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La presenza del cane molosso e del levriere prima dell'arrivo dei Romani in Sardegna è testimoniata dalle terre cotte figurate rinvenute nella lagune di Santa Gilla (Cagliari) in regione "su Mogoro" negli anni 1891 e 1892: tra 327 pezzi rinvenuti sono infatti presenti 20 terre cotte (mezzo torso) di levriere e due teste di molosso. Di produzione locale, questi reperti hanno carattere votivo in quanto il sito di rinvenimento e risultato trattarsi di una officina che verosimilmente lavorò per un vicino santuario Cartaginese (ubicato tra i paesi di Elmas ed Assemini, circa 200-300 metri dalla sponda est della laguna stessa); essi sono riferibili al periodo fenicio-punico (Vivanet) o tardo punico e quindi pertinenti all'orizzonte dei Cartaginesi di Sardegna (F. Barreca)
L'eventualità teorica è stata illustrata con supporto audiovisivo dal dott. Zedda a Fonni il giorno nove luglio 2000, in occasione del primo raduno Enci organizzato per il censimento e riconoscimento ufficiale della razza.
Grazie alle misurazioni effettuate dai giudici federali dell'Ente Nazionale Cinofilo Italiano Gian Franco Giannelli e Giacinto D'Alessio in occasione del raduno, è stato possibile constatare evidenti compatibilità morfologiche e morfometriche, relativamente alla forma e dimensioni della testa, all'apofisi occipitale ed alla consistenza e forma dei denti canini e degli incisivi (sbalordisce lo sviluppo dei canini e dell'incisivo terzo superiore), tra gli animali presentati ed i reperti ossei, in totale sessanta resti riferibili a sette soggetti tra cui sei crani di cane tutti delle stesse dimensioni, aventi caratteristiche alquanto omogenee, rinvenuti dalla Sovrintendenza Archeologica all'interno del pozzo nuragico di Santu Antine in agro del Comune di Genoni (NU), animali che si ritiene siano stati probabilmente sacrificati come offerta propiziatoria. I reperti ossei sono stati oggetto di studio dell'Associazione Italiana di Archeozoologia e sono stati presentati dal dott. Marco Zedda e dal dott. Valentino Petruzzi al terzo convegno nazionale tenutosi a Siracusa dal 3 al 5 Novembre 2000.
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Parlando del cane sardo non dobbiamo dimenticare che esiste in Sardegna anche un altro cane sardo antico da molti, ritengo erroneamente, indicato come mastino fonnese e come tale identificato, anche nei paesi interni quando esso nasce a pelo liscio e corto: il Dogo sardo o Dogo sardesco, al quale ho peraltro già accennato.
Dogo è un nome di probabile origine spagnola che individua un tipo di cane che ha come caratteristiche taglia grossa e tozza, testa quadrata, labbra abbondanti, occhio arrotondato, orecchie piccole e corte, grande forza e temperamento coraggioso.
Il Dogo sardesco è nominato da Sebastiano Satta nella poesia "Cani da battaglia" e talaltri lo identificano nel cane di Gavoi o Tigrinu, un animale molto aggressivo, a pelo corto e dal manto generalmente nero o tigrato, di taglia medio-grande.
Gli anziani allevatori raccontano come in passato il dogo fosse molto più alto e tarchiato dell'attuale: un molossoide brachicefalo dal corpo compatto e con un peso variante tra i 50 e 60 chilogrammi e punte anche di 75!
Viene dagli stessi descritto come molto tozzo, dal petto ampio e con arti robusti e muscolosi, avente il mantello nero o tigrato dal pelo corto o di lunghezza media, ispido e folto, la coda lunga, che comunque si usava tagliare assieme alle orecchie, un vero alano specializzato nella guardia, nella difesa e nella caccia agli ungulati.
La testa del dogo attuale è più pesante di quella del fonnese e le orecchie sono piccole, semi discendenti od anche a rosetta; la dentatura è formidabile mentre per la forma degli scuri occhi (quasi neri) non si differenzia tanto dal secondo: lo sguardo, a volte torbido, per certi versi è ancora più inquietante.
Il dogo non presenta la "faccia da scimmia" né ha conseguentemente l'espressione tipica del cane di Fonni; è dotato di leggera giogaia e spesso presenta un caratteristico portamento da "orso" con passo lento, pesante ed apparentemente goffo, già molto evidente nei cuccioli; è privo di mustacchi, pizzo e ciuffi, e c'è chi afferma che ogni tanto qualche esemplare nasca dal cane di Fonni.
Le doti caratteriali del cane parrebbero molto simili a quelle del fonnese e risulterebbero anzi ulteriormente esasperate, soprattutto nella caccia.
Questo superbo cacciatore di ungulati veniva un tempo (ma forse ancora) utilizzato per la ricerca e l'uccisione della grossa selvaggina: viene liberato dal canarxiu solo quando il capocaccia ha la certezza che la preda sia ferita e risulti difficoltoso seguirla oppure sia pericoloso avvicinarsi ad essa. L'animale è veramente raro, i detentori ne sono gelosissimi ed i pochi esemplari risulterebbero notevolmente imbastarditi.
Tralasciando i miti ed i misteri che popolano il mondo della cinofilia sarda, ritengo in tutta sincerità che gli attuali cane di Fonni e Dogo sardesco, entrambi mastini sia in senso letterale che figurato del termine, siano "su Cani sardu antigu", dai più mitizzato.
Nella cultura popolare potrebbero essere entrambe sinonimi del medesimo animale che, da un primordiale ceppo e per tutta una serie di vicissitudini, ha percorso differenti strade evolutive.
Possiamo infatti ipotizzare che entrambe le "popolazioni", originatesi dall'arcaico cane sardo già presente in Sardegna prima dell'incontro con altre civiltà e dei conseguenti scambi, sarebbero il frutto di attenti incroci e selezioni tendenti a creare per il fonnese, perfezionatosi nel tempo soprattutto come abile cane da guardia e da pastore, un robusto e coraggioso collaboratore, poliedrico ed affidabile, e per il dogo sardesco un altrettanto attento cane da difesa e da guardia nonché abile animale da fiuto, forte e micidiale cacciatore alquanto più specializzato: anch'egli, come il cane di Fonni, risulterebbe in grado di atterrare un grosso cinghiale prendendolo per la nuca.
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Ultima modifica di
Pedru il 02/05/2012, 23:40, modificato 2 volte in totale.
Motivazione: Ho tagliato alcune frasi, rappresentate dai puntini, perché decisamente O.T. , già trattate in un'altra discussione e di una lunghezza esasperante.