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FAO & Cambiamento climatico: agricoltura intelligente 
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La Fao esplora come bilanciare negli interventi di mitigazione costi e benefici per la sicurezza alimentare

La battaglia per migliorare la sicurezza alimentare e contenere al tempo stesso l’impatto del cambiamento climatico, può essere combattuta su un solo fronte, a partire dalle terre agricole di tutto il pianeta, afferma un rapporto della Fao da poco pubblicato. L'agricoltura da una parte è vittima del cambiamento climatico, ma dall'altra ne è anche responsabile, contribuendo con il 14% del totale delle emissioni di gas serra.
L'agricoltura tuttavia, può anche essere una parte importante della soluzione, mediante la mitigazione, la riduzione e/o l'eliminazione, di un ammontare significativo delle emissioni globali. E circa il 70% di queste strategie, secondo la Fao, potrebbero essere attuate nei paesi in via di sviluppo.
Il rapporto 'Food Security and Agricultural Mitigation in Developing Countries: Options for Capturing Synergies' è stato lanciato in occasione dei colloqui sul cambiamento climatico di Barcellona (2-6 novembre) organizzati in preparazione del Vertice di Copenaghen del dicembre prossimo.


Migliorare la gestione delle colture
Le opzioni tecniche più importanti per far sì che l'agricoltura contribuisca a mitigare il cambiamento climatico consistono nel migliorare la gestione delle colture e delle terre a pascolo ed il risanamento biologico del suolo e delle terre degradate. Circa il 90% del potenziale della mitigazione tecnica da agricoltura proviene dal sequestro del carbonio nel terreno. Questo implica l’incremento del livello di sostanze organiche, delle quali il carbonio è la componente principale, nel suolo. Tra le opzioni per incrementare il sequestro di carbonio vi sono: una minore lavorazione del terreno, l’utilizzo dei residui colturali come composto e per la copertura dei terreni, l’impiego di colture perenni per coprire il suolo, la risemina dei pascoli ed una loro migliore gestione.


Bilanciare benefici e rischi
Altre opzioni comportano un difficile compromesso tra azioni positive per la mitigazione ma che hanno possibili conseguenze negative per la sicurezza alimentare e per lo sviluppo. In alcuni casi vi sono possibili sinergie nel lungo periodo ma compromessi a breve termine. La produzione di biocombustibili ad esempio, fornisce un’alternativa pulita ai carburanti fossili, ma può entrare in competizione la produzione alimentare per quanto riguarda la terra e le risorse idriche.
Nonostante il suo notevole potenziale, l’attenuazione del cambiamento climatico da parte del settore agricolo è rimasta relativamente marginale nei negoziati sul cambiamento climatico. Per riuscire a trarne pienamente profitto, il rapporto raccomanda per tutte le questioni relative alla sua attuazione, di attenersi al programma di lavoro proposto dall’Organismo Sussidiario di consulenza tecnica e scientifica della Convenzione quadro dell’Onu sul cambiamento climatico (Unfccc). Il rapporto propone anche interventi e sperimentazioni sul campo guidate dai paesi, con un approccio graduale in funzione alle capacità nazionali e sostenuto da un’adeguata formazione e da trasferimento di tecnologie e finanziamenti.

Fonte: Fao - Food and Agriculture Organization of the United Nations


Allegati:
FAO_Oct2009.pdf [285.48 KiB]
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Conservare la biodiversità è impossibile, finché essa non sia assunta come la logica stessa della produzione. Non è infatti inevitabile che la produzione si contrapponga alla diversità.
Vandana Shiva
06/11/2009, 8:14
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E ridurre l'allevamento intensivo?
Ciao,
Marco

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06/11/2009, 11:29
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Perfettamente d'accordo con te, Marco.
Sapendo di iniziare una lunga discussione ( :o ), allego uno dei molti commenti ad un report da poco uscito in merito al consumo di carne.
Tale "Livestock and Climate Change: What if the key actors in climate change are…cows, pigs, and chickens?" a cura del famoso Worldwatch Institure, il quale tutti gli anni redige uno stimolante "riassunto della Terra" dal titolo "State of the world", si schiera nettamente contro quanto detto nel 2006 dalla FAO nel suo "Livestock's long shadow", imputando così all'allevamento animale mondiale più del 50% dell'emissione dei gas serra terrestri, contro l'11.8% precedentemente stimato.
La "risposta" che allego è fatta da un responsabile ICEA, quindi molto improntata alla valorizzazione del Biologico, più che del low input, comunque può essere, per me, un buon inizio...
Ciao,
Jacopo

"Di tanto in tanto quello che noi sostenitori dell'agricoltura biologica raccontiamo da anni, a volte inascoltati, raggiunge anche le grandi masse dell'opinione pubblica. Quando succede è una soddisfazione che ripaga un lavoro di informazione e formazione duro, spesso silenzioso e molte volte attaccato con malafede.
È il caso, ad esempio, delle recenti ricerche rimbalzate sui diversi giornali che dimostrano il grosso impatto dell'alimentazione a base di carne sull'equilibrio del ecosistema mondiale, e di contro l'impatto ben più ridotto di una dieta biologica e sostenibile.
Secondo gli scienziati americani Robert Goodland e Jeff Anhang, co-autori di Livestock and Climate Change, studio pubblicato sull’ultimo numero dell’autorevole World Watch magazine, oltre metà dei gas serra (o GH G) prodotti oggi dall’uomo sono emessi dagli allevamenti industriali di bestiame. Per la precisione, il bestiame e i suoi sottoprodotti immettono nell’atmosfera oltre 32.6 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio all’anno, ovvero il 51 % delle emissioni di GHG prodotte annualmente nell’intero pianeta. Ben più dell'inquinamento da gas serra dovuto a industrie e trasporti.
Negli stessi giorni, viene pubblicata un'altra ricerca condotta da Nathan Pelletier della Dalhousie University in Canada: Secondo lo studio, a un chilo di carne bovina corrisponde l’emissione nell’atmosfera di una quantità di gas serra pari all’effetto di 16 chili di anidride carbonica.
Cosa c'entra questo la produzione biologica? Molto, anzi moltissimo. L’agricoltura biologica è un’alternativa a quella convenzionale anche dal punto di vista dei problemi posti dai cambiamenti climatici, sia per quanto riguarda la minore emissione di gas serra sia per i minori consumi energetici, sia per la maggior capacità dell’agricoltura biologica di adattarsi ai cambiamenti. Nel caso specifico del settore zootecnico, un lavoro fatto negli Usa da ricercatori dell’Usda (Dipartimento d’agricoltura degli Stati Uniti), del Rodale Institute e della Cornell University, tra i quali Pimentel e Nichols, conclude come un terreno biologico con allevamento, coltivato a frumento, mais, medica da foraggio e soia, e che usa il compost prima del mais, trattiene in media 1218 chili di carbonio per ettaro all’anno, con un beneficio per il clima quasi sei volta superiore all’agricoltura convenzionale che non può contarew sul fertilizzante naturale, tra le altre cose.
Interessante anche uno studio realizzato in Austria da Freyer e Weik, dell’Università di Vienna – Boku, su come i differenti sistemi agricoli e i diversi modelli alimentari influenzano l’emissione di gas serra. Gli autori ipotizzano quattro scenari incrociando modello agricolo (convenzionale e bio) e stile alimentare della popolazione (corrente e corretto secondo le direttive dell’Oms), calcolando la relativa emissione di CO2 equivalente. Lo stile alimentare corrente è un’alimentazione ricca di proteine animali mentre, per stile alimentare corretto l’organizzazione mondiale della sanità intende una dieta con aumento di cereali, frutta, verdura e proteine vegetali, con diminuzione di carne e altri prodotti animali rispetto allo stile corrente. Considerando che in media un uomo che si nutre con cibo da agricoltura convenzionale, senza seguire i consigli dell’Oms, consuma 644 chili all’anno di prodotti freschi, si calcola che comporti l’emissione di 1230 chili di CO2 equivalente annui. Gli basta passare al bio per risparmiare il 30% di emissioni. In più, avendo seguito uno stile alimentare corretto e mangiato bio, avrà risparmiato al clima già sofferente il 39,7% di emissioni.
Ed è proprio quello che sostiene Aiab: mangiare meno carne, proveniente da allevamenti bio, aiuta la salute dell'uomo e dell'ambiente."

Caterina Santori – Responsabile settore Zootecnico AIAB

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Vandana Shiva


06/11/2009, 11:49
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FAO: c'è rischio di nuova crisi alimentare. Nel mondo più di un miliardo soffrono la fame

"Senza azioni decisive da parte degli Stati il numero degli affamati nel mondo potrebbe accrescersi e non può essere esclusa una nuova crisi alimentare". Lo ha detto il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, che ha ribadito l'invito ai governi mondiali ad investire circa 44 miliardi di dollari all'anno per sconfiggere la fame nel mondo aumentando la produzione agricola e rilanciando il settore rurale nei Paesi in via di sviluppo. Intanto la FAO ga lanciato una petizione on-line contro la fame. L’indirizzo web per sottoscrive la petizione è:

http://www.1billionhungry.org/home/it/

Parlando nella conferenza stampa di presentazione del vertice mondiale sulla sicurezza alimentare che si terrà a Roma dal 16 al 18 novembre, Diouf ha ricordato che nei paesi poveri, importatori netti di alimenti, i prezzi delle derrate alimentari "continuano ad essere sostenuti" e che una situazione di "grave insicurezza alimentare colpisce al momento 31 paesi che per questo necessitano di aiuti d'emergenza". La battaglia contro la fame, che colpisce 1,02 miliardi di persone nel mondo, però, secondo Diouf "può essere vinta". "E' già successo in passato", ha detto. "Ma - ha aggiunto - pensare di sradicarla in tempi di crisi economica senza un rilancio del settore agricolo e rurale ed un sostegno concreto ai 2 miliardi di piccoli agricoltori che rappresentano un terzo della popolazione mondiale, è impensabile". Quindi, ha precisato Diouf, occorre destinare maggiori risorse all'agricoltura, investendo nel settore rurale e agricolo circa 44 miliardi di dollari all'anno: cifra che, secondo gli esperti della Fao, corrisponde a quel 17% del totale degli Aiuti allo sviluppo (Oda) che negli anni Otta nta consentì all'India e ai Paesi dell'America Latina di risollevarsi dalla crisi alimentare con la 'rivoluzione verde'. "A tutt'oggi invece - ha sottolineato il direttore generale della Fao - all'agricoltura sono destinati solo il 5% delle risorse, percentuale che era del 3,6% prima del G8 dell'Aquila".
(Ansa)

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Vandana Shiva


13/11/2009, 22:59
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