta quantità di acqua e dei sali minerali che necessita, e la piantina progredirà solo se ci sarà sole e nutrimento sufficienti per darle energia. Analogamente un tumore progredirà soltanto se troverà nel nostro terreno le sostanze che ne stimolino la crescita (i fattori di crescita), se sarà in grado di indurre la formazione di vasi sanguigni che gli portino il nutrimento, e se le nostre difese saranno deboli.

Sappiamo ad esempio che le donne che hanno livelli alti nel sangue di ormoni sessuali, di insulina e di un fattore di crescita denominato IGF-I (sigla che sta per Insulin-like Growth Factor, fattore di crescita insulinosimile, di tipo 1), si ammalano di più, e se si sono già ammalate hanno più frequentemente recidive della malattia, perché l’abbondanza di questi fattori consente ad eventuali cellule tumorali di moltiplicarsi. Poiché la composizione del nostro sangue, del nostro ambiente interno, il terreno dove potrebbero crescere eventuali tumori, può essere modificata dal nostro cibo e dal nostro stile di vita, è ragionevole pensare che possiamo fare molto per ridurre il rischio di ammalarci, e se ci siamo già ammalati per aiutare le terapie ad avere successo.

Il progetto DIANA ha lo scopo di valutare questa possibilità.
La dieta è basata sulla riduzione degli zuccheri semplici, dei grassi e dei prodotti di origine animale, e sull’aumento dei cereali non raffinati, dei legumi e delle verdure. Oltre agli ormoni sessuali si riduce l’insulina e alcuni fattori di crescita. Riteniamo utile seguitare con queste raccomandazioni ma non sappiamo ancora quanto debba essere radicale il cambiamento.

Stiamo ora avviando un nuovo progetto Diana, per il quale chiediamo la collaborazione di migliaia di donne che hanno avuto il cancro al seno. A tutte daremo le raccomandazioni alimentari che la ricerca scientifica ha dimostrato utili per la prevenzione dei tumori e delle recidive, ma un sottogruppo scelto in base ai risultati di una serie di esami, chiederemo di partecipare a uno studio più impegnativo: a metà di loro, estratte a sorte, si daranno consigli per correggere eventuali squilibri nella loro alimentazione, e per dimagrire se fossero sovrappeso, mantenendo tuttavia lo stile alimentare tipico delle nostre tradizioni; all’altra metà si chiederà invece un impegno maggiore, di seguire corsi di cucina per modificare più radicalmente il modo di mangiare, e di partecipare ad incontri periodici, due volte al mese, sia per mangiare assieme sia per praticare assieme esercizi di attività fisica.

Tutte dovranno continuare le terapie prescritte dai loro oncologi, compilare una serie di questionari, sottoporsi ad un secondo prelievo di sangue dopo un anno, e autorizzare i ricercatori a contattare i loro medici curanti.

Possono partecipare le donne di età compresa fra 35 e 70 anni che abbiano avuto una diagnosi di carcinoma della mammella negli ultimi cinque anni e che non abbiano avuto recidive o altri tumori. Lo studio è promosso dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e dall’Istituto Europeo di Oncologia. Oltre a Milano si svolge a Torino, Perugia, Napoli, Potenza, Palermo".

Informazioni e per partecipare : diana@istitutotumori.mi.it - Telefono: 02 2390 2868 – 3552

Le donne residenti in Piemonte interessate a partecipare a "Diana 5" o che desiderino avere maggiori informazioni possono rivolgersi direttamente alla segreteria del progetto, inviare una e-mail o telefonare:
tel. 011/6333875 – 011/6333650 – 346.7944396 - fax. 011-6333861 - e-mail: progetto.diana@cpo.it.


Le raccomandazioni WCRF2007 sullo stile di vita per la prevenzione dei tumori.

Il cibo, la nutrizione, l’attività fisica e la prevenzione del cancro: una prospettiva globale.
Il Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro (Wcrf), la cui missione è di promuovere la prevenzione primaria dei tumori attraverso la ricerca e la divulgazione della conoscenza sulle loro cause, ha concluso un’opera ciclopica di revisione di tutti gli studi scientifici sul rapporto fra alimentazione e tumori.
Vi hanno contribuito oltre 100 ricercatori, epidemiologi e biologi, di una ventina di centri di ricerca fra i più prestigiosi del mondo. Il volume, disponibile su www.dietandcancerreport.org, è molto prudente nelle conclusioni, che riassumono in 10 raccomandazioni solo i risultati più solidi della ricerca scientifica.

Di tutti i fattori che si sono dimostrati associati ad un maggior rischio di cancro, quello più solidamente dimostrato è il sovrappeso: le persone grasse si ammalano di più di tumori della mammella, dell’endometrio, del rene, dell’esofago, dell’intestino, del pancreas, e della cistifellea.

Di qui la prima raccomandazione di mantenersi snelli per tutta la vita e di evitare i cibi ad alta densità calorica, cioè i cibi ricchi di grassi e di zuccheri, che più di ogni altro favoriscono l’obesità: in primo luogo quelli proposti nei fast-food e le bevande zuccherate.

La vita sedentaria è un’altra causa importante di obesità, ma è una causa di cancro anche indipendentemente dall’obesità: gli studi epidemiologici hanno evidenziato che le persone sedentarie si ammalano di più di cancro dell’intestino, della mammella, dell’endometrio, e forse anche del pancreas e del polmone.

Altri fattori che un gran numero di studi coerentemente indicano come cause importanti di cancro includono: il consumo di bevande alcoliche, associato ai tumori del cavo orale, della faringe, della laringe, dell’intestino, del fegato e della mammella; il consumo di carni rosse, soprattutto di carni conservate, associato soprattutto al cancro dell’intestino, ma probabilmente anche ai tumori dello stomaco, e sospettato per i tumori dell’esofago, del pancreas, del polmone e della prostata; il consumo elevato di sale e di cibi conservati sotto sale, associati al cancro dello stomaco; il consumo elevato di calcio, probabilmente associato al cancro della prostata; il consumo di cereali e legumi contaminati da muffe cancerogene, responsabili del cancro del fegato; la contaminazione con arsenico dell’acqua da bere, responsabile di tumori del polmone e della pelle; il consumo di supplementi contenenti betacarotene ad alte dosi, che fanno aumentare l’incidenza di cancro del polmone nei fumatori.

Sul latte e i latticini e, in generale, sui grassi animali gli studi sono molto contrastanti e non conclusivi: il consumo di latte sembrerebbe ridurre i tumori dell’intestino, che sarebbero però aumentati dal consumo di formaggi, e un consumo elevato di grassi aumenterebbe sia i tumori del polmone che i tumori della mammella; si tratta di aumenti di rischio modesti ma, data l’elevata frequenza di questi tumori, tutt’altro che trascurabili.
Un ulteriore fattore importante considerato nel volume è l’allattamento, che riduce il rischio di cancro della mammella, e forse dell’ovaio, per la donna che allatta, e riduce il rischio di obesità in età adulta per il bambino che viene allattato.

DECALOGO
Ecco le raccomandazioni:

1) Mantenersi snelli per tutta la vita. Per conoscere se il proprio peso è in un intervallo accettabile è utile calcolare l’Indice di massa corporea (BMI = peso in Kg diviso per l’altezza in metri elevata al quadrato: ad esempio una persona che pesa 70 kg ed è alta 1,74 ha un BMI = 70 / (1,74 x 1,74) = 23,1.), che dovrebbe rimanere verso il basso dell’intervallo considerato normale (fra 18,5 e 24,9 secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità).

2) Mantenersi fisicamente attivi tutti i giorni. In pratica è sufficiente un impegno fisico pari a una camminata veloce per almeno mezz’ora al giorno; man mano che ci si sentirà più in forma, però, sarà utile prolungare l’esercizio fisico fino ad un’ora o praticare uno sport o un lavoro più impegnativo. L’uso dell’auto per gli spostamenti e il tempo passato a guardare la televisione sono i principali fattori che favoriscono la sedentarietà nelle popolazioni urbane.

3) Limitare il consumo di alimenti ad alta densità calorica ed evitare il consumo di bevande zuccherate. Sono generalmente ad alta densità calorica i cibi industrialmente raffinati, precotti e preconfezionati, che contengono elevate quantità di zucchero e grassi, quali i cibi comunemente serviti nei fast food. Si noti la differenza fra “limitare” ed “evitare”. Se occasionalmente si può mangiare un cibo molto grasso o zuccherato, ma mai quotidianamente, l’uso di bevande gassate e zuccherate è invece da evitare, anche perché forniscono abbondanti calorie senza aumentare il senso di sazietà.

4) Basare la propria alimentazione prevalentemente su cibi di provenienza vegetale, con cereali non industrialmente raffinati e legumi in ogni pasto e un’ampia varietà di verdure non amidacee e di frutta. Sommando verdure e frutta sono raccomandate almeno cinque porzioni al giorno (per circa 600g); si noti fra le verdure non devono essere contate le patate.

5) Limitare il consumo di carni rosse ed evitare il consumo di carni conservate. Le carni rosse comprendono le carni ovine, suine e bovine, compreso il vitello. Non sono raccomandate, ma per chi è abituato a mangiarne si raccomanda di non superare i 500 grammi alla settimana. Si noti la differenza fra il termine di “limitare” (per le carni rosse) e di “evitare” (per le carni conservate, comprendenti ogni forma di carni in scatola, salumi, prosciutti, wurstel), per le quali non si può dire che vi sia un limite al di sotto del quale probabilmente non vi sia rischio.

6) Limitare il consumo di bevande alcoliche. Non sono raccomandate, ma per chi ne consuma si raccomanda di limitarsi ad una quantità pari ad un bicchiere di vino (da 120 ml) al giorno per le donne e due per gli uomini, solamente durante i pasti. La quantità di alcol contenuta in un bicchiere di vino è circa pari a quella contenuta in una lattina di birra e in un bicchierino di un distillato o di un liquore.

7) Limitare il consumo di sale (non più di 5 g al giorno) e di cibi conservati sotto sale. Evitare cibi contaminati da muffe (in particolare cereali e legumi). Assicurarsi quindi del buon stato di conservazione dei cereali e dei legumi che si acquistano, ed evitare di conservarli in ambienti caldi ed umidi.

8) Assicurarsi un apporto sufficiente di tutti i nutrienti essenziali attraverso il cibo. Di qui l’importanza della varietà. L’assunzione di supplementi alimentari (vitamine o minerali) per la prevenzione del cancro è invece sconsigliata.

9) Allattare i bambini al seno per almeno sei mesi

10) Nei limiti dei pochi studi disponibili sulla prevenzione delle recidive, le raccomandazioni per la prevenzione alimentare del cancro valgono anche per chi si è già ammalato.

Comunque non fare uso di tabacco.


CHI C'E' DIETRO IL PROGETTO DIANA 5
L’iniziativa, promossa dalla Fondazione Irccs - Istituto Nazionale dei Tumori (Int) di Milano, è sostenuta e finanziata dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali attraverso i fondi del programma integrato per l’Oncologia, dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (Airc) e dall’Unione Italiana delle Chiese Cristiane Avventiste del 7° giorno grazie all’otto per mille donato all’Associazione di Volontariato Lega Vita e Salute Onlus.
Diana 5 è uno studio multicentrico coordinato dalla Fondazione Irccs - Int insieme all’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo), in collaborazione con il Centro di Riferimento per l'Epidemiologia e la Prevenzione Oncologica in Piemonte e altri centri di Napoli, Palermo, Perugia, Potenza, Avezzano.

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31/01/2010, 12:10
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Loredana ciao, sicuri di quello che si mangia??!!, argomento molto complesso.

Io sono contro l'uso degli agrofarmaci da sempre (ho sempre sostenuto il non impiego, e non voglio riaprire dibattiti vecchi sulla cosa………….. anzi vecchi topic andrebbero messi a memoria/monito)
Tipo senza pesticidi aumenta il tumore e altri….., ma siamo in evoluzione e tutto cambia, speriamo in meglio.
Fatta questa premessa, devo dire delle cose importanti:
1) è impensabile produrre in pieno campo per svariati ettari senza usare agro farmaci (chi dichiara che non ha usato agrafarmaci, mente sapendo di farlo)
2) Molti usano agrofarmaci anche sull'orto e su poche piante da frutta, lo fanno con miscele fatte in casa, senza sapere se rispettano le dosi, la legge, perché non tutti gli agrofarmaci si possono usare su tutte le colture, usano mezzi non idonei per la distribuzione, e molto altro, e cosa più importante non controllano mai la presenza assenza di residui.
3) I prodotti messi in vendita sono stati trattati è vero, ma sono anche controllati, se non sicuri almeno controllati, però è anche vero che fino a quando non si faranno studi ad hoc sull'uomo e sulle miscele si può dire tutto come il contrario di tutto.


Per lavoro mi sento in dovere di ripetermi, acquistate prodotti nei canali ufficiali, l'agricoltore della domenica delle volte è potenzialmente più dannoso dei prodotti di massa.

Io non uso agrofarmaci e non li consiglierei a nessuno al di fuori di produttori che ne fanno uso per lavoro, vi ricordo che questi devono attenersi a rigidi protocolli sia per la distribuzione che per la conservazione.
Il problema Loredana nasce per un motivo, molti sottovalutano il problema, perché si parla di cose non visibili sia al momento dell'uso dei prodotti, sia quando mangiamo i prodotti contaminati.
Chi li conosce li evita e alla grande, ma vale per tutte le cose.
De Crescenzo scrive "io stampo ogni pagina che scrivo perché come ex ingegnere dell' IBM so cosa sono i computer."


31/01/2010, 12:44
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Voglio ringraziare Loredana per le interessantissime notizie che ci ha fornito e che personalmente provvedo a diffondere anche su facebook.
Relativamente a paolo voglio ricordare che il post "senza pesticidi aumenta il tumore" era provocatorio ma in fondo aveva anche delle verità(vedi problema tossine) e concordo con lui sulla pericolosità dei coltivatori della domenica sempre pronti a sperimentare senza una preparazione di base.
Cita:
è impensabile produrre in pieno campo per svariati ettari senza usare agro farmaci (chi dichiara che non ha usato agrafarmaci, mente sapendo di farlo)

su questo ti straquoto

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31/01/2010, 23:08
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eugenio ha scritto:
Cita:
è impensabile produrre in pieno campo per svariati ettari senza usare agro farmaci (chi dichiara che non ha usato agrafarmaci, mente sapendo di farlo)

su questo ti straquoto


Beati voi che avete tutte queste certezze...
Io francamente no.
Ma vi riferite anche alla cerealicoltura o solamente alle ortive a pieno campo?
Un saluto,
Jacopo

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01/02/2010, 8:08
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mi riferisco a tutto
forse la cerealicoltura in certi casi può essere fatta senza agrofarmaci ma le rese?

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01/02/2010, 10:24
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Chiaramente le rese sono più basse, ma i vantaggi in termini di biodiversità residua a fine raccolto, residui, inquinamento possono colmare la differenza?
Tutto sta a trovare il giusto canale che valorizzi la produzione collegata al metodo di produzione.
Vale la pena di trattare con concimi e agrofarmaci per vendere il grano tenero di forza a 16/17 Euro/q.le?
Io direi di no.
Jacopo

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Vandana Shiva


01/02/2010, 10:39
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