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Doma e addestramento del cavallo 
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Sez. Cavalli
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LA DOMA DEL CAVALLO: 6° sessione

Ancora una volta vorrei ribadire che quello che scrivo è il frutto della passione di un privato, non di un professionista. Un privato che attraverso letture varie, la visione di video e la partecipazione da spettatore a tante occasioni di doma ha potuto mettere in pratica quanto viene raccontato. Ma, ripeto, si tratta di esperienze di un amatore, quindi non hanno alcun valore divulgativo ma solo di condivisione, di racconto di proprie esperienze, di pretesto per parlare dei nostri amati cavalli.

Trattare con i cavalli, in particolar modo con i puledri sdomi comporta dei pericoli di cui bisogna tenere conto.

Al termine di queste mie “chiacchiere” inserirò le letture ed i video che mi hanno aiutato a “fare” quello che racconto.

Ma intanto siamo arrivati al grande risultato di convincere un cavallo a concederci una fiducia tale da farci salire sulla sua schiena senza ribellarsi o tentare di scaricarci. E ci siamo riusciti guadagnando questa fiducia centimetro per centimetro, con grande pazienza e disponibilità ma anche con grande costanza e serena determinazione.

Il fatto di aver raggiunto questo risultato senza violenza è di grande importanza per il rapporto futuro che il cavallo avrà con l’uomo non essendo stato traumatizzato nella fase iniziale di questo rapporto.

Le sessioni che ho descritto non dovranno necessariamente essere tenute tutti i giorni in maniera consecutiva, ne ogni sessione deve essere fatta in un giorno. Sarà il nostro cavallo a dirci quando smettere. Ad esempio quando fa una cosa nuova particolarmente bene io smetto il lavoro, anche se era cominciato da poco. Così come se incontriamo il giorno “storto” è inutile intestardirsi. La cosa migliore in quel caso è fargli fare un esercizio che ha imparato a fare bene, fosse anche un semplice giro, fargliela fare e cogliere l’occasione per premiarlo vistosamente e smettere il lavoro. Dobbiamo fare così anche se magari ci fa arrabbiare, anzi a maggior ragione dobbiamo smettere perchè trasmetteremmo solo negatività al nostro amico.
Inoltre dobbiamo ricordare una cosa molto molto importante.

IL NOSTRO VERO OBIETTIVO NON E’ MONTARE IL CAVALLO, MA E’ AVERE UN CAVALLO SERENO CHE CI ACCETTA PERCHE’ ABBIAMO FATTO SI CHE RIESCA A SUPERARE LE SUE PAURE.

Questo è il vero obiettivo per il quale dobbiamo lavorare, salire a cavallo è solo una conseguenza del raggiungimento del vero obiettivo.
Se avremo chiaro questo non faremo l’errore di affrettare il lavoro con risultati che possono essere fortemente negativi, e anche oltremodo pericolosi.

l'ultima volta eravamo saliti, il cavallo era sereno tutto bene.
Magari gli abbiamo lasciato un giorno tranquillo e ovviamente nei giorni che non lo lavoriamo avremo cura di lasciarlo qualche ora nel prato.

Riportiamolo nel tondino e rifacciamo tutto lo stesso lavoro dell’ultima volta, UGUALE. Quando saremo sicuri che ci accetta in sella (cioè è tranquillo e rilassato e sopporta il peso del nostro corpo sulle staffe senza dare segnali di nervosismo) e solo allora saliremo ancora in sella.
Se il cavallo è un po’ nervoso, non c’è niente di male se non saliamo nella sessione successiva a quella in cui siamo saliti la prima volta. Normalmente ci prende un po’ la fregola di accelerare le cose. È proprio questa la tentazione cui dobbiamo sfuggire. Non c’è niente di male a rimandare alla prossima volta la seconda salita in sella, c’è invece molto di male nel farsi male, far fare male al cavallo o spaventarlo facendolo regredire nella fiducia in noi.
In queste situazioni troveremo anche un sacco di “esperti” pronti a dare "consigli" non richiesti e magari a criticare o peggio deridere scioccamente una prudenza equivocata come fifa. Noi non cadremo nel tranello. Saranno i risultati a darci ragione, sarà il diverso atteggiamento tra i nostri ed i loro cavalli! Mettiamo il tempo necessario a fare le cose con i nostri cavalli, anzi un po’ più del necessario non porta nessun danno, se invece vogliamo fare con meno tempo del necessario può essere molto pericoloso.

Se il cavallo ci ha accettato e noi siamo saliti, trasmettiamo grande serenità al nostro allievo. La voce è importante, trasmette serenità, accarezziamo la criniera, stiamo attenti a non dare “sgambazzate” in quanto il cavallo non è ancora pronto anche se avremo sbattuto le staffe sui fianchi (ricordiamo?) in precedenza. E stiamo così, tranquillamente in sella. Normalmente il cavallo bighellonerà tranquillo per il tondino, probabilmente è anche disposto ad avere qualche chiamata di lato con la longhina per indicargli un accenno di direzione. Ma niente di più. Con prudenza possiamo accarezzare le parti raggiungibili del cavallo, vale a dire il collo, la criniera, la nuca, la groppa. Attenzione perché per il cavallo essere toccato da terra non è la stessa cosa di essere toccato dalla sella, almeno all’inizio. Quindi anche qui i centimetri vanno conquistati e comunque dobbiamo essere molto prudenti e rispettosi dei 4 / 5 quintali che abbiamo sotto la sella su cui siamo seduti.

Ci tratterremo sulla sella di più della prima volta, anzi normalmente, se il lavoro precedente è stato fatto bene e non avremo bruciato le tappe, il nostro amico ci sopporterà molto volentieri, specie se abbonderemo nelle cure parentali da sella (ma solo dopo che avremo accertato con il metodo pressione / premio che il cavallo le accetta). Con le dovute attenzioni, e solo se il cavallo ci dice che possiamo farlo, potremo anche accennare a un piccolo trotto. Ma è meglio evitare, avremo tempo e modo di progredire. Per adesso è molto buono che il cavallo ci accetta volentieri. Non cerchiamo di strafare ma anzi, scendiamo e ritorniamo in box.

Non abbiamo mai parlato di cosa fare al cavallo dopo il lavoro. Abbiamo detto che lo riportiamo in box. In realtà faremo molto di più perché è un momento magico per rafforzare la “relazione” col nostro amico. Intanto gli togliamo la sella, e già questo è un bel premio. Poi tergeremo il sudore, se del caso metteremo una coperta per asciugarlo. Tireremo su i piedi, puliremo gli zoccoli e li ingrasseremo. Facendo tutto questo parleremo in continuazione al nostro amico, gli daremo frequenti grattatine, insomma più gli e ne facciamo meglio è. Io uso un termine che in realtà non esiste ma mi rappresenta bene il concetto: dobbiamo smastricciare il nostro cavallo, cioè dobbiamo toccare, toccare e ancora toccare il nostro cavallo,alzargli le gambe, toccargli la nuca, le orecchie, carezzare la groppa le ganasce, il muso, pettinare la coda, la criniera , il ciuffo, fargli le trecce sulla criniera, non per le trecce ma per il rapporto che consentono di instaurare. Normalmente faccio queste cose con il cavallo sciolto con la longhina a terra in mezzo al corridoio chiedendogli di stare fermo. per ottenere il risultato uso un metodo molto semplice che richiede però pazienza, o meglio il gusto di stare con lui. Il metodo è questo, lo metto in un posto, lui stà un pò fermo poi fa un passo, mettiamo un passo avanti. Bene io gli e ne faccio fare due indietro, oppure ne fa uno indietro, gli e ne farò fare due avanti, e così via, finchè vedremo che prima di muoversi ricorderà che noi lo riporteremo nella posizione iniziale con gli interessi, e lui non si muoverà più. Dopo un po’ di volte di queste manovre, vedremo che il nostro cavallo ci “cura”, cioè ha piacere fisico a starci vicino, lo rilassiamo, vedremo che comincerà a sbadigliare in maniera vistosa e irriverente, ma noi ne saremo contenti perché vuol dire che lo rilassiamo, che sta bene con noi. E avremo raggiunto il vero scopo del nostro lavoro. Perché tutto il resto è la conseguenza.

Da qui in avanti il lavoro sarà un po’ più impegnativo, cominceremo a lavorare sulle direzioni, sulle cessioni, sugli alt, sulle partenze quando, e solo quando, volgiamo noi. Sarà una parte affascinante del lavoro con il nostro amico. Ma ogni cosa a suo tempo, noi non avremo fretta…

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05/12/2009, 14:25
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LA DOMA DEL CAVALLO: 7° sessione

È il momento di iniziare il vero e proprio addestramento del cavallo, il lavoro fatto fin qui era finalizzato a far superare al cavallo le paure legate al rapporto con l’uomo, all’essere toccato, a portare una sella sulla schiena e infine il peso del cavaliere.

Abbiamo guadagnato la sua fiducia e siamo riusciti nello scopo.

Da qui in avanti c’è un cambiamento nel lavoro molto importante e del quale è bene tenere conto. Il cambiamento è questo:
il meccanismo -pressione/scomodità- verso -risposta positiva/fine della pressione/premio-, che fino ad ora è stato fatto da terra, da qui in avanti verrà fatto stando in sella.
La cosa è un pochettino diversa, soprattutto più pericolosa in quanto una reazione un po’ brusca del cavallo, che prima non avrebbe avuto conseguenze adesso potrebbe averne, e anche piuttosto negative.

Questo fatto ci obbliga a cercare un modo per creare con il cavallo un feeling, una relazione, un’associazione ancora maggiore, anzi largamente maggiore di quella che abbiamo ottenuto fin’ora. Per ottenerla faccio così:

li faccio girare intorno a me al passo alla corda, a 3 - 4 metri da me. Poi gli insegno a cambiare direzione chiamandolo un pò a me e cambiando la mano che tiene la longia (mano dx per farlo girare a mano dx e viceversa a sx), e gli faccio cambiare direzione ogni volta che lui si distrae da me. Dpo un pò la sua attenzione è su di me. A questo punto alzo la mano che tiene la corda, aspetto un momento e poi faccio la raganella finche non parte al trotto (se non parte aumento lentamente e gradualmente la pressione finche non parte), dopo un giro o due abbasso il braccio e faccio il verso del silenzio (ssschh) con la bocca, inoltre mi rilasso, e anche il cavallo prima o poi capisce e si rilassa e ritorna al passo.
Dopo un pò di questo lavoro (il tempo varia in funzione del soggetto) mi basta alzare il braccio per farlo accelerare (mi aiuto con la raganella per il trotto e il bacio per il galoppo per aumentare un pò la pressione se non parte subito)e abbassarlo per farlo rallentare. Un bel "WHO" è l'alt al quale il cavallo si gira nella mia direzione, mi guarda e solitamente mastica in segno di sottomissione, come fanno i puledri con i cavalli adulti (con questo atteggiamento riconosce me come capo branco). In questo modo, senza violenza alcuna, il cavallo è costretto a concentrare la sua attenzione su di me, non si annoia ma impegna la mente, credo gli piaccia pure perché ogni volta che fa bene arriva un bell'alt di premio con, a seguire, vigorose grattate nei punti sensibili.

Con questo lavoro ottengo due risultati, il primo è di ottenere un forte “imbrancamento” con me del soggetto in questione, il secondo è di abituare il cavallo (in maniera un po’ più netta di quanto fatto sin’ora) alle chiamate laterali necessarie per fargli cambiare direzione, e siccome queste chiamate sono quelle che useremo stando in sella è bene che il cavallo si abitui da terra.

Dopo questo lavoro il nostro amico sarà pronto a farci salire ancora. In verità in questa fase c’è anche un’altra novità, cioè cambieremo lo strumento di comunicazione con il cavallo, non sarà più la testiera con longhina che abbiamo visto nella prima sessione, ma, mentre la testiera sarà simile, la corda della longhina sarà montata in modo tale da formare due redini di corda unite tra loro più la longhina vera e propria di 6 – 7 mt che servirà per il lavoro da terra che ho appena descritto, mentre le redini serviranno per il lavoro dalla sella ottenendo cosi di fare le due cose senza cambiare capezza. In questo momento non ho una foto. La posterò a breve.

Prima di salire c’è ancora qualcosa che possiamo fare, e che magari abbiamo cominciato a fare anche mentre facevamo il lavoro che ho descritto sopra. Si tratta di abituare il cavallo alle gambe del cavaliere, per farlo prenderemo le staffe e le faremo cadere, meglio scivolare, sul fianco del cavallo, non dobbiamo fargli male, solo abituarlo ad avere contatti in quella zona del corpo. Se ricordiamo è un lavoro che abbiamo iniziato in precedenza e che avremo avuto cura di fare in ogni sessione in modo da desensibilizzare il cavallo in quella zona evitando reazioni spiacevoli quando lo facciamo da sella. Altra cosa da fare è lavorarlo ancora sulla cessione del posteriore e dell’anteriore usando le dita, come descritto in precedenza.

Adesso saliamo e, possibilmente, stiamo fermi, cioè non chiediamo al cavallo di muoversi. Se è il cavallo a fare qualche passo lasciamolo pure fare, in questa fase possiamo ancora accettarlo. Ma è importante che non siamo noi a chiedergli di partire appena saliti in sella. Questo è molto importante ed è una cosa che faremo sempre, anzi, in futuro, quando il cavallo sarà più solido nell’addestramento, saremo noi a chiedere al cavallo di stare fermo mentre saliamo e una volta che siamo saliti, e di partire solo al nostro comando. In questo modo eviteremo di dare spettacolo quando salendo, il nostro cavallo ci renderà la vita dura non stando fermo e partendo subito appena siamo saliti, prima ancora che ci siamo equilibrati in sella.

A questo punto il nostro obiettivo è di cominciare a lavorare sulle direzioni,ma prima ancora è far muovere il cavallo. Per farlo useremo il verso della raganella che il cavallo già conosce per il lavoro fatto da terra. Se non parte subito insistiamo nella raganella, se non parte ancora stringeremo leggermente le gambe, leggermente, perché questa è una cosa nuova per il cavallo, quindi mettiamoci la massima attenzione. Guardiamo le orecchie del cavallo, se le sposta un po’ indietro, irrigidisce il collo e magari fa qualche passetto indietro, vuol dire che è da un po’ che avremmo dovuto cessare quella pressione, il cavallo ci stà dicendo che la sua soglia della paura stà per essere superata e lui entrerà in difesa, con noi sopra!
Quindi le gambe vanno strette gradualmente e comunque leggermente. Se il cavallo non parte ma non mostra i segnali negativi descritti, allora possiamo mantenere costante la leggera pressione delle gambe e continuiamo il verso della raganella. Il cavallo percepisce che gli stiamo chiedendo qualcosa, ma non sa cosa gli stiamo chiedendo. Muoverà forse un po’ le orecchie, ma in maniera diversa da quando è nervoso (non necessariamente il movimento delle orecchie è foriero di reazioni negative, impareremo con il tempo a capire quando è un movimento negativo e quando è invece una sorta di riflessione che fa il cavallo cercando di decodificare le nostre richieste) e cercherà di fare qualcosa nella speranza di fare la cosa giusta, forse andrà indietro, o di lato, noi dobbiamo soltanto non cambiare la nostra pressione, non ridurla ma neanche aumentarla. Dobbiamo rimanere uguali, almeno finche non percepiamo segnali di innervosimento del nostro cavallo, al che cesseremo tutto, faremo qualche grattata tranquillizzante al nostro amico, e poi ci riproveremo. Con pazienza e costanza. Prima o poi il nostro amico farà un passetto avanti, appena lo accenna leviamo tutte le pressioni e grattiamolo, premiamolo vistosamente. Poi con calma ripetiamo, e ancora appena fa un accenno di passo avanti stop alle pressioni e via ai premi. Il cavallo è un abitudinario che cerca la comodità, cioè di fronte ad ogni situazione che si presenta nella sua vita lui cerca il comportamento che rende quella situazione più comoda. Quindi anche in questo caso capirà presto che quei comandi che per lui sono scomodità (raganella e gambe) cessano subito appena lui va avanti. Tra se e se dirà: “ma basta così poco per eliminare questa scomodità? Allora sono a posto, vado avanti e via…” il meccanismo pressione premio ha funzionato ancora, come sempre se ben fatto.

Vorrei spendere una parola sul concetto di ben fatto: con i cavalli una cosa è fatta bene quando è accettata bene dal cavallo, non quando è eseguita con una tecnica impeccabile. Quello che voglio dire è che il rapporto con il cavallo non è solo tecnica ma c’è una componente di “sensibilità” ad interpretare il cavallo che è forse più importante della tecnica stessa. Una tecnica che può andar bene per uno non necessariamente va bene per un altro, sono diversi i tempi, il livello di pressione ecc. in buona sostanza sono diverse le “sfumature” che se non abbiamo la sensibilità di curare ci troveremo ad avere difficoltà delle quali accuseremo il cavallo. Invece dipendono solo da nostra poca sensibilità.

A questo punto avremo ottenuto che il nostro cavallo parte al nostro comando. Dove va? Al momento ramengo per il tondino, in quanto è importante per ora che parta quando lo diciamo noi,. E si fermi quando lo diciamo noi. Il cavallo avrà già imparato il “Who” nel lavoro da terra. Per farlo fermare ci rilasseremo vistosamente sulla sella, “entreremo” nella sella, ci siederemo “dentro” la sella, e con voce chiara e forte diremo un bel “Who” e aspetteremo che il cavallo si fermi. Dovrebbe farlo in quanto già conosce il comando. Se non lo fa restiamo nella posizione del corpo e ripetiamo il comando tirando leggermente le redini. Appena il cavallo si ferma cessiamo tutte le azioni e premiamolo. Personalmente non amo tirare le redini per far fermare il cavallo.

Adoro i cavalli che si fermano alla voce e con l’assetto del corpo del cavaliere, quindi non esageriamo mai nel tirare le redini e soprattutto lo facciamo adesso per aiutare il cavallo, ma è l’ultima cosa che facciamo nella sequenza dei comandi dell’alt, e tra un po’ non la faremo più…

Alla prossima…

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06/12/2009, 11:24
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LA DOMA DEL CAVALLO: 8° sessione

Il nostro puledro viene su bene, lavora sereno e anche se quello che gli chiediamo può sembrarci ancora poco, in realtà per lui è molto.

Proviamo a pensarci:
ci permette di toccare ogni centimetro della sua pelle e non è poca cosa! se è uno stalloncino ci farà toccare anche i testicoli in assoluta serenità (se non è così avremo lavorato male e dovremo tornare indietro e riprendere quel lavoro), (ah, toccare i testicoli di uno stallone non è che sta brutto, anzi …) , ci farà toccare la nuca, ci consentirà di sollevare gli zoccoli a nostro piacimento, si farà mettere tranquillamente una cosa pesante e scomoda come la sella, ci consentirà anche di salirci senza ribellarsi ma, anzi, probabilmente provando anche un po’ di gusto a stare con noi per le grattate che porta a casa ogni volta che fa la cosa giusta in risposta a una nostra pressione.

Siamo debitori nei confronti del nostro amico. Ripaghiamolo, siamo riconoscenti nei suoi confronti premiandolo ogni volta che fa una cosa bene, e quando incontra qualche difficoltà, rimandiamo quel lavoro per lui difficile in quel momento e, anziché punirlo, facciamogli fare un’altra cosa, una cosa che sappiamo sa fare bene, avremo così un pretesto per premiarlo e lasciargli un buon ricordo.

Rafforzo questo concetto:
dobbiamo scientemente cercare occasioni per premiare il nostro cavallo, lavorerà con più piacere in generale, e con noi in particolare.

E siamo generosi con le grattate. Se osserviamo i cavalli al paddock avremo modo di vedere che spesso si mordicchiano reciprocamente la base dell’incollatura, all’altezza del garrese, sono le cure parentali che rafforzano il legame tra loro. Vuol dire che quella è una zona sensibile. Grattiamolo li, gli piacerà di sicuro. Mettiamoci anche un po’ di energia, la grattata che piace al cavallo a noi farebbe molto male quindi grattiamo senza paura. E usiamo la voce, lo rassicurerà. Ma soprattutto, più di tutti, non lavoriamo mai il cavallo, il puledro in particolar modo, quando siamo stressati, nervosi o con qualche problema. Lui lo percepirebbe e sarebbe una cattiva sessione di lavoro. Meglio una sessione in meno che una in più, ma cattiva!!!

Nell’ultima sessione avevamo convinto il nostro amico ad avanzare e poi a fermarsi al nostro comando. È il momento di cominciare a lavorare sulle direzioni.

Abbiamo fatto il lavoro di associazione da terra (quello che regola con il braccio alto o basso l’andatura del cavallo ), saliamo, stiamo fermi un minuto o due, ma anche tre o quattro vanno ancora meglio, accarezzando e tranquillizzando il nostro amico, in questo modo lui non assocerà mai il fatto che noi siamo saliti con la partenza, e quindi, in futuro, ci farà salire rimanendo ben fermo e aspetterà il nostro comando per partire.
Dopo la pausa, una volta in sella è il momento di partire. Abbiamo in mano le redini di corda, porteremo le mani in avanti, e noi stessi ci porteremo in avanti sulla sella (un po’ come se dovessimo avanzare noi di un passo), aspettiamo un attimo e facciamo il verso della raganella, aspettiamo ancora e se non parte stringiamo leggermente le gambe rifacendo la raganella. Dovrebbe partire, se non lo fa ancora, manteniamo l’assetto di partenza ancora un pochino. Partirà prima o poi, se non parte ancora potremo prendere la redine di corda entrambe in una mano e con l’altra toccarlo sulla groppa. Dobbiamo prestare grande attenzione a questo gesto perché il cavallo potrebbe spaventarsi, quindi la prima volta sarà leggerissimo, poi potremo aumentarlo un po’ quando saremo sicuri che il cavallo non avrà reazioni pericolose. Il cavallo partirà di certo, comunque se non dovesse partire ancora, faremo ancora tutte le cose descritte aumentando semplicemente il livello di pressione. In questo modo prima o poi partirà, quando parte noi cessiamo le pressioni e lasciamolo camminare apparentemente “senza meta”, ma tra poco inizieremo a dargliela.

Prima vorrei soffermarmi sulla sequenza dei comandi, sul perché non diamo i tutti i comandi contemporaneamente e sulle ragioni della loro successione.
Abbiamo visto che, per partire, prima portiamo avanti le mani che tengono le redini e noi stessi “avanziamo” sulla sella, poi, e solo poi, facciamo la raganella, poi stringeremo le gambe (“daremo gambe”, nel gergo), e poi toccheremo il cavallo sulla groppa con la mano (questo gesto ha il valore di uno scappellotto che potremmo dare a nostro figlio, quindi attenzione a usarlo solo come ultima ratio). Se tutte le volte che gli chiediamo di partire usiamo allo stesso modo e nella stessa sequenza questi comandi, accadrà prima o poi che il cavallo partirà prima di arrivare alla fine della sequenza anzi, dopo un po’, partirà appena noi avremo assunto la posizione di “avanzare” sulla sella.
Avremo cosi cavalli sensibilissimi ai nostri comandi che obbediscono a variazioni minime del nostro assetto in sella. Se invece saremo disordinati nella sequenza e nel livello delle pressioni, creeremo confusione al nostro amico, lui non identificherà bene qual è l’ordine magico che dice partenza, e per essere sicuro che noi vogliamo partire aspetterà tutta una serie di mosse strane e vistose che noi facciamo in sella. E alla fine partirà, ma noi diremo che il nostro cavallo è un cattivo cavallo perché non ci parte subito. E la colpa sarà la nostra. Non ricordo chi l’ha detto, ma è profondamente vero:

NON ESISTONO CATTIVI CAVALLI, MA SOLO CATTIVI CAVALIERI …

La sequenza che ho descritto per la partenza ha solo lo scopo di aumentare la pressione della richiesta nel momento in cui il cavallo non parte, se questa sequenza (cioè la pressione) cessa appena lui parte, il nostro cavallo imparerà a partire subito appena percepisce che sta iniziando la sequenza (per lui partire subito vuol dire far cessare la scomodità della nostra pressione crescente).

Questo concetto vale per tutti gli aspetti dell’addestramento che affronteremo da qui in avanti.

Avevamo lasciato il nostro allievo che era partito e girava “senza meta” all’interno del tondino. È il momento di lavorare sulle direzioni. Diamoci l’obiettivo di girare da qualche parte, diciamo a destra. Il nostro obiettivo è l’addestramento "da laoro" in cui il cavallo è guidato con le redini in una sola mano, quindi faremo cose finalizzate a questo obiettivo. Per il momento le redini vanno tenute con entrambe le mani, vedremo a breve come. Quindi se vogliamo girare a destra, quello che dobbiamo fare è appoggiare la redine sinistra sul collo del cavallo. Dovremo farlo seguendo questo schema.
Allora, teniamo le redini con entrambe le mani (ho letto da qualche parte che le mani vanno tenute alla distanza ideale di una scatola di scarpe, ed ho verificato che è giusto), quindi noi abbiamo le redini in entrambe le mani, distanti tra loro quanto una scatola di scarpe, e posizionate leggermente più in alto e più avanti del pomo della sella.
Da quella posizione spostiamo entrambe le mani verso destra finche la redine sinistra non appoggia sul collo del cavallo. Nel fare questo movimento avremo cura di mantenere l’allineamento delle mani, se pensiamo all’ideale scatola di scarpe tra le mani, questa non dovrebbe cadere mentre facciamo il movimento. La redine sinistra sul collo del cavallo rappresenta la prima pressione alla quale il cavallo dovrebbe sottrarsi girando a destra, cioè dalla parte opposta. Il cavallo non girerà, chiaramente, ma si chiederà cosa vogliamo, allora lo dobbiamo aiutare, per farlo appoggeremo la gamba sinistra più o meno all’altezza della cinghia del sottopancia (2° livello di pressione), probabilmente il nostro amico non girerà ancora, anzi forse comincia a preoccuparsi del fatto di non capire cosa vogliamo da lui. Par aiutarlo noi aumenteremo gli aiuti. Cioè stringeremo il pugno che tiene la redine destra e se ancora non gira tireremo un po’ la redine destra in modo da spostare gradualmente la testa del cavallo verso destra. Questo lo porterà a girare nella direzione desiderata. La destra appunto.
Appena comincia a girare noi cesseremo tutte le azioni di pressione e accarezzeremo il cavallo. Anche un bel alt sarà cosa gradita. Riprenderemo poi l’esercizio, sempre a destra e con la stessa dinamica. Piano piano il cavallo comincerà a interagire con noi, nel senso che serviranno sempre meno aiuti.
Il punto d’arrivo è che il cavallo giri al tocco della redine sul collo. Ma lo otterremo solo tra qualche sessione. Per il momento accontentiamoci che il cavallo giri. Ripeteremo pari pari l’esercizio per girare anche a sinistra.

A questo punto daremo un Alt, carezza, piede a terra, box (dopo aver abbondantemente “smastricciato” il cavallo…

Alla prossima...

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06/12/2009, 23:05
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Allego la foto della capezza con redini e longhina cui accennavo nella sessione 7


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LA DOMA DEL CAVALLO: 9° sessione

Se fino ad oggi ci siamo comportati con il nostro amico come abbiamo scritto probabilmente quando andremo nel box ci verrà incontro, ci seguirà volentieri, essendo un puledro magari proverà anche a farci qualche piccolo gioco , che so, spintarelle col muso sulla schiena oppure qualche piccolo morso (specie gli stalloni), entrambe le cose sono per il cavallo un gioco, ma per noi non è la stessa cosa e se possiamo ridere della piccola spintarella che ci darà, non altrettanto possiamo ne dobbiamo fare con i morsetti perché un morsetto tra cavalli è una cosa e lo stesso morsetto dato a noi è un’altra. Quindi dobbiamo stigmatizzare questo comportamento. Intendiamoci, che il puledro giochi con noi è positivo in quanto significa che è imbrancato con noi, non è positivo invece il fatto che ci dia i morsetti e, da buon capo branco dobbiamo stigmatizzare tale comportamento. Come? Semplicemente allontanando con le mani la testa del cavallo quando si avvicina per darci il morsetto. Dobbiamo farlo senza violenza ma con fermezza. (il vizio dei morsetti andrebbe tolto da puledri nei primi mesi di vita, ma non tutti i padroni lo fanno o lo sanno fare) può anche essere che il morsetto ci arrivi, oppure che il cavallo sia particolarmente insistente nel provarci. In entrambi i casi un bello scappellone aiuta molto. Attenzione, lo scappellone non va dato dopo un po’, cioè magari il cavallo ci da il morsetto, noi ci lamentiamo dieci minuti, guardiamo cosa ci ha fatto e poi, magari presi dall’ira, gli diamo lo scappellone o peggio lo picchiamo duramente. Lo scappellone va dato subito, solo così il cavallo lo associa al suo comportamento (il morsetto) e se lo prende ogni volta che ha quel comportamento, prima o poi, per evitarlo correggerà il suo comportamento. E uno scappellone non è picchiarlo duramente.

Ricordiamoci sempre che qualsiasi cosa accada l’ira va messa da parte. Col cavallo funziona la razionalità e la coerenza. Lui è estremamente razionale e coerente. Il suo comportamento è chiaro: cerca la comodità, ogni suo comportamento è alla ricerca del modo migliore di rimuovere le scomodità che incontra nella vita, e una volta che ha capito come fare farà sempre quella cosa. Ad esempio, come abbiamo visto per abituarlo alla capezza, quando pista sulla corda della longhina vede che tirando non risolve il problema,anzi aumenta la pressione della capezza sulla nuca, si accorgerà che, invece, cedendo con la testa la pressione finisce. Lui, coerentemente, ogni volta che sente una pressione sulla nuca cede con la testa e così impara a seguirci con la longhina.
È un comportamento di una coerenza assoluta.
Cosi come è coerente il comportamento della corda pistata dal cavallo. La coerenza della corda è dovuta ad un fatto fisico, nel senso che essendo il cavallo stesso che pista sulla corda se lui tira aumenta la pressione sulla nuca.
Per l’uomo è più difficile essere così coerente nel senso che difficilmente facciamo le cose sempre nello stesso modo, il cavallo ci chiede invece questa coerenza quando abbiamo a che fare con lui, ci chiede, quando gli chiediamo una cosa, di chiedergliela sempre allo stesso modo e di smettere di chiedergliela quando lui l’ha fatta. Per restare nell’esempio della corda, un modo tipico di non coerenza umana verso il cavallo è di continuare a tirare quando il cavallo cede con la testa. Questo creerà confusione nel nostro cavallo, specie all’inizio dell’addestramento.

Un’altra cosa importante è relativa al modo come portiamo il nostro cavallo alla longhina. Spesso vediamo il cavallo che tira, non segue bene il cavaliere (vedi sopra come imparargli a seguire la corda, altre volte invece vediamo il cavallo che è quasi addosso al cavaliere col rischio di fargli male. Sono modi di condurre che non vanno bene. Abituiamo il cavallo a stare dietro di noi, a un metro circa dietro di noi. Come fare? Come farci seguire dal cavallo ne abbiamo parlato abbondantemente poco fa. Invece per non farci venire addosso basterà dare con la longhina delle piccole botte sul petto del cavallo ogni volta che questo ci viene troppo vicino. Teniamo la longhina sulla mano destra (evitando sempre di avvolgere la corda intorno alla mano, se il cavallo tirasse improvvisamente sarebbero guai per la nostra mano) ad una lunghezza che permette al cavallo di stare ad un metro circa da noi e camminiamo, ogni volta che il cavallo si avvicina troppo gli daremo una sorta di frustatina sul petto, non serve che sia forte, diventerà un po’ più forte solo se insiste. Lui dopo un po’ capirà e ci starà alla giusta distanza. Poi potremo anche lavorare per farlo fermare quando ci fermiamo noi e per farlo indietreggiare se noi andiamo indietro. Lo vedremo più avanti.

Dopo questa divagazione prendiamo il nostro amico dal box, lo puliamo e lo pettiniamo, magari gli intrecciamo la coda per evitare che si rovini, ma soprattutto perché queste cose fanno parte della strategia dello “smastricciamento” (ormai il termine è noto) del nostro amico, lo selliamo, mettiamo la capezza - redine (è la 2° foto che ho inserito) e avviamoci verso il tondino. Approfittiamo del tragitto per condurlo bene, a un metro, come abbiamo detto.

Nel tondino ogni volta facciamo tanto lavoro da terra, lavoriamo sull’associazione (braccio alto, braccio basso) lavoriamo sulle cessioni del posteriore e degli anteriori, premiamolo quando fa bene. Possiamo anche a fare un lavoro nuovo, provo a descriverlo:

mettiamoci sulla sinistra del cavallo e facciamo girare la longhina dalla parte destra intorno al corpo del cavallo, dietro la facciamo appoggiare sui garretti, così facendo ci ritroveremo la longhina dalla nostra parte, ma che ci arriva dal posteriore, mi aiuto con un disegno fatto male


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LA DOMA DEL CAVALLO: 9° sessione (continua)

A questo punto tirando un po’ la longhina, il cavallo girerà la testa verso destra, cioè dalla parte opposta alla nostra. Tirando ancora seguirà docilmente la corda e si troverà a fare un giro su se stesso in quanto, alla fine del giro, ci ritroveremo il cavallo di fronte a noi con la longhina libera normale. Il cavallo avrà l’aria un pochettino sorpresa, non preoccupata, ma sorpresa probabilmente si. Questo esercizio lo aiuta sia a spostare la testa verso la direzione in cui gira (vedremo più avanti che è molto importante) e lo introduce al movimento del roll back, che è quella girata su se stesso, molto bella da vedere, che i cavalli sportivi fanno in quanto è una figura del pattern (percorso) nel reining, i cavalli da lavoro fanno invece per non perdere i vitelli quando cambiano improvvisamente direzione (come anche nel cutting). Ma è bene che anche i cavalli da passeggiata sappiano fare il movimento che può essere utile in punti stretti ecc.
il lavoro descritto (come tutti i lavori) va ripetuto dalla parte opposta.

Finalmente è arrivato il momento di salire sul nostro allievo. Cominciamo ripassando le cose fatte nell’ultima sessione, poi cominciamo anche a seguire delle traiettorie logiche. Ad esempio, girando sul perimetro del tondino, ad un certo punto spostiamo le mani verso l’interno, così facendo porteremo la redine esterna a toccare il collo del cavallo, gli stiamo cioè chiedendo di “stringere” il cerchio. Se il cavallo non stringe lo aiuteremo con la gamba e poi con la chiamata della redine interna (la sequenza e la modalità è la stessa dell’ultima sessione). Piano piano vedremo che il nostro amico girerà al semplice contatto della redine esterna. Garantisco che la soddisfazione è notevole. Possiamo anche cominciare a trottare il nostro amico e a fare al trotto il lavoro di stringere il cerchio, ripetendo sempre il lavoro da entrambi i lati.
La partenza al trotto merita qualche commento. Il problema è che il cavallo sentirà il nostro peso in maniera un po’ diversa. Comunque per farlo partire il procedimento è quello della partenza da fermo. Cioè porteremo in avanti le mani (ricordiamo sempre la scatola di scarpe), “avanzeremo dentro” la sella, come se dovessimo fare un passo, faremo la raganella, daremo gambe, se ancora non è partito passeremo alla piccola pacca sulla groppa. Appena parte cessiamo le pressioni, se non parte aumentiamo gradualmente il livello delle pressioni. La prima volta che parte al trotto mezzo giro di tondino è sufficiente, facciamo un bell’Alt e una bella sosta per premiare il cavallo e comunicargli che siamo contenti di lui, che ha fatto la cosa giusta. Lui assocerà questo premio alla cosa che ha fatto e alla ragione per cui l’ha fatta. Cioè è partito al trotto perché noi gli abbiamo fatto le pressioni descritte. In futuro consoliderà questa associazione (se noi saremo coerenti nel dare e dosare le pressioni) e partirà al trotto con il semplice assetto del corpo e delle redini leggermente spostate in avanti.
Lo stesso discorso vale pari pari per le partenze al galoppo, con un’unica variante, per le partenze al galoppo, al posto del verso della raganella uso il verso del bacio. Mi piace che il cavallo associ il verso della raganella al trotto, e il verso del bacio al galoppo. In questo modo sono chiaro e coerente.

Un altro concetto da introdurre adesso è quello della sosta premio dopo un lavoro fatto bene. È una cosa che vale sempre, a qualsiasi livello dell’addestramento, a qualsiasi età del cavallo, e qualunque sia la cosa che stiamo facendo. Cioè, quando chiediamo al cavallo una cosa nuova, quando la fa bene concediamogli una bella e lunga sosta che può essere, a scelta del cavallo, stare fermo guardandosi intorno, oppure bighellonare in giro a guardare quello che gli piace.
Questa cosa, oltre ad essere un premio, libera la mente del nostro amico dallo stress a cui lo sottoponiamo con le cose che gli chiediamo nell'addestramento e che comportano un impegno molto alto per il cavallo, un impegno a cui in natura non è abituato. Quindi diamogli spazi di libertà. Addirittura quando percepiamo un po’ di stress, facciamogli fare una piccola cosa che sa fare bene e premiamolo dandogli libertà di mente.

L’ultima cosa di cui vorrei parlare in questa sessione è l’alt. L’abbiamo già in parte visto, adesso proveremo a farlo dal trotto e dal galoppo. Il procedimento è lo stesso:
“entriamo” profondamente nella sella, portiamo anche il peso sulle staffe (ma evitiamo, come molti invece fanno, di portare esageratamente in avanti le gambe. È brutto da vedere e non serve a niente), diciamo con voce chiara e forte un bel “Who”, se il cavallo non si ferma alziamo la redine esterna (alziamo semplicemente la mano che la tiene) e, contemporaneamente, chiamiamolo (cioè tiriamo senza esagerare entrambe le redini), il cavallo si fermerà girandosi verso la recinzione del tondino e non cederà alla tentazione di continuare a correre che potrebbe venirgli se si è un po’ “riscaldato” nell’esercizio. In futuro (se sapremo essere coerenti) basterà l’assetto del corpo, anche senza voce e senza assolutamente tirare con le redini.
Bene il cavallo si è fermato ma l’esercizio dell’alt non è finito. Sempre, ma specialmente all’inizio, dopo l’alt faremo fare qualche passo indietro al nostro amico. Questo serve per rafforzare due concetti: il primo che quando si ferma deve impegnare i posteriori, il secondo è che l’alt è l’alt, l’assetto del corpo dell’alt è la legge e la legge va rispettata. I passi indietro “consolidano” questo concetto. Ma il nostro amico non sa ancora andare indietro, non c’è problema siamo sopra di lui per questo. Infatti una volta che si è fermato riprenderemo l’assetto dell’alt, diremo “BACK”, anche più volte, e, dopo un pochino, chiameremo con le redini il cavallo. Lui sentirà un assetto del nostro corpo che gli dice fermati e una pressione sul naso che non conosce, cercherà di trovare il modo di sottrarsi a tale pressione e scoprirà che il modo giusto è andare indietro perché noi, appena accennerà ad andare indietro, fosse anche uno spostamento del suo baricentro indietro senza nessun passo, cesseremo la pressione sul naso. Piano piano capirà che potrà liberarsi di quella pressione sul naso andando indietro, ma capirà anche che l’assetto dell’alt non solo gli comunica che deve fermarsi, ma addirittura di andare indietro. Allora capirà che quella è la legge, e la rispetterà anche molto volentieri (perché il cavallo ama stare fermo senza lavorare).

Abbiamo fatto grandi passi col nostro allievo. La prossima volta se sarà tranquillo e sereno, lo porteremo fuori dal tondino e andremo nel campo piano … sarà molto divertente…

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LA DOMA DEL CAVALLO: 10° sessione

In questa sessione l’obiettivo è di rafforzare i concetti che il cavallo ha acquisito nelle sessioni precedenti e poi fargli fare ancora qualche passo avanti, portandolo per la prima volta fuori dal tondino.
Il lavoro inizierà comunque all’interno del tondino. Durante il tragitto dalla scuderia al tondino approfitteremo per rafforzare il rispetto della distanza mentre lo portiamo alla longhina (abbiamo detto almeno un metro) e anche per insegnargli a fermarsi quando noi ci fermiamo, e addirittura indietreggiare quando noi lo facciamo. Il modo è semplice. Mentre camminiamo, lui ci segue rispettando la distanza, a un certo punto ci fermiamo. Lui probabilmente non si fermerà e quindi supererà la distanza di rispetto, noi non faremo altro che dargli il colpetto con la corda riportandolo alla distanza di rispetto. Lui ci guarderà un po’ sorpreso, chissà forse anche un po’ offeso, ma noi gli daremo una bella grattata e l’offesa passerà. Ripartiamo, distanza di sicurezza rispettata. Altro alt e altro colpetto se non si ferma con noi. La pressione del colpetto va rapportata alla foga con cui il cavallo ci viene addosso ed alle volte che stiamo ripetendo l’esercizio.
Dopo un po’ noi ci fermeremo e lui si fermerà senza venirci addosso. Arrivati a questo risultato facciamo un passetto indietro. Questo comporterà che la distanza di rispetto verrà ridotta, e allora colpetto sul petto e anche pressione delle dita sul petto finche il cavallo non indietreggia ristabilendo la distanza di rispetto.
Dopo un po’ mentre noi avanziamo lui starà alla distanza di rispetto, si fermerà quando ci fermiamo noi e indietreggerà, per mantenere la distanza di rispetto, quando noi indietreggiamo.

Chiaramente il risultato finale verrà raggiunto un po’ per volta, anche in più giorni anzi, probabilmente in più giorni. L’importante è non volere tutto e subito ma accontentarsi dei progressi, che magari ai nostri occhi sono piccoli, ma sono invece grandi se guardati con gli occhi del nostro allievo.

Il nostro allievo è in realtà anche il miglior giudice della bontà del nostro lavoro, se lui apprende senza traumi, se è tranquillo, collabora volentieri, allora potremo definirci buoni maestri.
Se invece è stressato, se quando lo andiamo a prendere nel box abbassa le orecchie ed è scontroso, se quando gli mettiamo la sella da segni di insofferenza, allora, aimè vuol dire che siamo stati cattivi maestri.

Arrivati nel tondino rifaremo tutte le cose dell’ultima sessione a cominciare dal lavoro da terra. non ci stancheremo mai di fare il lavoro da terra e non cederemo alla facile tentazione di saltare quelle fasi apparentemente ormai inutili per accelerare i tempi, con il risultato di un cattivo lavoro in quanto aumenterà lo stress del nostro cavallo, che, ricordiamolo, sta imparando tante cose e ha bisogno di tempo e del branco per sentirsi rassicurato. Il suo branco siamo noi e il lavoro da terra rafforza questo concetto.
Fatto il lavoro da terra potremo salire in sella e cominciare gradualmente al passo, al trotto, anche un po’ di galoppo, ma poco galoppo nel tondino, e lavoreremo sulle direzioni come abbiamo visto nell’ultima sessione. Al passo e al piccolo trotto gli faremo fare anche dei cambi di direzione usando il solito criterio della graduazione e gestione delle pressioni . Allego due disegni (sempre brutti) di lavoro in tondino sulle direzioni.


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LA DOMA DEL CAVALLO: 10° sessione (continua)

Ricordiamo durante queste fasi di curare la posizione delle mani (pensiamo alla scatola di scarpe che non deve cadere), ed evitiamo anche un errore nel quale è facile cadere: nello spostamento delle mani per appoggiare la redine esterna sul collo del cavallo spesso si ha un effetto volante delle mani, cioè ci troveremo con le mani una più alta (normalmente la esterna) e una più bassa, come se stessimo appunto girando un volante, le mani devono invece rimanere entrambe alla stessa altezza. E' inoltre da evitare nel movimento l'errore di tirare involontariamente la redine esterna. proviamo a chiarire. per girare a dx sposteremo entrambe le mani verso dx per appoggiare la redine sx sul collo del cavallo (creando così la pressione dalla quale il cavallo si sottrarrà girando a dx), nel fare questo movimento può accadere che tiriamo involontariamente la redine sx che invece deve solo appoggiare sul collo ma non deve fare l'effetto chiamata non deve cioè essere tirarata. Questo è uno dei più classici casi di incoerenza in cui cade il cavaliere inesperto, o quello presuntuoso che pensa di sapere tutto. L'incoerenza è legata al fatto che vogliamo che il cavallo giri a dx ma noi gli tiriamo la redine sx e siccome ricordo che la chiamate della redine è l'ultimo aiuto che diamo al cavallo quando gli insegnamo a girare, quello che stiamo facendo è: vogliamo che il cavallo giri a dx e cominciamo a dargli gli aiuti per farlo, poi gli diamo anche gli aiuti per farlo girare a sx (la chiamata delle redini). Il cavallo andrà in confusione, è come se gli chiedessimo di andare contemporaneamente a dx e a sx, e il nostro amico nella migliore delle ipotesi non farà proprio nulla, nella peggiore ci scaricherà.

Chiaramente lavoreremo anche sulle partenze e sugli alt senza tralasciare le pause che servono al fisico e alla mente del giovane puledro.

A questo punto, se il cavallo mostrerà di essere sereno e rilassato e se avrà lavorato bene, scendiamo e anziché portarlo in box come al solito, andremo nel campo piano, nel cosiddetto maneggio.

Qui per il nostro amico si apre un nuovo mondo, potrebbe viverlo come una cosa molto bella (come un bambino che dalla cesta dei giocattoli di casa entra in un negozio toys), ma anche come una cosa molto brutta (un posto misterioso e stregato, pieno di insidie). Non so per quale ragione si presentano queste due situazioni, probabilmente la causa va ricercata nella personalità più o meno introversa del nostro amico.
In entrambi i casi il nostro obiettivo e portarlo a un livello di serenità ideale per il lavoro.
Magari ci sarà da frenare un po’ di esuberanza nel primo caso, e, viceversa, spronarlo un po’ nel secondo aiutandolo a superare le sue fobie.

Comunque noi, con aria indifferente, entreremo nel rettangolo. Probabilmente ci saranno altri cavalieri, chiediamo permesso, spieghiamo che il puledro entra per la prima volta nel campo, entriamo, e stiamo a vedere.
Normalmente quello che faccio è un giro del campo lungo il suo perimetro consucendo il cavallo alla longhina. Andiamo avanti, ci fermiamo, lasciamo al puledro il tempo di guardare tutto quello che vuole. Se c’è un punto che lo spaventa (e accade sovente), cercheremo di fargli superare la paura passando noi per primi, poi spingendo lui a passare facendo l’esercizio del braccio alto e basso, finche non passa nel punto incriminato senza più averne paura. Può darsi che ci voglia un po’ di tempo a fargli superare la paura, noi impiegheremo con calma e pazienza tutto il tempo che serve. Inoltre è probabile che il giorno dopo, portato nello stesso punto dove il giorno prima aveva avuto paura ed aveva superato la sua paura, torni ad averne, ad avere ancora paura. È cosi. Spesso i puledri lo fanno. E noi dovremo rifare tutto il lavoro di desensibilizzazione, cioè il lavoro necessario (lo stesso del giorno prima) a fargli superare di nuovo quella paura. Con cavalli così conta veramente molto la nostra tranquillità e calma in quanto se la nostra ira si sommasse alla sua paura il risultato sarebbe disastroso. Uscendo dalla scuderia prima del lavoro consiglio di mettersi in tasca chilate di pazienza…

Questa fase mi da lo spunto per parlare di una cosa interessante. Quando un cavallo passa a fianco di un qualcosa che lo spaventa, poniamo che stia alla sua sinistra, lui vedrà quella cosa con il suo occhio sinistro. Poniamo che, facendogliela vedere sempre con il solo con occhio sinistro, riusciamo a fargli superare questa paura. Bene, quando la vedrà con l’altro occhio, per lui sarà come se la vedesse per la prima volta, e dovremo rifare, per l’occhio destro, tutte le cose fatte per il sinistro affinché superi la paura.

Cioè il cavallo ha gli occhi tra loro indipendenti. Uno non ha la memoria dell’altro. Si chiama, mi pare, visione monoculare. Inoltre ha la vista tridimensionale solo in una ristretta sezione davanti a se, ai lati ha una visione piatta, in compenso ha un angolo visuale molto esteso all’indietro, per consentirgli, essendo un erbivoro e quindi una preda, di vedere eventuali predatori che lo assalgono alle spalle. Inoltre ha davanti al muso un angolo nel quale non vede, ad es il cavallo non vede cosa sta mangiando, ma la selezione del cibo avviene attraverso i peli tattili che ha intorno alla bocca, quelli che molti, per bellezza (sic!) tagliano. Ma questo è un altro discorso che prescinde dal tema che stiamo affrontando.
Allego un disegno che mi aiuta a mostrare come vede il cavallo


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LA DOMA DEL CAVALLO: 10° sessione (continua)

Per queste ragioni è molto importante far fare ogni esercizio da entrambi i lati. Oltre che per ginnasticare opportunamente tutti i muscoli, anche per far si che entrambi gli occhi abbiano le stesse esperienze.

Fatto il giro del campo, ci sposteremo qua e la nel maneggio. Se il cavallo è troppo attirato dagli altri cavalli faremo ancora il gioco del braccio alto e del braccio basso, in modo tale che la sua attenzione si concentri su di noi. Il cavallo deve concentrarsi su di noi anche se è uno stalloncino. Anzi con gli stalloni bisogna richiedere anche più attenzione. E se il livello di disatrazione verso gli altri cavalli da parte dello stalloncino è molto forte, se denota caratteristiche aggressive, molto probabilmente bisognerà castrare il nostro amico.
Quella della castrazione è una ipotesi spesso aborrita da tanti proprietari che vedono nel loro puledro maschio il grande razzatore del domani.
In realtà nella selezione dello stallone bisogna essere molto selettivi. Un buono stallone deve essere morfologicamente bello,deve cioè esaltare le caratteristiche distintive della razza. Ma questo non basta, in quanto deve essere anche molto disponibile al lavoro. Deve cioè, almeno sulla carta, essere nella potenzialità di trasmettere ai suoi figli sia la bellezza fisica che la robustezza della costituzione, ma anche la disponibilità all’addestramento. Uno stallone troppo caldo, troppo libidinoso, non potrà trasmettere tutte queste caratteristiche e lasciarlo stallone significherebbe renderlo infelice in quanto non potrà “esercitare” più di tanto la funzione che lo rende tanto focoso.
Personalmente con coprirei mai una mia fattrice con uno stallone che non avessi visto al lavoro.
Castrarlo significa quindi semplicemente liberarlo della morbosità che lo condiziona eccessivamente nei comportamenti dandogli invece una serenità che gli consentirà di stare in mezzo ad altri cavalli, cosa che da stallone non potrebbe probabilmente fare.

Dopo tutti i giri, i lavori da terra, le paure superate, andiamo al centro del maneggio e proviamo a salire. Se il cavallo non mostra nervosismo saliamo pure. Stiamo come al solito fermi il tempo sufficente poi facciamogli fare qualche passo in giro per il campo. Se è tranquillo indugiamo pure ancora un po’, quindi scendiamo pure e torniamo in scuderia per le cure dopo il lavoro.

Come prima uscita fuori dal tondino è sufficiente. Alla prossima sessione…

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LA DOMA DEL CAVALLO: 11° sessione

Il lavoro da svolgere da qui in avanti ha una duplice finalità, la prima è quella di “consolidare” il cavallo nell’accettazione del lavoro, dell’uomo sulla sella, della confusione legata alla presenza di altri cavalli nel maneggio ecc.
La seconda è invece quella di iniziare il lavoro che gradualmente porterà alla “rifinitura” del cavallo. Per rifinitura si intende quella parte dell’addestramento che porterà il nostro allievo ad essere pronto a rispondere a comandi impartiti in maniera impercettibile, spesso non visibili allo spettatore a terra.
Il lavoro da fare per raggiungere il primo obiettivo è sostanzialmente quello fin qui descritto, ricordiamo sempre di dare al puledro i necessari tempi di apprendimento.

Ipotizziamo dunque di aver raggiunto un livello per cui il puledro è ormai “solido” relativamente alla fase di doma e passiamo decisamente ad affrontare la fase di rifinitura.

Sostanzialmente parliamo di partenze al galoppo, transizioni, lavoro sul circolo, cambi di galoppo, impegno dei posteriori, appoggiate, ecc. parleremo anche di alcuni esercizi che hanno lo scopo di ginnasticare il cavallo aiutandolo ad essere fisicamente più pronto.

La prima precisazione da fare è riferita al fatto che il nostro obiettivo è addestrare il nostro cavallo alla monta western, più precisamente alla monta da lavoro in cui le redini si tengono con una mano sola. Col nostro allievo siamo ancora lontani da questo obiettivo (e terremo ancora per lungo tempo le redini a due mani) ma per raggiungerlo è bene avere chiaro un concetto: il cavallo western lavora in assoluta libertà di bocca, cioè non c’è nessun contatto con la bocca del cavallo, cioè le redini vanno tenute “lente” in modo tale che siano “neutre” per il cavallo. L’unica eccezione a questa regola è nel momento in cui vogliamo impartire un ordine al nostro cavallo, vogliamo cioè comunicare con lui. Appena il cavallo risponde al comando l’ordine cessa e le redini tornano ad essere neutre, cioè lunghe al punto giusto da non avere nessuna azione sul muso o la bocca del nostro amico. Se avete visto qualche foto di cavallo western montato correttamente avrete avuto modo di notare che le redini sono lente, si dice a goccia, per evidenziare la mancanza di tensione delle stesse. (vedi foto)


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