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CAMBIAMENTI CLIMATICI: RISCHI OD OPPORTUNITA' ? 
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Iscritto il: 20/05/2012, 18:17
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Formazione: laurea agraria e master ambiente
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Ciao a tutti.
Mi piacerebbe stimolare una piccola discussione su alcune implicazioni dei cambiamenti climatici.
Quanti di voi, per esperienza aziendale, hanno percepito il tema come un rischio e quanti come una opportunità?
L'impatto termico sul ciclo e sull'areale delle colture, gli eventi meteo estremi, la disponibilità idrica, sono stati per voi significativi negli ultimi anni?
Ed inoltre, il nuovo orientamento delle politiche comunitarie, le misure agro-ambientali, la ricerca della sostenibilità in agricoltura, la domanda crescente di prodotti ecologici (biologici e con bassa impronta ambientale), l'apertura di un mercato volontario per l'acquisto di crediti di CO2 generabili dal settore agricolo, rappresentano per voi una prospettiva di sviluppo?
Ciao
LUCA


21/05/2012, 8:51
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Iscritto il: 20/05/2012, 18:17
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Località: Roma
Formazione: laurea agraria e master ambiente
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Un ulteriore stimolo....

Gli allevamenti zootecnici utilizzano il 70% delle acque dolci ed il 38% delle terre in conversione nel mondo.
Basti pensare che occorrono 12.000 litri di acqua per produrre 1 kg di carne, contro gli 850 litri per produrre la stessa quantità di grano.
Circa il 70% della foresta pluviale Amazzonica è stato infatti abbattuto per scopi zootecnici ed agricoli.
In uno degli ultimi numeri di World Watch, citando recenti studi di Goodland della World bank, si riporta che gli allevamenti e i relativi prodotti incidono annualmente per il 51% delle emissioni di gas serra nel mondo.
Lo stesso autore rammenta che il 45% delle terre emerse è usato per l'allevameneto, sottraendo superfici alla forestazione, unica possibile soluzione agli abbattimenti di CO2. Così la pensa anche l'International Energy Agency, che ritiene il 2017 essere l'ultimo anno in cui si può contrastare l'innalzamento irreversibile di CO2, tale da far aumentare la temperatura globale di 2 gradi entro il 2050. Alcuni scienziati ritengono addirittura probabile l'innalzamento di 4 gradi. L'IPCC ha stimato che 2 gradi potranno significare da 12 a 32 metri di innalzamento del livello dei mari (http://www.bitsofscience.org/2-degrees- ... rise-5353/) con evidenti sconvolgimenti nel profilo costiero di molti paesi.
Dunque l'agricoltura è al centro del dibattito sulle sorti del mondo. Ma lo è anche per il ruolo che dovrà rivestire di fronte ad un'altra grande sfida: quella di sfamare ulteriori 2 o 3 miliardi di abitanti nella terra entro il 2050, con incrementi di produttività del 30-40% in appena 38 anni. Sarà l'agricoltura il vero fattore limitante, in combinazione con la scarsità di idrocarburi, metalli, acqua dolce, fosforo e potassio. Le terre coltivabili sono inoltre soggette a fenomeni erosivi, determinati sia dai fattori climatici stessi, estremizzati, che dal pascolamento, sottraendo potenzialità produttive.
Sono inoltre sempre maggiori i fenomeni di land grabbing, ovvero di sottrazione di suoli alle popolazioni intertropicali per la produzione di biocarburanti destinati alle società capitalistiche.
Il modello produttivo ed il modello di consumo, dovranno quindi necessariamente essere messi in discussione.
Drastica riduzione della zootecnia, coltivazioni più sostenibili (minori carburanti e fertilizzanti) e localizzate (minori trasporti),
sul fronte agricolo, dovranno accompagnarsi alla rivoluzione energetica ed al ridisegno dei processi materie prime-rifiuti.
L'inerzia degli Stati rispetto ad una soluzione globale del problema del Global Warming rispecchia l'importanza dell'impatto
delle misure di contenimento sulle diverse economie. Ma al Pentagono e nelle altre "stanze dei bottoni" si stanno già preparando ad esaminare i diversi scenari di conflitto politico e sociale che i cambiamenti climatici (ed il loro mancato controllo) potranno determinare su scala internazionale. C'è da auspicarsi che la presa di coscenza delle comunità civili faccia più in fretta costringa la politica ad una visione non più soltanto a breve termine.


21/05/2012, 11:51
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Ciao, rispondo al tuo stimolo...

i cambiamenti climatici sono senz'altro un rischio ma solo per noi esseri umani non certo per il resto del mondo; questo perché sono fenomeni (i cambiamenti climatici) che da sempre hanno accompagnato l'evoluzione della terra e della vita sulla terra. Dato che, noi umani non sappiamo vivere "col Mondo" ma solo "sul Mondo", allora ci ritroviamo ogni giorno a combattere con questi cambiamenti piuttosto che adattarci.
Se tutto ciò rappresenti un'opportunità, direi di si. Opportunità di cambiare atteggiamento, di capire, di migliorarsi e di imparare a convivere con la natura. Di conseguenza tutto ciò porta anche a opportunità lavorative per chi saprà capire le deficienze e quindi porvi rimedio.
Sicuramente ciò che si richiede oggi ai giovani è di avere più umanità e molta più lungimiranza nell'intraprendere scelte lavorative e non lavorative, certo ci vorranno molti sacrifici e rinunce ma ti assicuro, caro biocarbonica, che i soldi non sono tutto nella vita, forse lo saranno per chi decide di vivere una vita fatta di "superfluo". Il denaro e solo il mezzo, non il fine. A presto.


22/05/2012, 14:22
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Bene, è difficile non essere d'accordo sulla necessità di cambiare atteggiamento. Sono anche io tra quelli che crede che l'accelerazione avuta dal dopoguerra sia stata improntata sul miope modello del profitto che sacrifica le esternalità. Le potenze lobbistiche possono ancora avere gioco facile perché la percezione del rischio ambientale non si è ancora sviluppata nella società civile e non si formerà rapidamente laddove lo sguardo è costretto alla breve distanza per via della difficile congiuntura economica. Spero come te che le nuove generazioni rinnegheranno gli attuali spiriti egoistici e predatori. Che si porranno delle domande prima di usare risorse in via di esaurimento o inquinanti le falde, l'aria e la catena alimentare. Che sapranno valorizzare la ricchezza naturale e considerarla non già una nostra eredità ma un prestito dei loro nipoti.
Ma bisogna iniziare da noi. Bisogna educare i giovani e cominciare a dare il buon esempio. Non credo però che ci siano veri sacrifici. Bisogna saper distinguere tra l'avere e l'essere, tra il possesso di cose spesso superflue e una felicità basata sulla salute e sulle buone relazioni sociali, oltre che sulla cultura in tutte le sue sfaccettature.
Ma mi preme sottolineare che la sostenibilità, momento di perfetto equilibrio tra le componenti sociali, naturali ed economiche, non è una chimera. Le strategie delle convenzioni internazionali, tipo il protocollo di Kyoto, prevedono la definizione di strumenti economici in grado di incentivare questi cambiamenti (di cui si potrà parlare in post successivi). La Green Economy è già una realtà significativa e l'unica direttrice di sviluppo concreta. Molte aziende non hanno colto questa opportunità solo per ignoranza.
Vorrei concludere questo post solo con un parziale disaccordo sulla tua affermazione iniziale. Purtroppo il cambiamento indotto dall'uomo non è a suo solo discapito. La biodiversità nel corso della vita della terra era soggetta a dinamiche ben diverse. Speciazioni ed estinzioni si sono sempre equilibrate mentre negli ultimi 40 anni il tasso di estinzione è cresciuto del 1000 %!!

Ciao
Luca


22/05/2012, 20:18
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oggi è uscito un articolo che illustra il tema in modo più esauriente.....

http://www.greenreport.it/_new/index.ph ... t&id=15975


23/05/2012, 15:39
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