ecco un po' di storia ripresa dal web...
Il carnevale romano, che gareggiava con quello di Venezia per maestosità ed eleganza e lo oscurò per fama nel Rinascimento, ispirando artisti e poeti, ebbe il suo grande momento sotto il pontificato di Papa Paolo II (1466), il papa veneziano che riportò in auge le corse caratteristiche delle feste di Monte Testaccio e del Circeo agonale, ‘ordinandando’ artistiche mascherate a sue spese, e per inaugurare il suo palazzo (Palazzo Venezia, a ridosso della Chiesa di San Marco, protettore di Venezia), lo trasferì in Via Lata, l’attuale Via del Corso, che tra il ‘600 e il ‘900 fu il vero asse principale della vita sociale ed economica di Roma, prima di diventare quello dello shopping romano.
Spettacolari erano i tornei cavallereschi, prettamente medievali a Piazza Navona (con esibizioni di cavalieri che, cavalcando a pelle, dovevano colpire un bersaglio rotante o infilare con la loro lancia un anello pendente da una trave), mentre a Monte Testaccio, zona ancora ai margini della città dove i divertimenti erano più plebei e ridanciani e si svolgevano delle tauromachie e la triviale Ruzzica de li Porci che lanciava carretti di maiali già dalla cima della collina contesi dalla gran folla che si era radunata sulle pendici
Una delle manifestazioni più attese era la sfrenata
Corsa dei Berberi che lanciava cavalli senza fantino tra la folla, lungo un percorso che partiva da Piazza del Popolo e arrivava in piazza San Marco, ora Piazza Venezia, passando per il corso, l’antica via Lata e, prima ancora, via Flaminia, che negli anni prese il nome di Via del Corso, proprio grazie all’importanza dell’evento.
(immagine 1)Moltissimi quadri e incisioni ci raccontano la gara, come i due quadri di A. Rogier, del 1829.
(immagine 2 e 3)La partenza (mossa) è quasi sotto l'obelisco di Piazza del Popolo: accanto ci sono un palco per la giuria e alcune tribune da dove i potenti della città possono vedere da vicino il movimentato inizio della gara; i meno fortunati si affollano sulle pendici del Pincio. I cavalli, di proprietà di ricchi aristocratici, scalciano e si impennano, trattenuti a fatica dai "barbareschi" (gli stallieri).
Quando sono lasciati liberi, i cavalli cominciano a correre di "gran carriera" lungo il Corso, aizzati dalla folla e da dolorose punte di ferro. Lungo la strada gli spettatori sono quasi impazziti: urlano, si sporgono per vedere meglio e i dragoni lungo il percorso fanno fatica a mantenere l'ordine. Alla fine, feriti e contusi non si contano.
L'arrivo (ripresa) è a Piazza Venezia, dove un gran telone sospeso rappresenta il traguardo. Anche qui c'è una grande eccitazione tra gli spettatori, molti dei quali sono in maschera
Almeno fino a quando nel 1874, un giovane viene travolto e ucciso da un cavallo durante la corsa e il re Vittorio Emanuele II abolisce per sempre la manifestazione, e questo segna l’inizio del declino del carnevale romano…
(fonti scudit.net e 06blog.it)
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