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Mercato dei cereali 
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Cereali: prezzi in picchiata e costi alle stelle
Crollate le semine: il presidente della Cia Giuseppe Politi denuncia uno scenario complesso per gli agricoltori


La crisi cerealicola non solo non è finita, ma in Italia produrre grano è sempre meno redditizio. Gli agricoltori fanno i conti con aumenti vertiginosi dei costi dei fattori di produzione (soprattutto i concimi rincarati del 60% nei primi mesi di quest’anno) e con i prezzi di mercato in caduta libera, anche del 40-50% rispetto al 2008. A questo si aggiunge che le semine sono ai minimi storici. Per il grano si registra un calo di oltre il 20% rispetto allo scorso anno, mentre si assiste ad un vera e propria invasione di prodotti stranieri con quotazioni molto basse, ma anche di qualità assai scarsa. E così sono sempre più a rischio il pane e la pasta “made in Italy”. La denuncia viene dalla Cia - Confederazione italiana agricoltori che segnala una situazione sempre più drammatica per il settore cerealicolo, aggravata anche dalle condizioni climatiche degli ultimi mesi che hanno reso più difficili le semine soprattutto nel Centro Italia e nel Sud. Il quadro è, comunque, complesso per tutte le regioni.

La crescita stellare dei costi produttivi e il dimezzamento dei prezzi praticati sui campi rende ormai poco conveniente produrre cereali in Italia. “Un'azienda cerealicola con 20 ettari di terreno - ha affermato il presidente della Cia Giuseppe Politi - sviluppa un valore alla produzione di circa 30 mila euro l'anno, compresi gli aiuti comunitari pari a 350 euro a ettaro. Per arrivare alla raccolta del grano occorre aver investito almeno un 25 per cento di questo valore in sementi, fertilizzanti, macchinari. E, quindi, anche nell'ipotesi di una stagione climatica favorevole, il coltivatore avrà a fine anno un capitale di 20 mila euro, da cui deve ricavare reddito per sè e per i braccianti. C’è da chiedersi, dunque, se vale la pena produrre grano in Italia e parlare di autosufficienza nelle materie prime di pane e pasta?”.

Per il settore cereali si presenta uno scenario sempre più grave. Le quotazioni del grano duro, ad esempio, sono oggi inferiori a quelle di vent’anni fa. Un quintale può essere pagato anche 14-15 euro. La media si aggira in ogni modo intorno ai 17-20 euro. I rincari registrati dai mercati all’inizio del 2008 sono rientrati immediatamente e adesso - avverte la Cia - assistiamo ad una flessione che si aggira attorno al 40%, con punte per il frumento anche del 50%.

Il maltempo e l’ingresso in Italia di notevoli quantità di produzioni (grano, sia duro che tenero, e mais) da parte di paesi come l’Ungheria, la Russia e il Messico a prezzi stracciati - sottolinea la Cia - hanno poi reso la situazione sempre più precaria. Sintomatico quello che è avvenuto nei mesi scorsi in Puglia, dove nei porti regionali sono stati scaricati smisurati quantitativi di grano di provenienza misteriosa e di dubbia qualità. E tutto ciò si è tradotto in un danno per i nostri produttori e per i consumatori che saranno costretti ad acquistare prodotti scadenti.

Per questa ragione la Cia sottolinea la necessità di un riconoscimento della qualità del grano italiano che spesso l’industria (pasta e panificazione), con una visione miope, non vuole dare. Da qui l’esigenza di costituire al più presto una seria interprofessione del settore, che, oltretutto, sconta di un’insufficiente organizzazione. E chiede al ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali una rapida approvazione del Piano di settore cerealico.

Fonte: Cia - Confederazione italiana agricoltori


24/04/2009, 11:49
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Sulla falsariga di quanto discusso nel settore bovino del forum , sulle razze da carne italiane o ingrassate in italia.

che senso ha la filiera , quando sono i trasformatori che fanno le scelte di mercato?

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24/04/2009, 16:49
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Scusate il mio intervento, ma questo discorso mi pare a dir poco delirante. La crisi dell'azienda cerealicola non è finita, ma appena cominciata.
I numeri snocciolati potrebbero essere usati per giocare a lotto sulla ruota di Roma. Se un'azienda cerealicola di 20 ettari tira su una PLV di 30.000 euro con il prezzo minimo di 15 euro a quintale dovrebbe avere una resa unitaria di 100 quintali a ettaro, mentre con il massimo di 20 euro a quintale una resa di 75 quintali/ettaro, ma a quali colture fa riferimento il nostro amico???????????????
Che poi le spese per l'acquisto dei mezzi tecnici di produzione sono il 25% fa sorridere i polli.
Ancora più oscure sono le proposte per risolvere la crisi, obbligare l'industria a riconoscere la qualità che spesso non c'è oppure approvare un fantomatico piano di settore cerealicolo.
Il settore cerealicolo è strettamente connesso con la zootecnia, tantopiù che il 90% dei cerali mondiali viene destinato all'alimentazione degli animali.
Se tutto va bene, siamo rovinati.
Cordiali saluti.

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“ Prima di Giove non v’erano contadini
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tracciando confini: tutto era in comune
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25/04/2009, 8:09
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Obbligare no , ma fare una programmazione si

nellamia realta , piccola , come associato a una cooperativa di comemrcializzazione dei cereali e mezzi di produzione , stiamo facendo dei contratti da una parte noi ci ipegnamo a garantire un certo standard , concordando i trattamneti e le concimazioni , da parte dei mulini a garantire un premio ,un tot in piui sul prezzo

non e' molto ma secondo e' qualcosa.

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25/04/2009, 9:47
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grintosauro ha scritto:
Obbligare no , ma fare una programmazione si

nellamia realta , piccola , come associato a una cooperativa di comemrcializzazione dei cereali e mezzi di produzione , stiamo facendo dei contratti da una parte noi ci ipegnamo a garantire un certo standard , concordando i trattamneti e le concimazioni , da parte dei mulini a garantire un premio ,un tot in piui sul prezzo

non e' molto ma secondo e' qualcosa.

E bravi i fessi, la cooperativa ritira i cereali e vende i mezzi tecnici, con i cotratti impegna gli agricoltori ad acquistare prodotti di certe marche e lo sconto sulla quantità viene ripartito come premio sul prezzo dei cereali.
Credo sia ora di svegliarsi!!!!
Buona notte.

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26/04/2009, 0:36
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hai alternative?

prima di tutto fai un giro tra i commerciasnti privati dalla zona, e guarda le loro offerte?

sono migliori?

Nei casi del mais , da una prte sembra che ti facciano delel offerte migliori

poi basta che tarino la pesa dei camio a loro favore
ti contino ,un po piu di umidita alla raccolta il mais , visto che c'e la tolleranza su questi 2 apparecchi ..

e loro rientrano di quello che ti danno in piu

a dimenticavo

prova provata...

e cmq prima di andare a criticare il Capac , vieni a vedere come lavora , poi ne discutiamo.

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26/04/2009, 8:36
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PALLINOF ha scritto:
Se un'azienda cerealicola di 20 ettari tira su una PLV di 30.000 euro con il prezzo minimo di 15 euro a quintale dovrebbe avere una resa unitaria di 100 quintali a ettaro, mentre con il massimo di 20 euro a quintale una resa di 75 quintali/ettaro, ma a quali colture fa riferimento il nostro amico???????????????


Per chiarire subito la cosa io ho solo riportato l'articolo per discuterne, non l'ho scritto e nemmeno concordo con esso!.

Però penso che si riferissero alle colture industrializzate tipo cereali e oleoproteaginose comuni in Italia. Quelle per intenderci coltivate meccanicamente, visto che seminare a mano il mais o il frumento non penso lo faccia più nessuno.


26/04/2009, 16:31
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Cerco di formulare meglio la domanda:
Come diavolo fa un’azienda che coltiva colture industrializzate, meccanizzate, cerealicole o oleoproteaginose che sia, ricavare una PLV (produzione lorda vendibile) di 1.500 euro ad ettaro considerando un prezzo medio che oscilla dai 15 ai 20 euro a quintale di prodotto???????????????????
Francescoriello illuminaci tu!

Le alternative esistono sempre, ma in primo luogo occorre leggere tra le righe il messaggio trasmesso dal nostro amico della Cia che ha esagerato sulla PLV e quindi aumentato le aspettative dell’agricoltore e minimizzato sulle spese per mezzi tecnici (25%) rassicurandolo che ancora si può spendere.
Il discorso sulla qualità offre su un piatto d’argento questa bella fetta di mercato dei mezzi tecnici di produzione (antiparassitari, fertilizzanti, etc.) a chi si dovrà occupare a stilare protocolli di coltivazione.
Dulcis in fundo lo zampino politico-sindacale sulla gestione economica del Piano di settore.
Possibile che ancora non abbiamo capito che l’interesse dei politici per il mondo agricolo risiede nella figura dell’agricoltore-consumatore e non nell’agricoltore-produttore!!!!!!!!!!!!

Un cordiale saluto a tutti.

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26/04/2009, 19:15
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oggi come oggi

bisogna piu che capire i mercati , capire i consumi.

i grani per i cibi x i bambini, e la fetta dei cereali x la prima colazione stanno prendendo piede.

ci facciamo scapapre anche questa occasione in favore degli esteri?

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26/04/2009, 21:28
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Caro Pallinof mi stupisco che tu con il tuo titolo di studio no sappia cos'è la PLV, ti consiglio di rileggerti qualche testo di economia, la Produzione LORDA vendibile si ottiene considerando ad esempio una produzione di 110/120 quintali di mais ad ettaro ad un prezzo di 13/14 euro.....
Non il REDDITO NETTO ricavabile.

Poi visto che io ho un azienda agricola di 20.5 ettari a seminarivo e l'agricoltore (come pure l'allevatore) lo faccio per vivere ti assicuro che i prezzi li conosco bene.
Questo non toglie che i costi per produrre siano molto alti, sicuramente più del 25% della PLV e che con 20 ettari non si vive. Alla fine se sei molto bravo ti resta il contributo pac, fin che non lo tolgono, che tutto sommato è la causa dei mali dell'agricoltura.
Sul discorso della qualità e degli interessi politico sindacali sono d'accordo con te!....
ciao


26/04/2009, 22:10
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