Questo è un formaggio “morbido”, una via di mezzo fra il poco molle e il semiduro. Anche questo è francese e le prime produzioni risalgono al 1835. I primi anni, questo formaggio veniva prodotto con solo latte di capra ma, poi con il passare degli anni, il latte di capra è stato sostituito dal latte vaccino. Questo perché a quei tempi, la ricchezza di una famiglia, veniva stabilita in base al numero di Gaperon che quella famiglia aveva a stagionare; quindi chi produceva con latte di capra, aveva sia una resa minore in latte ma anche in forme di formaggio da stagionare e viceversa chi produceva con latte vaccino. Io ho voluto dare sfogo alle tradizioni passate ed ho utilizzato due litri di latte di capra.
E’ un formaggio a coagulazione lattica con crosta fiorita e con una classica forma “a cupola” che va stagionato per 3-4 settimane.
Vi illustro il processo produttivo.
Prendo 2 litri di latte dal frigo (6 gradi), lo filtro e lo riscaldo fino a temperatura ambiente (22 gradi). Lascio nella pentola così per 6 ore, dopodiché aggiungo 1 goccia di caglio liquido (nel vero senso della parola), mescolo, ritappo con il coperchio ed aspetto che la coagulazione avvenga naturalmente a temperatura ambiente.
Nel frattempo mi sono preparato una fuscella a forma di cupola, utilizzando una coppetta usa e getta;l’ho presa e con un ago ho perforato la coppetta per favorire lo sgrondo del siero della cagliata. I fori li ho eseguiti dall’interno della ciotola verso l’esterno in modo che eventuali “sbeccature” di plastica, andassero all’esterno della “fuscella” anziché all’interno.
Dopo 19 ore dall’aggiunta della goccia di caglio, la cagliata è pronta (ha raggiunto ph 4.4). E’ molto ma molto delicata (mi ricorda la consistenza della cagliata del cacio ricotta, ma ancora più morbida). Sulla cagliata, c’è un dito di siero, lo tolgo con il cucchiaio, prelevo la cagliata e con mooooooolta delicatezza, la ripongo in un telo dentro una fuscella. Durante questa delicatissima operazione, la cagliata inevitabilmente mi si è un po’ spappolata. Prendo il fagotto di stoffa, e lo appendo per permettere al siero di sgocciolare a temperatura ambiente (23 gradi). Lo lascio così per 10 ore. A questo punto, prendo la cagliata dal telo e dentro un contenitore, con le mani, la sminuzzo in pezzi grossolani ed irregolari, ci aggiungo un trito finissimo di aglio fresco (non secco), pepe macinato grossolanamente e 20 grammi di sale fino; mescolo con le mani per un paio di minuti e dopo ripongo nella “fuscella” a cupola la cagliata aromatizzata e l’ho lasciata a sgocciolare ancora per 8 ore a temperatura ambiente. In questa fase il Gaperon ha perso un altro pochino di siero grazie alla presenza del sale. In queste 8 ore ho fatto anche tre rivoltamenti (lasciandolo sempre nella cupolina ed usufruendo di un poggia pentola in acciaio inox a maglia fittissima). Dopo questo, ho tolto il gaperon dalla fuscella (che devo dire ha fatto un ottimo lavoro di sgrondo), l’ho tamponato con carta cucina e l’ho lasciato per 3 pre a temperatura ambiente. Nel frattempo, mi sono preparato il mio concentrato di muffe (prese dalla crosta di un briè, le ho sciolte in acqua fredda ed ho nebulizzato tutta la superficie del gaperon ed ho riposto in frigo a 10 gradi ed umidità 79-82%. Dopo due giorni l’ho nebulizzato di nuovo ed ora attendo che le muffe si facciano avanti. Ha un odore fantastico e sicuramente avrà un sapore determinato e persistente. Fra una ventina di giorni vi dirò. Ciaooooooooooo.
- Allegati
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- Cagliata lattica pronta.
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- Messa in tela.
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- Cagliata a sgrondare nel telo.
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- Come si presenta la cagliata dopo lo sgrondo.