Dopo le azioni di Greenpeace contro la deforestazione e la revoca di alcune concessioni in Indonesia, Coop Italia ha chiesto a tutti i fornitori per i Prodotti a Marchio di "sospendere l'approvvigionamento di olio di palma di provenienza Indonesia, fino a quando non saranno disponibili garanzie concrete sulla gestione sostenibile delle coltivazioni di Palma". Questa richiesta segue la posizione adottata da Coop Italia che già dall'inizio 2009 richiedeva quale requisito contrattuale sul Prodotto a Marchio, l'approvvigionamento di olio di palma da fonti di ambientalmente sostenibili.
Oggi Coop Italia si impegna a verificare l'eliminazione di olio di palma prodotto in Indonesia dai Prodotti a Marchio negli audit di sorveglianza.
"L'azione che abbiamo intrapreso è perfettamente in linea con la nostra politica ambientale ed è coerente con i principi di corretta alimentazione -sostiene Maurizio Zucchi, direttore Qualità di Coop Italia- Da tempo stiamo cercando di ridurre le quantità di olio di palma impiegate nella formulazione dei nostri prodotti alimentari e di quelli dell'igiene personale. Una decisione presa sia per le problematiche nutrizionali (l'olio di palma ha un elevato contenuto di grassi saturi) sia per le ricadute ambientali legate alla deforestazione".
"Siamo lieti di constatare - dichiara Alessandro Giannì, direttore della Campagne di Greenpeace Italia - che Coop Italia assume una posizione netta in merito all'uso di prodotti che, provenendo dall'Indonesia, rischiano di derivare da processi insostenibili di distruzione forestale. La decisione di Coop dimostra che servono garanzie concrete sull'origine di questi prodotti. Garanzie che la RSPO (Tavola Rotonda per l'Olio di palma sostenibile) al momento non fornisce".
Ho appena controllata su un pacco di biscotti. C'è scritto olio vegetale, forse è quello di palma! Sarebbe meglio indicassero più precisamente, come scrivono farina di grano tenero, di orzo, ecc. Grazie, Marco
Il governo di Jakarta ha recentemente annunciato che sosterrà la produzione di biocarburanti con sovvenzioni statali, qualora il loro costo dovesse superare quello del petrolio. Con conseguenze sull'ambiente molto gravi. La compagnia petrolifera statale Pertamina prevede per il 2009 di miscelare il proprio petrolio con 580.025 chilolitri di olio di palma. Nel corso degli ultimi due decenni si stima che quasi 10.000 chilometri quadrati di foreste siano stati trasformati in piantagione di palma da olio, nella sola isola del Borneo. Il governo punta ora al raddoppio, ma secondo le previsioni, misure di sostegno non potranno che portare all'abbattimento di ampie superfici di foresta umida e di torbiera, con il conseguente rilascio in atmosfera di quantità massicce di co2 immagazzinato nella preziosa biomassa forestale e nel suolo torboso.
Un nuovo articolo pubblicato sulla rivista scientifica Human Ecology, e diffuso da salvaleforeste.it, si confermano i timori già espressi dalla comunità scientifica: non vi sono abbastanza terreno, acqua e energia per sostituire il petrolio con biocarburanti. Oltre all'impatto sull'ecosostema e sulla sicurezza alimentare, oltre alle emissioni di CO2 prodotte dal drenaggio delle torbiere, anche il bilancio energetico sarebbe negativo: la produzione di un litro di biocarburante richiede molta più energia di quanta non sia in grado di produrre.
L'olio di palma è diventato negli ultimi tempi uno degli ingredienti più utilizzati, oltre che nella cosmesi, anche dall'industria dolciaria: regala infatti un' ottima consistenza e soprattutto è una fonte di grassi vegetali molto economica. Ma il prodotto sta arrecando danni sempre più pesanti all'ecosistema. Il problema dell'olio di palma, di provenienza tropicale, è collegato ai metodi di coltivazione intensivi applicati per far fronte ad una sempre più imponente richiesta del mercato. Torbiere naturali sono state trasformate in terreni coltivabili, con un rilascio di co2 nell'atmosfera ( la torbiera rappresenta un buon sistema naturale per stoccare il gas serra) e intere aree sono state completamente disboscate per lasciare spazio a terreni agricoli con una ricaduta anche sul piano sociale causata dai metodi di arruolamento dei contadini necessari a produrre il prezioso prodotto.
Per ovviare a questo problema l'industria può rivolgersi agli enti di certificazione che stanno promuovendo metodologie di coltivazione sostenibili per l'olio di palma, ma come ha sottolineato Alessandro Cagli, direttore della corporate social responsibility di Ferrero (l'azienda produttrice della Nutella), il mercato sostenibile non riesce a soddisfare la domanda. L'azienda, secondo quanto rileva food navigator, ha appena siglato un contratto di fornitura, valido cinque anni, con la britannica New Britain Palm Oil, per l'acquisto di olio di palma conforme ai criteri di sostenibilità promossi dal Roundtable on Sustainable Palm Oil (RSPO). In questo modo la Ferrero riuscirà a rifornirsi di olio certificato per almeno un 25% del proprio fabbisogno. Cagli, come riporta la fonte inglese, avrebbe dichiarato che grazie al contratto con il fornitore inglese l'azienda riuscirà a disporre di un maggior controllo lungo la filiera produttiva ma anche di un prodotto di alta qualità. Ma gli sforzi per una filiera dell'olio tropicale sostenibile non sarebbero, al momento, sufficienti: secondo Cagli, infatti, non ci sarebbe in commercio abbastanza prodotto certificato di qualità adeguata. "I consumatori sono felici solo se il sapore è buono," ci tiene a precisare sottolineando come il fattore gusto, e non la sostenibilità, sia il fattore importante e la qualità dell'ingrediente è fondamentale.