Anche io sto combattendo da circa 5 anni con i rovi. Ho 18 ettari di terreno in Liguria e ho notato che crescono particolarmente forti se esposti al sole e meno bene se coperti da alberi con fronde molto coprenti. Per esempio in alcuni noccioleti inselvatichiti da decine d'anni di incuria e quindi molto alti e coprenti, i rovi non ci sono quasi se non, dove c'è più umido, in forma di piccole piantine di deliziose more. Qui il terreno è invece spesso invaso dall'edera.
Dove invece il sole penetra più facilmente, si invigoriscono e si intrecciano ad altre piante come la vitalba (che raggiunge dimensioni anche di 15 cm di diametro) e rose selvatiche creando intrichi molto alti e capaci di abattere alberi anche molto alti e robusti.
Ho notato però che già dopo il primo taglio (che io faccio col disco a 4 o 3 denti), perdono vigore, e i nuovi virgulti sono molto più fragili tanto da permettermi di fare i nuovi tagli, anche dopo un anno, con un buon filo da decespugliatere rendendo il lavoro molto meno pesante e più veloce (tenete conto che spesso mi trovo a lavorare su pendii quasi verticali come spessso accade in Liguria).
Nelle zone poi dove agisco anche sulle radici estirpandole in modo sistematico, lentamente noto che la loro diffusione si fa sempre meno invasiva lasciando più spazio all'altra vegetazione.
Devo dire che trovo la vitalba un nemico ben peggiore rispetto ai rovi (a parte le spine naturalmente
) e più difficile da sconfiggere, ma anche per quella, armandosi di pazienza e tagliando regolarmente ed estirpando, si vedono pian piano i primi risultati. L'ideale è poi bruciare tutto il materiale estirpato, quando il tempo lo permette (da noi p.es. in questa stagione il rischio di incendi è altissimo, così sono due mesi che abbiamo montagne di rovi secchi in attesa di essere distrutti). Purtroppo abbiamo ancora poca esperienza e quindi non so dirvi quali sono i risultati a lungo termine.
Circa l'uso degli ovini per mantenere pulito dai rovi, ho letto ed ho sentito consigliare più le pecore delle capre perché quest'ultime avrebbero più la tendenza ad intaccare anche la corteccia degli alberi ed i germogli. Ma per noi non è possibile, almeno per ora, allevare animali che non siano domestici (cane e due gatti) perché in settimana lavoriamo in città dove dormiamo anche e dovremmo attrezzarci con un'arca di noè ad ogni rientro
.
Per conculdere qusto mio primo e (ahimè, scusatemi) lunghissimo intervento, una notizia sugli usi locali: ancor oggi nonostante sia vietato, i contadini di questa zona hanno l'abitudine di bruciare direttamente i rovi ancor prima di tagliarli, creando (nei migliori dei casi) delle linee tagliafuoco per impedire il propagarsi delle fiamme. A parte il pericolo di incendi, questo sistema ha portato in molte zone ad un inaridimento del terreno: "Il fuoco ripetuto - cito- ha portato a una riduzione delle specie buone foraggere, più delicate, con apparato radicale poco profondo e più esigenti sotto l’aspetto trofico, a favore di specie più frugali e più resistenti al fuoco come la felce aquilina che possiede potenti rizomi situati profondamente nel terreno insensibili alle alte temperature che si sprigionano durante un incendio. Ecco perché questi versanti sono tappezzati da questa specie che è diventata praticamente ineliminabile e mal tollerata dal bestiame."
Vi terrò aggiornati su come va la mia battaglia...
Ciao, Guido